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L’umiltà – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.35

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: L’umiltà – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.35
Martedì 5 dicembre  2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Lc 10, 21-24)

In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: “Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo”.
E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: “Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono”.

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a martedì 5 dicembre 2023. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal decimo capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 21-24.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione. Siamo arrivati al paragrafo quinto.

5 — Può darsi che mi domandiate perché insisto tanto su questo punto, tacciandomi forse di troppo rigorosa, posto che Dio concede le sue grazie anche a coloro che non sono giunti a questo completo distacco. Lo credo, perché Egli nella sua infinita sapienza vede che così conviene per meglio convincerli a distaccarsi da tutto. Non intendo già per distacco la semplice entrata in religione, perché vi possono essere ostacoli che l’impediscano: l’anima perfetta può essere umile e distaccata in ogni luogo, benché l’ambiente sia sempre una gran cosa, e le difficoltà siano maggiori più in un posto che in un altro. Ma dove regnano punti di onore e attacco ai beni terreni — difetti che possono trovarsi tanto fuori che dentro i monasteri, benché l’occasione sia quivi minore e maggiore la colpa se vi allignano — credetemi, dove regnano questi difetti, non si arriverà mai al pieno distacco, né a godere il vero frutto dell’orazione, neppure se nell’orazione, o meglio, meditazione, si trascorressero molti anni. Dico meditazione, perché l’orazione quando fosse perfetta, finirebbe col correggercene.

6 — Pensate quindi, sorelle, se questi consigli non siano importanti, tanto più che non siete qui che per questo. Facendo altrimenti, perdereste con l’onore anche i vantaggi che ne potreste guadagnare, rimanendovi con perdita e disonore. Ognuna di voi consideri come si trovi in umiltà, e vedrà fin dove arrivano i suoi progressi. Il demonio è tanto astuto che in materia di preminenze non oserà tentare l’umile neppure in un primo momento, temendone un contraccolpo, giacché è impossibile che l’umile, quando è tentato, non progredisca in maggior umiltà e vi si fortifichi. In questo caso egli ritorna sulla sua vita passata, esamina se ha servito il Signore come per riconoscenza gli doveva, considera i prodigiosi abbassamenti di un Dio per darci esempio di umiltà, e scorgendo infine i suoi peccati, nonché l’inferno che per essi si è meritato, ne ricava tanto vantaggio che il demonio, per paura di riportarne la testa rotta, non ha più il coraggio di tentarlo.

Allora, che cosa ci dice Santa Teresa in questi due paragrafi, il quinto e il sesto? Lei dice: posso sembrarvi troppo rigorosa perché insisto su queste cose — su quelle che abbiamo visto nei giorni scorsi — ed è vero che il Signore dà le grazie a chi vuole, anche a chi non ha raggiunto tanto distacco, però, lei dice che lui lo fa per convincerli a distaccarsi del tutto — interessante! — “te le do, non perché tu sei arrivato già lì, ma perché tu ci possa arrivare”. Lei dice che l’anima umile e distaccata può essere in ogni luogo, non c’è bisogno di un monastero, di un convento. Può essere ovunque: in una fabbrica, in una scuola, in famiglia. Lei ammette che l’ambiente aiuta molto, certo, un ambiente raccolto, un ambiente dove tutti collaborano per crescere in santità, chiaramente aiuta di più rispetto a un altro ambiente. In un altro ambiente le difficoltà sono maggiori. 

Santa Teresa dice: state attenti che dove regnano punti di onore e l’attacco ai beni terreni, non si può arrivare al distacco; non si arriverà mai né al distacco, né al vero frutto dell’orazione, anche se ci passassimo tanti anni. 

Poi lei si corregge e dice: no io parlo di meditazione, perché, se dovessimo parlare di orazione perfetta, l’orazione perfetta da sola corregge queste storture; quando c’è una vera orazione, quando c’è una vera preghiera, un vero rapporto intimo col Signore, quel rapporto intimo corregge tutto: non da oggi a domani, ma voi vedete la persona che cambia, negli anni quella persona cambia. Se voi vi fermate e dite: “Aspetta un momento, ma quella persona…”. 

