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Catechesi: l’inferno in S. Teresa d’Avila

Copertina Catechesi Inferno

Commento al capitolo 32 della “Vita di S. Teresa di Gesù scritta da lei stessa” sul tema dell’Inferno.

Catechesi di lunedì 13 luglio 2020

Predica di p. Giorgio Maria Faré

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Testo commentato durante la catechesi

S. Teresa di Gesù, “Vita scritta da lei stessa” – Cap. 32

Come il Signore l’abbia trasportata in spirito a quel luogo dell’inferno che per i suoi peccati si era meritata – Racconto sommario di ciò che vide – Comincia a dire come poté fondare il monastero di S. Giuseppe nel quale ora si trova.

1 – Già da tempo avevo ricevuto molte di queste grazie con varie altre assai grandi, quando un giorno mentre ero in orazione, mi trovai, a un tratto, trasportata tutta intera nell’inferno, senza sapere come. Compresi che Dio mi voleva far vedere il luogo che i demoni mi avevano preparato, e che io mi ero meritato con i miei peccati.156 Fu una visione che durò pochissimo, ma vivessi anche molti anni, mi sembra di non poterla affatto dimenticare.
L’ingresso mi pareva un cunicolo molto lungo e stretto, simile a un forno assai basso, buio e angusto; il suolo tutto di melma puzzolente piena di rettili schifosi. In fondo, nel muro, c’era una cavità scavata a modo di nicchia, e in essa mi sentii rinchiudere strettamente. E quello che allora soffrii supera ogni umana immaginazione, né mi sembra possibile darne solo un’idea, perché cose che non si sanno descrivere. Basti sapere che questo che ho detto, di fronte alla realtà, mi sembra cosa piacevole.

2 – Sentivo nell’anima un fuoco che non so descrivere, mentre dolori intollerabili mi straziavano il corpo.
Nella mia vita ne ho sofferti moltissimi; anzi, dei più gravi che secondo i medici si possano soffrire sulla terra, perché i miei nervi si erano tutti rattrappiti sino a rendermi storpia, senza dire dei molti altri di diverso genere, causatimi in parte dal demonio. Tuttavia non sono nemmeno da paragonarsi a quelli di allora, specialmente al pensiero che quel tormento doveva essere senza fine e senza alcuna mitigazione.
Ma anche questo era un nulla innanzi all’agonia dell’anima. Era un’oppressione, un’angoscia, una tristezza così profonda, un così vivo e disperato dolore che non so come esprimere. Dire che si soffrono continue agonie di morte è poco, perché almeno in morte pare che la vita ci venga strappata da altri, mentre qui è la stessa anima che si fa in brani da sé. No, non so trovare espressioni né per dire di quel fuoco interiore né per far capire la disperazione che metteva il colmo a così orribili tormenti. Non vedevo chi me li facesse soffrire, ma mi sentivo ardere e dilacerare, benché il supplizio peggiore fosse il fuoco e la disperazione interiore.

3 – Era un luogo pestilenziale, nel quale non vi era speranza di conforto, né spazio per sedersi o distendersi, rinserrata com’ero in quel buco praticato nella muraglia. Orribili a vedersi le pareti mi gravavano addosso, e mi pareva di soffocare. Non vi era luce, ma tenebre fittissime. Eppure quanto poteva dar pena si vedeva ugualmente, nonostante l’assenza della luce: cosa che non riuscivo a comprendere.
Per allora Dio non volle mostrarmi di più, ma in un’altra visione vidi supplizi spaventosissimi, fra cui i castighi di alcuni vizi in particolare. A vederli parevano assai più terribili, ma non mi facevano tanta paura perché non li sperimentavo, mentre nella visione di cui parlo Il Signore volle farmi sentire in spirito quelle pene ed afflizioni, come se le soffrissi nel corpo. Non so come questo sia avvenuto. Fu certo per la grande bontà del Signore che ha voluto farmi vedere con i miei occhi da dove la sua misericordia mi ha liberata.
Sentir parlare dell’inferno è niente. Vero è che io l’ho meditato poche volte, perché la via del timore non è fatta per me, ma è certo che quanto si medita sui tormenti dell’inferno, su quello che i demoni fan soffrire, o che si legge nei libri, non ha nulla a che fare con la realtà, perché totalmente diverso, come un ritratto e l’oggetto ritrattato. – Il nostro fuoco paragonato a quello di laggiù è cosa assai lieve.

