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Card. Adeodato Piazza: “Il Sangue prezioso di Cristo”, parte 1°

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di giovedì 1° luglio 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

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Card. Adeodato Piazza: “Il Sangue prezioso di Cristo”, parte 1°

Eccoci giunti a giovedì 1 luglio 2021, primo giovedì del mese, giorno questo — come tutto il mese di luglio — dedicato al Preziosissimo Sangue di Gesù. Noi siamo felicissimi di avere questa grazia grande di poterci dedicare al Preziosissimo Sangue di Gesù, non se ne parla forse così tanto, ed è un male perché abbiamo bisogno di riscoprire questa grandezza.

Oggi, tra l’altro, è il primo giovedì del mese, quindi tutto Eucaristico (conosciamo la pratica dei primi sei giovedì), il Vangelo che abbiamo ascoltato oggi è tratto dal capitolo IX di San Matteo, versetti 1-8.

Gesù che perdona i peccati, il Sangue di Cristo nel Sacramento della Riconciliazione, lava tutti i nostri peccati, in funzione del Sangue di Cristo noi siamo perdonati.  

Vorrei che fossimo guidati in questa meditazione, per il tempo che ci accompagnerà, da un’altra grande figura. Abbiamo visto il mese scorso Mons. Fulton Sheen, sul Sacerdozio, questo mese invece desidero con tutto il cuore proporvi una figura Carmelitana, non è Beato, è semplicemente stato un grandissimo Cardinale, un grandissimo innamorato del Preziosissimo Sangue, sto parlando del Card. Adeodato Piazza, il quale scrisse una Lettera Pastorale sul Sangue Prezioso di Gesù. Andiamo con ordine.

Il Card. Adeodato Piazza nacque a Vigo di Cadore (Belluno) nel 1884.

A 13 anni entrò nel seminario preparatorio dei Carmelitani Scalzi di Treviso, ove sviluppò la vocazione religiosa e sacerdotale. Fu cappellano militare durante la prima guerra mondiale. Al rientro in convento nel 1919, all’età di 35 anni, fu subito eletto Priore a Brescia.

Nel 1923 fu chiamato a Roma come segretario del Padre Generale dell’Ordine Carmelitano.

«Fu il primo anello di tutta una lunga catena meravigliosa di incarichi a servizio della santa Chiesa, incarichi assolti sempre con tutta la dedizione e con tutto l’im­pegno della mente e della volontà, fino al Cardinalato accettato per ob­bedienza nell’unico intento di fare la volontà di Dio e di donarsi senza posa alle anime».

Nel 1925 fu eletto Procuratore generale e Presidente della commissione per l’aggiornamento delle Costi­tuzioni alle norme del Codice di Diritto canonico. 

Nel 1930 Pio XI lo nominò arcivescovo di Benevento. 

Il 16 dicembre 1935 Monsignor Adeodato Giovanni Piazza venne pre­conizzato Patriarca di Venezia, e due anni dopo, il 13 dicembre 1937, creato cardinale da Papa Pio XI.

Guidò il Patriarcato di Venezia lungo gli anni terribili della Seconda Guerra Mondiale.

Il 1º ottobre 1948 papa Pio XII lo nominò segretario della Sacra congregazione concistoriale.

Dal 1953 al 1954 fu presidente della Conferenza Episcopale Italiana.

Morì a Roma nel 1957 all’età di 73 anni.

Una figura densissima, se poi leggete la sua vita ha fatto tantissimo per i poveri in tempo di guerra. 

Quando fu eletto cardinale, come religioso carmelitano, avrebbe dovuto portare il mantello bianco caratteristico dell’abito del Carmelo. Ma, su richiesta del clero vene­ziano, Pio XI gli concesse l’uso della porpora durante la permanenza nel Patriarcato.

I Cardinali carmelitani dovevano mettere non la porpora rossa ma un mantello bianco, quello dell’abito carmelitano, però in questo caso, Pio XI gli concede l’uso della porpora rossa.

Orbene, la porpora romana è simbolo della veste di Sangue…

 Per questo i Cardinale sono vestiti di rosso, segno del sangue, devono essere i primi a morire martiri per Gesù.

