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“Era inverno…” (Gv. 10,22)

Gesù predica

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: « “Era inverno…” (Gv. 10,22) »
Martedì 2 maggio 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 10, 22-30)

Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a martedì 2 maggio 2023. Festeggiamo quest’oggi Sant’Atanasio vescovo e Dottore della Chiesa.

Proprio nei giorni scorsi, vi ho consigliato di leggere la vita, la biografia di questo Santo. Nacque ad Alessandria d’Egitto nel 295, fu assistente del vescovo Alessandro al Concilio di Nicea, e fu poi suo successore nell’Episcopato. Lottò tenacemente contro gli ariani eretici e per questo subì molte persecuzioni. Fu più volte colpito dall’esilio, cinque volte fu costretto all’esilio. Scrisse eccellenti opere a difesa della vera fede. Se non avete mai letto la sua biografia ve la consiglio proprio di cuore, perché credo che ciascuno di noi abbia la possibilità di trovare luce, anche conforto, e soprattutto speranza, nella vita di questo grandissimo Santo che pagò di persona la sua fedeltà alla verità.

 Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa messa di oggi, tratto dal capitolo decimo di San Giovanni, versetti 22-30.

Mi concentro anche in quest’occasione su qualche versetto di questo Vangelo. Innanzitutto, si dice:

Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione

Qualcuno potrebbe chiedere: “Che cos’è?”. Forse non tutti sappiamo che cos’è la festa della Dedicazione che si celebrava, appunto, a Gerusalemme. Ce lo dice, in maniera molto concisa, ma allo stesso tempo precisa, San Bonaventura:

La festa di Dedicazione è la festa della riconsacrazione del tempio di Gerusalemme, prima profanato, fatta al tempo dei Maccabei, che era avvenuta d’inverno. Ed essa durava otto giorni.

Ecco, così adesso tutti sappiamo che cos’è questa festa della Dedicazione.

Era inverno

Avete sentito che l’evangelista vuole precisare che era inverno, perché? Il perché ce lo dice San Gregorio Magno nel suo testo Moralia:

l’evangelista ha voluto precisare il tempo (d’inverno) per alludere al freddo esistente nel cuore degli uditori, cioè dei giudei, per la loro malizia.

Adesso sappiamo perché c’è questa precisazione sull’inverno. C’è freddo fuori, ma, te lo faccio presente attraverso questa precisazione, per dirti del freddo che hai dentro, del freddo che c’è nel cuore di coloro che stanno ascoltando. E soffermiamoci un pochino su questo inverno. Ugo di San Caro, nelle Postillae super Evangelio di San Giovanni scrive così:

L’inverno qui raffigura il gelo dei peccati. E così si comprende perché si doveva celebrare la Dedicazione, cioè la rinnovazione, per purificare, riscaldare lo spirito dalle impurità dell’inverno, ossia del peccato. E come d’inverno la terra è sterile così nel gelo del peccato, la terra del libero arbitrio non può portare frutti.

D’inverno la terra è completamente ferma. Se butti un seme, non succede niente; ne butti un chilo, non succede niente; ne butti cento di chili, non succede niente. D’inverno non c’è niente, non ci sono neanche le foglie su alcune piante, sparisce tutto, si spogliano completamente, sembrano morte. E qualunque cosa tu faccia non succede niente, perché è inverno. Non troverai mai un frutto, una mela, una pera, un’arancia, un limone. Non la trovi! Perché è inverno, fa freddo. Se tu sei a Milano, se tu sei non so dove, e cerchi il fiore della Bouganville — che ho visto che vengono anche nelle nostre zone, non solo nella bellissima Liguria — eh non lo trovi! Non ci sono! 

Così lui scrive: “Nel gelo del peccato, la terra del libero arbitrio non può portare frutti”. Dove regna il peccato, voluto, accolto, non rinnegato, se mi confesso raramente, capite che è difficile che ci sia una rinnovazione. È più facile che ci sia una stagnazione, un compromesso. 