4 – Rimasi spaventatissima e lo sono tuttora mentre scrivo, benché siano passati già quasi sei anni,157 tanto da sentirmi agghiacciare dal terrore qui stesso dove sono. Mi accade intanto che quando sono in qualche contraddizione o infermità, basta che mi ricordi di quella visione perché mi sembrino da nulla, persuadendomi che ce ne lamentiamo senza motivo.
Questa fu una delle più grandi grazie che Dio mi abbia fatto, perché mi ha giovato moltissimo non meno per non temere le contraddizioni e le pene della vita che per incoraggiarmi a sopportarle, ringraziando il Signore di avermi liberata da mali così terribili ed eterni, come mi pare di dover credere.

5 – D’allora in poi, come dico, non vi fu travaglio che non mi sia apparso leggero in paragone di un solo istante di quanto là avevo sofferto e mi meraviglio che avendo letto tanti libri sulle pene dell’inferno, non ne facessi caso, né le temessi. Cosa pensavo? Come potevo compiacermi di ciò che mi avrebbe condotta in quel luogo? Siate per sempre benedetto, o mio Dio! Sì, voi mi amavate assai più di quanto mi amassi io! E quante volte invece io sono tornata a rimettermi contro la vostra volontà!

6 – Da questa visione mi venne una grandissima pena per la perdita di tante anime, specialmente di luterani che per il battesimo erano già membri della Chiesa, e desiderai grandemente di lavorare per la loro salute, sino a sentirmi pronta a sopportare mille morti pur di liberarne una sola da quei terribili supplizi.
Faccio spesso questa considerazione: Se vediamo una persona amica in mezzo a grandi prove e dolori, sembra che la stessa natura ci spinga a compassionarla, sino a sentire pur noi le sue sofferenze, proporzionalmente alla loro intensità. Ora, come si può reggere a vedere un’anima condannata per l’eternità al maggiore dei supplizi? Nessun cuore può sopportarlo senza sentirsene straziato. Se siamo presi da compassione per i dolori di questo mondo, che dopo tutto hanno fine, se non altro con la morte, perché mostrarci indifferenti innanzi a tormenti che saranno eterni, e innanzi al gran numero di anime che ogni giorno il demonio trascina con sé?

7 – Altro mio ardentissimo desiderio è che in cosa di così grande importanza non ci si debba mai dire soddisfatti se non a condizione di far tutto il possibile senza nulla tralasciare. E piaccia a Dio di darci grazia e riuscirvi.
Ecco ciò che penso. Allora io, nonostante le mie molte miserie, facevo qualcosa per servire Iddio, non commettevo quelle mancanze che il mondo reputa da nulla e beve giù facilmente, sopportavo gravi infermità con quella grande rassegnazione che il Signore mi dava, non mormoravo, non parlavo del prossimo, non mi sembrava di voler male ad alcuno, non ero ambiziosa, né ricordo di aver mai avuto tale invidia che fosse di grave offesa al Signore, e qualche altra buona disposizione, perché nonostante fossi tanto cattiva, ho sempre cercato di mantenermi nel timore di Dio. Eppure ho veduto il luogo che i demoni mi avevano preparato!… Sì, i miei peccati meritavano castighi assai più grandi. Ma quelli, ripeto, erano molto terribili. E allora non è forse pericoloso fidarsi del proprio stato di coscienza e riposare tranquilli, specialmente se ad ogni passo si cade in peccato mortale? Per amor di Dio, allontaniamoci da ogni occasione pericolosa, e il Signore non mancherà d’aiutarci, come ha fatto con me.
Piaccia intanto a Sua Maestà di non ritirare da me la sua mano, affinché non ritorni a cadere, avendo già visto il luogo dove andrei a finire… Non lo permetta il Signore per quegli che è! Amen.