Orbene, la porpora romana è simbolo della veste di Sangue, di cui era rivestito il Verbo di Dio apparso a san Gio­vanni nell’isola di Patmos, o del manto di porpora che i soldati ro­mani gettarono sulle spalle insanguinate di Cristo dopo la flagellazione.

Questo è il significato della porpora.

Il Card. Piazza era devotissimo del Sangue di Cristo, a lui si devono le “invocazioni al Sangue di Cristo”composte e indulgenziate il 27 ottobre 1947. 

Noi forse non lo sapevamo, noi recitiamo le invocazioni al Sangue di Cristo senza sapere che sono state scritte dal Card. Piazza, Carmelitano Scalzo, devotissimo del Sangue di Gesù e portano la data 27 ottobre 1947, adesso lo sapete.

La porpora cardinalizia gli offrì l’occasione per riflettere sul fatto che «tutto il mistero della nostra Redenzione è un mistero di sangue».

Ecco dunque che nel 1938, subito dopo la creazione a Cardinale, scrisse la Lettera pastorale «Il Sangue prezioso di Cristo», un’opera di ben 130 pagine, di grande spessore teologico, abbondantemente documentata con riferimenti alle Scritture, ai Santi e ai Padri della Chiesa. La lettera Pastorale ebbe l’onore della ristampa e fu tradotta anche in spagnolo.

Ha scritto un libro, praticamente, “Il Sangue prezioso di Cristo”, appena fatto cardinale, la sua prima Lettera Pastorale fu sul Sangue di Gesù, 130 pagine. 

E adesso facciamo una breve sintesi dei temi toccati in questa Lettera Pastorale. Poi approfondiremo la meditazione, è un testo che veramente merita, non lo vedremo tutto, perché 130 pagine è impossibile, però in sintesi diremo alcuni aspetti veramente molto importanti. 

La meditazione del Cardinale parte dall’effusione di Sangue del Cri­sto. Mediante la virtù del Sangue di Cristo l’uomo viene liberato dalla colpa e riconciliato a Dio. La Chiesa possiede l’Eucaristia che è il sacramento del Corpo e Sangue di Cristo.

Da Cristo inondato di Sangue si passa alla Chiesa «nata nel sangue, lavata nel sangue, nel sangue impalmata da Cristo». Essa non può «vivere che del Sangue mistico di Cristo: sono i meriti della sua passione e morte che quali fiotti di sangue irrorano continuamente le membra».

Nella Chiesa i sacerdoti sono «i ministri della parola e i ministri del Sangue» i cui benefici con i sacramenti vengono applicati ai vivi e ai defunti. Dal Sangue di Cristo sono sbocciati e fioriti nella Chiesa tutte le virtù e tutti gli eroismi che formano i santi.

Il pensiero del Cardinale passa dal Sangue di Cristo al sangue del­l’uomo che proprio in questo secolo è stato sconsacrato «da teorie e pratiche anticristiane»

«Si giunge fatalmente a due eccessi opposti: la cinica dispersione come di cosa senza valore (riferimento alla Prima guerra mondiale, alla rivoluzione Messicana e Spagnola), e la pagana glorifica­zione fino al ridicolo (riferimento al mito del sangue e della razza, allora nel pieno del suo sviluppo)».

A tali errori e profanazioni il Cardinale contrappone una « mistica del sangue » vissuta da tanti Santi e da tante anime, che partecipano alle sofferenze dello spargimento del Sangue di Cristo.

Adesso vediamo, dopo l’introduzione, le prime prime pagine della Lettera, poi se uno la vuole leggere se la può andare a leggere, ma almeno capiamo che cosa vuol dire, da un grande teologo come era il Cardinale Piazza, grandissima figura di spicco, stimatissimo dai Papi, capiamo cosa vuol dire, sentite come scrive uno che sa di teologia.

“L’inno eucaristico più diffuso nel popolo cristiano e il più famoso è il Pange lingua.”

Che tutti conosciamo, è quello in cui si canta: “Tantum Ergo Sacramentum”.

“In questo inno veniamo invitati a cantare il mistero del corpo glorioso e del Sangue prezioso di Cristo.

