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Card. Adeodato Piazza: “Il Sangue prezioso di Cristo”, 3° e ultima parte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di sabato 3 luglio 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

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Card. Adeodato Piazza: “Il Sangue prezioso di Cristo”, 3° e ultima parte

Eccoci giunti a sabato 3 luglio 2021, primo sabato del mese. Oggi celebriamo la festa di San Tommaso Apostolo.

 Il Vangelo che abbiamo ascoltato è tratto dal capitolo XX di San Giovanni, versetti 24-29.

Tommaso perché crede? Tommaso crede perché vede finalmente se stesso al centro. “Per credere devo vedere, quindi al centro di questo credere ci sono io”. Gesù non lo chiama Beato per questo, Gesù chiama Beati coloro che al centro del loro credere mettono la fede, non se stessi. Non è Beato Tommaso perché ha veduto Gesù. Noi diremmo: “Che grazia! Che Beatitudine poter vedere il Signore!” No, perché questo vedere è un vedere di rimprovero, è un vedere colmo del disappunto del Signore.  Di questa espressione: «Mio Signore e mio Dio!» gli esegeti dicono che è un po’ il culmine, il vertice di tutto il Vangelo di San Giovanni. Non voglio scandalizzare nessuno ma a me questa espressione non piace — non perché non sia vera, è verissima — ma non mi piace perché ogni volta che la sento a me fa venire in mente questa scena, di un uomo che non crede, che non si fida dei suoi fratelli e di un uomo che “sfida” Dio.

«Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

Siccome è accontentato in questo capriccio, allora:

«Mio Signore e mio Dio!»

E no, “Mio Signore e mio Dio”, era da dire prima, non quando tu vieni soddisfatto, perché non è giusto. La fiducia non si realizza così, questa non è più fiducia. Ecco perché questa espressione, seppure verissima, in sé bellissima, oggettivamente stupenda, in questo contesto in me echeggia questa situazione dove Gesù lo richiama e non essere più incredulo ma credente.

 

Continuiamo il testo del Cardinale Adeodato Piazza, questa Lettera Pastorale che lui ha scritto: “Il Sangue prezioso di Cristo”. Vediamo oggi la figura dell’Apostolo San Paolo. Abbiamo visto Pietro e Giovanni e adesso vediamo l’Apostolo Paolo.

L’APOSTOLO SAN PAOLO

“Paolo di Tarso il fariseo persecutore di Cristo e dei cristiani, una volta fulminato dalla grazia e istruito direttamente dal divino maestro, si trasformò in un apostolo infaticabile e nel teologo del Sangue divino. Mentre San Giovanni scruta con lo suo sguardo penetrante il futuro, San Paolo si volge a guardare il passato, per dimostrare come tutto l’antico testamento viene a risolversi e sublimarsi nel nuovo. Ricorda ai fedeli di Efeso e ai Colossesi l’immenso beneficio della predestinazione divina per divenire ad essere figli adottivi di Dio per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia: “in laudem gloriae gratiae suae”. È per questa grazia, per mezzo della quale noi diveniamo accetti a Dio nel suo figlio amatissimo nel quale abbiamo “la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia.” (Ef 1,5; Col 1,13).

Rivolgendosi agli ebrei, San Paolo esalta la persona e l’opera di Gesù Cristo che confermò i sacrifici della legge antica fondando la nuova alleanza, infinitamente più nobile e più santa: “Cristo invece, venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione (la sua santissima Umanità), non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario (vale a dire in cielo), dopo averci ottenuto una redenzione eterna.” (Eb 9, 11-12).

Per questo, l’apostolo si rallegra con quelli tra i sui connazionali che si sono avvicinati al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell’aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele. (Eb 12, 24)”

Vedete come cita tutto, tutto questo Nuovo Testamento, come il Card. Piazza fa vedere il filone del Sangue di Cristo che attraversa questo Nuovo Testamento, soprattutto in San Paolo. Non dimentichiamoci, su questa cosa di Abele, che Gesù apparendo a Santa Maria Maddalena de Pazzi disse: “Il mio Sangue non cerca vedetta come quello di Abele, ma soltanto Misericordia, esso lega le mani alla giustizia divina.” Allora Santa Maria Maddalena rispose: “Mi coprirò col tuo Sangue Gesù e Dio non vedrà i miei peccati.” Altro che la storia del Dio vendicatore! Non c’entra niente, vuol dire non aver capito niente e non conoscere i Santi. “Il mio Sangue non cerca vedetta come quello di Abele, ma soltanto Misericordia.”

