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“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 24

“Condotta per passare santamente la Quaresima” - p. Avrillon

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di giovedì 24 marzo 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 24

Eccoci giunti a giovedì 24 marzo 2022.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo XI di San Luca, versetti 14-23.

Continuiamo, quindi, con la meditazione del testo di Padre Avrillon.

Giovedì dopo la III Domenica – Giorno della presenza di Dio

“Svegliatevi con questo pensiero, che Dio vi vede, attende a tutto ciò che pensate, a tutto ciò che dite e a tutto ciò che fate; e che senza questo continuo sguardo di Dio su di voi perireste sul momento e ritornereste nel nulla dove siete uscito. Siate penetrati da un profondo rispetto per questa divina presenza; ma corrispondete allo sguardo di Dio su di voi con uno sguardo di attenzione, di rispetto e di tenerezza”.

Noi siamo sempre, in ogni istante della nostra vita, alla presenza di Dio, in tutto ciò che facciamo e pensiamo.

Non ci sarebbe più il male, se vivessimo tutti con questa coscienza.

Adamo ed Eva non avrebbero mai peccato, se fossero rimasti sempre in questa consapevolezza del passeggiare con Dio nel giardino, della presenza di Dio; non c’era spazio per il dubbio e le insidie del serpente.

Questo è l’unico modo per avere la pace: la pace con me stesso, la pace della mia coscienza, la pace con gli altri, la pace sul lavoro, la pace dovunque.

L’unico modo è questo: essere in Grazia di Dio, cioè vivere alla presenza di Dio, perché, se noi viviamo alla presenza di Dio sempre, non possiamo fare niente che rechi danno a noi e al prossimo, è impossibile.

Quando noi possiamo recare danno a noi e agli altri? Quando non viviamo alla presenza di Dio, quando entriamo nella dinamica del peccato; a quel punto siamo capaci di ogni cosa.

“State attenti, né vi contentate di praticare questa presenza abituale, rendetela attuale quanto potete; e quando conoscerete di essere distratto, rientrate colla mente in questa divina presenza, come nel centro delle vostre delizie”.

Più noi siamo centrati su questa divina presenza, meno possiamo fare male. Quindi, certo, io devo pregare per la pace nella mia famiglia, ma la pace nella mia famiglia comincerà dalla mia conversione. Questo non vuol dire che, se io sono santo come Santa Rita, allora nella mia famiglia ci sarà pace, no, ma questo vuol dire che, certamente, la mia corrispondenza a Dio aiuterà molto a diminuire, a rallentare, a trasformare quel male che è presente, in tutto ciò che di più bello, più vero, più giusto, più buono possibile esiste.

Meditazione sulla presenza di Dio, tratta dal Vangelo.

“Gesù essendo uscito dalla sinagoga, entra nella casa di Simone, la cui suocera avea molta febbre, e fu pregato a sanarla”.

Mi ha sempre colpito molto questo brano del Vangelo… quanto è bello! Mi piacerebbe proprio un giorno poter fare (magari, chissà, qualcosa posso dire già adesso) proprio una bella catechesi su questo brano del Vangelo.

Gesù esce dalla sinagoga ed entra nella casa di Simone, la suocera aveva molta febbre e fu pregato a sanarla. Bellissima questa scena del Vangelo…

“Siate ben persuaso che le grazie singolari che Gesù concede a coloro che onora colla sua divina presenza, sono una prova convincente che questa presenza d’un Dio sì buono è la sorgente di tutt’i beni possibili, come la sua assenza è l’origine di tutt’i mali che ci colpiscono; e che le guarigioni miracolose ch’egli opera in favore di quelli che implorano il suo soccorso, fanno ben conoscere che questo Gesù sì benefico e caritatevole, non è solo il medico de’ nostri corpi, ma ancora delle nostre anime; l’uno è la figura dell’altro”.

Bello, no?

Le grazie che Gesù ci fa, fisiche e spirituali, sono la prova che tutti i beni possibili (come vi stavo dicendo prima) vengono da Dio, e qual è uno dei beni per noi più importanti?