8 – Dopo questa visione e dopo che il Signore mi ebbe rivelato per la sua bontà altri grandi segreti sulla gloria che riserva agli eletti e i tormenti che prepara ai dannati, desideravo ardentemente di fare un po’ di penitenza per meritarmi quel bene ed evitare quel male, disposta pure a fuggire ogni umano consorzio e a separarmi completamente dal mondo. Benché questo desiderio mi fosse assillante, tuttavia mi apportava pace e contento e ben si vedeva che veniva da Dio. Così Egli conferiva all’anima calore onde digerisse alimenti più sostanziosi che non i soliti di cui si nutriva.

9 – Pensando a quello che avrei potuto fare per Iddio, vidi che anzitutto dovevo corrispondere ai doveri della mia vocazione religiosa, osservando la mia Regola con ogni possibile perfezione.
Il monastero nel quale vivevo contava molte serve di Dio, e il Signore vi era fedelmente servito, ma per la povertà in cui era, le monache dovevano uscire di frequente per passare qualche tempo altrove, sempre in case dove potevano stare con ogni religione e raccoglimento. La Regola non era osservata nel suo primitivo rigore, ma secondo la Bolla di mitigazione, come del resto in tutto l’Ordine. Vi erano anche altri inconvenienti, per cui la vita mi pareva troppo agiata, la casa grande e piena di comodità. Soprattutto non mi garbavano le uscite, nonostante che anch’io ne usufruissi molto, perché certe persone a cui i prelati non potevano dir di no desideravano di avermi con loro, e io per comando dei Superiori dovevo contentarli, così che ben poco potevo stare in convento.
In ciò doveva aver parte il demonio, per impedire il gran bene che andavo facendo ad alcune monache col riferire ad esse quello che i miei direttori m’ insegnavano.

10 – Ora avvenne che un giorno, trovandomi in compagnia di più persone, una di esse uscisse a dire che qualora avessimo voluto vivere alla maniera delle Scalze, si sarebbe potuto fondare un monastero.160 La cosa rispondeva perfettamente ai miei desideri, e cominciai a parlarne con quella vedova mia amica già ricordata.161 Animata dalle nostre medesime aspirazioni, ella si dette subito d’attorno per procurare rendite al futuro monastero.
Ora vedo quanto queste misure fossero imprudenti, ma il grande desiderio che ne avevamo ce le faceva veder buone. Io poi non mi sapevo risolvere, perché ero contento dove stavo, il monastero mi piaceva e vi avevo una cella di mio gusto. Ciò nonostante decidemmo di raccomandar la cosa al Signore.

11 – Or ecco che un giorno, dopo la comunione, il Signore mi ordinò decisamente di far di tutto per attuare quel disegno, assicurandomi che il monastero si sarebbe fondato e che Egli vi avrebbe trovato le sue delizie. Dovevo dedicarlo a S. Giuseppe, il quale avrebbe vegliato una porta, nostra Signora l’altra, mentre Egli sarebbe stato con noi: così il monastero avrebbe brillato come stella di vivissimo splendore. Mi disse inoltre che sebbene le Religioni siano rilassate, non si deve però credere che Egli vi sia poco servito. Che sarebbe del mondo se non vi fossero i religiosi? E mi comandò di manifestare i suoi ordini al mio confessore, dicendogli che Egli lo pregava di non opporsi e di non frammettere ostacoli.