C’è chi dice: “Ma non esageriamo a confessarci troppo spesso”, come se la confessione fosse un po’ tipo l’aspirina, che se ne prendi troppa ti fa male, vabbè. Però è interessante: se ti confessi con regolarità e frequenza, come i santi hanno sempre consigliato, non va bene; ma se mangi fino a morire, questo va bene. È strana questa cosa, gli eccessi nel cibo, gli eccessi nel dormire, gli eccessi nell’ozio, nel non far niente, gli eccessi nel buttare via il tempo, questi vanno bene. Ma non sono eccessi, vanno bene, sono cose giuste. Se invece tu vivi con devozione, quella vera, non devozionismo, con una sana pietas, e quindi ti confessi regolarmente hai una vita di fede bella, equilibrata, serena, puntuale… eh, questo non va bene. Non va bene, è un eccesso! Quindi di là gli eccessi sono scambiati per normalità e di qui le normalità sono scambiate per eccessi, tutto rovesciato. Questo succede perché è “inverno”, perché in queste anime, in queste menti, in questi cuori è inverno. E quindi il libero arbitrio non può portare frutti, non è reattivo.

Certo, poi capite tutti i disordini che qui si collegano. Alla sera si sta su fino a tardi, se non tardissimo, poi al mattino si è in coma. Poi al mattino uno va a messa e non riesce neanche a pregare — sempre che ci vada alla messa… bisogna vedere — Poi magari al pomeriggio mi faccio una pennica di tre, quattro ore e poi di nuovo avanti, continua il giro. Oppure lavoro male, perché è chiaro che se ho dormito poco e sono andato a letto tardi, lavoro male. E già ve l’ho detto una volta: andare a letto tardi e svegliarsi tardi, non ti riposa quanto andare a letto giusto e svegliarti presto. Non sei ugualmente riposato! Faccio un’ipotesi, una persona che va a letto alle 21 e si sveglia alle 5 o alle 6  quello che è, e una persona che va a letto all’una e si sveglia alle 8, provatelo, e vedrete che non avete lo stesso effetto. Uno dice: “Ma ho dormito più o meno le stesse ore!”. Eh sì, ma cambia da quando ti sei coricato. Se non avessimo la luce, se dovessimo vivere senza elettricità per qualche ora alla sera, voi vedete che a un certo punto tutto si spegne. Una volta c’erano le candele, va bene, ma si capiva che era ora di andare a letto, era l’ora del riposo. Tutto: la natura, il corpo, tutto ti chiamava al riposo. Noi invece abbiamo spostato sempre più in là, perché? La ragione è molto semplice, non è che ci siano da dover fare grosse ricerche sociologiche. La ragione è il vitellone d’oro della televisione, quindi quello regna su tutto. Lì non ci sono mai gli eccessi, nella televisione gli eccessi non ci sono mai. La televisione posso stare su a guardarla fino alle undici e mezza, mezzanotte, l’una… lì va bene, per l’amor del cielo, va benissimo! Poi sapete, fa sempre bene vedere un po’ di TV pattumiera…! Quella è sempre molto educativa per tutti!!! Ma se per esempio sto su per fare l’Adorazione Eucaristica, per recitare un Rosario, per fare una lettura spirituale è un eccesso! Stiamo attenti a non esagerare. Tutto il contrario, tutto al contrario! La ragione l’abbiamo ascoltata, ce lo dice Ugo di San Caro; è questa: siamo in una situazione d’inverno, per cui il gelo del peccato, cioè della lontananza da Dio, di una mentalità, di una mens che non conosce — perché non ha percorso e non percorre le vie di Dio — non riesce ad argomentare che uno stile di vita del genere è assolutamente anti evangelico. Ed è assolutamente povero di spiritualità. Ma questo è evidente, è evidente all’esperienza di ciascuno di noi.

