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La piccola araba, S. Maria di Gesù Crocefisso: parte VIII, ultima parte

Piccola Araba

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 5 settembre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

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La piccola araba, S. Maria di Gesù Crocefisso: parte VIII, ultima parte

Eccoci giunti a domenica 5 settembre 2021.

Oggi ricordiamo in modo particolare Santa Teresa di Calcutta, grandissima Santa, che tutti conosciamo benissimo.

Abbiamo letto il Vangelo, tratto dal capitolo VII di San Marco, versetti 31-37.

Anche noi abbiamo bisogno che Gesù ci prenda in disparte, lontano dalle folle e ci apra la mente, il cuore, gli affetti, la volontà e ci insegni a parlare, ad amare, a volere, correttamente; abbiamo bisogno di questo miracolo, ogni giorno ne abbiamo bisogno.

La nostra carissima Suor Maria di Gesù Crocifisso, la Piccola Araba, nel libro di Brunot, che stiamo leggendo, ci insegna che, dall’età di sette anni, lei inizia a confessarsi ogni settimana.

Non impariamo quel brutto vezzo, che c’è in qualcuno, di dire: “Eh, ma io non sono la Piccola Araba… Eh, ma io non sono San Carlo… Eh, ma io non sono Sant’Ambrogio… Eh, ma io non sono San Giovanni della Croce… Eh, ma io non sono Santa Teresa d’Avila… Eh, ma io non sono Gesù…”

Questo è proprio il modo migliore per non diventare santi, per non crescere mai. È vero che non tutto, nei Santi, è imitabile, ma tante cose sono imitabili. Magari non posso imitare San Pietro d’Alcantara nei suoi digiuni, è vero, però posso imitare la Piccola Araba in questo grande amore per il Sacramento della Confessione. Perché no? Che male ci fa? Che danno crea?

Ha iniziato dall’età di sette anni a confessarsi ogni settimana e

“Presto — dice Brunot — comincia a sentire un desiderio struggente di Gesù Eucarestia”.

Va di pari passo: tanto quanto noi ci confessiamo, e ci confessiamo bene, tanto quanto aumenterà in noi il desiderio di Gesù Eucarestia. Tanto siamo lontani dalla Confessione, tanto saremo lontani dalla Comunione, spirituale o sacramentale che sia. Allora, dobbiamo proprio metterci di impegno.

Una delle soluzioni proposte da qualcuno, in questi tempi, per bypassare, per saltare, per evitare il Sacramento della Confessione (praticamente per definirlo inutile, poi nessuno teoricamente lo dirà mai, però praticamente lo si definisce inutile, basta vedere ogni quanto ci confessiamo: se mi confesso due volte all’anno…), uno dei cavalli di battaglia portati avanti, è quello sul tema della coscienza del proprio limite. 

Oggi, infatti, non si usa più la parola peccato, perché peccato fa venire un po’ i pruriti, quindi oggi si preferisce usare il termine “limite”, il termine “fragilità”, con quattro a e cinque accenti, poi il termine “debolezza”, il termine “feriti”, questi sono un po’ i mantra di oggi, che vanno sostituire il termine “peccato”, nella loro idea; peccato, appunto, che nessuno dice “peccato”, perché  “peccato” non è né fragilità, né debolezza, né essere feriti, né limite, questo non è peccato.

Sapete, una cosa fondamentale per cambiare i concetti, è cominciare a cambiare le parole, per poter cambiare le idee nelle persone dobbiamo prima cambiare il linguaggio; cambiato il linguaggio, cambiano le idee.

Se io tolgo dal linguaggio il termine “peccato”, più nessuno penserà al peccato, più nessuno saprà che cos’è un peccato; se poi io ci metto vicino lo spaventapasseri del dire: “Eh, no, sai, se tu pensi ai peccati, se tu vedi i peccati, se tu guardi la tua resistenza a Dio, il tuo opporti al Signore (questo è il peccato), dopo cadi in una sorta di volontarismo, di perfezionismo, di disperazione, di angoscia, di durezza interiore, di cose brutte…”

Noi dobbiamo sentirci onnipotenti… capite? Noi dobbiamo sentirci liberi, liberi da quelli che chiamiamo i nostri limiti, che in realtà sono i peccati mascherati da limite, perché il peccato non ha niente a che vedere col limite, ma noi abbiamo bisogno di liberarci, di affrancarci da queste cose.

Quindi, se li facciamo, noi cosa diciamo? “Vabbè, sono limitato… sono una creatura… sono un uomo… sono debole, cosa vuoi farci?” “C’è una sorta di ineluttabilità a peccare, non si può evitarlo il peccato, perché comunque noi ci facciamo la pace, perché siamo limitati, perché siamo deboli, perché siamo fragili e, così facendo, non c’è bisogno di confessarci, perché tanto fa parte della mia natura. Quindi, poi il Signore mi perdona, il Signore ha già perdonato tutto sulla croce, ha già risolto tutto, questo è solamente il tempo di godere, di essere felici, di giocare, di sapere che Lui tanto ha già risolto tutto”.

