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La chiesa vuota – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.3

L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati - San Manuel Gonzales Garcia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: La chiesa vuota – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.3
Venerdì 22 marzo 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 10, 31-42)

In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio».
Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata –, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani.
Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a venerdì 22 marzo 2024.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal decimo capitolo del Vangelo di san Giovanni, versetti 31-42.

Continuiamo la nostra lettura del libro di san Manuel González, L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati.

Ecco, adesso che siamo arrivati a pagina diciassette del libro, ci fermiamo un secondo e, come vi ho annunciato nei giorni scorsi, faccio un approfondimento. Adesso ascolterete il racconto del primo Tabernacolo abbandonato che ha cambiato la vita a San Manuel. Questo testo che vi leggo è tratto da un altro suo famoso libro, dal titolo: “Anche se tutti, io no”. È san Manuel stesso che scrive, leggiamo:

Fui ordinato sacerdote e trascorso il primo quarto di quella luna di miele spiritualmente saporita, i superiori mi mandarono a dare una missione in un paesino. Feci le mie provviste di scapolari, medaglie, stampe e altri generi di materiale di propaganda che usano i missionari e con tanta gioia presi posto sul vaporetto che doveva portarmi alla riva più vicina al paese del mio apostolato! E con che prontezza montai sull’asino che il sagrestano mi aveva preparato per percorrere l’ora di cammino che separava il paese dal fiume! Erano progetti molto ridenti quelli che facevo tra me lungo il cammino! Come mi lusingavo di vedere già nella mia frettolosa immaginazione la chiesa traboccante di fedeli che ascoltavano le mie prediche; il rosario dell’aurora cantato per le strade; la comunione generale, davvero generale, cioè di tutto il popolo, e la gioia del mio Vescovo quando, terminata la missione, sarebbe venuto ad amministrare la S. Cresima e avesse visto un così abbondante raccolto …!

Questi sono i progetti che ogni bravo sacerdote fa, e san Manuel dice: «mi lusingavo di vedere già nella mia frettolosa immaginazione…»; eh, ma un sacerdote, cosa dovrebbe immaginare? E proprio a motivo di questa immaginazione, lui fa la provvista di scapolari, di medaglie, di stampe, di tutto il materiale necessario. E dice: mi preparo, perché là sicuramente troverò tante cose belle ad attendermi, cioè, troverò tanta fede. Un sacerdote cosa spera, cosa desidera, se non di trovare la fede nella gente a cui è mandato? E va per questo, per servire queste persone nel loro cammino di fede, per amministrare i sacramenti, per predicare, per fare le catechesi, per confessare, per la Santa Messa. E quindi S. Manuel si immagina tutta questa chiesa traboccante di fedeli, lì presenti per partecipare alla Santa Messa. Pensate che bella questa cosa: “il Rosario dell’aurora cantato per le strade”; io non ci avevo mai pensato a una cosa del genere personalmente, ma è bellissima questa cosa: immaginatevi questo sacerdote giovane, novello, che va in questo paese e che poi, all’aurora, va in giro per le strade con la sua gente a cantare il Santo Rosario! Bellissimo! Poi “la comunione generale”, insomma, veramente sogni stupendi, più che leciti. Prosegue:

Vediamo, amico sagrestano, la gente è molto entusiasta per la missione? La chiesa è molto grande? Ci starà molta gente?” … 

Queste sono le domande tipiche che fa uno che non conosce la realtà; chiunque lo fa. 

… e dopo queste, un diluvio di domande rivolte a imparare bene le condizioni e i punti deboli del popolo dei miei presunti trionfi apostolici.

La chiesa — cominciò a rispondermi con freddezza e lentezza il mio accompagnatore — la chiesa, se devo dire la verità, non è chiesa, o per meglio dire adesso sì è una chiesa; grazie al signor Antonio l’allevatore che si impegnò con tutti i ricchi di Siviglia e col signor Arcivescovo e perfino con la regina di Madrid e ha cercato i soldi per rifare il tetto nuovo al posto di quello che cadde circa nove o dieci anni fa, e il pavimento, e l’altare maggiore, e il campanile, e …

Però, ascolti, che cosa gli restava alla chiesa antica?” lo interruppi io stranito.