Certamente la pace, vivere in pace.

Capite che, se io ho la pace nella mia famiglia, che cosa mi manca?

È un rifugio, è un riposo, è una serenità, è una bellezza, è un conforto, è una coccola tornare a casa alla sera e sapere che entro in un nido di pace, ma questo è possibile nella misura in cui si vive secondo Dio, che è la sorgente di ogni bene; così come la salute, così come il benessere, il ben-essere, l’essere bene, questo stare bene dentro di noi, fuori di noi, in noi, nel nostro corpo, quanto è importante!

Viviamo alla presenza di Dio, e allora vedrete che, anche quando ci saranno momenti di grossa fatica, noi sapremo trovare, grazie alla presenza di Dio, fonte di ogni bene, quel benessere, quell’essere che sta bene.

Gesù è medico dei nostri corpi e delle nostre anime.

Quando un’anima è in pace con Dio, quando un’anima è in Grazia di Dio, quando un’anima ha fatto la pace con Dio, perché ha chiesto perdono di tutti i suoi peccati, senza niente nascondere e senza da nulla fuggire, ma assumendosi le sue responsabilità, quanta pace porta nel cuore, quanto dorme bene!

Capite che a quel punto non servono più maghi e maghette, cartomanti, indovini, lettori delle mani, pietre, pietruzze, talismani, corni, cornetti e tutte queste cose, non servono più; semplicemente non servono, perché abbiamo l’origine di ogni bene, di ogni ben-essere, che è Gesù, e allora quelle cose lì non le devo combattere, non mi servono, non mi interessano.

“Entra in casa di Simone, la di cui suocera era tormentata da una febbre violenta…”

Credo che tutti abbiamo sperimentato, almeno una volta nella vita, che cosa vuol dire avere la febbre a 39, quella febbre per cui tu non sai neanche dove sei, quella febbre per cui ti vengono gli incubi, cerchi di dormire ma non ci riesci, tutto il tuo corpo è come posseduto da una forza che non ti appartiene, da questa temperatura incontrollata.

Quando arriva la febbre, sapete, il termometro diventa il nostro primo amico, perché dobbiamo abbattere la febbre, è proprio il nostro incubo di quel momento, la febbre.

Ti chiedono: «Hai la febbre? Quanta febbre hai?», perché quella è un po’ la cartina tornasole, che fa capire se le cose stanno andando bene o stanno andando male, se le cure funzionano o no, perché, se a uno la febbre non va via, è un problema.

È questo sconvolgimento del corpo, che non è più nella sua temperatura necessaria per vivere (perché non si può vivere una vita con la febbre, capite?), bisogna guarire. La febbre è un sintomo che ti dice che qualcosa non va, che c’è qualcosa che non va, e quindi tu sai che, finché hai la febbre, qualcosa ancora non va.

Questa suocera era tormentata, perché la febbre ti fa venire sete, perché la febbre ti toglie la fame, perché la febbre ti causa una stanchezza enorme, porta con sé i dolori, non puoi camminare, arriva il mal di testa, non puoi andare dove vorresti, non puoi leggere un libro, non puoi guardare la televisione, non puoi ascoltare la musica… La febbre ti stordisce: sei vivo, ma sei bloccato in un letto, perché sei senza forze, perché un po’ sudi, perché hai freddo, perché…

Viene pregato di guarirla…

Attenti adesso, perché adesso vi dirò delle cose che a me stanno molto a cuore, poi, non lo so, magari a voi no.

“…vien pregato di guarirla, s’alza nell’istante, come per dinotare la sua attività e prontezza in soccorrere gli afflitti: comanda alla febbre, egli stesso che comandava da padrone e da sovrano agli elementi, al demonio, alla vita ed alla morte: la febbre ubbidisce, e questa donna resta sì ben guarita, che sul momento si alza per servire la compagnia”.

Viene pregato di guarirla, si alza all’istante, prima di mangiare.