Cantiamo “del Sangue prezioso che il Re delle nazioni, frutto di un grembo generoso, sparse per il riscatto del mondo”.

Il mistero del Sangue! San Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa, nella prima strofa di questo inno col quale ha arricchito l’ispirata liturgia della Chiesa, sintetizza i dati del mistero commovente. Sono: la nobiltà di questo Sangue, che promana dalla fonte virginale che è Maria; il valore inestimabile datogli dalla persona divina che lo assunse; il suo spargimento in offerta per la riconquista dell’umanità perduta; la regalità universale di Cristo, conquistata col prezzo di questo Sangue sparso.”

Capite perché noi dobbiamo invocare, perché noi dobbiamo consacrarci al Preziosissimo Sangue, perché noi dobbiamo invocarlo? Vedremo nei giorni prossimi anche queste bellissime preghiere di San Gaspare del Bufalo, Apostolo del Preziosissimo Sangue.

“«Canta, o lingua, il mistero del Sangue». Ma prima che canti la lingua è richiesto che mediti l’intelligenza, imbevendosi con le sublimità di questo tema, sul quale si basa tutta la vita cristiana.

Così, quindi, contempleremo il Sangue prezioso di Cristo alla luce dei misteri di questi quadri sublimi: la Redenzione e la Chiesa.”

Vediamo il primo quadro: la Redenzione. 

“La redenzione umana è, allo stesso tempo, un fatto e un mistero. Il fatto ci viene descritto dalla storia. La fede ci propone il mistero, che la dottrina teologica cerca di spiegare il più possibile.

Nel fatto, o meglio, nella trama dei fatti incontriamo un ordito di Sangue. Tutto il mistero della nostra redenzione è un mistero di Sangue. Appunto, del Sangue del Dio-uomo. Senza di Esso la Redenzione non si comprende e nemmeno si sarebbe compiuta, nel piano prestabilito e rivelato della divina Provvidenza.”

Segue un paragrafo che si intitola: 

“Le effusioni del Sangue”

La centralità del Sangue per la nostra salvezza e Redenzione.

“Apriamo il santo Vangelo. La sua prima e la sua ultima pagina mostrano impronte di Sangue.

Come un fiore appena schiuso, che emana la sua fragranza nel cielo, Gesù era nato sette giorni prima e eccolo già che, nelle stesse braccia della madre, subisce l’affronto e l’ignominia della circoncisione.

Alcune goccioline del Sangue consacrano così il nome di Gesù, che significa Salvatore, come dolorose primizie di una redenzione che avrebbe dovuto essere copiosa tanto nel fluire del Sangue come nei suoi effetti. Questo doveva essere l’epilogo della missione di Cristo, nel crepuscolo rossastro della sua esistenza terrena.”

Sentite come scrive, noi abituati a questo linguaggio sciatto, volgare. 

“nel crepuscolo rossastro della sua esistenza terrena.”

Bellissimo. Sì, il primo affronto che Gesù ricevette fu proprio quello della circoncisione. 

“Gesù suda sangue nell’orto degli ulivi, inginocchiato nelle ombre della notte e nelle tenebre di una tristezza mortale.”

Quindi circoncisione, poi Getzemani.

“L’angoscia strugge il suo cuore e ne fa uscire dai pori grosse gocce che, scorrendo sul volto e per tutto il corpo vanno inzuppando i vestiti e macchiando il suolo. È così che lo sorprende il profeta, in tanta amarezza, solitudine e abbandono, e gli chiede: “Perché rossa è la tua veste e i tuoi abiti come quelli di chi pigia nel tino?” E la risposta è desolante: “Nel tino ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me” (Is 63,3). Era pressione dell’amore infinito.

L’immagine finisce facendosi macabra nel pretorio di Pilato, Gesù è denudato, lo legano alla colonna e da ogni parte scaricano su di lui colpi di flagello, vibrati con furia di tempesta dai legionari. Da quelle membra livide e scarnificate esce con forza il Sangue, arrossando tutto all’intorno”

Ecco, tra l’altro, adesso fa caldo, è estate, quando assumiamo mode indecenti — speriamo non noi — facciamo memoria di Gesù che è stato spogliato, dell’umiliazione terribile che ha subito, di questo vino che nel tino ha pigiato da solo, senza l’aiuto di nessuno. Gesù spogliato e legato alla colonna, è un’immagine tremenda.