Ecco, niente, come il resto che dico. Quella era un buco per grilli. Da tutte le parti entrava vento e acqua. Io non chiudevo la porta né di giorno né di notte, perché avrei dovuto se la porta era tutta buchi? Però alla fine, oggi sì, è chiesa. Ora quello che succede è che la gente si è abituata a non andarci, e a me sembra che ne andrà poca anche alla missione, visto che la missione non si tiene al bar o alla taverna!” e con questo tenore quell’uomo continuò a gettare sopra il fuoco dei miei entusiasmi molta più acqua fredda di quella che avevo incontrato col vaporetto…

“Certamente bisogna dare la missione. Dio lo vuole e Lui mi aiuterà…”

Arrivammo infine al paese e, al contrario di quello che io speravo, non c’era l’immancabile gruppo di bambini che ricevessero il Padre Missionario. Scendemmo dai nostri giumenti e lasciandoli andare davanti a noi, io continuai il mio interrogatorio con il mio accompagnatore.

“Mi dica ma in questo paese non ci sono bambini?”

“Sì che ci sono, ma ora sono in campagna… e guardi, se anche ci fossero non gli va la chiesa, perché il signor parroco a motivo della sua età, dei suoi acciacchi e per come stanno qui le cose, siccome non viene che la domenica dall’altro paese di cui è incaricato, veramente non vuole vedere bambini neanche dipinti! Fanno tanto chiasso! … E siccome non vengono nemmeno i genitori! …”

“E allora chi viene alla Messa in questo paese?”

“Veda, come venire non vengono, o meglio vengono quelli che devono sposarsi, o battezzare un bambino, e il signor Antonio e io quando non devo andare in campagna…”

“E fanno la comunione?”

“Far la comunione, si comunicano a volte quelli che vengono per sposarsi …”

“Nessun altro?”

“Che io ricordi, nessuno”

“Va bene, però almeno i malati riceveranno i santi sacramenti, giusto?”

“No, no, non li ricevono! Si dice che queste cose siano di malaugurio e di spavento. Al massimo ricevono l’olio santo quando hanno perso conoscenza”.

“E il signor parroco non ha amici?”

“Molto sinceramente: siccome qui ci sono molti partiti, basta che il parroco visiti o parli con uno, perché i nemici politici di costui lo guardino come uno già di quel partito. Perché c’è politica in tutto, persino nella Messa e nelle prediche. Nella Messa perché lo deducono a partire dal colore della casula. Se è bianca il parroco è del partito dei bianchettini. E se è rossa, perché è dei repubblicani. E nelle prediche, perché i pochi che le ascoltano dopo bisticciano perché ciò che è stato detto era in favore di questo o contro l’altro. Alla fine, lei lo sa che il parroco sta qui come un tramezzino? Così succede che viene qui il meno possibile e quando viene parla con minor numero di persone desiderando di finire per andarsene subito. Considera la gente impossibile. E la chiesa è stata fatta perché signor Antonio è signor Antonio e giurò di non morire finché non l’avesse vista riparata. Ma se no non si sarebbe messo un mattone né per merito del parroco, che è scoraggiato, né per merito della gente, che non le importa nulla che ci sia o no la chiesa.”

“Lei non sa come sta la gente!” terminò enfaticamente il sagrestano nel momento in cui arrivavamo alle porte della chiesa parrocchiale, senza aver ottenuto di attrarre un solo paesano, né grande né piccolo.

Ci fermiamo qui un attimo. Capite che il tempo di arrivare alla chiesa, e questo sacerdote novello, ha visto tutti i suoi sogni andare in frantumi. Una desolazione inimmaginabile; qui non c’è niente, qui non c’è più niente. Ma qui non c’è più neanche la fede ormai, non c’è più niente. 