Non mi posso sedere a tavola a mangiare, sapendo che qualcuno, a me caro…

Gesù non la conosceva, capite?

Questa è la cosa…

Gesù non la conosceva, la suocera di Simone chi era?

Non era un suo discepolo, non era Simone o Giovanni o Giacomo… chi era?

Uno potrebbe dire: «Ma chi è questa qui? È tua suocera? Vabbè, ma non è mica un mio problema, non è che adesso io posso curare il mondo intero, no? Non faccio il prete, non faccio la suora… non è l’Opera Bonomelli questa qui! Questa qua chi è? Ha la febbre? Vabbè è un problema suo, che si curi, chiamale un dottore! Falla curare, dalle qualcosa, adesso però siamo venuti qui a mangiare, mangiamo! Io sono con la mia famiglia, i miei discepoli (i discepoli sono la famiglia di Gesù), io sono qui con la mia famiglia e sono venuto qui a mangiare, non sono venuto a fare il dottore, e poi non sono un dottore (Gesù non è un dottore, secondo i canoni della scienza). Se ha la febbre, datele da bere e metttele gli impacchi freddi e poi guarirà, ma adesso noi siamo qui, io sono qui con la mia famiglia, devo parlare con i miei discepoli, poi mi devo riposare (non dimenticate che era appena uscito dalla sinagoga). Adesso è il mio tempo (capite?… il “mio” tempo), il tempo del mio riposo, è il tempo del mio mettermi bene e star bene, è il tempo di…».

No, no, no, non funziona così!

Gesù si alza all’istante, e Padre Avrillon dice “come per denotare…”

Io, invece, direi “mostrando la sua attività e prontezza a soccorrere gli afflitti”, come se Gesù dicesse: «Tu stai male? Ci penso io! Il mangiare viene dopo, la mia famiglia viene dopo. Tu stai male e, se tu stai male, sto male anche io. Io non posso stare in mezzo al male: che sia il demonio, che sia lo spirito muto, che sia quello dei sepolcri, che sia… stai male? Io sono il tuo benessere, io voglio che tu stia bene».

Simone lo prega: «Aiutala, sta male», e Gesù, non è scritto ma è come se dicesse: «È tua suocera, ti è cara, è cara anche a me. Non possiamo metterci a tavola senza di lei. Io non la conosco, ma la conosci tu; se ci mettiamo a tavola, tu sei preoccupato, il tuo pensiero è lì da lei, tu non puoi gioire con noi, non sei sereno, perché non devo farti star bene?»

Gesù poteva dirle: «Offri le tue sofferenze, uniscile anticipatamente alla mia sofferenza sulla croce, offrile per la conversione dei peccatori!»

Questo è il linguaggio che useremmo noi oggi, ovviamente, per intenderci.

Invece, Lui no, dice: «Tu hai la febbre e io ti guarisco, così vieni anche tu alla nostra mensa».

Infatti lei cosa fa?

Appena è guarita, si alza e subito li serve prontamente, e tutti insieme fanno festa, il male se ne è andato, adesso lei sta bene.

Nei racconti della mia famiglia, dalla parte della mia nonna, mi si raccontava che io avevo un tris nonno che era medico, oramai anziano, ma durante il tempo della guerra lui aiutava tutti, andava a curare tutti, di destra, di sinistra, buoni, cattivi… lui era un medico.

Non c’era sabato, non c’era domenica, non c’era giorno di riposo, non c’era appuntamento: quando loro suonavano, lui andava, perché non poteva sedersi a tavola sapendo che qualcuno stava male.

Non era Gesù, non guariva all’istante le persone, però le aiutava.

Quanto è importante, per un malato, avere la presenza, la parola di conforto, la rassicurazione di un medico, che ti dice: «Ok, questo è il tuo male, questa è la cura che adesso tentiamo; probabilmente starai meglio, però io ci sono».

A un malato vengono tante domande, tanti dubbi, tante paure, tanti spaventi, tanti incubi, tanti brutti pensieri e c’è bisogno di un dottore con cui parlare.

