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La Madonna bombardiera

Madonna bombardiera

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di martedì 31 maggio 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

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La Madonna bombardiera

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a martedì 31 maggio 2022, Festa della Beata Vergine Maria, perché oggi è il giorno della Sua Visitazione.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo I di San Luca, versetti 39-56.

Concludiamo questo mese di maggio, come vi avevo promesso, con quanto vi dirò… Oggi vi parlerò della Madonna bombardiera, nell’affresco sulla Battaglia di Lepanto.

Io farò riferimento a un articolo di Romano Amerio per la rivista della Svizzera italiana “Il Cantonetto”, n. 2-3, dell’ottobre del 1974.

Non sto a presentare Romano Amerio, perché non ha bisogno di presentazioni, nel senso che è una figura talmente bella, scrive in un modo così profondo, così articolato, così vero, così bello, che non è il caso che io mi metta a presentarlo.

Chi di voi non dovesse conoscerlo, può andare a leggere su Internet una presentazione di Romano Amerio, un po’ sintetica, che vi fa capire di chi sto parlando e perché io faccio riferimento a lui.

Lui ha scritto un libro “Iota unum”, veramente bellissimo, ma molto difficile. Sapete che io ve lo dico quando un testo è difficile o quando un testo è facile, ecco, questo è un testo difficilissimo, veramente molto difficile, quindi non è per tutti, è un po’, diciamo così, per persone che hanno già una certa dimestichezza con il linguaggio filosofico-teologico, perché se no risulta incomprensibile.

Allora adesso ascoltiamo Romano Amerio che cosa scrive:

“Nella cappella del Santo Rosario che chiude la navatina destra della chiesa prepositurale di Pazzalino, l’anno 1603 del Signore, cioè circa trent’anni dopo l’evento, un pittore popolaresco figurò per la devozione dei fedeli la battaglia di Lepanto.

Nella scena inferiore si scorgono nel canto sinistro, di profilo, il Papa Pio V, promotore della Lega Santa, e, quasi di faccia, il re Filippo II di Spagna, il più potente dei federati. Sono entrambi genuflessi su un cuscino verdacolo con le mani parallelamente protese in preghiera”.

Vi leggo un po’ male perché intanto sto guardando il dipinto, che è veramente molto, molto bello. Speriamo che poi riescano a fare un post, o forse no, boh non so… magari i giovani riusciranno. I ragazzi, sapete che sono bravissimi a fare tutte queste belle cose con i computer, i giovani, sono veramente molto, molto bravi, e magari riusciranno a mettere questa bella immagine, vedremo…

Comunque, stavo guardando il dipinto, quindi un po’ mi sono distratto.

“Nel semicerchio superiore che colma l’affresco il pittore ha inteso rappresentare quel che si cela di divino dietro il mimo giuocato dagli uomini sulla scena terrestre: qui troviamo l’invenzione più sorprendente che rende singolare l’affresco.

Sopra la distesa delle acque, entro un concavo inghirlandato di nuvoli, dai quali si affacciano visini di angioli, siede la Beata Vergine in veste di color perso e in manto azzurro rigettato indietro, tenendo sollevato sulle ginocchia il Bambino.

Ma anziché agitare e spenzolare e mostrare ai combattenti sottostanti la corona del Rosario, (come tutti ci aspetteremmo) come si vede in Santa Maria di Val Calanca e anche in Santa Croce di Borgo Marengo (la chiesa eretta da Pio V), e anziché fare qualcuno dei consueti atti di misericordia soccorrevole che l’iconografia le attribuisce, la Madonna maneggia delle bombe e le fa piombare sopra l’armata degli infedeli.

In verità la Vergine non combatte con atto diretto, ma porge le bombe a un angelo che fa l’officio di bombardiere. Anche il Bambino porge all’angelo una bomba. Una terza sta per essere liberata dall’angelo stesso”.

Infatti, se voi vedete questo affresco, si vede proprio molto bene.

Vi confesso che io non l’avevo mai visto e non lo conoscevo, ma poi, sapete, il Signore usa tante strade per condurci a scoprire tante ricchezze, che se no rimarrebbero inesplorate. E quindi, quando l’ho scoperto, ho detto: «Ma pensa un po’…»

È veramente bello… anche io non me l’aspettavo di vedere questa immagine, la guardo perché è un dipinto veramente molto, molto bello, fatto bene, molto significativo.

