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La gloria del mondo e la Gloria di Dio: tu cosa cerchi?

Teschio

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di giovedì 18 marzo 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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LA GLORIA DEL MONDO E LA GLORIA DI DIO:

TU COSA CERCHI?

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

Eccoci giunti a giovedì 18 marzo 2021, abbiamo appena ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal cap. V, vv 31-47 di San Giovanni.

Anche questo è un altro testo bellissimo. Gesù non riceve gloria dagli uomini, a differenza nostra Gesù non cerca la gloria di questo mondo, perché la gloria di questo mondo appartiene ed è in mano al principe di questo mondo e lui la dà a chi vuole, dice la Scrittura, lo dice lui (il demonio) nella terza tentazione che fa a Gesù: “Se prostrato mi adorerai… e io la dò a chi voglio”.

Avere la gloria, l’onore, il potere di questo mondo vuol dire che il principe di questo mondo ci riconosce come suoi. Tutti noi siamo sedotti dal potere, chi più, chi meno. Solo chi cammina in una stretta via di santità avverte la seduzione, ma immediatamente avverte anche il vuoto di questa seduzione, l’inconsistenza di questa gloria degli uomini. Per il resto, questa gloria seduce tutti.

Un po’ come nel Signore degli Anelli. Se l’avete visto sapete che l’Anello del potere è l’Anello che riassume tutti gli altri nove anelli, e di fatto tutti coloro che ne vengono a contatto rimangono incantati, sedotti. Se ricordate il film, alla fine, dopo tutti i morti, dopo tutte le fatiche, le sofferenze, dopo tutto quel pellegrinaggio terribile, Frodo arriva sulla cima della montagna, di questa montagna infuocata, nella quale deve lanciare l’anello perchè la lava, il fuoco di quella montagna è l’unico che può distruggere quell’Anello, e quindi tutto il regno di Mordor. A quel punto Frodo, che fino ad allora aveva portato e sopportato il peso dell’Anello, aveva affrontato tutte le peripezie possibili ed immaginabili, sapendo che tutti i suoi amici avevano rischiato la vita e di fatto stavano per morire — ma fanno ugualmente di tutto per distrarre il grande Occhio da quello che sta facendo Frodo col suo compagno Sam — ecco, Frodo arrivato a questo punto e nonostante tutto questo, cede.

Viene il momento di separarsi dall’Anello, di liberarsi finalmente da quella terribile sensazione che gli provocava, come dice lui mentre sale dalle tenebre: “Non vedo più colori, non sento più sapori, profumi, vedo solo tenebre, vedo buio, freddo.”

Eppure, quando arriva il momento di separarsi finalmente dall’Anello del Potere, lui dice: “Perché devo farlo? L’Anello è mio, il potere è mio!” e lo indossa.

È veramente triste che tutta quella vicenda — e forse tutte le nostre vicende umane — finisca per merito di Gollum. Sarà lui che, per accidens, farà andare l’Anello nel fuoco, insieme a se stesso, completamente obnubilato dall’Anello. La sua vita è stata completamente distrutta dall’Anello, questo individuo ha perso ogni sembianza umana. È interessante la parabola esistenziale di Gollum: da essere umano diventa mostro sotto tutti gli aspetti, sfigurato completamente, corroso dalla seduzione dell’Anello, il suo “tesoro”, ed è triste che sia lui a concludere, cadendo lui e l’anello.

Frodo di fatto ha fallito, non è riuscito. Questo mostro (Gollum), a motivo della sua ingordigia, perde il senso della vita e della morte. Pur di avere l’Anello con sé cade dentro nel fuoco insieme ad esso e mentre sprofonda, mentre la lava lo sta inghiottendo e bruciando vivo, lui tiene fuori l’Anello, ed è l’ultima cosa che guarda.

