Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: “Comunione spirituale e comunione psichica” tratta dal testo “Vita comune” di Dietrich Bonhoeffer.
Mercoledì 15 marzo 2023
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Mt 5, 17-19)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a mercoledì 15 marzo 2023.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo quinto di San Matteo, versetti 17-19.
Ascoltiamo dal diario della beata Edvige Carboni.
Novembre 1938. Pregavo il buon Gesù; d’un tratto mi si presentò un angelo e mi ferì il cuore. Detta ferita la sento tutt’ora; è una ferita che mi fa bruciare d’amore per Gesù.
Forse noi non abbiamo un angelo che ci ferisce il cuore. Però abbiamo la passione di Gesù, che dovrebbe ferirci il cuore e la mente. Abbiamo i miracoli di Gesù compiuti nella nostra vita. Abbiamo il sacramento dell’Eucarestia e della confessione, che dovrebbero ferirci il cuore per tutte le grazie enormi e tutti i miracoli che fanno accadere. Nutrirci del suo Corpo e del suo Sangue; essere liberati dal peccato! Tutto questo dovrebbe ferirci il cuore.
Continuiamo la nostra lettura del testo Vita comune di Bonhoeffer.
Dunque, si riallaccia a tutto il discorso che abbiamo fatto ieri sul confessare i peccati al fratello e che questo rompe tutto l’autoinganno. Per loro è il fratello, nel nostro caso il sacerdote che ha il potere di rimettere i peccati in nome di Dio.
Il conseguimento di questa certezza è la ragione per cui la confessione deve esser fatta come ammissione di peccati concreti.
Guardate, a me viene un po’da sorridere, perché è veramente incredibile che sia un luterano a farci lezioni di dottrina cattolica. Non sta neanche parlando della confessione sacramentale, quella che abbiamo noi, sta parlando della confessione che c’è da loro, dove il fratello dice i peccati al fratello, ma che non ha niente a che vedere con il nostro sacramento.
E io mi trovo qui un luterano che viene a dire in modo preciso e corretto — corretto per noi cattolici — che cosa deve essere la confessione, nonostante loro la vivano in un altro modo. Se io non dicessi che è Bonhoeffer, potrei tranquillamente prendere questa frase e dirla io come prete cattolico. “Il conseguimento di questa certezza è la ragione per cui la confessione deve essere fatta come ammissioni di peccati concreti”, punto. Andiamo avanti, poi commentiamo ulteriormente.
Sentite cosa scrive:
Di solito, quando si fanno confessioni generiche, si tenta di autogiustificarsi. La completa rovina e corruzione della natura umana mi diventa chiara nei peccati ben precisi che commetto, nell’esperienza che ne faccio per mio conto. L’esame in rapporto ai dieci comandamenti sarà perciò la preparazione adeguata alla confessione.
Adesso io mi alzo e vado a casa… devo conoscere quest’uomo perché è veramente incredibile. Sembra che abbia ascoltato la catechesi che abbiamo fatto un po’ di settimane fa, la catechesi che stiamo facendo a Radio Mater sui Dieci Comandamenti.
Altrimenti potrebbe accadere che io perseveri nella mia ipocrisia anche nella confessione fraterna, e che non riesca a trarne consolazione. Gesù ha avuto a che fare con uomini, i cui peccati erano alla luce del sole, con pubblicani e prostitute. Essi sapevano perché avevano bisogno di remissione, e la ricevevano come remissione del loro specifico peccato. Al cieco Bartimeo Gesù chiede: «Che vuoi tu che io ti faccia?». A questa domanda dobbiamo rispondere in termini chiari nella confessione. Anche noi in essa riceviamo la remissione di determinati peccati, che qui vengono alla luce, e proprio per questo la remissione di tutti i nostri peccati, noti o no.
È la stessa cosa che vi dicevo anche nella catechesi che sto facendo a Radio Mater sui Dieci Comandamenti, proprio l’ultima volta, l’ultimo venerdì di febbraio. Ho proprio accennato a questo discorso, che è un discorso che ripeto da sempre, che la nostra confessione deve essere su peccati concreti.
“Cosa ho fatto? Quante volte l’ho fatto?” La confessione non è andare a parlare dei peccati di mio marito, delle bestemmie di mio figlio, della cattiveria di mia suocera e della stupidità di mia nuora. Non è questo.
La confessione non è andare a parlare dei problemi degli altri.