Quando una persona vive una bella spiritualità, cosa cerca? Fondamentalmente due cose. La prima è una grande interiorità, che è fatta di silenzio, che è fatta di raccoglimento, che è fatta proprio di un grande equilibrio interiore, di una grande centratura interiore. Non è narcisismo, è proprio — come dice Santa Teresa e dice anche San Giovanni della Croce — “questo raccogliere le potenze”, cioè questo raccogliersi. Attorno a che cosa, al mio ombelico? No! Raccogliersi attorno a Gesù, all’umanità di Gesù, direbbe Santa Teresa. Quindi, la prima cosa è il raccoglimento, il silenzio. La seconda cosa è una bella, arricchente, sana amicizia; anche questo termine molto caro a Santa Teresa, ma non solo a Santa Teresa, innanzitutto a Gesù: “Non vi chiamo più servi, ma amici”. Amicizia con i fratelli e le sorelle in Cristo che è quello che abbiamo visto negli Atti degli Apostoli nei giorni scorsi. Ecco! Chi è “Cristo centrato” porta avanti questi due livelli, questi due piani che si intersecano continuamente, senza squilibri.

Proseguiamo:

Affinché tale inverno sia allontanato, deve avvenire la rinnovazione del tempio che rappresenta l’anima fedele, e, come la Dedicazione del Tempio avvenne tre volte: nel tempio di Salomone, in quello di Esdra e in quello di Giuda, così l’anima deve essere rinnovata nel battesimo, nella penitenza e nella purificazione dei peccati veniali.

L’abbiamo appena detto!

Per primo il tempio fu edificato da Salomone e così nel battesimo l’anima riceve da Cristo la materia per un buon comportamento, cioè grazia e forze; ma il tempio fu distrutto da Nabucodonosor, cioè dal diavolo, e quindi deve essere ricostruito da Esdra che raffigura la penitenza. Infine, deve essere continuamente rinnovato mediante Giuda, che è la confessione dei nostri peccati quotidiani.

Quindi capite, la rinnovazione, la riconsacrazione del tempio avviene attraverso queste tre modalità. Una è il sacramento, che è il Battesimo; la seconda è la penitenza, che oggi non mi sembra più tanto in voga, e che mi sembra non appartenere più tanto al nostro discorrere cristiano, come se fosse superata. E invece no. La penitenza è fondamentale, l’ascesi, l’àskesis, l’allenamento è importantissimo e assume tante forme. Può essere materiale: non so, può essere il digiuno, può essere il silenzio, il non parlare, possono essere tante cose; oppure può essere puramente spirituale: per cui non rispondere, per esempio alle offese che si ricevono, non difendersi se non è strettamente necessario; San Francesco di Sales in queste cose ci è maestro. E poi, la terza, è la confessione. Quanto è importante ricorrere frequentemente al sacramento della confessione, innanzitutto quotidianamente riconoscere i propri peccati e poi ricorrere alla confessione.

Mi colpisce questa cosa che si sente dire — ai miei tempi, quando ero piccolo io, non tanto, adesso mi sembra un po’di più — si sente dire: “No, ma la confessione non è la lista della spesa!” E uno potrebbe rispondere: “Intelligente! Mamma mia…”. Certo che la confessione non è la lista della spesa! Perché la confessione non è andare a fare la spesa. Che ragionamenti sono? La confessione non è la lista della spesa, no, certo! Perché la lista della spesa mi serve per andare a fare la spesa, la confessione mi serve per andare a fare la confessione, sono due cose completamente diverse, perché mescolare due piani? Perché linguisticamente utilizzare una forma espressiva che non c’entra niente con la questione in oggetto? La lista della spesa mi serve perché mi devo ricordare che cosa devo andare a comprare e va bene per andare a fare la spesa. È come se andassi della mia dottoressa e le dicessi quando arriva la fine della visita: “Dottoressa, cosa sta facendo?” e lei mi dicesse: “Eh  guarda sto scrivendo le ricette degli esami del sangue che tu dovrai andare a fare”, “Dottoressa, non faccia la lista della spesa, scusi eh!”; dice lei: “Ho capito, ma come faccio a scriverteli?” “No, no, no, ma non serve”. Perché io vado là, al laboratorio e gli dico: “Io devo fare gli esami del sangue”, “Quali?” “Ma non lo so, adesso non dobbiamo fare la lista della spesa, faccia lei! Qualcuno!”. Non so quanti di noi fanno così. Uno dice: “No ma sa, non è la lista della spesa! Cosa c’entra la lista della spesa con gli esami del sangue?” Eh, niente!