Prosegue il Card. Piazza:

“Li esorta con tutta la tenerezza dicendo loro: «Avendo dunque, fratelli, piena fiducia di entrare nel santuario per mezzo del Sangue di Gesù»” 

Uno può dire: “Ma io questo Sangue di Gesù, dov’è che lo vado a prendere?” Può nascere questa domanda. “Io voglio ricoprirmi del Sangue di Gesù, ma dov’è che lo vado a prendere il Sangue di Gesù? Non ero sotto al Calvario, come faccio a ricoprirmi del Sangue di Gesù?” È molto semplice, è la cosa più semplice del mondo.

Primo mezzo: l’Eucarestia, fare la nostra Ora Santa quotidiana davanti all’Eucarestia è innanzitutto il primo mezzo per coprirci del Sangue di Gesù. È la prima modalità, la nostra Ora Santa quotidiana, estate, inverno, primavera, autunno, nebbia, grandine, bufera, sole, un’ora di adorazione davanti al Tabernacolo, anche senza che Gesù sia esposto, un’ora davanti al Tabernacolo, in compagnia di Gesù Eucarestia, un’ora al giorno. È il primo modo di essere inondati, vestiti, lavati, purificati col Sangue di Gesù.

Secondo modo — e uno rimanda all’altro — il Sacramento della Penitenza, cioè la confessione. Quando il Sacerdote ci assolve, noi veniamo lavati dal Sangue di Cristo. È il Sangue di Gesù che lava i peccati del mondo, è il Sangue di Gesù che toglie tutti i nostri peccati. Ricordate: “Coloro che lavarono le loro vesti nel Sangue dell’Agnello”, l’espressione dell’Apocalisse. E chi sono? Sono coloro che hanno fatto del Sacramento della confessione, il loro motivo costante. Non due volte all’anno. Basta con la storia: “Ho paura, ho vergogna…”. Basta, ormai siamo grandi, siamo adulti, queste cose le dobbiamo superare, non possiamo passare una vita nell’infantilismo. 

“Abbiamo vergogna.” Ma che vergogna dobbiamo avere? Quello siamo, quello diciamo, quello riconosciamo, basta, non stiamo lì a fare questioni inutili, e impariamo ad andarci a confessare con frequenza, che vuol dire con frequenza. Andate a leggere San Giovanni Bosco cosa diceva su questo. 

Noi bambini del mesozoico, cosa facevamo? Prendavamo la nostra clava e il nostro piccolo velociraptor che avevamo nel giardino e andavamo ogni settimana a confessarci. Che peccati fa un bambino di terza elementare? Non sapevo neanche che cosa fossero i peccati.  Cosa sa un bambino di terza elementare del peccato? Che peccati fa? Che non ha fatto i compiti, che è stato poco obbediente, che avrà mangiato una ciliegia in più. Che peccati fa? Eppure, tutte le settimane andavamo a confessarci dal Vescovo in pensione che abitava al mio paese, e tutte le settimane il Vescovo confessava i bambini terza elementare. Così funziona.

“Ma io non faccio i peccati!” È che peccati fa un bambino di terza elementare? Noi che peccati facevamo? Il Vescovo era lì tutte le settimane dalle 15 alle 17.30/18.00 a confessare tutti i bambini che andavano al catechismo dalla terza elementare, dalla prima confessione in avanti. Sempre così, fino alla sua morte. 