Magari qualcuno gli diceva: «Papà, stiamo mangiando, è domenica, non puoi andare domani?»

Lui rispondeva: «Se tu stessi male? Ti andrebbe bene aspettare domani? Sai quante ore ci sono da oggi a domani? Adesso è mezzogiorno, a domani alle 8.00 ci vogliono più di dodici ore, tu sai cosa vuol dire stare lì più di dodici ore quando stai male? No, non lo sai, perché io sono in casa con te. Se tu stai male, e io sono tuo padre, io non ti faccio aspettare domani mattina alle 8.00, perché oggi è domenica. Tu stai male, io sono tuo padre e ti curo. Altrimenti sarei ingiusto: perché tu sei mio figlio e hai un rapporto preferenziale con me, allora io come dottore ti curo anche alla domenica a mezzogiorno, mentre da quello là, che non è mio figlio e non è parente, vado domani, perché oggi è domenica (o tra due giorni se è sabato), e dico: “Sopporti il dolore, forza, sopporti il dolore!” Quando poi tocca a te, tu non sei capace di sopportare il dolore neanche cinque minuti, vai in ansia e ti spaventi, e non sai più da che parte girarti per affrontare il problema, però agli altri dici: “Sopporti il dolore, sia forte!”»

Gesù, all’istante si alza…

Questo, se vale per un dottore (e vale per un dottore, vale per un dottore certamente), vale anche…

Io metterei Gesù proprio come modello dei medici, perché Gesù cura i corpi, non solo le anime, è una vocazione.

Se far il medico è un mestiere, allora è uguale a fare il muratore, il contadino, l’allevatore delle mucche, l’architetto… vabbè, se è un mestiere, uno dice: «Va bene, chiudo baracche e burattini, ho finito, sono le 17.00, sono le 19.00, ho finito il mio lavoro, saluti e baci. Arrivederci», no?

Come ai miei tempi, quando parlavano dei muratori, dicevano: «Suona mezzogiorno, giù il sidél (che è il secchio) e via a mangiare; è mezzogiorno, fine, ricominceremo alle 13.00».

Se è così, allora è un mestiere. Se è una vocazione, allora non c’è tempo, non c’è il giorno giusto e il giorno sbagliato.

Uno dice: «No, ma io ho la mia famiglia…»

Sì, ma è un dottore, è una vocazione; un dottore è sempre un dottore, un poliziotto è sempre un poliziotto, un Sacerdote è sempre un Sacerdote.

È un servizio, e la tua famiglia imparerà che cosa vuol dire “servire”; imparerà quanto è invadente, non la persona, ma la sofferenza; imparerà quanto è disturbante, non la persona, ma il male, perché quella persona lì non ti verrebbe mai a disturbare di domenica o di notte, se non stesse male. Non è lui che ti disturba, è il suo male.

E da dove viene questo male? E… da dove viene? Lo sai bene da dove viene! Dal peccato, dalla disobbedienza originaria, dal peccato originale, perché se no non ci sarebbe stata la malattia, la sofferenza, il cancro, la febbre… non ci sarebbero stati, vengono da là e ci sei dentro anche tu!

Anche tu ci sei dentro in questo male, perché anche tu fai i peccati, anche tu partecipi con il peccato originale, quindi anche tu sei causa di questo disturbo, che ti sta dando questa persona.

«Ma io sto mangiando…»

Sospendi e pazienza… È il prezzo del peccato.

Quando tu andrai a curare questa persona, tu penserai: «Vedi i miei peccati quanti danni fanno, la partecipazione al peccato originale che cosa  produce…»

Un malato non disturba mai; è la malattia che disturba, non la persona, non dimentichiamolo mai!

Certo, la persona è la portatrice della malattia, e quindi è facile per noi dire: «Che rompiscatole quello lì!», perché non vediamo la malattia che cammina, ma vediamo il malato che cammina, ma il malato che colpa ha? Se tu fossi al suo posto, cosa faresti? Questo per quanto riguarda i dottori.

