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Se uno viene a Me e non Mi ama più di quanto ami…

Gesù porta la Croce

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di mercoledì 3 novembre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Se uno viene a Me e non Mi ama più di quanto ami…

Eccoci giunti a mercoledì 3 novembre 2021. Oggi festeggiamo San Martino de Porres.

Il Vangelo che abbiamo ascoltato adesso della Santa Messa di oggi è tratto dal capitolo XIV di San Luca, versetti 25-33. 

È un Vangelo bellissimo, è uno di quei Vangeli che abbiamo bisogno di rileggere, credo, ogni giorno. È uno di quei testi che  ci dice qualcosa che non ascoltiamo quasi da nessuno. I Santi parlano così, e allora dobbiamo andare a leggere i Santi, ma se non troviamo nessuno che parla così. A parte chi è innamorato di Gesù, tutti gli altri non riescono a parlare così, perché non lo capiscono, perché è un linguaggio incomprensibile per chi non ha la verginità del cuore, che non c’entra con i peccati, ma c’entra con la totalità e la priorità che il nostro cuore dà a Dio. 

“Mio Dio, mio tutto”

Questa era la frase sintetica di San Francesco d’Assisi. Che bello quando andiamo a fare la Comunione, per esempio, quando vediamo l’Ostia elevata, quando ascoltiamo: “Beati gli invitati alla Cena del Signore”, dire: “Mio Dio, mio tutto”.

Cerchiamo di vedere questo Vangelo bellissimo che ci dà tanto coraggio: è un Vangelo che rincuora, che mette ordine. Come al solito è un Vangelo che ci riporta alla realtà. 

“In quel tempo una folla numerosa andava con Gesù.”

Una folla numerosa… permettetemi di aprire una parentesi, spero di essere breve, la parentesi è questa: quanto contano i numeri per noi?

“Di fronte alla folla numerosa Gesù si voltò e disse”

Gesù dice delle parole fortissime, radicalissime, delle parole che uno non si aspetterebbe mai di sentirsi dire, delle parole che richiedono una decisione radicale.

Proprio poco tempo fa, un mese fa circa, vi ho fatto due omelie dove ho ritrattato questo argomento della radicalità, della totalità. Vi ricordate l’omelia del 27 settembre, quella sul marchio della Bestia e poi quel successiva dove ho ripreso quella del 27, sul tema della legge sull’aborto a San Marino? Qui ritorna questo tema, a prova del fatto che ciò che vi ho detto il 27 non era una bugia, non era un voler lanciare il sasso e nascondere la mano, confondere le acque, non voleva essere un “non parlo chiaro perché così mi salvo…”. 

Credo di essere, più o meno, abbastanza riuscito, in questi anni, a cercare di fare un servizio in quello che dico di chiarezza, mi sembra di aver abbastanza parlato chiaro, e di non essermi sicuramente voluto salvare in niente. Quando si mira a volersi salvare, a voler conservare certi posti, si abitano luoghi diversi. Chiusa la parentesi tonda.

Il 27 settembre, il marchio della Bestia, poi. dopo poco. la questione dell’aborto, adesso questo Vangelo. Qual è il filo rosso che attraversa queste tre questioni? La radicalità. 