Santo e saggio quel Vescovo, perché in questa maniera — non tutti ovviamente, perché non tutti hanno mantenuto questa cosa — in diversi questo imprinting è rimasto, questo santo habitus è rimasto, ne sono sicuro, perché sono cose che ti si scrivono dentro. O le lasci e te ne vai, liberi tutti, oppure altrimenti ti rimane dentro, non puoi farne a meno. Come quando tornate che siete andati a fare un viaggio in treno, in aereo, avete fatto una passeggiata nel pomeriggio, siete andati a raccogliere le ciliegie dagli alberi, siete tutti un po’ pieni di polvere, di quell’odore agreste, un po’ da scuderia. Tornate a casa e cosa fate? La prima cosa che fate, speriamo, se no poveri gli altri, la prima cosa che fate tornando a casa è una bella doccia, sia perché vi lavate per bene, vi purificate, vi sistemate per bene e sia perché vi togliete tutta la stanchezza, la polvere, uno poi si sente rigenerato pronto per andare a dormire. 

Perché non dobbiamo fare così con l’anima? Dopo una settimana, quanto abbiamo tirato su nell’anima?

Io nella mia camera ho notato che devo scopare, devo passare il mio panno per terra tutti i giorni, perché se no si accumula una polvere incredibile, poi per la mia allergia potete immaginare cosa può succedere, e mi sono domandato da dove arrivi tutta questa polvere. Chi lo sa! Arriva. Ho fatto proprio un esperimento, ho pulito, sistemato la camera ieri sera, dopo una lezione di università che ero stanco morto, mettermi a studiare era impossibile e mi sono messo a pulire, ho pulito, lavato, fatto la polvere, poi stamattina ho provato a passare il panno per vedere se c’era la polvere. Voi non ci crederete, ho tirato su il panno sporco di polvere. Ma come è possibile! Ho pulito ieri, ma da dove arriva tutta questa polvere? 

E l’anima? “Ma sono sempre gli stessi peccati”. Ma anche lì è sempre la stessa polvere che va giù. Come mi devo mettere a pulire, a scopare, così dobbiamo fare per l’anima, richiede il suo tempo. Come devo pensare a quando fare la lavatrice, se alle 15, alle 16, alle 10, per programmarla perché poi devo stendere, poi ritirare i panni per metterli via, quindi devo pensare in quale momento è meglio farla, devo guardare il meteo, per vedere se ci sarà il sole, non posso fare tutto questo mentre piove, se i fili sono esterni, devo controllare il meteo. Capite quante cose dobbiamo pensare per lavare quattro cose? 

E per l’anima? Per l’anima perdiamo la pazienza se non troviamo subito il confessore. 

Ma perché per lavare quattro panni devo pensare, incastrare, programmare, stare attento a quando la lavatrice ha finito, per tirare fuori i panni, stenderli, curare il sole, stenderli bene se no non si asciugano, poi ritirarli, piegarli, metterli via, perché?

E l’anima no. Non è giusto. Questi quattro stracci un giorno saranno stracci per il pavimento, e il mio corpo cosa diventerà? Cibo per i vermi. Ma l’anima no. E allora devo programmare anche per la mia anima, devo pensare anche per la mia anima e  devo prepararmi la confessione con l’esame di coscienza quotidiano, con il segnarmi tutto ciò che non va bene, che ho fatto, col mettermi davanti alla luce di Dio, allo Spirito Santo perché arrivi la grazia che possa illuminare me e il confessore, con la confessione frequente. 

Questi sono i due modi per essere ricoperti dal Sangue di Gesù.

“Con quale eloquenza espone la dottrina della giustificazione scrivendo ai romani: “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia, dopo la tolleranza usata verso i peccati passati” (Rm 3, 23-25).

Questo passaggio ci fornisce una sintesi stupenda del pensiero Paolino e, attraverso lo stesso, del profondo mistero della giustificazione umana. La causa prima che opera è Dio. La causa seconda meritoria è Gesù Cristo. La terza causa strumentale (come la chiamano i teologi) è il Sangue di Cristo. Ora la giustificazione, che consiste precisamente nella remissione dei peccati tramite la grazia santificante, non si applica all’anima se non per per mezzo della fede nel Sangue di Cristo. Il fine supremo al quale si rivolgono tutti i meriti della grazia è la manifestazione della giustizia divina. Abbiamo quindi tutti i fattori e i termini che integrano la redenzione e, alla luce di questo mistero, le meraviglie del prezioso Sangue.”