Uno dice: «Speriamo di non ammalarmi il 15 di agosto, speriamo di non ammalarmi il giorno di Natale, perché se no cosa facciamo? Speriamo di non star male di domenica…»

Il penitente disperato… non quello del Whatsapp, non quello che ti manda il messaggino alle 2 di notte, perché ti deve dire l’ultimo messaggio di non so cosa o ti manda il cuoricino con scritto “Peace and love” o “Pizza e fichi” o “Volemose bene”, non quelli lì, questi fanno parte di un’altra congrega; a questi io non rispondo mai, ma non solo di domenica, mai, perché sono le cose più stupide del mondo.

Poi, ci sono quelli che io chiamo “i problemi del brodo grasso”, cioè i problemi dei ricchi, di chi non ha problemi e allora si inventa i problemi, le stupidaggini più stupidose del mondo.

No, non parlo di questi, io sto parlando di quei penitenti che stanno male, realmente male, a causa del peccato.

Scusate se mi dilungo, ma  su questa cosa bisogna dirla una parola, almeno una volta.

Pensate ad una famiglia che ha la disgrazia gravissima di avere un familiare che ha disturbi demoniaci, una persona o una famiglia che ha un figlio, che ha una mamma, un papà, che ha una possessione diabolica, che ha una forma di ossessione, da chi va? Chi oggi ti crede? Con chi, non dico risolviamo il problema, ma con chi ne parlo? Con chi ne parlo, che non mi prenda per pazzo?

Capite perché Padre Amorth non aveva più giorno né notte, perché Padre Amorth, come Padre Candido, erano distrutti dalla fatica? Perché?

La gente con chi ne parla? Chi ci crede ancora?

Chi non ti scambia per pazzo? Chi ti aiuta?

Chi non ti dice: «Mi spiace, prenda appuntamento tra sei mesi»?

Tra sei mesi?! Io non duro sei ore, non duro neanche sei minuti, ma come sei mesi?!

Sì, uno dice: «Se la giornata è fatta di ventiquattr’ore, ho talmente tanta gente, che non so cosa fare… dovrei non mangiare e non dormire, ma se anche non mangiassi e non dormissi più, non riuscirei a far fronte alle richieste, perché sono solo».

Quante volte mi è capitato sentire degli esorcisti fare questi discorsi e dire: «Padre, non ci riesco, ma non perché voglio fare altro, ma perché non ho piu tempo. Dovrei riceverne cinque contemporaneamente, ma non è possibile; non ho nessuno che mi aiuti, non ci sono altri, sono solamente io, come faccio?»

Pensate il dramma di queste persone…

Uno dice: «Vabbè, aspettiamo il tempo che c’è da aspettare, perché mi rendo conto che siamo tantissimi, va bene, ma con chi ne parlo? Se ne parli con Tizio ti dice che sei pazzo, se ne parli con Caio ti dice di andare a farti curare, se ne parli con Sempronio ti dice che il tuo problema è che devi mangiare più pastasciutta, se ne parli con quell’altro ti dice: “Ma no, vabbè, lascia perdere, non esagerare…”»

Ma tu dici: «Io sto male», e quando uno sta male, sta male.

Tu gli puoi dire quello che vuoi, ma quando uno sta male, sta male.

Quando andai a fare esperienza in ospedale, a sostituire un Cappellano, mi ricordo che dissi a chi mi aveva chiamato: «Ma nel reparto di Psichiatria qual è il giorno in cui devo andare?»

«Ah no, no, lì non si va».

«Come non si va?! Scusi, devo andare in Ortopedia, devo andare in Cardiologia, devo andare in Neurochirurgia, perché in Psichiatria non si va?»

«No, no, lì non si va; andiamo solo se siamo chiamati».

Io dico: «Ma siamo fuori di testa. Ma come “solo se siamo chiamati”? Ma perché? I malati psichiatrici non hanno bisogno della visita del Sacerdote al di là dell’essere chiamato? Vado in Ortopedia e non mi chiama nessuno… ci passo, perché devo andare davanti alla psichiatria e non entrare?»