“Ho bisogno dei farmaci”, “Aspetti che le faccio la ricetta”, “Non è mica la lista della spesa!”. Adesso io vado in farmacia entro e la farmacista dice: “Buongiorno, che farmaco vuole?”, “Ma veda un po’ lei, apra un cassetto e ne tiri fuori uno, va bene qualunque, non sono mica venuto qui a fare la lista della spesa io!”. Dopo dieci giorni, chiamano la “Neuro-deliri” e mi portano via, capite? Perché se tu vai dal finanziere e gli dici: “Dai su, non fare la lista della spesa”, quello dice: “Ah sì! Aspetta, vieni un po’ con me, che adesso ti faccio un po’capire che cosa vuol dire dover fare i moduli corretti per l’agenzia delle entrate” “No, ma io non voglio mica fare la lista della spesa!”, “No no no, te la faccio io la lista della spesa adesso!”.

Non c’entra niente! Non dobbiamo usare moduli espressivi in modo scorretto: la lista della spesa serve per la lista della spesa, ma se devo fare gli esami del sangue e mi fa una lista di esami del sangue, questo non è una lista della spesa, è la lista degli esami del sangue, ed è fondamentale averla. Se io devo prendere le medicine, mi fanno le ricette. Devono avere un codice e deve essere quel codice, e devono esserci farmaci che devo comprare e sono quelli e solamente quelli e unicamente quelli, e devono essere ben precisi, altrimenti vai a casa. Se vai all’agenzia delle entrate gli porti i tuoi modelli vari compilati e sono compilati sbagliati, tu prendi la multa! “No, ma io non faccio la lista della spesa”. No, tu devi fare questi modelli e li devi fare corretti, non c’entra niente la lista della spesa.

Idem dicasi della confessione, cari, è la stessa identica cosa. “Non devi fare la lista della spesa!” ,“E allora cosa devi fare?”, “No, tu vai in confessionale e riconosci la Misericordia di Dio”, “No, scusa un momento, e poi?”, “E no, niente, poi chiedi perdono al Signore così, delle tue fatiche”, “Delle mie fatiche?!”. Quindi ok, allora vado in confessionale, dico: “Caro Gesù, ti chiedo perdono del fatto che la mattina faccio fatica ad alzarmi dal letto. Caro Gesù, ti chiedo perdono del fatto che io faccio fatica a portar su le borse della spesa. Caro Gesù, ti chiedo perdono perché io faccio fatica ad aprire il barattolo della maionese.” Confessione fatta: ho confessato le mie fatiche; ognuno ha le sue. Eh, voglio dire, io ho tante fatiche: con la maionese, ad alzarmi dal letto e non lo so, infilarmi le scarpe; sono le mie fatiche legate all’età, legate a tante cose. 

Ma vedete quanto siamo… meglio non dirlo cosa siamo. C’è anche un briciolo di disonestà in tutto questo. Perché se uno ci ragiona bene sulle cose e usa un po’ di logica — la famosa logica — capisce che questi modi espressivi sono assolutamente scorretti. 

Tu vai in confessionale e cosa devi dire? Le tue fatiche? No! “No ma in confessionale dico le mie fragilità”; non c’entra niente! “Sa, ho un po’ di fragilità alle ossa e son venuto a dirglielo”. Uno dice: “Sì vabbè, e quindi io cosa devo fare? Non sono mica uno che cura l’osteoporosi”, “Eh ma mi hanno detto che devo dire le fragilità”; “No, ma noi intendevamo le fragilità, quelle interiori!”. Ma cosa c’entrano le fragilità col peccato? Io vado a chiedere perdono a Dio del fatto che sono fragile o voglio chiedere perdono a Dio del fatto che ho fatto dei peccati? Ci dobbiamo chiarire! 

