Scroll Top

San Benedetto e la ricerca di Dio

San Benedetto

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: San Benedetto e la ricerca di Dio
Martedì 11 luglio 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mt 19,27-29)

In quel tempo, Pietro, disse a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a martedì 11 luglio 2023. Oggi festeggiamo San Benedetto Abate, patrono d’Europa.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo diciannovesimo del Vangelo di san Matteo, versetti 27-29.

Fare memoria e festeggiare San Benedetto certamente è l’occasione, soprattutto con questo Vangelo, di poterci soffermare sull’importanza della radicalità del Vangelo. E San Benedetto è un esempio illustre di questo. Quanto è importante solo Dio, quanto è importante Dio prima di tutto. E vorrei, a questo proposito, far riferimento all’udienza generale del 9 aprile 2008 di Papa Benedetto XVI, nella quale il Santo Padre ha proprio presentato la figura di San Benedetto. Il Papa scrive:

La nascita di san Benedetto viene datata intorno all’anno 480. Proveniva, così dice san Gregorio, “ex provincia Nursiae” — dalla regione della Nursia. I suoi genitori benestanti lo mandarono per la sua formazione negli studi a Roma. Egli però non si fermò a lungo nella Città eterna. Come spiegazione pienamente credibile, Gregorio accenna al fatto che il giovane Benedetto era disgustato dallo stile di vita di molti suoi compagni di studi, che vivevano in modo dissoluto, e non voleva cadere negli stessi loro sbagli. Voleva piacere a Dio solo; “soli Deo placere desiderans” (II Dial., Prol 1). Così, ancora prima della conclusione dei suoi studi, Benedetto lasciò Roma e si ritirò nella solitudine dei monti ad est di Roma. Dopo un primo soggiorno nel villaggio di Effide (oggi: Affile), dove per un certo periodo si associò ad una “comunità religiosa” di monaci, si fece eremita nella non lontana Subiaco. Lì visse per tre anni completamente solo in una grotta che, a partire dall’Alto Medioevo, costituisce il “cuore” di un monastero benedettino chiamato “Sacro Speco”. Il periodo in Subiaco, un periodo di solitudine con Dio, fu per Benedetto un tempo di maturazione. Qui doveva sopportare e superare le tre tentazioni fondamentali di ogni essere umano:

E ci fa bene, ripetere e rivedere queste tre tentazioni che sono quelle che toccano tutti noi.

la tentazione dell’autoaffermazione e del desiderio di porre se stesso al centro, la tentazione della sensualità e, infine, la tentazione dell’ira e della vendetta.

Tre tentazioni. Potremmo dirle tre tentazioni radicali dell’uomo: voler essere al centro, volersi affermare.

Era infatti convinzione di Benedetto che, solo dopo aver vinto queste tentazioni, egli avrebbe potuto dire agli altri una parola utile per le loro situazioni di bisogno. E così, riappacificata la sua anima, era in grado di controllare pienamente le pulsioni dell’io, per essere così un creatore di pace intorno a sé. 

Noi che ci mettiamo a dare consigli a destra e a manca, noi che ci sentiamo superiori a tutti e che facciamo un po’ i padri spirituali… Ogni occasione è buona, per affermarci, per fare appunto questa sorta di padri spirituali, magari neanche richiesti. Questa presunzione di poter essere utili a tutti però, senza minimamente pensare che abbiamo queste tre tentazioni da superare. Molto umile San Benedetto! E dice: “Io prima devo vincere me stesso; poi potrò insegnare agli altri a fare altrettanto”.

Solo allora decise di fondare i primi suoi monasteri nella valle dell’Anio, vicino a Subiaco… Nell’intero secondo libro dei Dialoghi Gregorio ci illustra come la vita di san Benedetto fosse immersa in un’atmosfera di preghiera, fondamento portante della sua esistenza. Senza preghiera non c’è esperienza di Dio.

Questo non dimentichiamolo mai, quello che scrive il Papa. Se vogliamo fare esperienza di Dio dobbiamo pregare, proprio ci deve essere il tempo della preghiera, un tempo sacro dedicato alla preghiera: alla preghiera vocale, certo, ma anche alla meditazione, all’orazione, al silenzio e all’ascolto.

Ma la spiritualità di Benedetto non era un’interiorità fuori dalla realtà. Nell’inquietudine e nella confusione del suo tempo, egli viveva sotto lo sguardo di Dio e proprio così non perse mai di vista i doveri della vita quotidiana e l’uomo con i suoi bisogni concreti. Vedendo Dio capì la realtà dell’uomo e la sua missione.