Il 27 settembre ho detto più volte — è anche scritto, si può leggere — poi l’ho ripetuto dopo pochi giorni sul tema dell’aborto, e anche lì l’ho ridetto. Io non voglio affrontare in modo diretto né la questione del marchio, perché non conosco, perché non mi è stato rivelato da niente e da nessuno e non so, non lo so, e non lo so, non lo so — lo ridico un’altra volta — che cosa sia il marchio, e francamente non lo voglio neanche sapere, perché se io lo sapessi potrebbe essermi d’inganno, nel senso che io dico: “Ah bene, il marchio è quella cosa lì che verrà, che c’è o che è venuta, allora io sono a posto. Non mi espongo a quella cosa che ho capito, che abbiamo scoperto, che ci è stato detto essere il marchio, e io sono sistemato”. Questo è un pericolo gravissimo e che io non voglio correre, perché il messaggio dell’Apocalisse — se no l’avrebbe detto — non è: “individua il marchio”. Il messaggio dell’Apocalisse è: “attenti a tutto ciò che sa di quel marchio”, cioè, vi dissi il 27 settembre: di tutto ciò che è prefigurazione, anticipazione di quella cosa lì, che porta in sé un riferimento, un’anticipazione, un richiamo, un’indicazione a quella realtà così tremenda. Quello che ho cercato di fare, sia per il marchio, sia per l’aborto, è stato di non entrare nella questione, nel tema, nella res, né dell’uno, né dell’altro; mi interessa invece un discorso più delicato, più profondo, più costante, di vita ordinaria, che attraversa il tempo, perché è valido oggi e valido sempre, che è:  la radicalità! La radicalità dell’appartenenza a Gesù.

Se voi andate a riprendere il testo dell’Apocalisse che io vi ho commentato sul marchio, oppure quello dell’aborto, oppure quello di oggi, ancora di più, voi vedrete che in quello di oggi Gesù dice esattamente quello che dirà San Giovanni nell’Apocalisse, quando Giovanni nell’Apocalisse faceva il discorso del: “Senza il marchio non potrai né vendere, né comprare, né andare, né brigare, né far, né dire…”

Qua Gesù rifà la stessa cosa, ridice la stessa cosa, San Giovanni dice: “quindi lì si prova la costanza dei Santi”, cioè di coloro che sono costanti, sono fedeli, non accettano questo marchio. Perché non l’accettano? Perché vogliono essere fedeli a Gesù. E in quell’occasione vi dissi: “Guardate San Massimiliano Maria Kolbe, che in quel campo di sterminio, di fronte all’anticipazione, alla prefigurazione, all’indicazione del marchio, sceglie di perdere la vita. L’ha scelto lui, nessuno l’ha costretto, di andare a morire nel bunker della morte insieme a tutti i detenuti che erano andati e salvare la vita di un’altra persona”

Possiamo citare San Massimiliano Maria Kolbe, il Sacerdote dell’isola di Molokai, i Martiri cinesi, i Martiri africani, ne abbiamo una quantità enorme di Santi che hanno scelto di non farsi marchiare. 

Con che cosa? Con il compromesso. 

Questa è l’anticipazione di quel solenne marchio di cui parla l’Apocalisse. L’anticipazione qual è? Il compromesso. 

Con cosa? Con la carne, il mondo e il demonio, le tre realtà citate da San Giovanni Evangelista — non da me — che poi verranno riprese da San Giovanni della Croce nelle sue opere.

Io spero che possiate averlo compreso, più di così non so come dirlo, chi vuol capire capisce, non mettiamo addosso alle persone parole che non dicono, intenzioni che non hanno, solo perché ci fa comodo. Non è giusto, perché in questa maniera si banalizza ciò che uno vuole dire e non si coglie invece in profondità il problema. 

Non perdetevi — già ve l’ho detto un milione di volte — dietro a tutti questi messaggini, video, articoli che sono contingenti al momento presente di cui tutti i nostri cellulari sono stracolmi. Non perdetevi dietro a chissà quale visione apocalittica. Ma non perché non esistano le profezie o l’Apocalisse, no, non per questo, esistono queste cose, e sicuramente sono molto più sobrie di tutto quel ciarpame che gira oggi, assolutamente inattendibile, sono molto più essenziali e sintetiche, basta vedere il linguaggio dell’Apocalisse, che va studiata e capita bene, Non è che mi sveglio domani mattina e divento l’esegeta, il teologo dell’Apocalisse. C’è gente che ci perde anni e anni di vita a studiare queste cose, non è che io domani mattina divento il teologo di Google, perché qui tutti si inventano teologi, e sono tutti professori. Calma, calma, prima ti spacchi la schiena con lo studio e la preghiera, dopo, quando avrai i titoli, allora… 