L’istituzione della confessione, il sacramento della penitenza è stato fatto per dire le mie fragilità o per dire i miei peccati? Gesù ha detto: “Coloro cui rimetterete le loro fatiche, a coloro cui rimetterete le loro fragilità saranno rimesse?!”. 

Nel mio Vangelo — poi non so se ho una versione sbagliata o la versione dei dinosauri, ma non credo, il mio Vangelo non l’ho trovato sepolto in uno strato del mesolitico, l’ho comprato come lo comprano tutti normalmente, nelle librerie — nel mio Vangelo c’è scritto: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, i peccati resteranno non rimessi”, questo dice Gesù! Quindi parliamo di peccati. E allora dì i peccati! “Ma non devo fare la lista della spesa”. Ma cosa c’entra la lista della spesa? Ma devi pure avere in testa che cosa hai fatto, no? Che poi tu abbia la testa di Pico della Mirandola e te li ricordi tutti, uno in fila all’altro, e che tu te li scriva su un foglio, che cosa cambia? Ma ditemi voi che cosa cambia? Se io li ho tutti appuntati nel mio cervello perché ho una memoria incredibile, che cosa cambia da uno che invece fa fatica e si mette due appunti su un pezzo di carta? Ma cosa cambia?

San Giovanni Bosco di fronte a questa modalità non si è scandalizzato, anzi! Abbiamo delle testimonianze bellissime dove i ragazzi andavano con il loro fogliettino a confessarsi e poi San Giovanni Bosco prendeva il fogliettino, glielo stracciava, e diceva: “Vedi, adesso i tuoi peccati sono stati tutti completamente cancellati, consumati, dall’amore di Dio e adesso non ci sono più. Quindi vai e buttalo”. Son cose bellissime! Ma San Giovanni Bosco non si sarà mai sognato di pensare che questa è la lista della spesa. Che non vuol dire che tutti devono fare così, ma vuol dire, come direbbe Santa Teresa, “vivi e lascia vivere”. 

Perché dobbiamo imporre alle anime un modo, e solo quello, di vivere la vita cristiana? Dice Santa Teresa: “Dio conduce le anime per tante vie”, ma perché dobbiamo costringerli a vivere in un’unica via? Uno si trova bene a scrivere su un pezzo di carta, ma scrivetelo su un pezzo di carta! Quell’altro si trova bene a metterlo nella sua testa, ma tienitelo nella tua testa! Quell’altro stava bene a scrivere solo su un palmo, ma scrivetelo sul palmo! Ma scrivilo dove vuoi! Quell’altro si trova bene a ricordarselo attraverso i colori, e vabbè vieni dentro con un arcobaleno! Ma cosa ti devo dire? L’importante è il mezzo o il fine? Fatemi capire. L’importante è il fine! L’importante è che tu abbia ad incontrare la Misericordia di Dio. Ma questa Misericordia di Dio deve andare a polverizzare, a consumare che cosa? I peccati! E allora son quelli che dobbiamo dire! Poi, cosa succede? Che adesso ci sono persone che non sono più capaci di confessarsi. Eh, certo, non sanno più dire i peccati, non li sanno più neanche vedere, non li sanno più neanche riconoscere.

Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente

Sentiamo cosa dice San Bonaventura:

Dacci cioè un segno sicuro di te. Per strappare una risposta, ricorrono alla forza e alla malizia: 

vedete “se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente”

alla forza perché i giudei si affollarono intorno a lui, alla malizia, perché ostentano il desiderio di sapere, ma come dice Sant’Agostino, non cercano la verità, bensì preparavano una falsa accusa.

Guardate qui ci sarebbe da fare un’omelia di tre giorni… veramente. Vedete perché uso i Santi? Perché hanno queste intuizioni geniali che io personalmente non ho, e quindi preferisco usare i Santi, perché andiamo sul sicuro!