O ancora meglio: “io”, ma, alle volte, sapete, è più facile guardare gli altri che non se stessi. Su di noi possiamo chiederlo a qualcuno: “Negli ultimi cinque anni, dieci anni (è uguale) o nell’ultimo anno — se uno vuole avere una visione più ampia o più stretta, dipende — ecco, negli ultimi “tot” anni, tu mi hai visto cambiare?” Bisogna chiedere a qualcuno che ci conosce bene, che ci vuole bene, con cui c’è un certo rapporto: “Tu mi hai visto cambiare? C’è stato un cambiamento in me o no?” — “Si, c’è stato un cambiamento” — “Okay, e questo cambiamento è stato in meglio o in peggio? In che cosa sono cambiato?”. 

È importante perché, se noi abbiamo una vera preghiera, ci deve essere di necessità un cambiamento e deve essere un cambiamento in meglio. A dire la verità è molto difficile rimanere sempre gli stessi, si cambia, negli anni si cambia; bisogna vedere se in meglio o in peggio, bisogna vedere se perché ci siamo avvicinati di più al Signore o perché ci siamo allontanati dal Signore. L’orazione produce sempre questo frutto, ma perché ci sia una vera preghiera, bisogna essere umili e distaccati da tutto e da tutti.

Il demonio è molto astuto; quindi, Santa Teresa dice che, di solito, in materia di preminenze, non tenta l’umile, perché ha paura; perché a tentare l’umile con le preminenze, l’umile che cosa fa? Si umilia ancora di più e, quindi, invece di creargli un danno, lo fa crescere in santità, e questo non lo vuole.

Che cosa fa l’umile? Ecco, qui abbiamo una bella descrizione del processo (questo è molto interessante) — Santa Teresa scrive queste perle, le mette nei suoi scritti, e uno, se non è attento, rischia di perdersele — qui Santa Teresa ci dice cosa fa l’umile, cioè qual è il comportamento dell’umile. 

L’umile innanzitutto ritorna sulla sua vita passata. 

L’umile è colui che sa guardarsi, sa prendere il suo passato ed esaminarlo, questo è l’umile, L’umile non è superficiale, non è banale, mai. L’umile non è smemorato, l’umile non dimentica, è molto preciso. Quindi, ritorna sulla sua vita passata e che cosa fa? La esamina per vedere se ha servito il Signore: “Nella mia vita passata, io ho servito il Signore: sempre, poco, tanto, bene, male, a volte?”. Quindi: ritorna sulla sua vita passata, esamina se ha servito il Signore, come riconoscenza chiedeva, per tutto quello che lui ha fatto per noi. Quindi che cosa scorge, che cosa scopre? L’umile, che ritorna sulla sua vita passata, che esamina se ha servito il Signore, scopre i suoi peccati, scopre l’inferno che, per causa di questi peccati, ha meritato.

Capite? Li vede, i peccati, non è come noi, che ci andiamo a confessare e diciamo: “Ma io non ho fatto nessun peccato”, “Ma io non so che cosa dire”, “Ma io sono sempre in casa…”, “Ma io che vita faccio? Che peccati faccio?”; “Da quanto non si confessa?” — “Mah, un annetto…” — “Un annetto e non ha fatto nessun peccato?” — “Ma no… No, no… Mi dica lei” — noi diciamo al sacerdote — “guardi, mi dica lei, mi faccia lei le domande”; no, attenzione! Il sacramento della Confessione non funziona così.

Quindi: l’umile scorge i suoi peccati, li vede, li riconosce, li sa riconoscere, sa dargli un nome; scorge i peccati e scorge anche l’inferno, cioè, dice: io, a causa di questi peccati, ho meritato l’inferno; poi, per la bontà di Dio, non sono morto e non ci sono andato, però questi peccati dicono che io non ho servito il Signore o l’ho servito male.

E, in conclusione, cosa succede? Ecco, succede quello che a coloro che non sono umili non accade mai. Quindi stiamo attenti, stiamo attenti perché, senza volerlo, senza accorgerci, quando facciamo quello che adesso sto per dirvi, facciamo una confessione pubblica dei nostri peccati, del peccato più grave che noi possiamo commettere, che è il peccato della superbia — sapete che la superbia è la radice di ogni peccato — allora state attenti.

