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I santi segni. Romano Guardini, parte 30

S. Messa

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: «I santi segni. Romano Guardini, parte 30»
Domenica 4 giugno 2023 Solennità della Santissima Trinità

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 3, 16-18)

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a domenica 4 giugno 2023. Celebriamo quest’oggi la solennità della Santissima Trinità. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo terzo del Vangelo di San Giovanni, versetti 16-18.

Continuiamo la nostra lettura del libro di Romano Guardini: I Santi Segni. Siamo arrivati al capitolo sul “Tempo Santificato”. Ieri abbiamo visto “Il mattino”, oggi vediamo “La sera”.

La sera 

Anch’essa ha il suo mistero: il mistero della morte.

Vi ricordate che già diverse altre volte, quando abbiamo parlato della “Mistica della luna”, quando abbiamo parlato della preghiera notturna, quando abbiamo parlato dell’andare a letto la sera, vi parlai proprio del fatto che l’andare a riposare la sera, l’andare a dormire, il buio, ci richiama il mistero della morte? 

Finché si è bambini ci mandano a letto presto ma poi il segno — illusorio e anche falso — che “sono diventato grande”, qual è? È che vado a letto “come gli adulti” E gli adulti quand’è che vanno a letto? Tardi, molto tardi. 

Si usa un po’ la scusa del: “Ho tante cose da fare”, che alle volte può anche essere vero, poi bisogna vedere come si è usato il tempo durante il giorno… Perché, certo, abbiamo tutti tante cose da fare, però bisogna vedere se il tempo durante il giorno l’abbiamo usato in modo corretto. Se durante la giornata butto via il tempo, è chiaro che poi dopo mi si accumula tutto la sera. Il famoso “cras cras” del Corvo di Sant’Espedito, cioè: dopo, dopo, dopo, dopo, dopo, rimanda, rimanda…

Invece, la sera ci richiama il mistero della morte. È questa la cosa interessante, perché noi diciamo: “Eh, ma io veramente ho tante cose da fare, eh io veramente ho una vita molto piena, una vita molto impegnata, io veramente…”. Ma, parliamoci chiaro, le nostre serate, non dico tutte per l’amor del cielo, ma spesse volte si riducono a che cosa? A una grande indigestione di televisione: ecco le nostre tante cose da fare! Si riducono a quello, si riducono a: “Faccio cena e poi mi piazzo davanti alla scatola delle bugie e mi annego lì dentro”. Che se noi passassimo tanto tempo, con altrettanta devozione e attenzione, davanti al tabernacolo, come ne passiamo davanti alla televisione, credo che saremmo già a un elevato grado di santità, tutti!

E si fa tardi, perché poi ovviamente tutto finisce tardi. Perché poi sapete, c’è questo culto — abbastanza istintivo e poco riflesso, che non si capisce, non c’è una ragion — del vedere un film, di vedere come va a finire. Poi uno lo guarda e dice: “Cui prodest?”. A cosa giova tutto questo? A chi serve? A che cosa serve? Tutto questo tempo buttato via, a che cosa è servito? Il film che tu ti sei visto un mese fa, ma neanche te lo ricordi! Ma neanche ti ricordi quello che hai visto la settimana scorsa, quello che hai visto ieri, non te lo ricordi! A cosa è servito tutto quel tempo passato davanti alla televisione? Tutto tempo buttato. Dopo, noi siamo quelli stanchi, dopo noi siamo quelli impegnati, dopo noi siamo quelli che abbiamo tante cose da fare, dopo noi siamo quelli che siamo in burnout e tutte queste cose qui… va bene.

Secondo punto: ammesso e non concesso che veramente abbiamo tante cose da fare, che abbiamo usato ogni singolo minuto della giornata nel modo migliore possibile, siccome la sera ci richiama il mistero della morte, ecco, teniamo bene in mente — ogni tanto almeno — che la morte, quando arriva, primo, non chiede permesso e secondo, non aspetta! La morte, quando arriva, arriva! “No, ma io devo finire questa cosa, no ma io ho tante cose da fare, no ma aspetta, perché devo sistemare quella roba lì? Nooo ma non adesso! Ma no, adesso non ho tempo, non ho tempo di morire adesso, no, no, adesso aspetta che devo tirar su la mia roba, devo prendere la macchina, devo prendere il computer, poi devo fare…” Quando la morte arriva, sapete cosa dice? “Punto! Fine! The End” — “No, ma io…” — “No, punto!” — “Aspetta un attimo” — “No! Ora! Adesso!” — “Eh, ma qui ho tante cose da fare” — “Fa niente, il mondo girerà lo stesso anche senza di te.”

Questa è la “grande scoperta di Colombo” che noi faremo il giorno della nostra morte: che il mondo, nonostante noi, gira ugualmente. Scopriremo, il giorno della nostra morte, che tutte queste cose così importanti e fondamentali che dovevamo fare, tutto il nostro impegno che serviva a salvare il mondo, anzi l’universo, conosciuto e sconosciuto, in realtà, probabilmente, è stato tutto un errore di valutazione. Perché la morte non dirà: “Guarda, sì va bene, aspetto. Finisci pure, intanto mi bevo un caffè”. No, la morte quando arriva dirà: “Adesso andiamo” — “Eh, ma…” — “No, punto! Finita!” — “E queste cose che dovevo fare?” — “Le lasci lì, le farà qualcun altro. Tu intanto vieni. Perché la tua vita è conclusa”.