12 – Questa visione era accompagnata da così grandi effetti, e le parole mi avevano talmente impressionata che non potevo nemmeno dubitare che fossero di Dio.
Ne ebbi una pena grandissima perché intravidi subito qualche cosa di ciò che l’impresa mi avrebbe costato, senza poi dire che mi trovavo assai bene nel mio monastero. Sebbene di questo affare mi fossi occupata altre volte, tuttavia non era mai stato con vera risoluzione, meno poi con certezza di riuscita. Ora invece mi vedevo costretta, e non sapevo cosa fare per le grandi difficoltà e fatiche che vi intravedevo. Ma il Signore venne a parlarmi con tanta frequenza, ponendomi innanzi tante e così evidenti ragioni che, infine, persuasa che la cosa era di sua precisa volontà, mi determinai a parlarne con il mio confessore, mettendogli in scritto quello che mi era avvenuto.

13 – Non ebbe egli il coraggio di dirmi formalmente di abbandonare l’idea, ma vedeva bene che secondo i lumi della ragione non vi era speranza di riuscita, perché la dama mia amica che doveva erigere un monastero non disponeva che di mezzi assai miseri, pressoché nulli. Perciò mi disse di parlarne al mio Superiore e di stare alle sue decisioni.
Siccome io non ero solita trattare con lui delle mie visioni, gliene parlò quella dama esponendogli l’intenzione che aveva; e il Provinciale,163 che è amico di ogni perfezione, accolse volentieri il progetto, promise l’appoggio necessario e assicurò che avrebbe preso il monastero sotto la sua giurisdizione. Parlarono anche delle rendite che occorrevano, in base al numero delle religiose che per più motivi noi non volevamo che fossero più di tredici.
Però prima di dar principio alle trattative, avevamo scritto al santo fr. Pietro d’Alcantara il quale ci aveva detto il suo parere sopra ogni punto, raccomandandoci molto di non abbandonare l’impresa.

14 – Appena in città si cominciò a subodorare la cosa, scrosciò su di noi una persecuzione così violenta che sarebbe troppo lungo narrare.165 Chiacchiere e risate da per tutto: il nostro disegno una pazzia, io che stessi nel mio convento e sulla mia compagna tante persecuzioni d’andarne desolata. Non sapevo più cosa fare perché mi pareva che in parte avessero ragione. Mentre ero così afflitta e mi raccomandavo al Signore, Sua Maestà cominciò a consolarmi e a farmi coraggio. Mi disse che da ciò dovevo vedere quanto avevano sofferto i fondatori di Ordini religiosi, che mi attendevano altre persecuzioni assai più gravi, superiori ad ogni mia immaginazione, e che non dovevamo metterci in pena per quello che succedeva. Mi disse poi altre cose che dovevo comunicare alla mia compagna.
Quello che mi stupì fu che dopo queste sue parole rimanemmo talmente consolate e così piene di coraggio che avremmo affrontato tutto il mondo. Intanto non vi era alcuno in città, neppure fra le persone di orazione, che non fosse contro di noi e non riguardasse il progetto come il colmo della pazzia, senza poi dire della rivoluzione che avvenne nel mio monastero.

15 – Insomma furono tante le contrarietà che il Provinciale, giudicando troppo arduo lottare da solo contro tutti, cambiò di parere e non volle più ammettere la fondazione. Disse che le rendite non erano sicure, che erano poche, che l’opposizione era troppo grande: tutte cose che mi parevano ragionevoli. E da ultimo abbandonò il progetto, dichiarando di non volerne più sapere.
Nel veder contrario anche il Provinciale, mentre credevamo di aver già vinto le prime difficoltà, ci sentimmo molto scoraggiate, specialmente io perché la sua approvazione mi sarebbe valsa a discolparmi innanzi a tutti. La mia compagna poi non trovava più confessori che l’assolvessero, perché dicevano che era obbligata a far cessare lo scandalo.