Sono scene di un simbolismo incredibile, fortissimo. Di fatto questo Anello, il potere, non è di nessuno. Questo è l’inganno del potere: tu credi di poterlo gestire, in realtà il potere non è di nessuno, è sé stesso, è lui che ti gestisce, è lui che ti usa, che ti consuma. È un’illusione il dire: “Io ho il potere”. In realtà il potere ha me, io sono nelle mani del potere.

È terribile questa cosa, infatti quando a Saruman viene tagliato via il dito che indossava l’Anello, l’Anello non è legato a Saruman: continua ad andare di mano in mano, perché l’Anello è l’Anello. Tutti vengono sedotti da questo Anello, amici che tradiscono, guerrieri che perdono la testa, regine e principesse, maghi che non capiscono più nulla, perché il potere è così.

Questo è il potere che promette Satana, principe di questo mondo. Non dobbiamo mai dimenticare questa definizione che lui dà di sé stesso e che poi darà anche Gesù. Il principe del mondo, in assoluto antagonismo con il Principe della Pace, che è Gesù, il vittorioso Re, il Leone della tribù di Giuda.

Gesù non vuole questa gloria, non la cerca, non la vuole, la rinnega, a Lui non interessa. Noi siamo completamente diversi.

“E anche il Padre, che mi ha mandato… Egli mi ha mandato…”

Lui continua a ripetere che Lui viene perché mandato da Dio, dal Padre suo.

“Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste.”

Perché? Perché voi cercate la gloria l’uno con l’altro. Noi ci diamo e riceviamo gloria vicendevolmente, ci riconosciamo porzione di potere l’uno con l’altro, e ci sentiamo tanto più capaci quanto più dominiamo, quanto più possiamo dominare un’altra persona. La seduzione profonda di avere tra le mani la vita di qualcuno, sapere che la vita di un’altra persona dipende da me, sapere che la mia parola può distruggere per sempre la vita di un’altra persona e sapere che lui lo sa, sapere che lo posso ricattare, e quindi fargli quello che voglio io, sapere che può alzare la testa fin dove io lo permetto, non un millimetro di più, perché io ho il potere sulla sua vita… Quando ci si ferma, almeno a me accade, quando mi fermo a ragionare su queste cose, sulla Terza Tentazione di Gesù, mi vengono le vertigini, perché la logica di Gesù è esattamente tutta al contrario. Il potere che viene dal successo, dalla fama, dalla stima, dal consenso, dall’applauso, dall’accoglienza, dai soldi, dall’affetto, dai sentimenti che io ti dò e tu mi dai… Ci sono persone che hanno proprio bisogno di questo, che se non ce l’hanno stanno male, persone che sono anche credenti, che ricevono i Sacramenti ma che sono consumate da questo. Ma il potere dura poco, oggi sei su e domani sei negli inferi, oggi il mondo ti applaude e domani il mondo ti crocifigge. Persino nell’andare in bicicletta, nell’andare a correre, nel fare una passeggiata, persino a nuotare, c’è sempre qualcuno che ha bisogno di stare davanti, perché l’ultima posizione è la posizione dei falliti, di coloro che non contano niente, dei deboli.

Ma è nella debolezza che si manifesta la potenza di Dio. Nella debolezza umana. Nietzsche arriverà a dire che la nostra religione è una religione per schiavi, dei deboli. In realtà un conto è fare una teologia dei deboli e un conto è fare una teologia della debolezza. La nostra non è una religione di deboli, ma una religione della debolezza, dove la debolezza ha un ruolo fondamentale, dove il Verbo si fece Carne. “Scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani”.

Questa è una ragione di morte per Gesù. Ma, nella misura in cui noi cerchiamo gloria gli uni dagli altri, ci morsichiamo la stessa torta, insieme, un pezzo per ciascuno, come i lupi che si avventano sulle vittime morte per dilaniarle, ognuno ha la sua porzione, ognuno deve prendersi la sua porzione di potere, e si va d’accordo nella misura in cui ognuno ha la sua fetta, basta rispettare le gerarchie di avvicinamento.