Sarebbe quindi bello che noi vivessimo alla sera questo senso di incompiutezza; ci fa bene questo dire: “Allora: ho usato benissimo tutta la mia giornata”. Perfetto! “Mi rimangono ancora delle cose da fare”. Molto bene! “Ma ho un orario…”. Non vale solo per i bambini che alle otto devono andare a letto. Anche noi dobbiamo avere un orario, non è giusto andare a letto quando uno ne ha voglia, ma che senso ha questo modo di fare? Questo non rispecchia questa sorta di mistero della morte, di anticipazione della morte nella nostra vita di tutti i giorni. La morte, quando arriverà, lo farà a un’ora ben precisa; noi moriremo in un giorno, in un’ora ben precisi, non a caso.

Quindi anche il dire: “Mi do un orario — ognuno sceglie il suo — e rispetto questo orario, ma non perché sono un fissista, ma lo rispetto perché il mistero della morte mi richiama a questa sorta di anticipazione. E ho tante cose da fare ancora, va bene, le lascio lì, le farò domani”. Questa incompiutezza è importante, ci fa bene, ci fa molto bene, così come ci fa bene il darci un orario, il dire: “Adesso, fine.” — “Eh, ma a me piacerebbe…” no! Certo, anche il giorno in cui morirai ti piacerebbe fare tante cose, ma non potrai farle. Anche a quella persona morta di cancro sarebbe piaciuto fare tante cose, purtroppo non ha potuto farle. Anticipiamo certi momenti, perché ci fa bene, ci educa. Ci educa il fatto di dire: “Bene, queste sono tutte le cose che dovevo fare, va bene, le chiudo e le metto via, farò domani. Cercherò di organizzarmi meglio per quanto possibile”.

Il mistero della Morte… Abbiamo fatto un ciclo di catechesi, due anni fa mi sembra, nel tempo di avvento, tra l’altro, con l’aiuto di Don Alberione, vi ricordate? E abbiamo riflettuto proprio sul mistero della morte. Il mistero della morte è molto importante, va tenuto bene in considerazione. Perché è un momento fondamentale della nostra vita, capite! È un passaggio non da poco, quindi non è che uno dice: “Sì vabbè…” . No!

Il giorno volge al termine; — ecco rendiamocene conto — l’uomo si appresta a comporsi nel silenzio del sonno.

Che bella questa immagine: «a comporsi nel silenzio…». Il silenzio del sonno ci chiama alla compostezza, all’ordine. Questa è una cosa che mi è sempre rimasta impressa da quando sono bambino: mia nonna, quando andava a dormire, proprio l’ultima cosa che faceva, prima della sua preghiera ovviamente, ma fisicamente l’ultima cosa che faceva era pettinarsi. Io da bambino la guardavo e dicevo: “No, ma scusa un momento, ma che cosa ti pettini a fare che vai a dormire?”. Sapete che poi una volta le nonne, almeno la mia, ma non credo solo la mia, mettevano la retina in testa. Ce le aveva di vari colori: azzurra… insomma si pettinava, metteva la retina sulla testa col suo fiocco — cose che adesso ovviamente non esistono più — metteva questa retina sulla testa e andava a dormire. E io dicevo: “Ma che senso ha?”. Nella mia testa di bambino mi chiedevo: “Ma che senso ha pettinarsi prima di andare a dormire? Ma chi ti vede? Chi è che ti vede?”. Cioè: mi pettino perché esco di casa, non posso uscire con la testa che sembro un mostro, ovviamente devo essere pettinato, va bene. Ma andare a letto pettinandomi, che senso ha, che tanto poi mi spettino? E col passare del tempo io questa cosa l’ho capita, ho capito questo richiamo alla compostezza nel silenzio del sonno. Andare a dormire, anche quello è un atto umano, non mi cade addosso. Non è che, siccome non mi vede nessuno, io non mi vedo! Perché poi sapete, noi siamo un po’caduti dentro a questo equivoco: se nessuno mi vede, neanch’io mi vedo. Eh no! Io mi vedo sempre. Non è che se gli altri non mi vedono, allora io posso venire su come il figlio di Attila.

C’è una compostezza nell’andare a dormire, ci deve essere una compostezza. Il nostro corpo, il nostro letto… non può essere una cuccia del cane, non può essere sporco da morire. Voi direte: “Ma padre, ma perché dice queste cose? Ma si figuri!”. No tranquilli, guardate se le dico ho i miei “perché”, state tranquilli. Non avete visto forse quello che ho visto io nella mia piccola vita. Quindi non può essere la cuccia di un cane, deve essere pulito, decoroso. E come vi dico sempre, intorno a me ci deve essere ordine, perché tutto mi deve richiamare a questa compostezza di cui parla Romano Guardini. Che guardate non è assolutamente una cosa banale, per niente!

