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“Comunione spirituale e comunione psichica” da “Vita comune” di D. Bonhoeffer. Parte 59

Comunione spirituale e comunione psichica

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: “Comunione spirituale e comunione psichica” tratta dal testo “Vita comune” di Dietrich Bonhoeffer.
Martedì 14 marzo 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mt 18, 21-35)

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a martedì 14 marzo 2023.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo diciottesimo di San Matteo, versetti 21-35.

Dal diario della beata Edvige Carboni.

Dicembre 24, 1940. La notte di Natale mi trovai nella stalla ove nacque Gesù. Dentro una misera grotta c’era il S. Bambino coricato sopra una mangiatoia, S. Giuseppe con la Vergine Maria inginocchiati davanti al Bambino che tremava di freddo. S. Giuseppe, appena mi vide, mi fece cenno di inginocchiarmi anch’io, vicino, e mi disse: — Vedi la nostra povertà? Tutte queste sofferenze sono per la salvezza del genere umano.

Credo ci faccia bene almeno immaginare quanto la Sacra Famiglia ha sofferto per noi, per imparare cosa voglia dire anche noi soffrire per i nostri fratelli, per il bene degli altri, per la conversione dei peccatori, per riparare le offese ai cuori di Gesù e di Maria. Non scordiamo, anche se ci avviciniamo alla Pasqua, cerchiamo di non scordare quello che è accaduto a Natale.

Proseguiamo la lettura del testo Vita comune di Bonhoeffer.

Nella confessione si apre la via per giungere alla croce. — adesso vediamo perché, in che modo — La radice di ogni peccato è l’orgoglio, la superbia. Voglio essere per mio conto, ho diritto a me stesso, a nutrire il mio odio e la mia concupiscenza, a volere la mia vita e la mia morte. Spirito e carne dell’uomo sono stimolati dalla superbia; infatti, nella sua malvagità, l’uomo vuol essere come Dio. La confessione davanti al fratello è la più profonda umiliazione, fa male, ci mette a terra, abbatte la superbia senza risparmiarla. Presentarsi al fratello come peccatore è una vergogna che si sopporta difficilmente. Nella confessione di peccati concreti l’uomo vecchio muore fra i dolori di una morte ignominiosa in presenza del fratello. Questa umiliazione è così pesante, che pensiamo sempre di poter fare a meno della confessione davanti al fratello. I nostri occhi sono così abbagliati, da non scorgere più la promessa e la gloria di tale umiliazione.

È vero. È vero che confessarci è un atto supremo di umiltà. Se non ricordo male, era il proprio padre Amorth che diceva che il più grande esorcismo è la confessione. Certamente, la confessione è un sacramento, l’esorcismo è un sacramentale, diversissimo, tutt’altra cosa. Quindi, a questo poi aggiungiamo che si fonda sull’umiltà. Eh beh, capite che l’orgoglio viene calpestato. Tutto ciò che sa di orgoglio, quando noi andiamo in confessionale, viene profondamente rinnegato. Se ci confessiamo santamente, ovviamente.

E molti, davvero molti, non sopportano questa umiliazione: “Perché devo andare davanti a un Sacerdote a confessarmi, che è un uomo come me?” Sì, certo, è un uomo come te, ma non solo. È anche il ministro di Dio. E se la confessione è fatta bene, è vero che il nostro uomo vecchio muore, ogni volta muore sempre di più, viene sempre di più rinnegato. Purtroppo, siamo talmente abbagliati dal nostro orgoglio, dalla superbia, che neppure riusciamo più a vederela promessa e la gloria dell’umiliarci in confessionale.

Eppure nessun altro se non Gesù Cristo stesso ha sofferto pubblicamente al nostro posto la morte ignominiosa del peccatore; egli non si è vergognato di venir crocifisso come malfattore per noi, e niente altro che la nostra comunione con Gesù Cristo ci porta alla morte ignominiosa nella confessione, al fine di poter partecipare nella verità alla sua croce.

Quindi, sull’esempio di Gesù, noi, “morendo” nella Confessione partecipiamo nella verità alla Croce.