Si banalizza il messaggio e lo si circoscrive: “Il marchio è quello lì”, questa sveglietta bianca che ho qui sulla mia scrivania. Allora se io prendo la sveglietta e la butto nel cestino, siamo a posto. Eh no! Non è questo il messaggio dell’Apocalisse, se no te l’avrebbe detto, avrebbe detto: “Vi avviso il marchio è questo”. Non è che all’Evangelista piace farci spaccare la testa, metterci in difficoltà, non avrebbe amore per le anime. A Dio piace che noi ci spacchiamo la testa? Neanche per sogno! Perché allora non lo dice? Perché non dice: il marchio è la sveglietta bianca che ha Padre Giorgio sulla sua scrivania? Perché non è questa la sua intenzione. La sua intenzione è dirci: state attenti all’impianto, alla struttura, al fondamento su cui il marchio si poggia. Per esempio, la mia meditazione del 27 era sul marchio, oppure il tema dell’aborto, o qualunque altro tema grosso. 

Su quale fondamento si appoggia? Tutti si appoggiano su un unico fondamento: la radicalità, la scelta radicale o meno, per Gesù, e in questo Vangelo, Gesù ce lo dice in modo chiarissimo. 

Anche nei commenti che leggo, sbagliano coloro che scrivono: “Ah sì, il marchio è questo”. Io non l’ho mai detto, non lo so, non lo voglio sapere e non lo voglio dire. Se anche lo sapessi, perché chissà, mi viene rivelato da non so che cosa, non lo direi. Ma perché? Perché nel momento in cui lo dici, tu lo circoscrivi, e siccome non lo dice l’Apocalisse a noi non interessa sapere qual è, ci interessa sapere che tutto ciò che nella vita oggi, andando dalla panettiera a comprare il pane e al supermercato a comprare il latte, tutto ciò che oggi ci sarà come prefigurazione di quel marchio, che tu dovrai scegliere per prenderlo o non prenderlo e questo condizionerà la tua vita, nel bene e nel male, questo lo dovrai affrontare con la radicalità del Vangelo, dovendo rinunciare al compromesso.

Quest’estate sono andato da un fruttivendolo bravissimo e gli ho detto: “Vorrei due meloni. Me li metta via, che poi quando ripasso più tardi li ritiro e glieli pago perché adesso non ho dove metterli”

“Si Padre non si preoccupi le metto via due meloni”

“Mi raccomando belli grossi e belli dolci”

“Sì, sì”

Torno, avevo comprato anche altre cose, e mi mette nel sacchetto tutta la mia spesa. Mi dice: “Il costo è questo”.

Guardo la spesa e vedo dentro tre meloni. 

Ecco la scelta. 

Assolutamente non ho pensato che fosse una furbata, perché conosco questa persona e so quanto è onesta. Che cosa ho pensato? “Si è sbagliato. Ho chiesto due meloni, me ne ha fatti pagare due e per errore me ne ha dati tre. Cosa facciamo, stiamo zitti? Strofiniamo le mani e diciamo: Benissimo! Mi è andata bene, oggi mi porto a casa un melone gratis. Perfetto! W i furbi!”

Questo è il compromesso con il mondo, con la carne, la tua gola, con l’avarizia, con l’egoismo, è il compromesso con il demonio, perché di fatto stai rubando. Questa è l’anticipazione del marchio, porta in sé la sua struttura e te la riporta nell’anima. Non so se riesco a spiegarmi, a me sembra una cosa così semplice… devo spiegarlo ad un bambino per vedere se il bambino capisce quello che voglio dire, perché non capisco se sono io che non riesco a spiegarmi bene — potrebbe essere possibile — oppure se è qualcuno che non vuole capire, se ci sono persone che non vogliono capire, alle quali fa comodo non capire.