“Come se non bastasse, alla flagellazione si aggiunge la barbarie della coronazione.”

Tutte cose che non erano richieste. Magari lo affronteremo quando parleremo di Pilato ma si sente dire: “Pilato, poverino, lui voleva difenderlo. Pilato ha fatto di tutto per difendere Gesù… se avesse potuto..”

Mi spiegate allora per quale motivo Pilato lo fa flagellare prima di crocifiggerlo? Che bisogno c’era? Questo non era stato chiesto dal popolo. Il popolo non ha chiesto di flagellarlo. Perché flagellarlo? Gli altri due non sono stati flagellati. Perché lui si? Vedete, l’innocente Pilato, era esattamente come tutti gli altri, anzi peggio. Questo è terribile. 

E perché coronarlo di spine? Gli li altri due non li hanno coronati di spine. Perché lui sì? Se Pilato lo ha trovato innocente, perché? Perché questo accanimento? Perché Gesù è Gesù, e Gesù da sempre da fastidio. Gesù porta su di sé tutto l’odio satanico e infernale possibile. 

“Gli pongono sopra il capo un fascio di rami spinosi intrecciati in forma di corona. Le spine lunghe e dure si configgono nelle tempie e tutto attorno al capo a forza di colpi di canna facendo apparire un diadema di Sangue. 

Orribile ma degna corona per il re dell’amore e dei martiri!

Nella salita al calvario, lungo la via crucis, va lasciando impressa nel suolo una scia di sangue ovunque si posi il suo piede (S. Alfonso).

Quando inciampa o cade sotto il peso dell’enorme legno torna ad uscire più Sangue dai nuovi graffi che si aprono nelle ginocchia e nelle mani.”

È quello che vi dicevo ieri, non c’è nessuno, nessuno tranne una donna, la pietosa Veronica, adesso lui ne parla.

“E quando la pietosa Veronica si avvicina per asciugargli il volto, questo resta meravigliosamente impresso nel lenzuolo con tracce di Sangue.”

Non c’è nessuno di tutti quelli che ha aiutato, che ha risuscitato, che ha guarito, che ha mondato, che ha liberato, i suoi Undici che hanno detto: “Morirò per Te, darò la mia vita per Te, Gesù ti amo, sei il mio tutto, la testa sul tuo petto.”

Non c’è nessuno. I cinquemila che hanno mangiato i pani moltiplicati. Non c’è nessuno che vada lì a prendergli la croce, nessuno, tranne Santa Veronica che almeno gli asciuga il volto, l’unico gesto di carità che Gesù riceve, l’unico. Nessuno che si accosti, che si avvicini. E questo è veramente tremendo. Noi non possiamo permettere che davanti ai nostri occhi si consumino questi drammi senza intervenire immediatamente, con coraggio e decisione. Devono andare a prendere uno che aveva in mente tutto all’infuori che portargli la croce. Se fossero stati in due, uno prendeva la croce e l’altro prendeva Gesù, se lo caricava sulle spalle, lo portava su, non dico di mettersi a combattere, prendere il suo posto, morire con lui, va bene, ma almeno fare un ragionamento con i soldati: “Lo volete crocifiggere morto o vivo? Che gusto c’è a inchiodare in croce uno morto? Sta per morire, lo vedete? Inchiodiamo alla croce uno vivo, almeno c’è più gusto. Facciamo così, ve lo porto su io, almeno siamo sicuri che arriva vivo, tanto il punto non è come sale, il punto è che arrivi là. Se ve lo porto su io qual è il problema? Poi là gli fate tutto quello che volete, ma almeno ve lo porto su vivo.”

Uno poteva fare anche questo ragionamento che secondo me avrebbe avuto una certa pregnanza sui romani: “Inchiodarlo da vivo c’è più gusto che inchiodarlo da morto.”

Nessuno. Cade, si spacca le ginocchia, le mani. Non c’è nessuno. 

