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Card. Adeodato Piazza: “Il Sangue prezioso di Cristo”, parte 2°

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di venerdì 2 luglio 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

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Card. Adeodato Piazza: “Il Sangue prezioso di Cristo”, parte 2°

Eccoci giunti a venerdì 2 luglio 2021, primo venerdì del mese di luglio, di questo mese che abbiamo detto ieri essere consacrato, dedicato al Preziosissimo Sangue di Gesù.

 Il Vangelo che abbiamo ascoltato poc’anzi, della Santa Messa di oggi è tratto dal capitolo IX di San Matteo, versetti 9-13.

Gesù viene a chiamare i peccatori. Gesù ci viene a dire in cosa consiste la Misericordia. Consiste nel fatto che Lui sa stare con chi è malato, questa è la Misericordia di Dio. La Misericordia ci insegna che Dio non disdegna la nostra compagnia, la nostra presenza, perché Lui si ritiene il Medico, Lui è il Medico, e il Medico sa stare anche in mezzo ai lebbrosi, dà la sua vita per i malati. È inutile un sacrificio se non è accompagnato da questa capacità profonda di saper condividere le umiliazioni dell’uomo. 

Nella vita tutti noi prima o poi conosciamo l’umiliazione, la disfatta, il tempo della prostrazione, è così. Dio sa stare in quel tempo e dice a noi suoi discepoli che dobbiamo anche noi imparare a stare in quel tempo. 

 

Continuiamo la lettura di questo testo “Il Sangue prezioso di Cristo”, questa Lettera Pastorale del Card. Adeodato Piazza, Carmelitano che fu Patriarca di Venezia.

Gli Apostoli del Sangue

Lui dedica a tre di loro parte della sua riflessione. Lui dice che la teologia del Sangue non poteva avere migliori interpreti né maestri di maggiore autorità. Vediamo Pietro.

“Il capo, non vide Gesù nella sua sanguinosa agonia nell’orto con i suoi occhi sonnolenti, però lo vide pendente dalla croce, sebbene da lontano.”

C’è un dormire che non è innocente e c’è un dormire che è il non cogliere il tempo. E quindi San Pietro non ebbe mai la grazia di vedere Gesù che suda Sangue nell’orto del Getzemani, perché aveva altro da fare, per la tristezza questi occhi diventano pesanti.

“Per questo potè dire di sé: “testimone dei patimenti di Cristo” (1 Pt 5, 1).”

Lo vede da lontano, lo vede sulla Croce.

“Ma dove forse egli comprese meglio il mistero fu quando, nel cortile della casa del sommo sacerdote, guardò e vide di sfuggita quel volto triste di Gesù, già marcato dalle macchie del sudore di Sangue della notte, allo stesso tempo in cui incominciava a prendere coscienza del delitto che aveva commesso negando il suo maestro tre volte.”

Se voi andate a prendere il Vangelo di San Luca e prendete il capitolo 22, versetti 57-60, voi lì leggete così:

“Ma egli negò dicendo: «O donna, non lo conosco!». Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei uno di loro!». Ma Pietro rispose: «O uomo, non lo sono!». Passata circa un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questi era con lui; infatti è Galileo». Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici»”.

 “Non lo conosco”, “non lo sono”, non so quello che dici”.

Adesso cerchiamo di analizzare questo rinnegamento su quali livelli affonda le sue radici. Non è semplicemente il rinnegamento di uno che dice: “No, non sono suo discepolo”. Lui poteva tranquillamente ripetere tre volte la stessa frase: “Non lo conosco, non so chi è”. Invece nel suo triplice rinnegamento, nega tre realtà ben precise.

Prima realtà che San Pietro nega è la conoscenza: “Io non so niente di Lui”

Cioè rinnega Gesù con tutta la sua intelligenza, rinnega Gesù rinnegando la memoria, rinnegando l’intelligenza, la volontà. Questo rinnegamento è radicale. “Io non lo conosco”, Come fai a non conoscerlo? Cosa stai dicendo? Come “non lo conosco”? Si chiama fuori, quasi a dire: “Io non c’entro niente con Lui, non ho niente in comune con Lui”. Qui lui cade nel tranello, perché non avrebbe dovuto rispondere niente alla portinaia. Cosa doveva rispondere? Vedete cosa succede a stare in questi crocicchi?

“Avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno; anche Pietro sedette in mezzo a loro. Una giovane serva lo vide seduto vicino al fuoco”

Perchè ti siedi insieme a questa gente? Come se stare in mezzo alle persone sia indifferente, non è vero. Stiamo attenti accanto a chi ci mettiamo, quando ci scaldiamo al fuoco fatuo di questo mondo. Lui doveva scaldarsi accanto ad un altro fuoco, che è Gesù, quello era il fuoco presso il quale doveva stare, ma ovviamente lui sceglie di stare accanto ad un altro fuoco, dove sta il mondo, dove stanno le serve e i servi, dove c’è il chiacchiericcio. Perché? Perché era confuso dentro, era perso dentro, perché ormai aveva dubitato del Signore, così facciamo noi.

“Non lo conosco”, cioè non ho memoria, non ho vissuto niente con Lui, non ho esperienza di niente, non so niente. Il conoscere sta alla base dell’amore, non puoi amare ciò che non conosci. Se rinnego la conoscenza rinnego l’amore, crolla, non posso amare una persona che non ho mai visto in vita mia, perché non la conosco. 

Secondo livello: “Non lo sono”. 

Lui rinnega la sua appartenenza. Prima la conoscenza, poi l’appartenenza. Lui rinnega la sua amicizia, rinnega il suo Monte Tabor, rinnega tutto.

“Non lo sono”, non sono quella persona, non sono di Gesù. È terribile questa cosa. E non è forse quello che noi facciamo a questo mondo, quando abbiamo vergogna di dirci cristiani? Abbiamo vergogna di dire che alla domenica dobbiamo andare alla Messa? E di dire: “Io non ci vengo a fare il pizza day! Non ci vengo! Non mi interessa! Non sono quel genere di persona lì”.

Noi dobbiamo dire che di qualcuno “non siamo”: o di Gesù, o del diavolo; o di Gesù o del mondo; o di Gesù o della carne. Di qualcuno dobbiamo dirlo, perché se siamo di qualcuno non possiamo essere di qualcun altro, perché il cuore è uno solo. 

“Quindi al pizza day io non ci vengo, ci vai tu. Tranquilli, sereni, amici come prima. Io no, perché non mi interessa.” 

“Ma dai non fare il diverso, lo strano, cosa vuoi fare?”

“Non voglio fare niente, semplicemente non lo sono, non mi appartiene”

“Ma così ti isoli”

“No, non c’entra niente. Sono tutti ragionamenti inutili, vuoti, è una realtà che non mi appartiene, non lo sono, quindi non ci vengo.”

“Perché?”

“Perché devo andare accanto a chi sono. Io devo essere fedele a quello che sono.”

Perché noi preti usciamo senza veste? Ci sono i laici che escono che hanno il Crocifisso o la Medaglia della Vergine Miracolosa, sul petto, lucente, e noi preti usciamo senza veste. Perché? Noi lo sappiamo bene perché, molto bene sappiamo perché. Dove non può andare la veste, non potremmo andare neanche noi. Proprio ieri mi è arrivato un documento che non posso leggervi e non posso dirvi che cos’è, è troppo riservato, e quando ho letto questo testo, ho detto: “Non ci posso credere! Fin dove è possibile arrivare!” Non lo avrei mai immaginato, ma siamo o non siamo di Gesù Cristo? C’è una vita che noi cristiani, noi Sacerdoti non possiamo condurre.

Terzo livello: “Non so quello che dici”.

Cioè, il tuo parlare mi è completamente oscuro, è un nome che non so neanche da dove arriva. Gli dà quasi del pazzo. Il gallo sancisce la fine di questa scena tremenda, il canto del gallo diventa il sigillo.