Gli ho detto: “Guardi che ha sbagliato, io le ho chiesto due meloni, e pago due meloni, lei me ne ha dati tre”

“No, Padre, non ho sbagliato, il terzo gliel’ho voluto regalare”

In questa maniera portiamo a casa un atto di generosità bellissimo, di una persona che non aveva detto niente. Se io fossi stato zitto mi sarei portato a casa la prefigurazione, se io fossi stato zitto mi sarei portato a casa il compromesso col male, con il peccato, con il demonio, con la carne. 

Questa è la struttura che si ripresenta in ogni dove, ed è questo quello che interessa all’Evangelista. State attenti a non accettare questa prefigurazione, che poi si realizza con il melone, con il latte, con l’andare al cinema, con lo studio, con diverse cose, state attenti a non assumere questa prefigurazione. State lontani dal compromesso, vivete la radicalità. Speriamo di essere stato chiaro, che il Signore mi conceda questa grazia. 

Abbiate pazienza, oggi credo che sarò un po’ lunghino, perché ci sono tante cose che vi devo dire.

“Una folla numerosa”

Ma per noi, quanto contano i numeri?

Abbiamo chiuso la parentesi quadra, adesso cerchiamo di chiudere la graffa.

Quanto contano i numeri?

Su questa cosa devo dirvi che, in tutti questi anni, è una cosa che non ho mai guardato, non ho mai controllato, non mi è mai interessata. Forse una volta sola vi parlai di questo argomento un po’ di tempo fa, ma poi non l’ho più sottolineato, non l’ho più ripreso, perché non mi ha mai interessato, perché non ci ho mai creduto a questa cosa delle folle numerose. Perché di fronte a queste folle numerose Gesù si volta, sembra quasi con fare minaccioso, in modo molto deciso, si volta dicendo quello che poi vedremo. Come a dire: “Se siete in cento, ottanta se ne andranno”, perché dopo parole del genere, chi gli rimane dietro?

Ultimamente, soprattutto alcuni giovani, mi hanno detto: “Padre, lei sta sbagliando, sta proprio sbagliando, non si offenda, ma sta sbagliando”. 

Ed è sempre bello incontrare persone — noto che sono soprattutto i giovani che fanno così — che con tanta umiltà, con tanta semplicità, con tanta carità e delicatezza ti dicono: “Stai sbagliando”. 

E allora mi sono voluto mettere lì ad ascoltare quello che volevano dirmi. Mi hanno detto: “Vede, Padre, è vero che c’è un ragionamento evangelico che lei fa, di dire: «non mi interessano i numeri», però dentro a una logica di mondo, nel senso di realtà mondana nella quale noi viviamo, i numeri hanno un loro valore, per tante ragioni, quindi non le diciamo che lei deve lavorare per i numeri, perché è evidente che non è così, ma che nel suo lavorare tenga presente anche i numeri e dica anche qualche parola in riferimento a questo. Questo secondo noi è importante, perché se no vuol dire voler vivere fuori dalle coordinate, dalla struttura del mondo nel quale viviamo. Allora mi hanno fatto un po’ di lezioni che assolutamente ignoravo, perché sono un po’ ignorante su queste cose. Oggi volevo proprio dirvi questo, tra l’altro ho notato che tante persone mi scrivono, mi dicono: “Dove vado a vedere le omelie, dove vado ad ascoltarle, me le manda? Dove la trovo, dove la leggo, ma questo non lo sapevo…”

Allora ho deciso di fare una piccola pausa di studio teologico di queste cose su internet. Oggi quando pubblicheranno il post voi vedrete che vi pubblicheranno anche tutta una serie — mi sono persino spaventato nel vederla tanto è tanta — di link per dove poter andare a vedere e sapere che c’è questa realtà delle meditazioni, degli avvisi, delle devozioni che pubblico. Quindi troverete il link della pagina pubblica di Facebook, il link di Telegram, il link di Twitter, il link di Instagram e il link del canale YouTube. Ovviamente potete immaginare che io non posso seguire uno, due, tre, quattro, cinque realtà di questo genere, perché altrimenti ho finito di fare il Sacerdote, è impossibile, ci sono appunto questi giovani, questo gruppo di persone che si occupano ognuno di curare questi vari canali.