Quindi questi qui dicono: “Se tu sei Cristo dillo a noi apertamente”, e uno dice: “Ah, che bella richiesta sincera!” No! Non c’è niente di sincero in tutto questo, ci dicono San Bonaventura e Sant’Agostino. Stiamo parlando di due dottori della Chiesa quindi stiamo sereni! Meglio loro dei quaquaraquà che ci sono in giro.

Allora, per quanto riguarda la forza: gli vanno addosso, si affollano addosso a lui, già questo… Per quanto riguarda la malizia, è perché loro fanno finta di voler sapere. Dobbiamo stare molto attenti a coloro che sembrano interessati, a coloro che fanno finta di chiedere, a coloro che fanno finta di voler sapere a coloro che ti fanno le finte domande. Ma in realtà dice San Bonaventura, citando Sant’Agostino nel suo commento al Vangelo di Giovanni:

In realtà loro non cercano la verità, ma cercano il pretesto, cercano la materia, cercano l’occasione per formulare false accuse.

Purtroppo, ci sono persone che vivono così, che sembrano domandare, sembrano cercare la verità, in realtà cercano solo pretesti. Pretesti per formulare false accuse. Pensate a uno dei casi eclatanti quale fu quello di San Tommaso Moro. Quel processo farsa che gli fecero. Dove di fatto, lui era già stato condannato e cercavano solamente degli appigli, per formulare accuse false. Quindi: a tutte le domande bisogna rispondere? No! Se la nostra coscienza e la nostra intelligenza ci dicono: questa domanda non è sincera, questa domanda non cerca la verità ma cerca un pretesto, questa domanda ha un secondo fine che non è quello della verità, ma è quello di condannarti, che è quello di tradirti, che è quello di… allora, non tutte le domande hanno necessità di risposta.

Vi ricordate Gesù durante la sua passione? “Autem tacebat”, dice l’evangelista. Poi ad un certo, punto: “Se tu sei il Cristo dillo a noi apertamente”, Lui lo dice e il sommo sacerdote, si strappa le vesti. Ma piantala di fare tutti questi versi, tutte queste scenate. Avete già deciso di ammazzarlo? E ammazzatelo, fine. Non stiamo qui a fare questo circo di: “E l’hai detto e non l’hai detto, l’hai fatto, non l’hai fatto”. Viene su il falso testimone: “Sì, però io l’ho sentito che quel giorno nascosto dietro, non so che cosa, Lui ha detto che… ma non era proprio chiaro, ma io l’ho interpretato e psicologicamente ho letto dentro di lui”. Ma smettiamola di fare questi giochi da bambocci! Questi sono proprio i giochi da bambocci. Come se avessimo davanti degli imbecilli. Ma sono proprio cose stupide! L’avete condannato a morte, è già stato condannato a morte. Voi, dentro di voi, l’avete già condannato a morte, è già deciso che è colpevole, avete già deciso che deve morire. L’avete portato qui attraverso un tradimento, il tradimento di Giuda. Quindi, di cosa stiamo parlando? Volete mettervi a posto la coscienza? Siete così vigliacchi da non volervi neanche assumere la responsabilità dell’ucciderlo e quindi volete fare in modo che sia Lui a essere la causa, attraverso le sue parole, della sua morte, ma ci rendiamo conto? “Non cercavano la verità, bensì preparavano una falsa accusa”, dice Sant’Agostino.

E concludo con questo bellissimo commento ancora di Ugo di San Caro al versetto:

Ve l’ho detto, e non credete

“ve l’ho detto” dice Gesù e lui scrive:

interiormente, per mezzo dell’ispirazione, esteriormente per mezzo della scrittura e del beneficio dei miei doni. “Ma voi non credete” 

Attenti a cosa scrive adesso Ugo di San Caro

E infatti noi non crediamo le parole di Cristo per almeno cinque motivi:

sentiteli, perché sono importantissimi

primo, perché non ci interessano;

secondo perché sono contrarie alla nostra sapienza

e io aggiungo, sapienza puramente mondana, carnale. Quindi, essendo una Sapienza totalmente divina… figuriamoci!