La confessione non è neanche andare a dire i miei peccati in maniera generica: “Ho detto qualche bugia”. Cosa vuol dire? Cosa vuol dire questa frase? Era grave? Era leggera? Hai detto una bugia in tribunale? Hai detto una bugia al mercato? Cosa vuol dire “ho detto una bugia”? Che confessione è “ho detto una bugia”? Che cosa capisce il sacerdote? E tu, stai forse riconoscendo il tuo peccato? No!
Bonhoeffer, teologo luterano, ci sta dicendo quello che la tradizione cattolica ci dice da tempo: la confessione deve essere su peccati concreti, non dobbiamo fare confessioni generiche, perché se facciamo le confessioni generiche, ci stiamo auto giustificando.
“Ho peccato cadendo contro il sesto comandamento”. Potrebbe voler dire qualsiasi cosa! Che confessione è?
Poi ci sono quelli che la fanno un po’ tipo light: “Ho peccato contro il sesto”. Contro il sesto dente? Contro il sesto pelo? Contro il sesto capello? Contro il sesto senso? Contro sesto cosa?
“Ho peccato contro il sesto comandamento”. Cioè? Ma hai capito che dentro lì c’è il mondo? Né cosa hai fatto, né quante volte l’hai fatto, niente, da quanto tempo è che non ti confessi, niente… Questa non è un’ammissione di peccati concreti, bisogna essere chiari su queste cose.
Bisogna dire differenza specifica e differenza numerica.
Ma non perché siamo ossessivi compulsivi e il sacerdote vuole andare a mettere il naso dove non deve. Vi garantisco che, se uno è sano di mente, l’ultima cosa che ha voglia di fare è mettere gli occhi nel male dell’uomo, ve lo garantisco. Guardate, ci sono tante altre cose belle da fare: andare a vedere le mascherine di carnevale e vedere lanciare i coriandoli, le stelle filanti e mangiarsi le frittelle. Vi garantisco che è cento volte più bello che stare lì a dover mettere le mani nel male dell’uomo. Ma, se vogliamo fare le cose serie, bisogna farle serie.
Non vado dal dottore a dire: “Dottore, ho dolore nel mio corpo” — “E quindi? Ma quanto è grande il tuo corpo?” — Nel mio corpo” — “Dove?” — “Ho un po’ di dolore alla pancia” — “Ma dove? Quadrante superiore, quadrante inferiore, destra e sinistra, dove? Io lo devo visitare… Da quanto tempo? Che cosa l’ha scatenato? Che farmaci stai prendendo? Quanti anni hai?”. Il medico deve fare un’anamnesi!
Noi, in confessionale, invece… Ci sono alcuni che entrano: “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Mi dica…” — “Il solito” — “Aspetti un attimo che prendo il cappuccino e brioche e glielo servo”. Il solito?! Ma cos’è “il solito”? Non sei al bar a prendere un Campari! La prima volta che l’ho sentito, mi si sono sgretolati gli occhi nelle orbite. L’ho guardato e ho detto: “Il solito cosa?” — Perché era talmente assurda quella situazione, che ho detto: “No, ma probabilmente ci deve essere stata un’infrazione spazio-temporale, mi sono trovato collocato in un altro luogo nello spazio-tempo, mi sono un attimo perso nella quinta dimensione, poi sono ritornato e mi son perso un pezzo. Preferisco pensare di essere stato io a farmi un viaggio, che non questo che… cioè capite? No, invece non ero entrato in nessuna quinta dimensione, questo mi stava veramente dicendo “Il solito”.
Queste sono confessioni assolutamente inutili. Non buttiamo via il tempo e non facciamolo perdere agli altri, stiamo a casa nostra a mangiarci i popcorn. Se vai a confessarti, devi avere le idee chiare di quello che devi dire, di quello che è giusto dire e lo devi dire in modo preciso. Differenza specifica, differenza numerica. Senza fronzoli, senza raccontare la storia di Adamo ed Eva, senza i contorni, senza tutti gli orpelli, no!
“Io ho rubato per 5 volte in una settimana, 100 € ogni volta, dal portafoglio di mia madre” punto. Ecco una confessione. Ci vuole tanto? Non ci vuole tanto. Avete visto quanto ho impiegato?
“Io sono caduto contro la purezza guardando spettacoli indecenti al computer. È successo tre volte in un mese”, punto. Mi sembra così facile.
“Io in questa ultima settimana ho bestemmiato il nome della Vergine Maria quattro volte, di cui tre davanti a mio figlio, che ha otto anni”.
“Sono caduto nella mormorazione contro mio padre e mia madre; ragione? Perché mi sono sentito offeso dal loro rimprovero”.