La chiesa! Quasi non c’è più neanche la chiesa, l’ha rimessa in piedi un laico. Il parroco non ci va neanche più, ci va perché deve andare, ma scappa via il prima possibile. Questi che pensano che lui è di un partito o di un altro per il colore della casula… eh, certo, se nei tempi liturgici è previsto che si ricordi un martire, deve mettere la casula rossa, se c’è una solennità deve metterla bianca, se è quaresima deve metterla viola per quaranta giorni, immaginatevi, quaranta giorni, questo qui cosa sarebbe, del partito dei “violettini”? Poi arriva il tempo ordinario, deve metterla verde, alé, allora è del partito dei verdi! Ma rendetevi conto!

Non so, provate a pensare alla situazione drammatica di questo posto. Uno che va lì, dice: “Ma io di qui scappo via, come faccio a stare qui? Non sono neanche libero di mettermi il colore della pianeta che devo mettere”. Senza contare il fatto che nessuno va in chiesa, ma neanche i bambini, nessuno, non c’è la catechesi, non c’è niente. 

Neanche i malati! Allora come oggi, non vogliono il sacerdote che porti i sacramenti alla persona morente, perché “porta male”. “Non chiamarlo, il sacerdote”, con quello che sta morendo, ci mancherebbe, “sennò pensa che sta morendo”. Certo… perché uno non lo sa che sta morendo, no, non se ne rende conto, pensa che si alza dal letto e comincia a fare una partita di pallone, non so. Penso che sia abbastanza immaginabile, per una persona che sta molto male — appunto, “che sta morendo” — che siamo arrivati alla fine, non che così, all’improvviso, uno sta benissimo e… Sì, c’è la morte improvvisa, però non è in ospedale e non è in una condizione critica. Ma una persona che è in una condizione critica, è chiaro che si rende conto che non funziona più: non riesce più a camminare, non riesce più ad alzarsi, non riesce più a mangiare, fa fatica a bere, cioè, capite? Si rende conto una persona che, magari, siamo arrivati al dunque.

“Chiamiamo il sacerdote?” — “No! Chiamalo quando è morto.” — “Eh, ma a cosa serve? Come fai a dargli l’Eucarestia?” — “Fa niente, ma chiamalo quando ormai è incosciente” — “Ho capito, ma come faccio a dargli l’Eucarestia, come faccio a confessarlo?” — “E vabbè, non vorrai mica spaventarlo?”. Ma il sacerdote non è il coniglio nero di Pinocchio! Il sacerdote è colui che porta l’unzione degli infermi, è colui che porta il conforto dei sacramenti, è colui che accompagna a morire in modo cristiano, in modo santo. Niente!

E quindi, con questa situazione terribile, don Manuel si trova a dover entrare in “chiesa” — chiamiamola chiesa — si trova ad entrare in chiesa senza gente, senza nessuno; pensate voi, non c’è nessuno!

Mi rendo conto che bisogna essere sacerdoti, e soprattutto sacerdoti novelli, per capire quanto tutto questo possa avere impressionato l’anima di don Manuel. Anche un sacerdote con tanti anni di Messa, comunque, rimarrebbe un po’ tramortito, da una situazione del genere. Non è per niente facile trovarsi lì, da soli, a dover cominciare a fare cosa? Se nessuno ti guarda, se nessuno viene, se nessuno si avvicina, se nessuno ci crede, cosa fai?

Ecco, mi fermo qui, perché domani vedremo “l’incontro”, don Manuel incontra qualcuno; in mezzo a questo deserto terribile, umanamente terribile, don Manuel incontra qualcuno. E sarà questo incontro che cambierà e segnerà per sempre la sua vita.

Quindi, restiamo con questo senso anche di profondo silenzio interiore e restiamo proprio portando nell’anima, l’esperienza di tutti quei sacerdoti che si trovano in una situazione simile; preghiamo per loro e preghiamo che anche loro possano fare l’incontro che — come vedremo domani — ha fatto don Manuel da giovane sacerdote e che, per sempre, gli ha cambiato la vita; e ciò che era motivo di disperazione, è diventato motivo di conversione e di speranza.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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