Romano Amerio, quindi, interpreta e contestualizza teologicamente e storicamente il dipinto:

 “L’interpretazione della vittoria di Lepanto (e anche di questa scena ritratta, che, secondo Amerio, è un unicumnella iconografia di Lepanto, è proprio un caso unico, veramente unico, per questo ho voluto parlarvene) fu infatti ancora tutta religiosa. La riassumono le parole che il Doge fece scrivere sotto l’affresco che la rappresenta: «non viri, non arma, non duces, sed Maria S. Rosarii fecit nos esse victores» («Non gli uomini, non le armi, cioè gli eserciti, non i comandanti, ma Maria del Santo Rosario ci ha resi vincitori»)”.

Quindi, l’interpretazione di questa vittoria della Battaglia di Lepanto è una interpretazione tutta religiosa e viene riassunta molto bene dalle parole del Doge, appunto sotto l’affresco. Avevano tutti questa percezione chiara che la vittoria a Lepanto fu solo opera dell’intervento della Vergine Maria, e fu il Papa stesso, promuovendo la Lega Santa, a garantire la cattolicità e la soprannaturalità dell’impresa.

Infatti, Amerio scrive:

Egli pur adoprando i mezzi politici — pensate che aveva concesso a Venezia le decime delle chiese —, prima ammonì doversi invocare la vittoria dal favore divino, poi lo propiziò con digiuni imposti a tutto il clero o nero o bianco o verde o rosso, e infine, quando la vittoria arrise, la riconobbe dal favore divino e specialmente dall’ausilio della Vergine sotto il titolo del Rosario, di cui instituì la festa”.

Quindi, la Festa della Vergine Maria del Santo Rosario viene da qui.

Capite tutto quello che sta dietro, no?

Allora, ci viene anche da pensare a tutto il riferimento della Vergine Maria, che appare con la Corona del Rosario, e a Fatima vuole essere invocata quale “Vergine Maria del Santo Rosario”.

Quindi, a chi ha un briciolo di conoscenza storica, l’assonanza appare subito eh… perché uno dice: «Vabbè, poteva essere invocata in tanti modi», abbiamo anche visto tutte le Litanie. Invece no, Lei vuole essere invocata come “Regina del Rosario” e, guarda un po’, è esattamente il titolo che Le fu dato per la Vittoria di Lepanto. Interessante, no?

Veniamo subito alla questio magna, perché già io mi immagino, cioè, non io mi immagino, ma Romano Amerio, prima di me, si immagina le obiezioni, ovviamente, perché ci sono sempre i soliti.

Riguardo alla superficialità di chi si scandalizza di fronte ad un simile dipinto (perché ci sono quelli che dicono: «Ecco, in questo dipinto, la Vergine Maria, il Bambino Gesù, l’Angelo, che buttano le bombe…»), Romano Amerio risponde con argomento tomista di ferro, che io vi leggo.

Non lo spiego, perché, chi non si scandalizza, non ha assolutamente bisogno di questo ragionamento perfetto, meraviglioso, sintetico e profondissimo di Romano Amerio; a chi, invece, si scandalizza, dico che sarà compito suo andarselo a capire, perché questo è l’inizio della terapia contro la superficialità.

Leggere Romano Amerio vuol dire imparare a curare questa malattia, questa patologia gravissima che si chiama superficialità, che si chiama banalità, che si chiama ideologia.

Il popolaresco pittore interpretò con rozza poeticità l’ausilio divino, saltando d’un balzo le cause seconde e mettendo le bombe immediatamente non dico nelle mani della Causa Prima (che Madonna e angeli son cause seconde), ma in quelle di cause seconde assolutamente sollevate sopra l’ordine storico e umano. E, in qualche modo, non ci sarebbe divario, giacché causae secundae non agunt nisi virtute primae («Le cause seconde non agiscono se non in virtù delle cause prime»)”.

Ma certo non è Dio che riscalda nel sole, ma proprio il sole, e non è Dio che bombarda nel bombardiere, ma proprio il bombardiere. Chi conosce il gran vero lumeggiato da Giambattista Vico, della poeticità come forma originale dello spirito che avverte commosso quel medesimo che l’intelletto coglie nella forma logica, non solo non trova qui alcuna pietra di inciampo, ma anzi un argomento a bellissime conferme”.

Buon lavoro… e buono studio!