Io vi ho detto 3 o 4 peccati, quanto ci ho impiegato? Forse 40 secondi? Capite perché San Giovanni Maria Vianney diceva che per confessare un peccatore incallito, che da trent’anni non si confessa, ci vogliono tre minuti? Ve lo ripeto perché magari anche voi avete fatto un salto spazio-temporale: per confessare un peccatore incallito, che non si confessa da trent’anni che, ci vogliono tre minuti. Non tre giorni, tre minuti.
Certo che se tu confondi il confessionale con il tuo cotton club… allora mettiamo giù pasticcini e tè e stiamo lì le giornate.
Peccati concreti. Non confessioni generiche. Non autogiustificarci. “Ho bestemmiato, però la colpa non è mia, ma è di mia moglie che mi ha fatto arrabbiare, di mio figlio che non ha fatto bene i compiti” — “E allora perché sei venuto confessarti? Se la colpa non è tua, stai a casa tua”. Sei già autoassolto.
È un luterano, è un teologo luterano che ci sta spiegando queste cose. Va bene.
La completa rovina e corruzione della natura umana mi diventa chiara nei peccati ben precisi che commetto, nell’esperienza che ne faccio per mio conto.
Ma devo essere sincero. Devo essere chiaro e preciso. Non raccontiamo la storia del peccato, raccontiamo il peccato.
Ci sono persone che non sono capaci di dire i peccati, ma ti raccontano le loro diapositive. Sei tu che devi “estrarre” il peccato dal loro racconto. Non ti sanno dire: “Chiedo perdono a Dio perché ho mancato di carità tre volte nei confronti del mio collega di lavoro, negandogli l’aiuto che mi chiedeva”. Questo è il peccato.
Loro confessione: “Dunque, Padre, allora io, andando al lavoro, che è a 5 km di distanza da casa mia e lei si immagina al mattino, quando parto, quanta nebbia devo trovare, e poi alle volte fa anche molto freddo, e poi quella mattina lì la macchina non mi partiva subito e poi, quando mi è partita, la ventola del riscaldamento non funzionava; quindi, io sono partita e sono andata, e a un certo punto, ah ho dovuto anche fermarmi a fare benzina perché sa, non è facile. Poi quello dal quale di solito vado a far benzina era chiuso e ho dovuto andare da un altro. Vabbè, e questo ha allungato un po’ il tragitto, poi mi sono un po’magari così, spazientita, vabbè comunque … nel frattempo appunto viaggio con la mia macchina, che poi tra l’altro le devo dire una macchina fantastica, stupenda, meravigliosa, però quel giorno non è che andava molto bene. Ah, tra l’altro lei conosce un meccanico? No, perché magari se lei conosce un meccanico di fiducia — sa, lei è un sacerdote, ne conosce tanti — dovesse conoscere un meccanico di fiducia, se me lo dà, che così io quando esco dal lavoro, di solito esco intorno alle 5, però può darsi che alcune volte esca verso le 5-5:30, poi dipende perché poi sa … Ah, le devo dire il mio datore di lavoro, se lei sapesse quanto è pesante. Una roba impossibile. Io non è che abbia niente contro di lui, però, lei mi capisce, che io arrivo lì, sono stanca, perché poi io quando esco poi non è che devo andare a casa subito velocemente, perché poi devo andare in palestra, poi andando dalla palestra devo andare a far la spesa. Poi, Padre, non le dico. Non vada mai in quel supermercato perché, guardi, è pienissimo, quando si torna dal lavoro a quell’ora c’è da morire. Però la mia amica… Ah le devo dire della mia amica, la mia amica è una persona fantastica lei non ha un’idea, Padre…”
Tu sei lì e dici? “Dunque, adesso da dove esco, di qui? Cosa facciamo? Perché poi io ve l’ho detta in velocità x2. Sono 10 minuti che sto ascoltando il nulla, e il peccato? Il peccato dov’è?”
Voi direte: “No, padre Giorgio sta facendo Zelig”. No, non sto facendo Zelig. Questa è vita quotidiana. Questa è l’incapacità di confessare i peccati. Perché poi, dopo un quarto d’ora, arriva a dirti la cosa. Ma non ti dice come l’ho detta io sinteticamente, ma vi dice: “La mia amica, quando eravamo al lavoro, ha cominciato a tormentarmi e allora io ho risposto male. E allora poi, dopo, lei mi ha risposto ancora. E allora poi dopo io mi sono arrabbiata. E allora poi dopo le ho messo giù il muso. E poi dopo lei è venuta, però io non ho risposto”.