“Quando alla sommità del colle, si stende la vittima sull’altare della croce e i chiodi lacerano le sue mani e i suoi piedi lasciandoli appesi al tronco, di nuovo escono rivoli di Sangue da quelle lacerazioni. E quando viene sollevata la croce con il suo doppio peso ecco un continuo gocciolare che si produce da tutte le ferite e che continua a cadere fino a che si svuotano le vene e il cuore smette di battere. Consummatum est.

Ma no, ci resta un altro tesoro da scoprire! Si avvicina il centurione che fende con un colpo della  sua lancia il lato sinistro del costato e dal cuore attraversato fuoriescono acqua e Sangue. È l’ultima lacerazioni prodigiosa che rende manifesto meglio di qualsiasi altra prova la profondità ineffabile di questo mistero.

In questo atteggiamento, in questa sublime posizione doveva rimanere, immutabile e immortale, il divino Crocefisso per tutti i secoli.”

Poi ci sono quelli che dicono: “Noi rifiutiamo di parlare del sacrificio di Cristo e del Sangue. Questo aspetto sacrificale dà fastidio, deve essere tolto, epurato dalla nostra fede.” 

Credo che non ci sia modo migliore per offendere il Signore, perché vuole proprio dire: “A me della tua morte non mi interessa niente. Tutto il Sangue che Tu hai versato non ha nessuna importanza. Non mi interessa, mi dà fastidio.”

Vedete l’acredine che si scatena contro l’Eucarestia, tutto questo movimento ideologico che stiamo vedendo in questo periodo, ma non solo in questo periodo. Il libro di don Federico Bortoli è una testimonianza ampiamente documentata di questa ribellione, di questo atto di disobbedienza, della tanta ignoranza che ha accompagnato tutto questo e che lo sta accompagnando ancora adesso e poi della presa ideologica. Ma è inutile stare a questionare sui contenuti, che tanto chi non li vuole vedere non li vede, chi non vuole rendersi sensibile, non si rende sensibile. 

Adesso si dice: “Ciò che conta è l’intenzione”. No. Ciò che conta non è solo l’intenzione nelle cose che io faccio. Se voi domani venite qui a salutarmi e quando voi arrivate io, al posto di farvi una carezza, vi dò un ceffone potente e vi fratturo la mandibola, perché magari dite una cosa che a me dà fastidio, o vi causo una lesione all’udito, io vado in galera. 

E al giudice dico: “No ma guardi che io non volevo procurargli un danno all’udito, una lesione al nervo acustico o dislocargli la mandibola. Semplicemente gli ho dato un ceffone perché lo volevo correggere, la mia intenzione era buona.”

E il giudice mi dice: “Sì, certo, la sua intenzione era buona ma lei va in galera lo stesso, perché lei ha percosso gravemente, ha lesionato una persona.”

“No, ma io non volevo.”

“Ma se lei non voleva, non doveva farlo. Lei va in galera, deve risarcire questa persona.”

Se ho un incidente in macchina e spacco la macchina a questi che dicono: “Quello che conta è l’intenzione” poi scendo e dico:  “Scusami, nessuno aveva intenzione di fare un incidente, mi sono distratto, non volevo farlo, quindi non ti pago.” Quelli lì ti dicono: “Adesso mi paghi. Mi hai tamponato e mi paghi.”

“Ma io non volevo, la mia intenzione era buona.”

“Ma tu mi hai spaccato la macchina, quindi la devi pagare anche se la tua intenzione era buona, anche se non volevi farmi del male.”

I profeti dell’intenzione, del:  “Ciò che conta è l’intenzione, ciò che conta non è quello che succede, con tutti i problemi che ci sono sulla Chiesa andiamo a fossilizzarci su queste inezie che sono come uno riceve l’Eucarestia…”

Io, francamente, non ho più niente da dire, ne ho dette talmente tante, le ho spiegate in talmente tante salse che non mi metto più neanche a dire. Sono ridicoli, talmente sono evanescenti nel loro argomentare e talmente sono ignoranti. 