«Ma sa, ma lì…»

«No, no, no, qui non ci siamo».

«Ma il Cappellano…»

«Il Cappellano adesso è in vacanza, non mi interessa cosa fa il Cappellano. Adesso sono qua io. Perché non devo andare nel reparto di Psichiatria e devo aspettare che mi chiamino?»

È il primo reparto dove sono andato.

Proviamo a pensare cosa vuol dire star male nella testa… poi forse non è un reparto così tanto frequantato, no?

Quando ho suonato, mi hanno guardato e mi hanno detto: «Lei chi è?»

«Eh veda un po’… Chi sono? Superman, Zorro? Chi è che sono? Mah… cominciamo da qui la psichiatria? Chi sono? Guardami! Non mi vedi chi sono? Non lo so… Chi sono? Non è mica Carnevale, no? Chi sono? Sono un Sacerdote…»

«E cosa è qui a fare?»

«Vedi un po’ tu… Non so, ma che domanda del cavolo mi stai facendo? Cosa vuoi che sia qui a fare? Sono qui a fare il Prete. Cosa sono qui a fare? Non è che sono andato alle giostre e uno dice: “Mah… un Sacerdote alle giostre…” No, sono un Sacerdote in un reparto di Psichiatria, cosa mi chiedi: “Cosa è qui a fare?” Apri sta porta, così lo vedi cosa sono qui a fare!»

Non vi dico quando sono entrato, non uscivo più…

Allora, nei reparti di Ortopedia, di Cardiologia, di Neurochirurgia, passavo e dicevo: «Buon giorno», e loro:

«No, sto benissimo»;

«No, grazie, niente, buon giorno»;

«No, non mi devo confessare, non ho bisogno dell’Eucarestia, non ho bisogno dell’Estrema Unzione, non ho bisogno di niente. Sto benissimo, grazie e arrivederci».

Facevo i reparti dove c’erano i Supermen, perché tanto non c’era bisogno…

Nel reparto di Psichiatria non riuscivo ad uscire, non riuscivo ad andare a casa, era un continuo, venivano tutti lì a parlarmi, a raccontarmi, a confessarsi, e poi mi facevano vedere le cose che facevano, poi mi tenevano lì con loro, era una roba incredibile…

Mi dicevano: «Quando torna, Padre ? (Lì nessuno mi dava del “tu”) Venga anche domani a trovarci, l’aspettiamo… a che ora?»

Mi ha sempre colpito questa cosa: quando stavo uscendo, loro mi dicevano: «A che ora?»

Io dicevo: «Non lo so a che ora».

E loro: «No, no, a che ora? Ci dica a che ora viene!»

E gli altri, quelli sani, che dicevano: «Lascatelo andare! Su, su…»

E io: «Calma, un momento, datemi il tempo di pensare…»

Avevo più problemi con quelli che dovevano assisterli che non con loro, che erano gli assistiti.

Uno dice: «Questo, Padre, è un brutto segno».

Sì, può darsi, può darsi che anche io faccio parte degli assistiti, non lo so, può darsi.

Quindi, avevo capito che era importante l’orario e, dopo due volte che me lo hanno chiesto, mi sono detto:  «Giorgio, quanto sei scemo… ma quanto sei scemo! Fino a ieri sei stato lì a fare le omelie sul “Piccolo principe”, di Saint-Exupéry, e la volpe, e adesso che ti si realizza questa cosa, siccome sei nel reparto di Psichiatria, sei lì come un rimbambito che dici: “Perché a che ora?” Ma cosa dice la volpe al piccolo principe? Dice: “Dammi un orario, dimmi un orario, perché così io preparo il mio cuore, perché così io inizierò ad aspettarti”».

Vedete che imbecille… vedete uno quanto è scemo, quanto è scemo nel fare le cose!

Quindi, ho imparato e ho detto: «Domani mattina, io, alle 9.00, sarò qui».

Io alle 8.55 arrivavo ed erano già lì dentro che mi aspettavano, perché io li vedevo da fuori che erano già lì che mi aspettavano, quando mi aprivano lo sportello (non mi chiedevano più: «Chi è?», grazie al Cielo!).