Quando andavo in carcere, uno dei miei compiti era di andare a visitare i malati psichiatrici del carcere; ecco, diciamo che quando si è visto quello, si capisce la ragione profonda delle parole di Guardini. Dare decoro all’ambiente in cui si vive, sottolineare la compostezza del sonno. E non vi racconto che cosa ho visto in quegli anni, se non lo dico è semplicemente per pudore verso quelle persone, che se anche non le conoscete però, comunque, sono vite spezzate. E non mi interessa di fare racconti che fanno scalpore, che colpiscono — perché sicuramente vi colpirebbero tantissimo — e quindi non le dico, perché mi sembra quasi di violare quelle vite che chissà adesso dove saranno. Vite segnate da un grandissimo, profondissimo dolore; qualunque parola, qualunque racconto, non potrà mai rendere l’abisso di dolore e di disperazione, di ingiustizia, di malattia, di sofferenza che uno andando lì vede con i suoi occhi, proprio lo vede e, vi assicuro, non lo dimentica per tutto il resto della sua vita. E vi assicuro che ciò che si vede lì diventa performativo nella vita della persona che lo vede, in chi va a trovare queste persone; non si esce da lì come quando si è entrati, questo è sicuro! Non vi racconto, diciamo così, l’aspetto sofferente, l’aspetto disumano di quello che ho visto, quindi ve lo metto in positivo. Voi cercate di capire il negativo che non vi dico, dal positivo che continuo a sottolineare. Se continuo a sottolineare il positivo di cui sta parlando Romano Guardini, è perché dall’altra parte c’è un negativo che è un abisso, che è veramente un abisso.

Il mattino era compenetrato d’un vigoroso sentimento di forza rinnovata; a sera la vita è stanca e cerca il riposo. E in essa echeggia il mistero della morte.

È vero, no? È esperienza di tutti che siamo stanchi la sera. Infatti, se non avessimo la luce elettrica… Guardate, se noi dovessimo accendere una candela, ci renderebbe ancora più ragione del fatto che è ora di andare a dormire. Tutto ci chiama al riposo, anche il nostro corpo, con l’arrivo dell’oscurità, produce la melatonina che serve proprio per farci dormire. Tra l’altro, sapete che diversi studi scientifici hanno dimostrato che una cosa proprio da non fare alla sera è quella di vedere il cellulare, i video YouTube, il computer e la televisione. Proprio la cosa che non bisognerebbe fare! Perché tutte quelle immagini, tutta quella luce elettrica che ti entra nella testa, crea un disturbo enorme per il riposo della notte. Noi non dovremmo proprio più utilizzare quelle cose, perché vanno ad interagire col nostro riposo; quindi, dovremmo proprio usare il tempo della sera come un momento di silenzio, un momento di raccoglimento, di preghiera, di lettura di un libro, se proprio vogliamo leggere qualcosa, leggere qualche pagina, ma tutto ci deve portare verso il riposo. Perché il nostro corpo lo cerca, la nostra mente lo cerca.

Adesso non sto qui a farvi lezioni di medicina, perché non è il mio campo, ma sapete che di notte il riposo è fondamentale proprio per tutti i cicli ormonali. Quanto è importante il sonno profondo! C’è tutta una vita che si ricarica dentro al riposo notturno, è fondamentale. Infatti, chi non riposa bene ha dei problemi seri. Il giorno dopo sei distrutto, se non hai riposato bene la notte.

Spesso non lo percepiamo affatto: il nostro spirito è ancora dominato dalle immagini e dai propositi del giorno che ha da seguire. Talvolta vi si fa sentire come un presentimento lontano. Ma ci sono anche delle sere in cui avvertiamo come la vita inclini verso la grande tenebra «dove nessuno può agire più».

Quindi, alle volte, ci prende anche il pensiero di quello che dovremo fare, non solo di quello che abbiamo fatto, ma di quello che dovremo fare. Però è anche vero — lui dice — che ci sono sere che avvertiamo che siamo inclinati verso la grande tenebra, dove nessuno può più agire.

E tutto dipende dalla nostra maggiore o minore capacità di comprendere il mistero della morte. Morire non significa soltanto che la vita volge al termine. Morire è anche l’ultimo atto di questa vita: il suo atto estremo, decisivo di tutto. Ciò che avviene nella vita, sia d’un individuo che d’un popolo, non è mai compiuto ed esaurito. Ha pur sempre importanza grande quello che l’individuo o il popolo ne fanno: quale atteggiamento prendono al riguardo; se dall’accaduto sanno trarre o meno qualcosa di nuovo, in bene o in male.

La morte come vita che finisce, come ultimo atto estremo della nostra vita, l’atto decisivo.

Mi fermo qui anche se non abbiamo finito, perché capite bene che il mistero della morte, il mistero della notte, sono realtà molto delicate, importanti, che richiedono tempo e spiegazioni. Infatti, Romano Guardini dedica molto più spazio al tema della sera che non al tema del mattino e c’è il suo motivo, c’è il suo perché, come vedete. Domani andremo avanti.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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