Sorrido, perché noi non siamo più abituati a ragionare, beviamo sempre i biscotti Plasmon affogati nel biberon e, se non sono ipersbriciolati, subito iniziamo a piangere. Abbiamo bisogno anche di sentire frasi, che abbiano uno spessore.

Uno dice: «Non ho capito niente».

Ecco, questo è il problema!

Quando studiavo, feci un corso di teologia su Dante, un corso bellissimo,  e mi ricordo che un mio compagno disse al professore: «Professore… ma non si capisce niente!»

In quel periodo lui fece anche, insieme, un corso su Sant’Anselmo, il “Proslogion” e su Duns Scoto, che ve lo raccomando… (non a caso era chiamato “Dottor Sottile”), e questo mio compagno, poverino, sotterrato da Sant’Anselmo, da Duns Scoto e da Dante, disse: «Professore non ce la posso fare: non ci capisco niente! Ma non si può cambiare un po’ e rendere un po’ più facile?»

Questo professore, questo grande teologo, rispose: «Non si può cambiare Dante perché tu non lo capisci, e neanche si può cambiare Sant’Anselmo o Duns Scoto. È un problema tuo se non lo capisci, non è un problema loro. Loro stanno lì, e sono stelle, tu impara ad alzarti un po’».

Guardate, vi posso assicurare che ancora oggi ricordo quelle lezioni, veramente bellissime. Furono le lezioni più belle di tutto il mio percorso accademico di teologia, bellissime, stupende. Mi sembrava di volare…

Mi ricordo ancora quando scrivevo su questi autori, filosofi, poeti, teologi, mamma che cose!

Mi dicevo (mi viene ancora adesso la pelle d’oca al pensiero): «Ma come è possibile arrivare a scrivere delle cose così?» Poi, questo professore ce le spiegava con una passione… Le spiegava così bene… Non toglieva un briciolo di difficoltà. Mi ricordo che per due ore consecutivamente, senza respirare, scrivevo, scrivevo, scrivevo, scrivevo, scrivevo, senza mai fermarmi. Alle volte non capivo niente neppure io, ma continuavo a scrivere e mi appuntavo tutte le virgole, tutto quello che diceva, poi, quando andavo a casa, lo ristrutturavo, lo sistemavo, lo approfondivo.

Quello fu un esame che mi diede una soddisfazione veramente bellissima.

Mi ricordo, poi, che andai a trovare il professore a casa (è ancora vivo questo professore), io insieme ad un mio compagno (ci voleva tanto bene), e allora siamo stati lì a parlare con lui; poi, incredibile davvero, ci ha regalato due libroni, a me proprio su Sant’Anselmo e Duns Scoto, a lui su San Tommaso d’Aquino. Mamma… ricordo che mi brillarono gli occhi. Sono tornato in convento con questo libro, e non riuscivo neanche a tenerlo in mano dal desiderio che avevo di divorarlo, di leggerlo tutto. Era un librone enorme, poi avevo tutti gli esami da dare, quindi, capite che dovetti fare una ascesi incredibile… ma io mi ricordo che, quando studiavo questi teologi, questi filosofi, questi poeti, spiegati in questo modo, sentivo proprio la testa, il pensiero che volava alto.

Mi ricordo quando ci spiegò l’Inferno in Dante, mamma mia…

Quando lui ci spiegò poi il Paradiso, prese un Canto del Paradiso e ce lo spiegò in un modo…

Io ho detto: «Ma tu pensa se i nostri giovani, al liceo, ascoltassero queste cose… mamma che bello! Non ti viene più voglia di niente di brutto, di male, e tu finisci le lezioni che non hai fame, non hai sete, non hai sonno… sei in Paradiso!”. Mi dicevo: «Pensa che grazia che abbiamo di essere qua ad ascoltare…»: Mi ricordo che poi io dissi: «Vabbè, finito l’esame, se lo supero, vuol dire che l’ho capito. Allora, dopo, mi piacerebbe fare un ciclo di catechesi su Dante, come ha fatto lui».

Volevo, quindi, riproporre questi appunti bellissimi su Dante.

Era il lontano 2003, mi sembra, e mi ricordo che, in questa aula di catechesi, da giovane Sacerdote pieno di tanti ideali, dissi: «Guardate, ho pensato di proporvi per l’anno prossimo un corso di catechesi su Dante: la lettura teologica in Dante», e feci un assaggio… ho cambiato subito tema. Basta, ho chiuso, e non l’ho più fatto.