Mi sembra che in questi giorni, nei quali abbiamo affrontato una parte piccolissima di questa bella Lettera Pastorale del Card. Piazza, mi sembra che abbiamo avuto la possibilità di avere una bella introduzione, soprattutto oggi che è il primo sabato del mese, a questo mese di luglio, tutto dedicato al Preziosissimo Sangue di Gesù, quindi usiamolo bene, facciamo tesoro di questo mese. Perché non potrebbe essere il mese nel quale rivoluzioniamo un po’ la nostra vita? Perché no?

Un mese nel quale diciamo: “Da adesso prendo la decisione di cambiare vita, cioè confessione ogni… adorazione Eucaristica un’ora ogni giorno”

Voi fatelo per tre mesi con regolarità, l’adorazione Eucaristica di un’ora tutti i giorni, domenica compresa, Confessione frequentissima, per esempio come noi bimbi delle elementari una volta alla settimana.

Da noi era il sabato, era sacro, suonava il campanello: “C’è Giorgio?”. Estate, inverno, primavera, autunno, alle 14.00, sincronizzati con Francoforte, che ancora non c’era questa cosa, ma alle 14.00 suonava la campana della parrocchia e suonava il campanello, erano i miei amici che, fedeli come un orologio svizzero, arrivavano, e ve l’ho già detto: febbre, non febbre, tosse, non tosse, sto male, sto bene, sono stanco, non ho voglia, sono distrutto, sono tornato da scuola non ce la faccio, ho bisogno di riposare… “Andiamo che dobbiamo confessarci!”

Senza se e senza ma, perché i miei amici rimanevano sotto ad aspettarmi, erano peggio dei dobermann, rimanevano lì, e se tardavo di nuovo il campanello che suonava: “C’è Giorgio?”

Allora pur di non sentirli uno andava. Ma era bello perché poi c’era tutta la parte seconda, che era appunto il super gioco che poi durava fino alle 19.00, il super gelato, le scorrazzate in bicicletta. In realtà la pigrizia, l’accidia, lasciavano presto il posto a ben altro, poi tra ragazzi si fa in fretta a superare le pigrizie, le accidie passano velocemente. Capite questa regolarità, questo non cedere. Ve l’ho già detto, ve lo ridico perché è un ricordo che mi ha segnato e mi segna, è un ricordo di cui sono tanto grato a Dio e a loro: quella volta in cui avevo 38 e mezzo di febbre alle 8.00 del mattino, e ho detto: “No, oggi non ce la faccio”. Non avevo mai bigiato una Messa della domenica, sono cosciente di non aver mai bigiato una Messa della domenica, ma quel giorno, ho detto: “Oggi proprio non ce la faccio”. Tremavo, un freddo, un mal di testa… stavo malissimo. Immaginate se avevo 38 e mezzo al mattino, al mezzogiorno esplode il termometro! La Messa era alle 10.00, alle 9.00 mi venivano a prendere per andare a Messa, perché non si arrivava a Messa cinque minuti prima, assolutamente, almeno mezz’ora prima, alle 9.30 eravamo tutti lì. Andavamo a piedi, quindi c’era questa mezz’oretta di camminata. Immaginate… fuori faceva un freddo,! Avevo la classica influenza da tempo invernale. 

Suonano. Dico alla mia mamma che non me la sento e non riesco: “Sono distrutto, non riesco neanche a stare in piedi”.

Poco dopo, sento le chiavi della casa che girano e li sento entrare. Ho detto: “Non è possibile! Adesso cosa vogliono?”

Sono arrivati fino al mio letto, e mi hanno detto: 

“Non vieni a Messa?”

“Ragazzi ho 38 e mezzo di febbre, non riesco a stare in piedi, sto male”

“E allora non vieni a Messa?”

“Eh no, non vengo a Messa, se ho 38 e mezzo di febbre come faccio a venire a Messa? Come faccio a camminare per mezz’ora? Ad andare, e poi mezz’ora per tornare, e a stare in Chiesa. Mi sento morire, non ce la faccio!”

“Non abbiamo mai saltato una Messa, siamo sempre andati a Messa e tu oggi non vieni?”