“E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore, si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito, pianse amaramente.”

Pensate che roba. Prosegue il Cardinale Piazza:

“ In quel momento gli tornò alla memoria ciò che tre anni prima aveva ascoltato dalla bocca del Battista: “Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo” (Gv 1, 29). Perciò poteva togliere anche il suo peccato!

Cominciò poi a piangere con un pianto così amaro che solo sarebbe terminato con la vita. Per questo scrivendo da Roma ai cristiani dispersi li salutava così: “Eletti secondo la prescienza di Dio Padre, mediante la santificazione dello Spirito, per obbedire a Gesù Cristo e per essere aspersi del suo sangue” (1 Pt 1, 2). E più avanti li ammonisce: “non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia.” (1 Pt 1, 18-19). Che profonda emozione suscitano queste parole!”

A lui, al Card. Piazza, suscitano commozione perché aveva una certa spiritualità, perché era figlio di Santa Teresa, di San Giovanni della Croce, condivideva l’esperienza di tutti i Santi Carmelitani meravigliosi. Oggi ti dicono che è fuori contesto. 

“Non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo”

Altro che fare un mese dedicato al Preziosissimo Sangue, ci vorrebbe ben di più.

Vediamo ora la figura di S. Giovanni.

“Il discepolo prediletto, “quello che Gesù amava” (Gv 21, 20), colui che contemplò svenato sulla croce l’agnello di Dio che già gli aveva indicato col dito il Battista, colui che ricevette da vicino i primi schizzi del Sangue prezioso, Giovanni, nel suo Vangelo, nella sua prima lettera, nell’Apocalisse fa l’apologia del Sangue divino con accenti commoventi. È lui che descrive la scena dell’Ecce homo e lui solamente che ci trasmette il dato su quel colpo misterioso di lancia (Gv 19, 34). Il vescovo di Ippona mette in evidenza lo studio dell’espressione usata dall’Evangelista: non “colpì” o “ferì” il costato di Cristo ma “aprì” (aperuit), “per indicare che fu aperta a tutti gli effetti quella porta vitale dalla quale emanano i Sacramenti della Chiesa senza i quali non è possibile entrare nella vera vita”. Perfino nella descrizione, ecco rivelato il mistero! 

L’apostolo grida forte scrivendo ai fedeli dell’Asia: “Dio è luce … se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato” (1 Gv 1, 5-7). Ricordando forse il Sangue del costato esclamò: “E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?  Questi è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue.” (1 Gv 5, 5-6).

Esattamente; sono il Sangue della Redenzione e l’acqua del Battesimo che prendono da quel Sangue origine e forza purificatrice. Per questo l’apostolo afferma che il Sangue, unito all’acqua e allo Spirito, che sono una cosa sola in Gesù, testimoniano la sua divinità (1 Gv 5, 8). ”

Vedete quanto ritorna il tema del Sangue. 

“Nelle visioni dell’Apocalisse San Giovanni invoca dal principio pace per i credenti, la pace di Gesù Cristo, che è “da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra. A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre”. (Ap 1, 5-6)

Verità stupende che si ritrovano nel canto nuovo che intonano i vegliardi davanti all’Agnello: “Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione e li hai costituiti per il nostro Dio un regno di sacerdoti e regneranno sopra la terra”, (Ap 5, 9-10) e quelli che hanno vinto (il dragone infernale) per mezzo del sangue dell’agnello (Ap 12, 11).

Chi sono i santi? “Coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello” (Ap 7, 14).

In questo modo la tragedia del calvario, dominando la storia umana, giunge alla sua fine e ha la sua glorificazione nell’apoteosi dell’eternità.”

Domani vedremo l’Apostolo San Paolo.

Vi auguro di cuore di trascorrere un santo venerdì tutto dedicato a ringraziare il Preziosissimo Sangue di Gesù e riparare le offese contro il Sacratissimo Cuore.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Venerdì della XIII Settimana del Tempo Ordinario – Anno I

VANGELO (Mt 9, 9-13)

In quel tempo, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

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