A pagina 161, Brunot scrive: 

“Il Piccolo Nulla cioè la Piccola Araba, Suor Maria di Gesù Crocefisso — ha una consapevolezza talmente acuta della propria miseria, da piangere per le minime imperfezioni, questa è la santità!”

Non è altro che tutto il messaggio di Santa Teresa d’Avila, per esempio.

“La consapevolezza acuta della propria miseria…”

E voi mi direte: “Padre, le prove? Le fonti di Santa Teresa d’Avila?” Tra poco arriveranno, tra qualche tempo vedrete che arriveranno le fonti e vi dirò: “Vi ricordate quando lèggemmo la Piccola Araba su questa questione?… Ecco qui, quanto è ripresa da Santa Teresa!”

“La Maestra delle novizie, Suor Maria di Gesù Bambino, ha lasciato scritto: «Piange sulle sue minime imperfezioni — la Piccola Araba — come noi non sappiamo piangere sui nostri peccati veniali»”.

Certo, perché ha una coscienza delicatissima, fondata su che cosa? Fondata sull’amore per Gesù, non sullo scrupolo, non sulla paura dell’Inferno, non sull’isteria, non sul perfezionismo, non sul volontarismo, no… sull’amore per Gesù.

Ma noi, quando è stata l’ultima volta che abbiamo pianto i nostri peccati? Non dico le nostre imperfezioni, dico i nostri peccati! Quando è stata l’ultima volta che io ho pianto i miei peccati?

Quindi le sue imperfezioni (che non sono peccati, le imperfezioni non sono peccati), di cui lei ha una coscienza acuta (lei non è una donna superficiale, grossolana, ha una coscienza delicatissima), la fanno piangere.

Prosegue, sempre riferito alla Piccola Araba: 

“Se si parla delle sue realizzazioni, replica con questa immagine pittoresca: «Io non ho fatto altro che infilare aghi, è Dio che fa tutto»”.

Vedete quanto è umile, quanto è vera: lei attribuisce ogni cosa a Dio. Attenti adesso… Scrive Brunot: 

“Anziché paralizzarla, una tale coscienza del suo nulla, le ispira una totale confidenza in Dio”.

Capite?

“Anziché paralizzarla…”

Come invece dicono questi profeti di sventura… quindi, dobbiamo togliere il peccato perché ci paralizza, dobbiamo togliere la coscienza del peccato, perché se no ci fa cadere nella disperazione, perché se no ci fa cadere nello spiritualismo, ci fa cadere nel volontarismo, nel perfezionismo… Dobbiamo risolvere la questione del peccato assommandola alla questione del limite, quindi il limite è umano, e peccare è umano…

Ma non c’è niente di umano nel peccato, come diceva Papa Benedetto XVI! Non c’è niente di umano nel peccare, perché è solo tipicamente diabolico.

“Anziché paralizzarla, una tale coscienza del suo nulla, le ispira una totale confidenza in Dio”.

Esattamente quello che dice Santa Teresa d’Avila. Lei parla di rampa di lancio: la coscienza della mia miseria come rampa di lancio per gettarmi totalmente in Dio.

“… una tale coscienza del suo nulla, le ispira una totale confidenza in Dio e una audacia senza confini. L’umiltà dei Santi non è mai deprimente”.

Quando invece qualcuno ci mostra un angolino della nostra miseria, ci fa vedere che non siamo proprio così quel San Tommaso d’Aquino che crediamo di essere, quel San Luigi Gonzaga, quella Santa Teresa di Calcutta che pensiamo di essere, quando qualcuno ci mostra che forse magari non siamo proprio ancora completamente una novella Madre Teresa, noi cosa diciamo? “Ah… che durezza! Sono precipitato nello sconforto, non vedo più la luce… Ah… mi sento perso… allora non ho più speranza, vedo il buio”.

Sapete da dove viene questa roba? Viene dall’amor proprio, non viene da Dio, non viene dall’umiltà, non viene dalla spiritualità, né dalla santità… viene dall’amor proprio, che è una delle bestie peggiori che ci portiamo dentro. Quando la coscienza del mio peccato, del mio essere peccatore, mi fa cadere nella disperazione, nello sconforto, nell’avvilimento… tutto questo viene dall’amor proprio, statene sicuri! Viene sempre, solo, unicamente, esclusivamente, certamente dall’amor proprio.

Se invece io fossi abitato, illuminato, dallo Spirito Santo, la coscienza del mio peccato, del mio essere povera creatura, mi dovrebbe ispirare una totale confidenza in Dio…tutto il contrario! E una audacia senza confini…

Capite?