Quindi, l’umile ritorna alla sua vita passata, esamina se ha servito il Signore, scorge i suoi peccati, e quindi, a causa di questi, vede l’inferno che ha meritato e — udite bene cosa scrive Santa Teresa:

ne ricava tanto vantaggio che il demonio, per paura di riportarne la testa rotta, non ha più il coraggio di tentarlo.

Qui sta la differenza tra l’umile e il superbo, su questa ultima frase: l’umile, da tutto quello che abbiamo detto, ricava vantaggio. Dalla considerazione dei suoi peccati, dalla visione dell’inferno che ha meritato, l’umile ricava un vantaggio enorme, tale per cui il demonio, per paura che vada ancora peggio per lui, se ne va e non lo tenta più; il superbo, invece, dice: “Oooh, ma che paura, ma che ansia, ma che angoscia, eh, ma l’inferno…? Addirittura… i peccati…? Ma quali peccati? Ma no, ma sono difetti, difettucci, non esageriamo, ma quanta severità,  quanto rigore” — Cos’è che scrive Santa Teresa poco prima? Direte che sono forse troppo rigorosa, perché insisto su queste cose (paragrafo quinto) — “troppo rigorosa, troppo dura, non esageriamo; e poi mi viene l’ansia, e poi, a pensare a queste cose e a fare questo percorso… ma questo mi sembra un terrorismo psicologico, questa è una tortura, una sorta di masochismo, ma che roba terribile, ma come è violento questo discorso di Santa Teresa, come è violento questo percorso… Io dovrei ritornare alla mia vita passata? Esaminare se ho servito il Signore come la riconoscenza voleva? Guardare i prodigi che Dio ha fatto per me? Scorgere i miei peccati nonché l’inferno che per essi ho meritato… Eh, mamma mia, che esagerazione, che angoscia, che ansia, che paura, che terrore!”. 

Ecco, questa è la differenza tra l’umile e il superbo: il superbo, che è caratterizzato da un amor proprio esagerato, dominante, ingombrante, imperativo dentro la sua vita, reagisce come vi ho detto: questo è il superbo, è sempre legato da uno smisurato amor proprio. 

L’umile invece dice: “Oh, che grazia, oh, che vantaggio: sì, nella mia vita passata ho fatto tanti peccati, ho fatto tanto male, ho mancato tanto verso Dio, lo vedo, vedo anche l’inferno nel quale sarei finito se fossi morto, bene, e allora adesso — proprio come atto di riconoscenza verso Dio per tutti questi doni che mi sta facendo, proprio perché non voglio offenderlo mai più — io decido da oggi di servire il Signore come devo fare”. Questo è umile! 

L’umile, davanti alla visione dei suoi peccati, davanti alla visione dell’inferno, non scappa inorridito e terrorizzato e angosciato e scandalizzato e impaurito e quant’altro: no, no, l’umile, davanti ai suoi peccati — perché l’umiltà è verità, attenzione: essere umili vuol dire essere veri, questa è l’umiltà — quindi l’umile, davanti alla verità, alla sua verità, dice: “Grazie! Grazie, Gesù, che mi stai facendo vedere chi io sono nella verità, nella luce della verità, nella tua luce; grazie che mi offri gli strumenti per esprimerti la mia riconoscenza e servirti al meglio, prima fra tutti la confessione: posso venire sempre a chiederti perdono, non devo scappare terrorizzato, non devo scappare angosciato, non devo scappare, no, no, no: devo semplicemente venire a inginocchiarmi davanti al confessionale”. Questo fa l’umile; l’umile è un assiduo frequentatore del confessionale, l’umile è un assiduo frequentatore del tabernacolo, questo è l’umile. Il superbo, invece, cosa fa? Cerca quindi di cambiare il volto di Dio, cerca quindi di crearsi un vitellone d’oro, come fanno gli israeliti ai piedi del Monte Sinai, e cerca di dire: “No, ma il peccato non c’è”, “No, non ho fatto peccati”, “No, ma che peccati vuoi che ci siano”, “L’inferno? Ma no, mica ho ammazzato nessuno…”.

Ecco, questo è il superbo. Stiamo attenti, eh! 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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