A vedere quegli occhi da triglie lesse, a vedere quelle persone che mi guardavano come fossero infartate o colpite da un ictus, ho detto: «No, no, no… cambiamo tema, assolutamente», e non l’ho mai più fatto.

In vent’anni di Sacerdozio, non ho mai più fatto quel corso di catechesi, mai! Non ho mai più ripreso quegli appunti e non ho più trattato quel tema, mai più, fine. Perché, capite… secondo me, bisogna… non lo so, non lo so… non so neanche come spiegarvelo…

Se noi siamo al livello dello studente che, quando il professore parla di queste cose stupende, meravigliose, fa questa domanda: «Prof., scusi, ma a che pagina è?» Basta, è finita. Fine. Fine. Se questo è il livello… fine.

Quando si fa una lezione, e io penso ancora di più una predicazione, o è poesia, o è bellezza, o è genialità, o è originalità, oppure è aria fritta. E se noi chiediamo: «Prof., scusi, a che pagina è?», noi non stiamo cercando un poeta, noi non stiamo cercando l’originalità, noi stiamo cercando l’aria fritta. Non si può chiedere: «Prof., a che pagina è?», quando vedi che hai davanti a te un uomo che ti sta dando veramente il midollo. Mi sembrava di essere nel film “L’attimo fuggente”.

Se non l’avete ancora visto, guardatelo!

Mi sembrava di essere proprio nel film “L’attimo fuggente”; quando guardo quel film, sapete, io mi emoziono, io quelle cose le ho provate!

Mi viene la pelle d’oca a dirvi queste cose, ma io quelle cose le ho provate!

Quello che dicono quei ragazzi, quel “gustare” insieme quelle parole… sono emozioni che io ho vissuto, so cosa vuole dire quando loro dicono quelle cose, quando loro si trovano a leggere quelle poesie, a cantarle, a viverle, a scriverle… Io le ho vissute, le ho provate, sono delle esperienze bellissime che non dimentichi più per il resto della tua vita, e non stai lì a perderti e a dire: «Oh… la Madonna bombardiera, allora le bombe e non il Rosario…».

Ma cosa vuol dire?

Apri la testa! Apri il ragionamento!

Vivi di pensiero! Vivi di densità!

Vivi di orizzonti, non concentrare la testa sulle minuzie, vai a prendere il succo, il midollo di quello che ti viene detto!

Io mi ricordo che, con questo mio compagno, passavamo i pomeriggi interi a studiare per preparare gli esami, ma “pomeriggi interi” sapete cosa vuol dire? Vuol dire senza mangiare, vuol dire senza alzarci neanche per fare la pipì, neanche per andare a bere un goccio di acqua, neanche per bere un the, niente! Pomeriggi interi di otto ore, senza muoverci un secondo, io non so come facevamo, veramente… pomeriggi interi.

Poi uscivamo e andavamo a prendere il metrò e l’autobus, non sapevamo neanche più dove eravamo e, mentre eravamo alla pensilina o sul metrò ad aspettare, ancora ripetevamo, ancora ci interrogavamo a vicenda, ancora riprendevamo e cercavamo i dubbi, dei dubbi, dei dubbi… neanche a San Tommaso d’Aquino sono venuti quei dubbi lì!

Mi ricordo che preparavamo questo esame, il “De Eucharistia”, un esame annuale, una cosa indescrivibile, che faceva riferimento all’Enciclopedia Eucaristica, insomma su San Tommaso, una cosa inimmaginabile, un esame vastissimo, con questo professore qui, meraviglioso, e ci eravamo ritrovati per la Confessione (avevamo lo stesso Padre Spirituale, lo stesso Sacerdote).

Mi ricordo che stavo uscendo io ed entrava lui, questo mio compagno (non eravamo ancora Preti), e in quel frangente, mentre io mi vestivo per uscire e lui si svestiva per entrare, davanti al confessore che ci parlava, che stava salutando me e accogliendo lui, ricordo che anche lì siamo riusciti ancora a parlare di quell’esame, in quel breve momento mentre io mi vestivo e lui si svestiva.

Mi ricordo che c’era il nostro confessore, Don Mario, che ad un certo punto ci disse: «Ragazzi, basta! Basta… ma basta, finitela per un po’! Salutatevi! Vi salutate e andate. Tu ti sei appena confessato, lui si deve confessare… basta!»

Il giorno dell’esame, praticamente sapevamo a memoria anche quante righe aveva il foglio!