terzo: perché non meditiamo su di esse

Certo, noi siamo convinti di essere la seconda ipostasi della Trinità, perché ci dovremmo mettere a meditare sulle parole di Gesù? Non c’è bisogno! Poi: intelligente come me, sapiente come me, dottore come me, teologo come me e non lo so che cosa come me… perché mi devo mettere a meditare sulle parole di Cristo? Quindi non meditiamo — scribi e farisei, vi ricordate! — non meditiamo! Noi sappiamo già che cosa è vero, sappiamo già che cosa è giusto, non abbiamo bisogno di meditare sulle parole di Cristo. Abbiamo già tutte le nostre belle lenti deformate, piene di ideologie e di precomprensioni, con le quali leggiamo tutto. A tal punto che se apro le Pagine gialle o apro la Bibbia, mi dicono la stessa cosa, perché tanto io leggo tutto con le mie lenti deformate, leggo tutto al contrario. Per cui uno potrebbe meditare sulle Pagine gialle e farebbe lo stesso che se meditasse sulla Parola di Dio.

quarto: perché le immaginiamo come dette per impaurire e non per guidare alla verità

C’è anche questo. Per cui diciamo, secondo una linea eretica neo-marciana (l’eresia del marcionismo) che c’è il Dio dell’Antico Testamento, il Dio quello cattivo, quello vendicativo, sanguinario — questa è un’eresia, sappiamolo bene, e se non lo sappiamo dobbiamo saperlo, è un’eresia — e quindi lì non bisogna ascoltare niente; dall’altra parte diciamo: “Sì, però non è che dobbiamo ascoltare proprio tutto quello che ha detto Gesù, perché sapete che Gesù era un po’ esagerato, anche lui, oltre a essere preconciliare, era anche un po’ esagerato”.

E certo che è preconciliare, è venuto prima del Concilio Vaticano II, quindi è chiaro che è preconciliare! Mi piacerebbe attribuirmi questa battuta, ma non posso, perché non è mia, è di un mio professore di teologia molto bravo. Non ho mai dimenticato questa battuta che ci faceva. Ci diceva: “Vedete, Gesù è preconciliare”. E noi, la prima volta che abbiamo sentito, siamo rimasti stupiti e ci siamo chiesti: “Cosa vuol dire che Gesù è preconciliare?” — “Eh certo, Gesù è vissuto prima del Concilio Vaticano II”. Adesso io rido, ma c’era tutto un pensiero ben preciso dietro a questa battuta, che battuta non è…

Quindi noi cosa facciamo? Noi diciamo: “No, ma bisogna stare attenti a quello che dice Gesù, a quello che c’è scritto nella Scrittura, perché queste cose ci spaventano, sono state fatte per spaventarci, non per guidarci alla verità, non per renderci liberi, ma per crearci angoscia”.

Falso! Falsissimo! Potremmo prendere un libro dell’Antico Testamento a vostra scelta, leggerlo insieme; prendete il libro quello giudicato più “pauroso”, più “violento”, e vi farei tranquillamente vedere come invece è un libro pieno di tanta sapienza e anche di tanta bellezza e di tanto amor di Dio. Le lenti degli occhiali con cui si guarda la realtà sono fondamentali.

quinto: perché non vediamo le sofferenze a cui ci esponiamo non credendo

Ecco i cinque motivi per cui non crediamo alle parole di Gesù. E tutte le volte che noi non crediamo, soffriamo terribilmente, ci esponiamo a sofferenze terribili.

Ecco allora io vi auguro una Santa giornata e… crediamo! Con gioia! Dobbiamo sempre credere con gioia, chiedere al Signore di avere tanta fede, perché è bello avere fede, è bello credere in Dio. E anche se dobbiamo affrontare sofferenze grandi per la verità — persecuzioni, esili e quant’altro — come Sant’Atanasio, di cui oggi abbiamo fatto la memoria, quando abbiamo la fede, quando crediamo in Dio, veramente tutto è possibile. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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