Questa è la verità! Questo ci insegnano i Santi! Questa è l’umiltà! Che cos’è l’umiltà? L’umiltà è verità. L’umile è colui che è assolutamente vero, in tutto. Questo è l’umile! Non è quello che va in giro con il collo storto, ma colui che è vero, innanzitutto con se stesso e con Dio, e poi con gli altri, vero.

Scrive Brunot:

“Quando è totale l’umiltà fa crescere la grandezza dell’anima fino alle dimensioni di Dio. Solo gli umili sono magnanimi e audaci (hanno un cuore grande e sono forti), svuotati di se stessi, sono ricolmi di Dio. Diceva un Certosino: «Lasciamo a Dio, la gioia di essere Dio dentro di noi»”.

Allora concludiamo questa meditazione con alcune citazioni, alcune espressioni della Piccola Araba. Scrive la Piccola Araba:

“L’umiltà è felice di essere disprezzata, di non possedere nulla, non si attacca ad alcuna cosa, non si adira per nessun motivo”;

“L’umiltà è contenta, è felice, l’umiltà sa soddisfarsi di tutto”;  

“L’umiltà porta sempre il Signore nel suo cuore, l’umiltà ha la gioia in questo mondo e nell’altro, l’umiltà non si fa riguardo di nessuno, è felice di tutto”;

“Il Signore dice: «Vedi il verme della terra? Quanto più si sprofonda, tanto più è protetto, ma se sta fuori viene schiacciato. Quando viene il gelo, il verme ha la terra che lo scalda, quando viene il sole, ha la terra che lo rinfresca». 

Vedete che saggezza c’è nei Santi!

Per cui, più noi siamo come il verme che sta prostrato sotto terra e non tira fuori la sua testa superba, ma si nasconde agli occhi di tutto e di tutti, agli occhi del mondo, si nasconde, sta sotto terra (non lo vedi il vermiciattolo), allora è protetto, non ha niente da temere. Nessuno può fargli del male, né gli uccelli del cielo, né i piedi che lo calpestano, nessuno, perché lui è lì. Quando fa caldo è al fresco e quando fa freddo è al caldo…protetto da cosa? Il verme, dalla terra… e noi? Dal nostro essere nulla, dalla coscienza di essere nulla.

Prosegue: 

“L’umiltà è il Regno del Cuore di Dio”.

Bisogna lavorare per l’umiltà, bisogna seminare, allora Dio dà l’umiltà. Non basta solamente dire: “Dammi Signore!” No, bisogna seminare e lavorare. 

Prosegue:

“Nell’Inferno c’è ogni genere di virtù, ma non c’è l’umiltà…”

Quindi nell’Inferno ci sono anche i puri eh… San Francesco di Sales dopo aver confessato le monache di un monastero diceva:“Pure come Angeli, ma superbe come demoni…”. Quindi attenzione! C’è ogni genere di virtù nell’Inferno, ci sono anche quelli che hanno fatto bene al prossimo. Tutte le virtù ci sono, ma non c’è l’umiltà.

“In Cielo, c’è ogni genere di difetti, ma non l’orgoglio. Dio perdona tutto all’umile, ma non tiene in alcun conto la virtù senza umiltà”.

Bellissimo…

Allora dobbiamo lavorare tutti per vivere di umiltà, per rinnegare la superbia, per rinnegare l’orgoglio, per chiedere al Signore la grazia di fare esercizi di umiltà.

Ci sono quelle bellissime Litanie dell’umiltà… io vi consiglio di leggerle ogni tanto, sono bellissime.

Ecco, allora credo proprio di concludere, quest’oggi, questo assaggio sulla Piccola Araba. Il testo è molto lungo, sono più di 200 pagine, ma le affido un po’ alla vostra lettura, alla vostra meditazione. Spero di avervi letto qualcosa di utile e vorrei concludere con un’ultima cosa, piccola, piccola, che lascio lì, alla vostra intelligenza.

Durante la possessione demoniaca (della Piccola Araba), che durò quaranta giorni, furono fatti gli esorcismi. Ad un certo punto, scrive Brunot a pagina 89 del libro: 

“Si vuole obbligare satana a parlare in latino, la lingua sacra, satana rifiuta irosamente e dice: «Questa lingua maledetta mi ha fatto troppo soffrire, è mia nemica»”.

Ecco, io non aggiungo altro, intelligenti pauca, ognuno di voi saprà trarre le debite conseguenze e le debite riflessioni da questa interessante frase, che il demonio disse durante l’esorcismo alla Piccola Araba.

Per intercessione di Santa Suor Maria di Gesù Crocefisso:

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

VANGELO (Mc 7, 31-37)

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: “Effatà”, cioè: “Apriti!”. E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!”.

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