È tutto così, quindi tu sei lì che devi dire: “Ok, quindi il peccato è questo, questo e questo”. Ma non è compito mio fare questa cosa! Il sacerdote non deve fare l’estrazione. Il sacerdote deve ricevere la confessione. Ecco perché io consiglio sempre di andare con qualcosa di scritto. E dico sempre: “Stia sulla metà di un foglio”. Ma non di un foglio di quelli che usano per le affissioni a Milano, in centro! Non il foglio 7 metri per 20. No, il foglio di quelli piccolini, di un quaderno, la metà: lì devono stare. Perché dobbiamo dire i peccati, i peccati, io non so come spiegarla questa cosa, evidentemente non sono capace di spiegarla, perché non passa, non lo so. I peccati concreti. “In questa maniera mi diventa chiara la rovina, la corruzione della natura umana”. Aiuto…
“L’esame – l’esame di coscienza — in rapporto ai dieci comandamenti sarà perciò la preparazione adeguata alla confessione.”
È certo, l’abbiamo detto anche venerdì dell’ultimo del mese. Lo dice il catechismo, cioè è una legge imprescindibile. Io devo far riferimento ai Dieci Comandamenti, prepararmi. La confessione non è una seduta psicanalitica. Quella è la Magna Carta sulla quale io vado a confrontarmi. Quello è.
Il librettino per la preparazione alla confessione che ho messo insieme, oltre contenere gli scritti dei santi (San Giovanni Bosco e San Giovanni Maria Vianney), contiene anche i Dieci Comandamenti e l’esame di coscienza fatto in base ai Dieci Comandamenti. Altrimenti, in base a che cosa lo faccio?
Quindi, prendo i Dieci Comandamenti e li passo a uno a uno, se poi c’è un testo che un po’ me li commenta, ancora meglio, e mi preparo; preparo la mia confessione. Poi magari fate come a scuola, come si faceva alle elementari. Fai il riassunto, il riassunto del riassunto, e il riassunto del riassunto del riassunto. Forse hai qualche possibilità di fare una confessione precisa, sfrondata di tutte quelle cose assolutamente inutili che avresti detto e che non c’entrano niente con l’ammissione di peccati concreti. Non di velleità, di sciocchezze inutili.
Lui dice, giustamente:
“Gesù ha avuto a che fare con uomini, i cui peccati erano alla luce del sole, pubblicani e prostitute.”
Questi non avevano bisogno di andar lì a raccontare la rava e la fava. Bastava dire: “Questo sono, questo ho fatto”, fine della discussione. Sapevano perché avevano bisogno di remissione, certo che lo sapevano, lo sapevano bene qual era il loro peccato.
“Che vuoi che io ti faccia?” — A questa domanda dobbiamo rispondere in termini chiari nella confessione: “Cosa vuoi che io ti faccia?” — “Ho bisogno di questo, questo, questo e questo”.
Quando vado dal fruttivendolo a comprare la frutta non posso stare lì a raccontargli la storia della mia vita. Devo dirgli: “Voglio cinque mele”
Allo stesso modo se lui mi chiede: “Buongiorno, cosa desidera?” Non posso rispondere: “Kiwi” — “Sì, ho capito, ma quanti? Vuole quelli gialli, vuole quelli verdi, li vuole maturi, li vuole acerbi?” –
“Cosa desidera?” — “Mele” — “Ma cosa sei, ET? Telefono casa… Ma come stai? Ma come parli?” — “Cosa vuole?” — “Mele!” Ma che cosa vuol dire mele? Le vuole bianche, le vuole gialle, le vuole rosse, le vuole croccanti, le vuole farinose, le vuole Fuji, le vuole Annurca, … che mele vuole? Le vuole piccole, le vuole grosse…” Qui a Roma ci sono delle mele da mezzo chilo, uno dice: “No, vabbè, ma io una mela da mezzo chilo non la voglio” E allora dillo che vuoi le mele piccole. Ma se tu mi dici “Mele”, tipo ET, è chiaro che io non posso saperlo. “E quante ne vuole, tutta la bancarella?”.
E la stessa cosa almeno devo andare a farla anche in confessionale.
Come se dal salumiere: “Cosa desidera?” rispondessi: “Mortadella”. Dopodiché, mi ricoverano.
Tra l’altro a noi viene il nervoso quando siamo in coda per fare la spesa e abbiamo certe persone davanti che cominciano a fare l’analisi metafisica della mozzarella, che uno dice: “Ma compra ‘sta mozzarella, ma santa pazienza!” “E quanto è grossa? E quanto pesa? E quanto latte di bufala c’è dentro? E che percentuale di latte di capra possiede? E da quanti giorni è lì? E dove è stata fatta, ma in quale caseificio? Ma è quello che aveva il latte contaminato? Ma questa da problemi di allergia?” Ma mangia ‘sta mozzarella e basta, santa pazienza. È una mozzarella, non è mica un killer. Ma cosa vuoi che ti faccia ‘sta mozzarella? Ma mica ti uccide, ma vivi sereno, figlio mio.