Con quale scopo? Con lo scopo, se possibile, di svolgere un servizio. Questo è lo scopo, non ce n’è un altro. Cosa trovate lì sopra? Trovate le meditazioni, le catechesi.

Mi stavo dimenticando, c’è anche il sito, quello da cui è nato tutto, il sito internet che è veritatemincaritate.com.

Sono sei realtà, sono immense, non sarei neanche capace di farle queste cose. Mi fido di chi mi aiuta. 

A questo punto loro mi dicono: “Padre è importante che lei dica che è importante diffondere questi vari canali ed è importante mettere il “seguo”, il “mi piace”, il “condivido”, tutte quelle cose che voi conoscete meglio di me, per tutta una logica, che adesso non sto qui neanche a ripetervi, più che altro perché sono un po’ imbranato e non ve la so ripetere bene, quindi piuttosto che dire una cosa non chiara preferisco rimandare alle vostre conoscenze  che sono sicuramente superiori alle mie. Se uno si trova, se gli piace, se condivide innanzitutto le idee, la prospettiva, i contenuti, dove voi andate, dove uno va che può essere il luogo di Telegram, piuttosto che Instagram, piuttosto che il canale YouTube, o Facebook o il sito, dove uno va che si trova bene, che è il mezzo che lui usa per… lì fate presente il vostro assenso, la vostra approvazione. Uno come la fa presente? Attraverso il “condividi”, il “mi piace”, attraverso l’iscrivermi, per esempio, al Canale Telegram bisogna iscriversi, ci sono tutte queste cose. 

Pochi giorni fa, me l’hanno fatto notare, io non lo sapevo, abbiamo fatto 10.000 followers su Facebook e allora ho messo fuori quell’immagine di ringraziamento con la rosa che una ragazza ha fatto, molto bella (hanno tante qualità, tanti talenti!) e quindi, quando l’ho aperto al mattino ho detto: “Te và! Abbiamo raggiunto adesso i 10.000”, di cui loro mi avevano parlato. Mi hanno detto che si festeggia questa cosa e quindi ho messo fuori questa piccola immagine come ringraziamento, come auspicio anche, perché è vero che non ci conosciamo, però vedo dai commenti anche che fate su YouTube, che un po’ vi conoscete, magari non di persona, però si vede che c’è — permettetemi il termine — un po’ una grande famiglia, una famiglia allargata, dove ad un certo punto ci si comincia un po’ a vedere, a frequentare, a conoscere, a capire, poi ci sono i nuovi arrivi… E se una cosa piace, diffondetela, fatela conoscere, ma so già che queste cose le fate, non è che devo essere io a insegnarvele, ci mancherebbe, però usate questi strumenti anche con le loro potenzialità, con il loro “mi piace”, il “condividi”, “l’iscrivermi”, per far vedere che quello che faccio, che voi fate tutti i giorni è apprezzato, come se voi metteste un chicco di riso, per fare il risotto, per fare un bel piatto di risotto. Questo era sulla folla numerosa. Fermo restando che non è il mio scopo, infatti, tanti sono andati via, soprattutto l’anno scorso, fa niente, va bene così, ma non posso dirvi qualcosa che non ritengo essere vero, per accarezzare le orecchie di qualcuno, pazienza! La Chiesa è grande, di preti ce ne sono tanti, l’importante è trovare qualcuno che ci aiuti ad arrivare in Paradiso. Quindi, da una parte ha la sua importanza, ma dall’altra non dimentichiamoci questo Vangelo:

“Gesù si voltò e disse”

I testimoni si pesano, non si contano, fossero anche due l’importante è che questi due possano dire: “queste parole mi sono utili, a me servono, e mi stanno aiutando ad amare di più Gesù”, fosse uno solo che dice questo nella vita di un Sacerdote, che dice: “Padre, per le sue parole ho amato di più Gesù, mi sono riavvicinato ai Sacramenti, vivo una bella amicizia con Gesù”, una persona, ne basta una, io credo che un Sacerdote possa morire in pace, la sua vita ha avuto un senso. 