Come entravo: «Benvenuto! Eccoci qui…»

Mi portavano a vedere delle cose, poi incominciavano a parlarmi e a raccontarmi tutte le loro cose…

Che tristezza quando li dovetti salutare, quando finì il mio servizio.

Non ricordo nessuno di quell’ospedale, tranne loro.

Mi ricordo una signora che, nell’andare via, mi disse: «Domani torna?»

«No, domani non torno perché il mio servizio è finito, devo tornare in convento».

Lei: «Ah… qua non viene mai nessuno a trovarci…»

Gesù si alzò all’istante e la guarì…

Smettiamola di fare i fantocci, ipocriti, burocrati, mestieranti!

Abbiamo scelto questa strada, allora sia fino in fondo, senza “se” e senza “ma”!

E se devi pulirti la bocca, alzarti da tavola e lasciare lì il piatto freddo, ti pulisci la bocca, ti alzi da tavola e lasci lì il piatto freddo, e vai a dare pace e salute, di giorno e di notte!

Di giorno e di notte… magari proprio quella notte che hai dormito un’ora, perché hai avuto un problema che ti ha tenuto sveglio fino alla una, ti sei steso dicendo: «Va bene, adesso almeno un po’ di ore dormo», ti suona il telefono per un’emergenza.

Uno dice: «Signore, ma ho dormito un’ora… come faccio adesso ad affrontare tutta la giornata?»

Qualcuno ti ha costretto a diventare Prete?

Hai studiato tanto, hai tanto faticato, hai voluto la bicicletta, adesso pedala, adesso sulla bicicletta ci vai!

Hanno bisogno di te e nessun altro può dare quello che puoi dare tu, nessun altro può assolvere, nessun altro può ascoltare, nessun altro gli può togliere quel diavolo che si porta addosso, e allora fallo fino in fondo!

Non dire: «Ripassa domani», non dire: «No, guarda, io adesso devo dormire».

Uno dice: «La mia malattia non dorme, la mia disperazione non dorme, il mio dolore non dorme, il mio disturbo non dorme, non dorme niente… come faccio a dormire io? Tu come puoi dormire, sapendo che il mio male non dorme? Come puoi dormire tu, sapendo che io sto male?»

Dobbiamo fare tutto il possibile, sempre, per sollevare, alleviare la sofferenza di chi soffre.

“Quando Gesù ci onora della sua divina presenza, soprattutto nella santa comunione, vuole che lo preghiamo di guarire le nostre anime, le quali sono molto più preziose dei nostri corpi; dalle malattie, le quali sono molto più importanti e pericolose…”

Io sono d’accordo con quello che dice Padre Avrillon, però, mi dico: «Preghiamo Gesù che ci guarisca nell’anima, certo, e preghiamo Gesù che ci guarisca anche nel corpo, perché un corpo che sta male appesantisce l’anima».

Quando uno, che ha questa vocazione, sa che le persone che conosce stanno bene, discretamente bene, e stanno riposando, allora, come un guerriero, può andare a riposare anche lui e dire: «Signore, sono tutti in pace, stanno dormendo, allora posso dormire anche io, posso riposare anche io».

Ecco perché San Carlo Borromeo muore a quarant’anni, ecco perché il Cardinal Schuster muore, più o meno, poco dopo quell’età lì.

Queste sono le persone che hanno fatto della loro vocazione una santa vocazione, una santa chiamata e una santa risposta, non tutti gli altri ciarlatani che son pieni di sentimenti, di faccine, di smile, di fiorellini, di “micio micio”, di entusiasmi e di sentimentalismi, di frasi fatte, di abbracci, baci e sorrisi e poi, sotto sotto, non c’è niente… non c’è niente, tutta fuffa!

