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Gesù nostra vita e salvezza

Gesù risuscita la figlia di Giairo

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Gesù nostra vita e salvezza
Lunedì 10 luglio 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mt 9, 18-26)

In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli.
Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata.
Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Eccoci giunti a lunedì 10 luglio 2023.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo nono del Vangelo di San Matteo, versetti 18-26.

Che cosa mette sotto i nostri occhi l’evangelista in questi versetti, appunto dal 18 al 26? Ci propone Gesù come colui che guarisce in nome della fede. Ci propone Gesù come colui che vince la morte a motivo della fede, la prende in giro: questa non è una morte, ma è un sonno. E lo deridono; in realtà è Gesù che sta prendendo in giro la morte, è l’unico che ha il potere di prenderla in giro e di cambiare la morte in un sonno temporaneo. Gesù è la nostra salute, Gesù è la luce che ci libera dal buio della morte.

Dicevo qualche tempo fa che avrei voluto fare qualche omelia sul mistero grande della vedovanza, sul mistero grande del rimanere vedovi o vedove, e quindi di conoscere quel dolore particolare che è la morte del proprio amato, della propria amata, del proprio coniuge, di colei o di colui col quale si era pensato di vivere la propria vita fino all’ultimo giorno. Si può intuire che è un dolore grandissimo, perché poi si avverte un vuoto, un buco profondo, perché quella complicità lì dov’è che la vai a riprendere? Dove che la vai a ritrovare quella intesa, quei ricordi, quelle esperienze, quell’essere cresciuti insieme, quell’assenza di vergogna delle proprie debolezze uno verso l’altro. Beh, insomma, è veramente un dolore immenso, un dolore grandissimo.

Ma non c’è solo questo dolore, che è veramente grande. La morte può colpire anche un genitore, che sopravvive al proprio figlio: terribile! Terribile! C’è quel detto che dice che nessun genitore dovrebbe andare al funerale del proprio figlio. Anche questo è un dolore immenso. Un papà e una mamma che si vedono strappati dalle loro cure, dal loro amore, il proprio figlio o la propria figlia. 

Di fronte a questo dolore, a questi dolori, uno dice: “Ma… Basta, non c’è più speranza. Non c’è più vita. La vita non ha più senso. Che cosa mi resta? Che senso ha vivere? Ovunque mi giro lo vedo, la vedo. Moglie, marito, figlio, figlia. Ovunque, vedo …”. 

Anche la morte del genitore, ovviamente, è terribile, non è che questa sia da meno, però lì perlomeno c’è una piccola consolazione di dire: “Va bene, ha vissuto la sua vita” — ovviamente facendo riferimento a un genitore morto a un’età molto avanzata, perché chiaramente se è un figlio di un papà che ha quarant’anni, no, anche questo è altrettanto difficile — ma se muore anziano dice: “Vabbè, ha vissuto la sua vita, prima o poi tutti dobbiamo morire”. Era in conto, cioè, in un certo senso uno interiormente un po’ se lo aspetta, anche se è difficile da accogliere, però lo sa che, insomma, a quegli anni, prima o poi accadrà qualcosa.

Ma, come vedete, sono tutte situazioni di dolore grande, perché la morte genera questo dolore. Infatti, vedete:

«Mia figlia è morta proprio ora; 

Ed ecco la fede:

ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà»

Gesù non risponde niente, si alza e va. E poi lui prende la mano della fanciulla e la fa alzare. Immaginatevi questo papà: non possiamo neanche immaginare che cosa ha vissuto. 

Poi questa ragazza sarà morta, cioè, non è che Gesù l’ha messa in piedi per sempre. È morto il papà, è morta la mamma, è morta la figlia, poi sono morti tutti, ovviamente, però questo momento di dolore terribile viene risolto da Gesù — diciamo, passatemi il termine — con una seconda possibilità. E quindi possiamo solo immaginare la gioia immensa di questo papà.