Proprio perché pregava, e pregava seriamente, proprio perché aveva una seria esperienza di Dio non ha mai perso di vista i suoi doveri e ha veramente aiutato gli altri. Perché ha visto in modo sapiente, reale, i veri bisogni delle persone. E riuscì a capire la realtà dell’uomo proprio grazie a questa profonda esperienza di Dio. Quindi pregare non è tempo perso, non è tempo buttato, anzi. Ricordate quell’adagio di quel padre carmelitano che fu il mio formatore, che mi diceva sempre: “La preghiera non è tutto, ma tutto si fa con la preghiera”.

Ed è bella anche questa sua fuga da Roma. Lui vede una situazione brutta, una vita immorale e quindi dice: “No, io non voglio, non voglio in alcun modo correre il rischio di caderci dentro anch’io, quindi me ne vado”. Anche questa è una grande scelta.

Nella sua Regola egli qualifica la vita monastica “una scuola del servizio del Signore” (Prol. 45) e chiede ai suoi monaci che “all’Opera di Dio [cioè all’Ufficio Divino o alla Liturgia delle Ore] non si anteponga nulla” (43,3).

Nulla deve essere anteposto alla preghiera. Che non vuol dire stare tutto il tempo a pregare, ma vuol dire che niente è più importante. Uno dice: “Ah sì, vabbè, ma io non sono mica una suora! Non sono mica una monaca benedettina! Non sono mica un benedettino”. E che c’entra? Cosa c’entra? Stiamo attenti a questi ragionamenti radicalmente stupidi. È ovvio, è evidente che una mamma con quattro figli non conduce, neanche volendolo, la vita di una monaca benedettina di clausura, ma questo lo capiscono anche i sassi. Non andiamo a scoprire l’acqua calda! E nessuno si sogna di dire a una mamma con quattro figli: “Guarda che devi fare la vita di una monaca benedettina!”, è ovvio. Ma San Benedetto ha da insegnare anche alla mamma con quattro figli, che non avrà gli stessi doveri della monaca benedettina, certo! Ma anche lei, in quello stato di vita dovrà saper dare alla preghiera un posto privilegiato, questo è certo. Che non vorrà dire trascurare i suoi doveri, assolutamente! Ma vuol dire dargli un posto privilegiato. “E come devo fare?” Eh, ma questo devi capirlo tu! Questo lo deve capire ciascuno di noi! Chiaro che un missionario non può fare la vita di un monaco benedettino, è ovvio. Ma per il sacerdote missionario, il sacerdote in cura d’anime, il sacerdote predicatore questo non vuol dire che, siccome non è un benedettino, allora lui è dispensato da… No! Dovrà trovare il modo, i tempi per affermare comunque nella sua vita la priorità di Dio, del colloquio con Dio, dello stare con Dio della preghiera. Saranno tempi diversi, ovviamente! Il monaco benedettino pregherà in un certo modo, con un certo tempo scandito, una certa modalità, va bene. Il missionario, il sacerdote che va in strada a cercare, non so, i tossicodipendenti piuttosto che… non avrà gli stessi tempi e momenti, va bene, ma la priorità della preghiera, del rapporto con Dio è richiesta a tutti. Anche a colui che è nei pozzi a perforare con le trivelle il terreno, a cercare il petrolio e quant’altro: non cambia niente. La priorità è della preghiera.

Sottolinea, però, che la preghiera è in primo luogo un atto di ascolto (Prol. 9-11), che deve poi tradursi nell’azione concreta. “Il Signore attende che noi rispondiamo ogni giorno coi fatti ai suoi santi insegnamenti”, egli afferma (Prol. 35).

Quindi, come vi ho detto prima, ascolto e quindi vita. Certo, perché io non posso ascoltare, non so, facciamo un esempio, l’importanza della verità e poi vivere nella menzogna: ci deve essere una coerenza di vita.

Così la vita del monaco diventa una simbiosi feconda tra azione e contemplazione “affinché in tutto venga glorificato Dio” (57,9).

E questo deve essere la nostra vita: azione e contemplazione, tutte e due insieme, sempre!

In contrasto con una autorealizzazione facile ed egocentrica, oggi spesso esaltata, l’impegno primo ed irrinunciabile del discepolo di san Benedetto è la sincera ricerca di Dio (58,7) sulla via tracciata dal Cristo umile ed obbediente (5,13), all’amore del quale egli non deve anteporre alcunché (4,21; 72,11) e proprio così, nel servizio dell’altro, diventa uomo del servizio e della pace.

Quindi la ricerca di Dio. Noi siamo di cercatori di Dio: ci sono i cercatori d’oro e noi siamo cercatori di Dio. Questo ci insegna San Benedetto. Quindi, l’amore di Dio al primo posto e poi l’amore per il prossimo. E questo va proprio contro quella tentazione dell’autorealizzazione.

Ecco allora chiediamo quest’oggi al Signore la grazia di saper proprio vivere nella bellezza di questa ricerca, di questo ascolto sull’esempio di San Benedetto. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

Post Correlati