La citazione di San Cirillo di Gerusalemme, vi supplico, basta, quando non sanno più cosa citare, dove andare ad appigliarsi, improvvisamente tirano fuori dall’armadio San Cirillo di Gerusalemme. San Tommaso d’Aquino, che dice parole di fuoco su questa cosa, non lo citano mai, ma San Cirillo di Gerusalemme — che magari non sanno neanche che cosa ha scritto e quando è vissuto — te lo vanno a tirare fuori per quella cosa che lui descrive, ma è assolutamente fuori contesto. Andate a leggere il libro di Don Federico Bortoli che vi spiega bene queste cose, per favore. Non citano mai la Memoriale Domini, quella non la citano mai, dove tutta la Chiesa, tutti i Vescovi di tutto il mondo sono stati chiamati dal Papa a dire il loro sì o no, per tre volte, con tre votazioni contate, per tre volte, su tre questioni legate alla Comunione in mano — documento assolutamente autorevole la Memoriale Domini — e tutti i Vescovi del mondo nella stragrande maggioranza, hanno sempre detto alle tre domande che vengono poste: “No. La Comunione deve essere data solamente in bocca.”

Questo documento non lo citano mai. 

E dicono: “Allora, come è stato possibile arrivare fino a qui?”

Sei ignorante, non conosci la storia. 

“Io sono laureato in teologia, sono Dottore…”

Guardate, gli ignoranti possono avere anche i titoli. Posso avere davanti una signora anziana di 85 anni che sa più di Dio di uno che ha cinque Dottorati. A parte che bisogna dimostrare che uno è laureato, magari lo dice e poi ha fatto Scienze Religiose, “laureato” è una parola grossa, vuol dire che tu sei Dottore in Teologia. Se anche fosse, ma sono sicuro che non è, se anche fosse ciò non toglie che questa cosa è da ignoranti perché non si conosce la storia. Ignorante vuol dire uno che ignora. Perché a partire dalla Memoriale Domini ad arrivare al dopo — alla pratica di adesso ancora di più — c’è di mezzo un buco che ha un nome ben preciso, e questo buco ha una storia ben precisa che ha condotto fin lì. Come si chiama? Andatevelo a studiare. A questi cari signori diciamo: “Andatevelo a studiare. Prendete carta e penna, andate in biblioteca, vi prendete i testi e andate a vedere dove sono nate le cose.”

Scoprirete tante cose interessanti che San Cirillo di Gerusalemme non aveva assolutamente in mente, non c’entra niente con San Cirillo di Gerusalemme. E all’epoca della Memoriale Domini tutti i Vescovi del mondo conoscevano molto bene San Cirillo di Gerusalemme. Non arriva il signor Pinco Panco a rivelare le ultime scoperte archeologiche della nostra fede. Sono tutte cose che vi ho già spiegato quando vi ho parlato dell’Archeologismo, ma si fa sempre molto in tempo a starnazzare, a dire quattro parole in Croce, dette storte tra l’altro, e a far figure pessime. È più facile che non ad argomentare, e le fonti non si portano mai, si porta sempre e solo San Cirillo di Gerusalemme che, poverino, nella sua vita pensava a tutto tranne che a questo.

Domani vedremo il paragrafo “Gli Apostoli del Sangue”, molto bello perché lui affronta la figura di Pietro, di Giovanni e la figura di San Paolo, queste tre figure interessanti ce le fa vedere come gli Apostoli del Sangue. Ci dice che furono Dodici, ma in particolare modo lo sono stati i due più privilegiati del collegio Apostolico, Pietro e Giovanni a cui si aggiunge dopo San Paolo, domani vedremo questo aspetto. 

Vi auguro di vivere un bellissimo mese dedicato al Preziosissimo Sangue di Gesù, una giornata oggi tutta dedicata al Preziosissimo Sangue di Gesù, stringiamoci attorno a Gesù, e a chi è via in vacanza in questi due mesi, o a chi le ha già fatte, auguro di cuore davvero un tempo bello di riposo, che non sia la vendemmia del diavolo, come dice San Giovanni Bosco ma sia un momento per approfondire la nostra fede in Gesù, per amarlo di più, per rendergli onore e per stringerci a Lui.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Giovedì della XIII Settimana del Tempo Ordinario – Anno I

VANGELO (Mt 9, 1-8)

In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati».
Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse allora al paralitico –, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua.
Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.

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