E poi questa donna emorroissa: altro dolore. Probabilmente disperata, o comunque molto molto addolorata, provata: perdite di sangue da dodici anni, terribile! Il proprio corpo che non si contiene più, un’emorragia continua; pensate per dodici anni avere un’emorragia. Pensate anche allo sfinimento fisico, la stanchezza. Perché l’emorragia comporta un problema anche ematico, un crollo del ferro, insomma tutta una situazione pesantissima da gestire, uno stato di debolezza continuo, di astenia, di affaticamento, di non riuscire a trovare una soluzione. 

Quante malattie ancora oggi ci sono per cui uno corre di qui, corre di lì, corre di là, e uno ti dice questo, e uno ti dice quello, e uno ti dice quell’altro, uno ti dice sì ma uno ti dice no, quello ti dice: “Faccia così!”, quell’altro ti dice: “Faccia cosà!” e tu non guarisci, e tu non migliori, e va sempre peggio. Spendi una marea di soldi, ore e ore negli ospedali, a correre dietro ai dottori, ai luminari, agli appuntamenti, mille telefonate, poi te lo disdicono e poi lo devi riprendere e poi cerchi Tizio ma non lo trovi, allora vai da Caio. Quanta gente passa tanti giorni della sua vita, tante ore negli ospedali, nei CUP a far le code, a dover essere lì un’ora prima per poter essere il numero venti. E il freddo, e la pioggia, e il gelo, e in piedi, seduti, nel caldo… Pesantissimo, pesantissimo, basta fare un giro in un ospedale qualunque e ci si rende conto di quanto dolore c’è a questo mondo, quanto dolore, quanta sofferenza fisica e spirituale. E questo solo per nominare la morte e la malattia, perché poi ci sono tutta un’altra sfilza di dolori, i dolori psicologici, i dolori di depressione, c’è tanta di quella sofferenza, le malattie incurabili, i malati oncologici…

Pensate a quando una persona cara si suicida, pensate a chi butta via la propria vita con la droga, l’alcol o quant’altro… 

Guardate, c’è una quantità di dolore che voi sapete meglio di me quanto sia grande. 

E c’è Gesù. L’evangelista ci propone Gesù come colui che ci incoraggia.

«Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata»

«Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme»

Gesù è la nostra salvezza. Per l’amor del cielo, dobbiamo andare dal dottore, dobbiamo fare tutto quello che dobbiamo fare, per l’amor del cielo, assolutamente. Dobbiamo fare gli esami del sangue, gli accertamenti, dobbiamo fare tutto: è nostro dovere, è giusto curarci. Allo stesso tempo, però, dentro a una grande fede che Gesù è la nostra salvezza, Gesù è la risoluzione del problema della morte. Per Gesù la morte è un sonno. Lui sveglia dalla morte come la tua mamma ti sveglia al mattino per andare a scuola, così, allo stesso modo: “Dai su, forza, in piedi Giorgio, andiamo. È ora di andare a scuola!”, vi ricordate? La tua mamma ti sveglia così e Gesù ti sveglia così dalla morte, ti prende per mano e ti dice: “Alzati, andiamo! Basta, la morte se n’è andata, la morte è risolta”. 

E poi quanto è bello tutto questo tema del toccare:

imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà 

Gesù non le impone la mano, la prende per mano. Pensate che cambio di prospettiva: non impone, la prende, la prende per mano perché dalla morte qualcuno deve condurci fuori. Abbiamo bisogno di essere presi per mano ed essere alzati da colui che è la nostra salvezza, da colui che ci si sveglia dal sonno della morte.

Mi ha sempre colpito questo fatto, che non ho mai indagato fino in fondo ma, non so, dovremmo chiedere a chi di noi è dottore se sto dicendo il vero — io non sono dottore, quindi… — è un ricordo che ho da quando ero ragazzo. Avevo sentito dire da un medico che quando una persona è in coma e si accingono a condurla a risvegliarsi o comunque si rendono conto che sta per risvegliarsi, lui diceva che è importantissimo che ci sia lì accanto qualcuno. Perché il risveglio da queste situazioni di coma è abbastanza traumatico e la persona si trova come spaesata, come spaventata, disorientata, confusa, non sa più bene dov’è, com’è, perché… Ebbene, questo medico diceva che è importante aver lì qualcuno che ti prende la mano e ti rassicura, che ti garantisce che non sei solo. Pensate poi se questa persona è intubata… non è come vediamo nei film, non so se avete mai visto una persona intubata: già solo questo è abbastanza pesante, anche solo da vedere. Io ricordo alcuni ammalati cui sono andato a dare l’estrema unzione che erano intubati, insomma, non è una passeggiata.