Dopo, tutti questi pruriti noi li andiamo a prendere e li andiamo a buttare dentro anche nel nostro rapporto con Dio, che è una roba incredibile.
Va bene, ci ho messo ventisei minuti per commentare questo testo che purtroppo apre un mondo, perché purtroppo è dolorosamente vero.
Tutto questo significa che la confessione fraterna sia una legge divina?
Per noi si. Non la confessione fraterna, ma la confessione col sacerdote, è una legge perché il Signore l’ha detto: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete resteranno non rimessi”
La confessione non è una legge, ma un’offerta di aiuto divino per il peccatore. Può darsi che uno consegua per grazia divina e senza confessione fraterna la certezza, la nuova vita, che giunga alla croce e alla comunione.
Ecco qui, ovviamente, ci sono delle differenze,
Legge in che senso? Perché vi ho detto io “legge”? È chiaro che la confessione è un aiuto divino per i peccatori, ma perché vi ho detto “legge”? Non c’è un comando di Gesù a confessarci, questo è sicuro. C’è il comando “Non uccidere” ma non c’è il comando “Ti devi confessare”. Quindi, da questo punto di vista, non è una legge.
Ma è una legge in ordine alla salvezza. È vero che io posso ottenere il perdono di tutti i miei peccati con un atto di contrizione perfetta, che è il dolore perfetto dei peccati, per amor di Dio, vero. Ma è talmente difficile da raggiungere, e quindi è talmente difficile avere la certezza di questo perdono, che se vuoi vivere in comunione col Signore in grazia di Dio, di necessità devi andarti a confessare.
Quindi non è una legge perché non è imposta, ma è una legge, diciamo così, indiretta, se tu vuoi vivere in grazia del Signore. Non so se mi sono riuscito a spiegare. Non è un “Tu devi”, oppure non è un “Non devi”, ma siccome noi siamo chiamati alla santità, al rapporto col Signore, io come faccio a vivere in grazia di Dio? Devo confessarmi.
Certamente è un’offerta di aiuto divino per il peccatore, questa è proprio la sua natura.
Potrebbe darsi che uno impari a non dubitare mai della remissione e del proprio riconoscimento dei peccati, che tutto questo gli sia donato nella confessione individuale davanti a Dio.
Ecco, per noi non è così. Per noi non è così.
Qui abbiamo parlato per coloro che non possono dire di goderne.
Adesso sto saltando delle parti che non c’entrano con noi.
A coloro che, pur cercandola faticosamente, non riescono a trovare la grande gioia della comunione, della croce, della nuova vita e della certezza, si deve presentare l’offerta divina che ci è fatta nella confessione fraterna. L’ambito in cui essa si colloca è quello della libertà del cristiano. — ecco, vedete? — Ma chi respingerebbe senza danno un aiuto che Dio ha ritenuto necessario offrire?
Quindi, vedete, è una realtà che tiene in sé una tensione. Da una parte, è un aiuto offerto. Dall’altra, lui ti dice: “Sì, è vero che è un’offerta, però tu puoi respingere questo dono che ti è dato, senza danno, e che Dio ha ritenuto necessario darti per la tua salvezza?
Ecco perché ho detto prima che era una legge. È una cosa un po’ sui generis, per cui bisogna pensarci bene. Secondo me non c’è neanche troppo da pensare, ma… Ecco perché vi ho detto che è importante confessarci spesso, perché, seppure non ci sia un obbligo (per noi c’è, almeno una volta all’anno) è un aiuto grandissimo. Nella riforma di Paolo VI, la confessione che non è legata ai peccati mortali si chiama “confessione di devozione”. Ma è importantissima, Paolo VI scrive delle parole bellissime sulla confessione di devozione nelle rubriche del testo che precede la riforma del rito.
Ha ragione Bonhoeffer. Lui pone anche questa domanda: “Chi respingerebbe senza danno un aiuto che Dio ha ritenuto necessario dare?”. Se Dio ha ritenuto necessario offrirmelo, che senso ha che dica di no?
Seppure non ci sia una legge diretta che me lo chiede, che me lo impone, sarebbe un atto di presunzione, una stupidaggine, non farlo, quindi capite perché è una legge? Perché c’è interiormente una spinta, una richiesta, alla quale io credo dobbiamo corrispondere perché è un momento bellissimo nella nostra vita, se è fatto bene.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.