“Va bene, datemi cinque minuti, pur che la smettiate, datemi cinque minuti che mi vesto e vengo alla Messa”

“Ah dai bene! Ti aspettiamo di la”

“No aspettatemi giù, scendete, che non voglio sentirvi in casa che mi fate su un macello”

“Va bene, guarda che se non vieni torniamo su”

“Si vengo”

Mi sono vestito, sono sceso e sono andato a Messa.

Ho quasi cinquant’anni e sono ancora vivo, non sono morto, non sono stato ricoverato in ospedale, non mi è venuto l’ictus, la polmonite, niente. La febbre come è venuta è andata, io non sono morto e soprattutto non ho saltato la Messa, ma non per merito mio, per merito loro, perché avevo degli amici che erano veramente amici, erano amici della mia anima. Solo per merito loro io non ho saltato la Messa.

“Ah ma Padre, lei sarebbe stato giustificato!”

Non lo so, sta di fatto che in realtà non ero proprio impossibilitato visto che non sono morto, visto che l’ho fatto e non sono stato male, visto che l’ho fatto e non è successo niente. Mi viene un po’ il sospetto che tante volte noi ci aiutogiustifichiamo con molta facilità, che in realtà ciò che riteniamo impossibile, è abbastanza possibile, basta volerle le cose. Questa cosa, ecco perché è importante avere gli amici buoni, questo fatto mi è sempre rimasto dentro nel cuore, e quando qualche anno fa mi è venuta un’influenza molto forte, proprio quando è esploso il covid, io un mese prima, intorno a gennaio, ho avuto una febbre che qualcuno mi disse: “Padre lei ha fatto il Covid senza saperlo”. Può darsi non lo so. Mi è venuta una febbre che non ho mai avuto in vita mia, ho avuto la febbre a 40, mai successo, non ho mai avuto la febbre a 40, e l’ho avuta fissa a 39.30 per tre giorni, senza colpo ferire, terribile, non andava giù con niente, mi sembrava di morire. 39 e mezzo alle 7.00 del mattino. Deliravo, non sapevo più dov’ero. Terribile. È mi è venuto in mente quell’evento. 

“Adesso non ci sono più i miei amici, ma io ho la Messa delle 7.30 da celebrare.”

Mi è sembrato di vederli al mio letto, che mi dicevano ancora: “Non vieni a Messa? Sei sempre venuto. Dai su che andiamo insieme!”

Quelle cose rimangono nell’anima. Non è vero che rimane nel cuore solo il male, nel cuore rimane soprattutto il bene, e soprattutto il bene che riceviamo dagli altri, perché ve l’ho già detto, ve lo ripeto, sono convinto che a questo mondo ci sono tante tantissime belle persone, ci sono tante persone che hanno un cuore grande come non so dirvi cosa, ci sono persone capaci di fede, di atti di eroismo, di carità, di bellezza, che ti fanno venire voglia di vivere, persone che ti fanno rialzare, con la loro presenza, con il loro sorriso, con il loro rimprovero, con la loro sincerità, con la loro vita, belle vite e queste cose dentro ci scrivono, ci segnano in bene. Un esempio buono, una parola buona, un gesto di trascinamento può cambiare la vita di una persona, può salvare un’anima. Non servono grandi cose, basta fare bene anche le piccole e si possono avere davvero dei miracoli. 

Che il Sangue prezioso di Gesù, oggi primo venerdì di luglio, sia per noi soprattutto quest’oggi, motivo di una nuova vita. Datevi tre mesi, tre mesi dove fate ogni giorno un’ora di Adorazione al Tabernacolo e confessione frequentissima e tra tre mesi, ve lo assicuro — se mi sbaglio me lo direte che vi regalo per farmi perdonare un cesto di ciliegie, ma se ho ragione che vinco io, voi me ne portate tre di cesti di ciliegie — tre mesi e voi siete un’altra persona. In capo a tre mesi vivendo così, voi non vi riconoscerete più, questo è il miracolo che fa il Sangue di Gesù.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

 

Sabato della XIII Settimana del Tempo Ordinario – Anno I

VANGELO (Gv 20, 24-29)

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

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