“Non avete in voi l’amore di Dio”

L’amore di Dio non può abitare in questi cuori. Quando sei così tanto segnato dalla gloria umana, dal potere umano, non c’è l’Amore di Dio, perché il potere di Dio si manifesta nella debolezza umana, nell’impotenza umana.

“Ma voi non volete venire a me per avere vita.”

Perché noi cerchiamo altro. Dobbiamo essere molto sinceri, a noi il principio, lo stile di questo mondo piace, “mondo” inteso come realtà antagonista di Dio, come realtà senza Dio, aliena da Dio. A noi piace, perché poi di fatto ci imbeviamo tutti di questa realtà del mondo, gli stili di vita risentono di questo mondo, dello stile di vita mondano: “Voglio essere riconosciuto dai miei simili, voglio ricevere la mia porzione di potere e voglio stare in fila all’inizio, voglio aprire la fila davanti a tutti, nessuno mi deve dire cosa devo fare”.

Mentre chi vive la logica della debolezza cerca continuamente qualcuno che lo educhi, qualcuno che gli indichi la via, ma non perché è incapace di intendere e di volere, ma perché sceglie liberamente di educare la sua libertà e la sua volontà a una presa di distanza, ad una purificazione sempre più costante e rigorosa dal potere umano, dalla seduzione della gloria degli uomini, che è quella che abbiamo visto pochi giorni fa, in Gv 12, dove si dice che alcuni credevano in Gesù, ma non lo affermavano pubblicamente perché avevano paura di essere cacciati dalla Sinagoga, perché temevano di più la gloria degli uomini che quella di Dio.

C’è una scena bellissima di San Serafino, questo santo ortodosso, a cui si erano aggregate delle donne — che poi di fatto era come se avesse fondato una sorta di congregazione femminile — alle quali aveva lasciato una regola di vita. Alla morte di S. Serafino il Vescovo va a trovare queste monache e, vedendo il loro stile di vita, comincia a dire che è esagerato su tante cose, che si deve cambiare, …. C’è una di queste monache che è un po’ la più fervente, più fedele. Questa monaca si alza, va dal Vescovo e senza dire una parola gli tira una solenne sberla sulla faccia. Il Vescovo saggio in quel momento dice: “Gesù nel Vangelo mi dice di porgere l’altra guancia”. E la monaca risponde: “Nel suo caso basta una sberla sola”. Per fargli capire che ciò che lui stava dicendo era sbagliato ed era un tradimento dell’intuizione di San Serafino. Loro dovevano rimanere fedeli.

Chi di noi ha il coraggio di dire, o anche solo chiamare le cose col loro nome davanti a chicchessia? Avere il coraggio di dire ciò che alla sua coscienza appare come vero davanti a chiunque, nella carità, ma dire la Verità. Non sto dicendo che si debba andare in giro a prendere la gente a sberle…

Invece noi cosa facciamo? Se dire o fare questa cosa vuol dire per me perdere gli affetti, perdere la poltrona, il potere, perdere qualcosa che riguarda questo mondo, allora ci penso due volte e me ne sto zitto… ma l’amore di Dio non è in noi.

“E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?”

Non c’è l’amore e non c’è la fede. Nel cercare la gloria di questo mondo noi perdiamo la carità e la fede. È una situazione terribile, è tipicamente satanica questa cosa, siamo nel regno del principe di questo mondo che è il demonio, che è satana e non possiamo trovare carità o fede in satana.

“Mosè, nel quale riponete la vostra speranza.”

Noi riponiamo la nostra speranza in Gesù Cristo, in nessun altro. Quando cerchiamo la gloria degli uomini, la gloria di questo mondo, il consenso degli uomini le tre virtù teologali, saltano.