La croce di Gesù Cristo annienta qualsiasi superbia. Non possiamo trovare la croce di Gesù, se abbiamo timore di andare là dove egli si fa trovare, cioè là dove il peccatore subisce la morte in pubblico, e ci rifiutiamo di portare la croce; se ci vergogniamo di sottoporci alla morte ignominiosa del peccatore nella confessione. Nella confessione superiamo l’ultima resistenza verso l’autentica comunione della croce di Gesù Cristo, nella confessione acconsentiamo alla nostra croce. Nella profonda sofferenza, fisica e spirituale insieme, dell’umiliazione davanti al fratello, vale a dire davanti a Dio, impariamo a riconoscere nella croce di Gesù la nostra salvezza e la nostra beatitudine. Muore il vecchio uomo, ma colui che lo ha vinto è Dio. Ora partecipiamo alla risurrezione di Cristo e alla vita eterna.

Lui usa sempre il termine fratello, non usa Sacerdote, ovviamente, ma vi ho fatto vedere come ci sta benissimo semettiamo il termine Sacerdote. Questo che lui scrive comunque noi lo possiamo applicare anche  con un valore diverso:imparare ogni tanto anche ad andare a chiedere perdono alle persone. Certo, dobbiamo chiedere perdono a Dio inconfessionale, però, quando sbagliamo, quando facciamo qualcosa di sbagliato verso qualcuno, quando infliggiamo un torto a qualche persona e ci rendiamo conto di aver sbagliato, beh, scusate perché non dobbiamo andare a chiedere scusa? È vero che quel perdono non ci assolve dal peccato, però, è importante averlo. È importante riconciliarci con Dio, dopo che ci siamo riconciliati col fratello, dopo che abbiamo riconosciuto umilmente il nostro peccato davanti all’altro. È importante. Un educatore che sa dire: “Ho sbagliato” insegna di più, con quell’atto, che non con mille parole. Perché l’educando dice: “In effetti, nessuno è Superman. Però vedi che quando sbaglia, lo riconosce. Mi dice Ho sbagliato perché a tutti capita di sbagliare”. A tutti succede di “cedere — come direbbe quel film — al lato oscuro della forza” Bene, l’importante è riprendersi, rialzarsi. Rimettersi in cammino.

Nella confessione si apre la strada verso la nuova vita. Quando si odia il peccato, lo si riconosce e si ha la remissione, si ha la rottura con il passato. «Le cose vecchie sono passate». E dove si è rotto ogni rapporto con il peccato, lì c’è la conversione. La confessione è conversione.

Questo è importante. Il peccato, per essere riconosciuto, deve essere odiato. E per odiarlo, dobbiamo riconoscerlo bene. Solo così si ha la remissione, vedete? È precisa questa dinamica: lo odi, lo riconosci, lo riconosci e lo odi. Quindi hai la remissione, hai l’assoluzione. Si ha la rottura con il passato, certo, perché a quel punto, se tu lo odi, non torni più indietro. Vi ricordate quando vi dicevo che noi facciamo i peccati perché ci piacciono, perché li amiamo? Se non impariamo a detestare il peccato, non smetteremo mai di fare quei peccati.

Così si ha la rottura con il passato. Quell’uomo non c’è più, c’è sempre di meno, ad ogni confessione, ad ogni atto di odio, di rottura, verso il peccato. E dove si è rotto ogni rapporto con il peccato, lì c’è la conversione, non nelle parole. Non sono le parole che determinano la conversione, ma dove io rompo ogni rapporto con il peccato, tutto ciò che mi legava al peccato, lo rompo. Lì c’è la conversione. Non dimentichiamoci queste quattro parole: “La confessione è conversione”. Non ce lo dimentichiamo. Quando tu ti vai a confessare e ti confessi bene — come tutti dovremmo fare — tu lì stai dicendo che ti stai convertendo, quello è l’atto della conversione, che poi si esprimerà anche in atteggiamenti concreti di vita quotidiana successivi. Va bene, però, innanzitutto è lì che avviene la conversione.

Come i primi discepoli di Gesù, che al suo appello hanno lasciato tutto per seguirlo, così il cristiano nella confessione abbandona tutto e si mette al seguito di Cristo. La confessione è sequela.

Vedete? La confessione è conversione, la confessione è sequela. Anche noi dobbiamo abbandonare ogni peccato, eliminare tutto il mondo del peccato, e metterci al seguito di Gesù. Quando ci andiamo a confessare, noi stiamo entrando nella sequela di Cristo. Proprio lo stiamo seguendo. Perché ci stiamo convertendo e perché abbiamo abbandonato tutto come i primi discepoli.