È Gesù che ci guarisce da tutti i nostri mali e ci riempie delle Sue  benedizioni… e quindi cosa succede? Dopo la guarigione della suocera di Pietro, si diffonde la voce, e quindi gli infermi furono condotti da Gesù e Lui imponeva loro le mani e li guariva. Gesù guarisce tutto, guarisce tutto…

“Gesù andò subito in un luogo deserto, e tutto il popolo venne a cercarlo, e faceva tutti gli sforzi per trattenerlo. Vi sono certe persone che Gesù previene e onora della sua visita, benché non lo cerchino; ed in questa guisa s’è recato a riguardo della suocera di Simone, della Samaritana, del Paralitico, e di Saulo nel tempo medesimo che era suo persecutore; ma per l’ordinario vuole che lo cerchiamo noi stessi con premura; sembra che si nasconda espressamente come ha fatto nel Vangelo riguardo al popolo, affinchè lo cercassero o si rendesse maggiormente degno della sua presenza e delle sue grazie. Ma sovvengavi che non basta di cercare Dio per trovarlo, bisogna ancora profittare di questa divina presenza, manifestargli tutte le nostre spirituali infermità (e anche corporali), pregarlo con ardore d’imporci le sue mani, di guarirci del tutto e darci la grazia forte per non più ricadere nei nostri peccati”.

Dio solo sa quanto può essere consolante, dentro ad una situazione di grande dolore, la mano di un Sacerdote che si pone sul nostro capo. A parte che può guarirci, lasciamo perdere questo, ma quanto può essere consolante quella mano consacrata, che invoca lo Spirito Santo su di te!

“Gesù ci aspetta, rendiamogli visita per visita. Presentiamoci sovente innanzi a lui, tratteniamolo col nostro amore, e non lasciamo questo Dio di misericordia, ch’é il sovrano medico delle nostre anime, finché non l’abbiamo amorosamente costretto a guarire i nostri mali spirituali e non ci abbia accordato come a Giacobbe la sua santa benedizione”.

Ecco, appunto… e la visita per eccellenza che Gesù ci fa, è quella nella Santa Comunione.

Adesso sentite questa bellissima preghiera:

“Consentite, o Signore, che io prenda la loquela e i sentimenti del vostro Profeta, e vi dica con lui: Signore, favoritemi d’un vostro sguardo divino: abbiate pietà di me, mostratemi il vostro adorabil volto e sarò guarito. Voi avete gettati gli occhi sopra un gran popolo, che vi seguiva in vicinanza del mare di Tiberiade, ed avete fatto un miracolo per nutrirlo: avete alzati gli occhi al cielo per Lazzaro, ed egli è risorto dal sepolcro; avete riguardato Pietro, e per questo sguardo gli occhi suoi divennero due fonti di lagrime per segno della sua conversione. Gettate gli occhi sulle mie miserie, accostatevi a me, e datemi la forza di avvicinarmi a voi, e sarò forte contro i miei nemici. Volgete gli occhi vostri verso di me; quegli occhi, lo splendore dei quali è capace di dar la vista a tutti i ciechi; quegli occhi, l’ardor dei quali può liquefare il ghiaccio ed ammollire la durezza dei cuori più freddi ed insensibili; quegli occhi, de’ quali i divini sguardi sono il segno più sicuro della riconciliazione, il più certo testimonio del vostro amore e la caparra più autentica della bontà del vostro cuore. Ma, o mio Dio, aiutatemi a volgere gli occhi miei verso voi solo, e a chiuderli a tutte le creature che potrebbero essermi impedimento per occuparmi di voi. Se andate al deserto, voglio cercarvi per questo popolo avventuroso. Se ho la sorte di trovarvi, farò tutti miei sforzi per non lasciarvi partire da me, o almeno vi seguirò dappertutto; e ciò se non succede coi passi del corpo, sarà con quelli dello spirito e del cuore. Voi sarete sempre presente all’uno e all’altro: il mio spirito avrà tutta la premura di pensare a voi, ed il mio cuore troverà sua delizia nell’amarvi”.

Beh… direi bellissima.

Domani vedremo il “Giorno di grazia”.

 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

VANGELO (Lc 11, 14-23)

In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.
Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».

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