16 – Ella allora andò da un religioso dell’Ordine di S. Domenico, uomo di molta dottrina e gran servo di Dio, gli espose il nostro progetto e gli dette conto di tutto. – Questo, prima ancora che il Provinciale ci abbandonasse, perché in città non vi era alcuno che ci volesse consigliare, e intanto dicevano che facevamo di nostra testa.
Quella signora gli rese conto di tutto, dicendogli insieme fino a che punto poteva contribuire con il suo patrimonio, desiderosa che quel santo uomo ci aiutasse, perché era il più grande teologo che allora fosse in città, inferiore a ben pochi anche nel suo Ordine. Gli esposi anch’io quello che pensavamo di fare, e gli addussi alcune delle varie ragioni che a ciò c’inducevano, senza parlargli delle rivelazioni, perché volevo che mi consigliasse soltanto secondo le ragioni naturali che mi determinavano ad agire. Egli chiese otto giorni di tempo per riflettere e ci domandò se eravamo disposte a quanto ci avrebbe consigliato. Gli risposi di sì, benché fossi sicura che, nonostante tutto, il monastero si sarebbe fondato. Tuttavia così allora sentivo, e mi pare che gli avrei obbedito, tanto più che per allora non vi era altra via di uscita. Ma la mia compagna aveva più fede di me, e non acconsentiva mai ad abbandonare l’idea, qualunque cosa le dicessero.

17- Per conto mio, nonostante mi paresse impossibile che la cosa non riuscisse, tuttavia ritengo vera una rivelazione solo allora che non è contraria alla sacra Scrittura e alle leggi della Chiesa che siamo obbligati a osservare, e benché fossi certa che la mia veniva da Dio, mi pare che se quel dotto religioso mi avesse detto che senza commettere peccato o andare contro coscienza quel progetto non si sarebbe potuto attuare, immediatamente ne avrei abbandonata l’idea, cercando di compiacere il Signore in altro modo. Ma per allora Egli non mi mostrava che quello.
Dopo, quel buon servo di Dio mi disse che aveva accettato quell’incarico col fermo proposito di dissuadercene, per aver visto la clamorosa opposizione che era sorta in città e come tutti – lui compreso – lo giudicassero una pazzia, tanto che un gentiluomo, appena saputo che noi avevamo chiesto il suo consiglio, gli aveva fatto sapere di guardarsi bene dall’aiutarci. Ma poi, quando cominciò a pensare a quello che ci doveva rispondere e a considerare attentamente la cosa, il fine, la vita e la regolarità che volevamo istituire, rimase pienamente convinto che il progetto era di grande servizio di Dio e che non bisognava abbandonarlo. Perciò ci rispose di darci d’attorno per attuarlo, ci suggerì i mezzi da prendere e la condotta da tenere. Se le rendite promesse erano scarse, bisognava fidarsi della divina provvidenza; e se alcuno aveva da dire qualche cosa, l’indirizzassimo a lui, che gli avrebbe risposto a dovere. – D’allora in poi non mancò più d’aiutarci, come appresso dirò.

18 – Questa risposta ci consolò moltissimo, tanto più che persone sante, prima assolutamente contrarie, cominciavano alquanto a placarsi e alcuna veniva pure in aiuto, come quel santo gentiluomo168 di cui ho parlato più sopra. Virtuoso com’era, gli sembrava che un progetto come il nostro, che metteva la preghiera a base di tutto, fosse ordinato a molta perfezione, e benché i mezzi gli paressero troppo deboli e senza speranza di riuscita, tuttavia, ispirato certamente da Dio, si arrese volentieri, pensando che la cosa poteva essere da Dio. Altrettanto quell’ecclesiastico Maestro e gran servo di Dio a cui, come ho detto, mi ero rivolta da principio, specchio a tutta la città nella quale Dio l’ha suscitato a salute e a utilità di un gran numero di anime: anch’egli venne a prestarmi il suo aiuto.
Stando le cose a questo punto e non cessando mai di raccomandarci al Signore, comprammo una casa, situata in un buon posto. Era un po’ piccola, ma non me ne davo pensiero perché il Signore mi aveva detto di cominciare in qualunque modo, e dopo avrei veduto quello che Egli avrebbe fatto. E come l’ho veduto!… Nonostante la scarsezza delle rendite, ero convinta che Dio avrebbe provveduto a ogni cosa per altre vie.

(S. Teresa di Gesù, “Vita scritta da lei stessa” – Cap. 32)

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