È iniziata la vita con Cristo e con la sua comunità. «Chi dissimula le proprie colpe non prospererà; chi le confessa e le ripudia troverà indulgenza» (Prv 28,13). Nella confessione il cristiano inizia a ripudiare il proprio peccato. Il dominio di questo è spezzato. Da questo momento in poi il cristiano accumula vittorie. Ciò che è accaduto in noi nel battesimo, ci viene nuovamente donato nella confessione. Siamo salvati dall’oscurità e siamo ammessi nel regno di Gesù Cristo. Questo è un messaggio di gioia. La confessione è il rinnovamento della gioia del battesimo. — Che bella questa cosa, ci avete mai pensato? — «La sera alberga il pianto, al mattino è la gioia» (Sai 30,6). Nella confessione si apre la strada verso la certezza.

Pensate a quante riflessioni sta facendo sulla confessione e tra l’altro non sta neanche parlando della confessione sacramentale! Chissà se avesse dovuto parlare della confessione sacramentale, che cose bellissime ci avrebbe scritto.

Da che dipende la maggiore facilità che spesso si riscontra nel confessare i peccati davanti a Dio, piuttosto che davanti al fratello? — Bella domanda — Dio è santo e senza peccato, è giusto giudice del male e nemico di ogni disubbidienza. Ma il fratello è peccatore come noi, per esperienza sa che cos’è la notte del peccato che resta nascosto. Non dovrebbe essere più facile rivolgersi al fratello che non a Dio, che è il santo? Poiché però per noi le cose stanno diversamente, allora ci dobbiamo chiedere se nel confessare i peccati davanti a Dio non ci siamo più volte autoingannati, confessando i nostri peccati a noi stessi, e rimettendoceli da soli. — Capito? Stiamo attenti. Noi non dobbiamo farlo assolutamente mai, ma è interessante quanto ci si può illudere — E le innumerevoli ricadute, la debolezza della nostra ubbidienza cristiana non è forse motivata dal fatto che viviamo di un’autoremissione, non di una vera remissione dei peccati? Se ci rimettiamo i peccati da soli, non saremo mai in grado di tagliare definitivamente i rapporti con il peccato: ciò è possibile solo alla Parola giudicante e misericordiosa di Dio.

Uno dice: “Beh, io mi arrangio solo con Dio, non ho bisogno di andarmi a confessare”. Ma perché sia possibile fare esplodere il ponte che ci collega al peccato, è necessario questo atto di umiltà e di morte a noi stessi, che è la confessione. Questo è fondamentale, perché sennò ricadiamo sempre negli stessi peccati. A questo punto possiamo anche farci qualche domanda: queste innumerevoli ricadute nelle quali cadiamo anche quando ci confessiamo dal Sacerdote, non sono forse legate al fatto che, tutto sommato, non odio veramente quel peccato? Che io non sono veramente pentito di quel peccato?

Come si fa  ad esser certi di aver a che fare, nella confessione e nella remissione dei nostri peccati, non con noi stessi, ma con il Dio vivente? Questa certezza è donata a noi da Dio per mezzo del fratello. — ecco voi al posto di “fratello” metteteci “Sacerdote”, bellissima questa espressione — Il fratello infrange il cerchio dell’autoinganno. Chi confessa i peccati davanti al fratello, sa di non esser più solo con sé stesso, e sperimenta nella realtà dell’altro la presenza di Dio. Finché resto solo con me stesso nel riconoscere i peccati, tutto rimane nelle tenebre; al cospetto del fratello il peccato deve venire alla luce. Prima o poi, il peccato deve venire alla luce, quindi è meglio che ciò avvenga oggi fra me e il mio fratello, che non alla fine dei tempi, nel giudizio finale.

Capite? Perché prima o poi succederà. Con la differenza che se lo fai adesso con il Sacerdote il peccato vienecancellato, se invece sarà fatto dopo, nel giudizio finale, ecco, lì sarà un po’ un problema perché lì non è cancellato.

Sentite questa bellissima frase.

La possibilità di confessare i nostri peccati al fratello è una grazia. È ciò che ci risparmia il terrore del giudizio finale.