Almeno una riga del testo di Padre Cornelio a Lapide sul rispetto umano la diciamo. Eravamo arrivati a parlare del buon ladrone, abbiamo parlato di Pietro che rinnega per il rispetto umano:

“Il discepolo non ha il coraggio di sopportare una vita fantesca ma il ladrone vedendo intorno a sé tutto il popolo che urlava, schiamazzava contro Cristo, non tenne in nessun conto tutto quel baccano, non si fermò l’umiliazione presente nel Crocifisso ma veduto tutto con gli occhi della fede, non badando alle illusioni esteriori, calpestando ogni rispetto umano, riconosceva nel paziente Signore dei Cieli, e a Lui sottomettendo le facoltà dell’anima sua e ad alta voce senza paura di essere burlato, esclamava: “Signore ricordatevi di Me, giunto che sarete nel vostro Regno”. E la ricompensa della sua viva fede, del suo coraggio nel confessarlo in faccia a tutta la folla, senza badare al rispetto umano, ebbe la dolce ventura di udirsi rivolgere dalla bocca medesima di Gesù Cristo quelle consolanti parole: «Oggi sarai con me in paradiso — Hodie mecum eris in paradiso (Luc. XXIII, 43). La forza, la grazia, la salute, la gloria, stanno nel disprezzo del rispetto umano…”

Che brutta cosa quando dicono che il buon ladrone come ultimo atto “ruba il Paradiso”. Ma il buon ladrone non ruba niente a nessuno. È proprio l’unico atto buono che compie. Lui non ruba il Paradiso, lui calpesta il rispetto umano e la gloria di questo mondo. È tutta un’altra cosa ed è brutto chiamarlo il buon ladrone, perché non è un ladrone in questo momento, ma è un uomo che ha dato una svolta radicale alla sua vita, che ha messo al centro Gesù. Gesù non si fa rubare niente da nessuno.

“Chi si mette sotto i piedi il rispetto umano, è padrone di sé, del mondo, di tutte le creature, del cielo, di Dio medesimo… Il cristiano coraggioso non arrossisce mai di Dio, né della sua religione… In questo coraggio sta la vera gloria… Esso salvò la Maddalena, il pubblicano, il prodigo, il buon ladrone. Se essi avessero dato ascolto al rispetto umano, sarebbero tutti perduti; lo disprezzarono, sono lodati da Gesù e resi gloriosi… I Santi, i più eccellenti personaggi di tutti i secoli, tali divennero perché, disprezzando il rispetto umano, camminarono diritti alla loro via … Imitiamoli … «Se noi soffriamo con Gesù, dice S. Paolo, regneremo con Lui; se Lo rinneghiamo, anch’Egli ci rinnegherà» — “Si sustinebimus et conregnabimus; si negaverimus et ille negabit nos” ( II Tim. II, 12). «Essi ebbero timore di ciò che non dovevano temere, dice il Profeta, e il Signore spezzerà le ossa di quelli che cercano di piacere agli uomini; furono coperti di confusione, perchè Iddio li ha disprezzati» — “illic trepidaverunt ubi non erat timor, Deus dissipavit ossa eorum qui hominibus placent; confusi sunt, quoniam Deus sprevit eos (Psalm. LII, 6 – 7). Ecco un triplice castigo per quelli che si lasciano guidare dal rispetto umano per incontrare il genio del mondo: 1° il rompimento delle ossa, cioè la perdita della vita, della felicità, della pace, della salute; 2° la confusione, l’ignominia, la perdita della gloria; 3° il disprezzo di Dio e la riprovazione.”

Quest’oggi chiediamo al Signore, nell’avvicinarsi del tempo della Pasqua, la grazia di calpestare il rispetto umano, la gloria mondana e cercare solo la Gloria di Dio.

E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

Giovedì della IV settimana di Quaresima

VANGELO (Gv 5,31-47)
Vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza.

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei:
«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera.
Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato.
Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita.
Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?
Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».

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