Ma non posso cambiare le parole del Vangelo e farvi delle operazioni di sfiguramento delle parole di Gesù. Perché? Perché bisogna conservare le folle numerose e aumentarle? No! Questo non posso e non lo voglio fare, non mi interessa ma neanche mi è stato chiesto, assolutamente, però ci tenevo a fare questa precisazione, aspettavo il momento giusto, e adesso è arrivato. 

“Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita…”

Sentite l’Apocalisse? Sentite qui tutto l’eco del testo dell’Apocalisse di San Giovanni Apostolo, lo sentite? Qui dentro c’è esattamente tutto, San Giovanni riprende esattamente questo brano del Vangelo. Anche là si parla di questo, “che senza il marchio non potranno sfamare, fare, andare, comprare…”, stessa cosa. Capite che è la struttura che interessa.

“Se uno viene a me”

Se noi andiamo da Gesù, ma non lo amiamo più di tutto e di tutti, addirittura della vita… sentite  il tema del marchio? 

“non può essere mio discepolo.”

Là si parlerà di stare nel fuoco, tutte quelle cose tipiche del linguaggio apocalittico, qui si dice:

“non può essere mio discepolo.”

Questo non vuol dire che io non devo amare mio padre, mia madre, no, questo vuol dire che devo amare tutti ma solo Dio è al primo posto, perché se dovesse arrivare il giorno in cui devo scegliere tra l’amore che sta al numero uno e l’amore che sta al numero due, devo scegliere il numero uno, non perché non amo il due, ma perché il due non è l’uno. E la mia vita non può stare al numero uno. Mio padre, mia madre, i mei figli, i fratelli, le sorelle non possono stare al numero uno, staranno al numero due perché al numero uno ci sta Gesù, e quando devo scegliere devo scegliere Gesù, se no non sono suo discepolo anche se vado dietro a Lui. 

Io da questa frase del Vangelo capisco questo, non so voi cosa capite, può darsi che sbaglio, ma io non riesco a capire un’altra cosa, a me sembra così chiara ed evidente questa frase.

“Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.”

Sentite tutto il tema dell’Apocalisse?

“Se tu non porti…”

Gesù non dice “col sorriso, cantando, danzando e ballando”, no, Gesù dice: “porta”. Come riesci, ma porta la tua croce. Che cos’è questa croce? È la radicalità. Quando nei rapporti primari, padre, madre, moglie, figli, fratelli e sorelle, tu sei chiamato a mettere Gesù al primo posto, capisci immediatamente che hai sulle spalle una croce immensa. Provare per credere. Quante persone che in questo periodo mi scrivono dicendo: “Padre sto male, faccio fatica, sto soffrendo tantissimo, mi sento solo, sola, non si capisce più niente, manca un faro, non si vede la direzione…” Quante persone! E questa non è una croce? Questa non è una sofferenza? È una sofferenza enorme! Una croce immensa! Va portata. Le incomprensioni, i dissidi, le tensioni che avvengono in famiglia a causa della fede. 