Noi non ci pensiamo mai.

Per esempio. Vado al bar, vado a comprarmi un bel gelatone gigante — adesso sta arrivando la stagione dei gelatoni, a parte che chi ama il gelato sa che il gelato è per quattro stagioni! No, vabbè, comunque — vado a comprarmi un bel gelatone. Tizio mi dà questo bel gelatone e lo pago. Quando me lo dà, che cosa faccio? Dico: “Grazie”. L’ho pagato, ein più dico grazie. Interessante.

Ho scoperto che ci sono dei posti dove le cassiere, gentilissime, bravissime, carinissime e velocissime, ti mettono loro la roba nelle buste. Quando l’ho visto sono rimasto colpito. Ci sono dei paesi in Italia dove accadono queste cose, ci sono altri dove ti devi arrangiare tu, devi andare alla velocità del siluro, perché sennò… Ma ci sono dei posti dove fanno queste cose bellissime. È proprio un gesto molto bello, soprattutto per le persone anziane. Quanta brava gente che c’è a questo mondo. Quante belle persone che vivono in questo mondo, veramente, proprio gente dal cuore bello. Quando la cassiera mi mette la spesa nelle buste, io dico grazie.

Ma dico: “Santa Pace, quando ti sei confessato e il Sacerdote ti ha assolto… digli grazie! Perché devi andare via senza anche una parola, senza neanche un saluto?”. Questi hanno ricevuto quello che volevano, prendono e se ne vanno senza dirti grazie! Ma non grazie del perdono, perché chiaramente non t’ho dato il mio perdono, t’ho dato il perdono di Dio, quindi è lui devi ringraziare, certo, ma grazie del fatto che il Sacerdote ti ha dato il suo tempo. Io potrei essere in piazza a Siena, a bere, mangiare e a giocare, e invece sono qui in confessionale. In queste belle giornate di primavera io potrei essere al Parco della Villa Pamphili in mezzo ai pappagalli, in mezzo alla mia foresta di Sherwood — No? Bellissima — e invece sono qui. Invece di essere sotto le fresche frasche a leggermi un bel libro, con un bel gelato, sono qui, sono qui per te, a vedere che il sole tramonta e ad ascoltare tutte le confessioni, e quel giorno lì non torna più.

Ma digli grazie, almeno? Non ti dico: “Padre ha bisogno di qualcosa?”, per l’amor del cielo, che qui è richiesta una finezza di cuore che non tutti hanno. Ma, almeno dire grazie. Almeno, non lo so, fare un saluto: buon pomeriggio, buon proseguimento, arrivederci… Niente, c’è gente che entra, neanche saluta, si mette in ginocchio, ti dice i suoi peccati, tu lo assolvi, quello prende, si alza e se ne va. Miseria! Ripeto, ma neanche al bar quando vengo a bere il cappuccino faccio così. Cioè, non si fa così, è da maleducati.

È una grazia, lo dice bene: “La possibilità di confessare i nostri peccati al fratello è una grazia” e quel Sacerdote è lì che ti ascolta. Uno dice: “Eh, ma è il suo dovere!” Calma. Calma. Io quando vado in ospedale e incontro un bravo dottore, e incontro una brava infermiera, io gli dico grazie cento volte. Non dico: “Ah vabbè, ma tanto è il tuo dovere, quindi… morire!”, no! Certo che è il suo dovere, ma se lo fa bene, è giusto ringraziarlo perché non è scontato; infatti, ci sono quelli che lo fanno male. Lo fanno! Ma male.

A maggior ragione il Sacerdote che ci libera dal peccato, e che il Signore ci mette lì, questa è una grazia grandissima. E questo ci risparmia dal terrore del giudizio finale.

Il fratello mi è dato allo scopo di farmi raggiungere già qui la certezza della realtà di Dio nel giudizio e nella grazia. Se da un lato la confessione dei peccati è sottratta all’autoinganno in quanto si compie al cospetto del fratello, dall’altro, per quanto riguarda la remissione, la certezza è piena solo se è il fratello a rimettere i peccati, per mandato e in nome di Dio. — vedete? Proprio quello che fa il Sacerdote — Per darci la certezza della remissione divina, Dio ci fa il dono della confessione fraterna.

Molto bello! Bene, ci fermiamo qui.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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