Quindi vedete la cura di Gesù!

Ecco, allora oggi credo che ciascuno di noi abbia un po’ il suo dolore, chi più grande, chi più piccolo. Ciascuno di noi ha la sua sofferenza fisica e/o spirituale: chi più grande, chi più piccola.

Oggi credo che sarebbe proprio bello avere questa fede della donna, dell’emorroissa, e dire: “Io so che Gesù mi può guarire!”. Innanzitutto, guarire dalla disperazione, guarire dal non senso, dal disorientamento, dalla solitudine, dal sentirmi perdente verso questa situazione di dolore, di malattia e di morte. In Gesù troviamo una salute, magari non come la intendiamo noi, non subito. In Gesù ritroviamo tutte le persone a noi care che non ci sono. Quando siamo davanti al Tabernacolo, lì possiamo veramente rivedere le persone.

E almeno tra di noi evitiamo quei modi di dire di cattivo gusto: “Eh vabbè, dai, adesso ti puoi sempre rifare una vita. Troverai un altro, troverai un’altra, eh vabbè…” Ecco, evitiamo queste cose, perché ci sono persone che veramente hanno vissuto esperienze uniche e irripetibili, e che non si sentono più di fare un passo simile.

Ma questo non vuol dire rimanere cristallizzati nel passato, no, vuol dire che basta, per ora non se la sentono, per ora quell’amore totalizzante che hanno vissuto è, appunto, totalizzante. Quindi, degni del massimo rispetto. 

Quello che mi ha sempre fatto un po’ effetto è che — per esempio, quando c’è un funerale così… difficile — prima tutti lì a fare le condoglianze, a consolare — a consolare che, poi? Ma cosa vogliamo consolare, noi… ma comunque — a fare le condoglianze: “Si, ti sono vicino, se ho bisogno di qualcosa”. Poi, una volta che il morto è stato sepolto… Bah! Tutta questa gente, dov’è? Eh, ma è quello il momento più difficile, è proprio il dopo sepoltura il momento più complesso. È  il dopo diagnosi il momento complesso, è lì che servono gli amici, è lì che servono i cristiani. “Eh, vabbè, ma sono già passati sette anni da quando è morto!”. E cosa vuol dire? Potrebbero esserne passati settanta. Ma perché, forse il tempo può far svanire l’amore? Il tempo può far svanire il senso di mancanza della persona amata? Ma neanche per sogno! Assolutamente, vuol dire che uno non ha mai amato, se pensa queste cose. E quindi è proprio il momento nel quale stare più vicino, avere grandi atteggiamenti di delicatezza proprio verso questa situazione così delicata. È una prova grande, sapete? È una prova grande. E lasciamoci toccare dal Signore, cerchiamo questo “tocco di Gesù”, che ci rialza, che ci rimette in piedi, che ci chiama fuori dalla morte.

Perché quando uno muore, chi sopravvive alla morte di quella persona, un po’ muore anche lui o lei. Solo che dobbiamo essere guariti da questa morte che ci ha toccato. Bisogna essere rialzati, perché ci sono persone che non si rialzano più, non riescono più a rialzarsi. E allora abbiamo bisogno di Gesù, che ci dice: “No, adesso ti devi alzare”. Devi andare avanti, non nel senso che devi dimenticare, ma nel senso che quell’amore ti ha formato e ti ha istruito, adesso avanti, avanti in nome di quell’amore, avanti in nome anche di quella persona che hai amato e che ami tutt’ora anche se non c’è più, la ami in una forma diversa, la ami con una presenza diversa, avanti!

Ecco, per questo oggi la benedizione che darò è proprio per coloro che sono toccati dal mistero della morte e della sofferenza fisica e spirituale.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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