Su questo però voglio aprire un’altra parentesi. Ci sono delle tensioni in famiglia che avvengono perché non si può fare diversamente — nel senso che siccome io amo il Signore, quel minimo emerge — ci sono invece delle tensioni che avvengono perché siamo noi imprudenti. Se io so che il mio papà o la mia mamma, o mia sorella o mio fratello ha una fatica nel credere in Gesù, non ci riesce in questo momento, non è che siccome perché io sono innamorato glielo devo buttare in faccia. Questo non è giusto. Quindi non mi metto ad alzare la radio a tutto volume a fargli sentire le trasmissioni religiose, piuttosto che le meditazioni. Non mi metto ad andare in giro con la corona del Rosario in mano in casa. Se so che è in un momento di fatica, rendiamoci conto, ma perché non devo rispettarlo? Sarò il più discreto possibile, perché devo provocare? Non è giusto, dopo vengono le tensioni e noi ci sentiamo i martiri perseguitati, no, non siamo i martiri perseguitati, siamo delle persone imprudenti e questo non sta con la sequela Christi. Un conto è se sono in una famiglia dove tutti condividono la medesima fede, allora vai in giro con tutti i Rosari in mano che vuoi non ci sono problemi, ma se uno solo non la condivide per le sue ragioni che vanno comunque rispettate, basta, è inutile che mi metto a fare discorsi apologetici: “Ti devo convertire, tu devi credere, andiamo insieme in questo Santuario”. Ma se non ci crede? O far riflessioni di chissà di che genere e tipo. Non servono a niente! O a rimproverare, a richiamare: “tu dovresti, vieni qui, diciamo il rosario, andiamo a confessarci”. Ma se non è su quella stessa linea, ma perché devi far così! “Ti vengo a riferire le cose del mio cuore”. Perché lo devi fare se sai che lui non le condivide?

Guardate, in questi modi di fare c’è sotto l’egoismo. Non c’è sotto lo zelo per le anime, c’è sotto l’egoismo dove io metto al centro me stesso e non la fatica dell’altro, perché se io mettessi al centro la fatica dell’altro direi: “No, questa cosa non si può né fare né dire”, cioè fatto salvo il mio andare a Messa, fatto salvo il mio pregare in modo discreto nella mia camera, nel mio luogo della preghiera dove non disturbo nessuno, dove non mi metto in bella mostra davanti a nessuno, cioè fatta salva la mia appartenenza al Signore, poi, discrezione massima. 

Se io sono adolescente — e sapete che un adolescente, un giovane  è sempre un po’ estremo, assoluto — e decido di fare il digiuno al venerdì perché come Teresina voglio convertire non so chi e so che il mio papà non ha una grande fede e non condivide queste cose, magari non mi metto a fare il digiuno davanti a lui, e magari se mi chiede perché mangio solamente il pane con l’acqua non gli vado a fare tutta la descrizione del digiuno degli anacoreti o di San Pietro D’Alcantara, perché quello dopo cinque minuti dà fuori di matto e ha ragione! Perché non lo può capire. 

“Ma allora io come faccio a fare il digiuno?”

Lo farai di un altro genere, per esempio puoi fare il digiuno del gusto, che non si accorge nessuno, e quindi puoi decidere di non mettere il sale, lo zucchero, di non aggiungere niente a quello che mi viene dato, di non lamentarmi. Nessuno si accorge di queste cose. Se solitamente mangio un panino intero, oggi ne mangerò mezzo e nessuno si accorge. Bisogna essere intelligenti nel fare le cose. Chiusa la parentesi. 

Cerchiamo di portare la croce ma quella che ci dà il Signore, non quella che ci creiamo noi con le nostre imprudenze. Portare la nostra croce e andare dietro a Gesù, allora siamo suoi discepoli, dietro ad un Maestro di sangue, un Maestro Crocifisso, stigmatizzato, perché se no, il problema qual è? Ci dice Gesù: “Voi iniziate l’opera, vi mettete a volermi seguire e poi alla fine mollate tutto perché non riuscite”. Capita anche questo. E allora Gesù dice:

“Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”

Quali averi? Gesù vuole dire che è un inno alla povertà e quindi tutti poveri in mezzo ad una strada? No. Gesù ci vuole dire: “State attenti, rinunciate a qualunque cose sia una ricchezza, rinunciate a metterla al primo posto. E le nostre prime ricchezze sono gli affetti, al primo posto ci sta Io, quindi Io vado amato di più di tutto e di tutti.”

Come vi avevo detto sono stato un po’ lunghino oggi, 46 minuti, cercheremo di essere più brevi domani. Vi auguro di cuore una santa giornata, cerchiamo di vivere bene questo tempo di novembre, metà dicembre in preparazione al Natale, e cerchiamo di viverlo bene nella radicalità evangelica.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

 

 

VANGELO (Lc 14, 25-33)

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

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