Il giorno dell’esame, mi ricordo che… è stato uno degli esami proprio più belli della mia vita… poi, sul tema dell’Eucarestia… da brivido.

Vabbè è durato pochissimo, purtroppo, perché veramente saremmo stati lì ore a parlare con il professore, ma lui, ovviamente, si era reso conto che eravamo preparati, diciamo così, e quindi l’esame in se stesso è stato semplice, a parte la presenza alla lezione, a parte la partecipazione alla lezione, che era bramosa e focosa perché avevamo sempre domande, eravamo sempre lì presenti al primo banco (era un esame di quelli che ti entra nella carne, di quelli che, dopo trent’anni o vent’anni, sei ancora qua che ne parli, ecco questo esame).

Mi ricordo che, quando siamo usciti, se avessimo vinto alla lotteria, saremmo stati meno contenti: era stato il frutto di un anno di lavoro durissimo, di lavoro impegnatissimo e bellissimo, avevamo veramente studiato per imparare quella materia, veramente l’avevamo gustato.

 Questo credo che sia lo studio vero, quello che ti cambia la testa, il cuore e la vita!

Questo è lo studio che ti apre la mente e ti fa gustare veramente orizzonti che prima, fino ad allora, non avresti mai potuto gustare.

Questo i nostri giovani dovrebbero sentire, dovrebbero provare quando vanno a studiare, e non chiedere: «Prof., a che pagina è?»

Ah, mamma mia, che robe… che robe, che robe, che robe!

Allora, è per questo che, quando ho proposto Dante, dopo l’antipasto, che è durato un quarto d’ora, dopo aver visto quelle triglie lesse, ho detto: «No, no, no, no, no… fine. No. Stop… non mi ci metto neanche».

O ti brillano gli occhi… o ti brillano gli occhi… o hai veramente dentro una cosa incredibile, che ti prende come nei giovani dell’Attimo fuggente, che stanno lì di notte a gustarsi le poesie… o niente.

Noi stavamo lì a preparare quell’esame (ovviamente solamente noi due, perché gli altri immaginiamoci…), in quelle aule dell’Università, vuote, veramente a gustarci quello che studiavamo, a interrogarci, poi andavamo dal professore perché non capivano alcune cose davvero incomprensibili, perché non si può comprendere tutto, c’è sempre anche una parte di mistero, ma quando sei dentro a quel livello lì, non ti rendi conto che c’è un limite, vai dentro, ti immergi e ti perdi.

Mi ricordo questi appunti stracolmi di sovra-appunti, di cose scritte tra le righe, guardate, veramente bellissimo…

Questa credo che sia la bellezza di un pensiero che viene educato, la bellezza della cultura, vissuta proprio, non come un dovere, ma come un piacere sommo, dove veramente non vai all’esame per il voto, ma vai all’esame perché è bello andarci.

Romano Amerio è veramente uno scrittore che tu gusti e, dopo che leggi una sua pagina, dici: «Ok, e io dove sono? Cosa ho fatto fino ad oggi?»

Vi ho parlato di tutto questo, e voi direte: «Ma cosa c’entra tutto questo con la Madonna bombardiera?»

C’entra, perché mi auguro che veramente nessuno di noi banalizzi questo discorso, scandalizzandosi di ciò per cui non c’è nulla da scandalizzarsi, perché dobbiamo veramente crescere.

Guardate il film “L’attimo fuggente” e cercate di capire proprio l’essenza.

C’è un poeta, Hölderlin, che scrive delle poesie complesse, ma bellissime, veramente bellissime, e forse, invece di fare tante chiacchiere, di ascoltare tante cose sciocche, di perderci dentro ai messaggini di WhatsApp, dovremmo fermarci, alla sera, davanti ad un bel tramonto, o al mattino, all’alba, durante una delle nostre passeggiate, e leggerci una delle sue poesie, e dire: «Va bene, io mi cullo qui».

Anche leggendo San Giovanni della Croce, il Cantico Spirituale

Anche leggendo tanti altri Santi o Mistici, che scrivono delle cose stupende… Sant’Anselmo o Duns Scoto, il Proslogion… bellissimo.

Va bene, se no qua non la finisco più.

Oh, mamma mia… adesso ho guardato il tempo e vedo che mi sono perso.

Romano Amerio, in difesa della legittimità della Guerra di Lepanto, aggiunge:

Innanzi tutto, la guerra di Lepanto fu guerra difensiva senza finalità primariamente religiosa — non si muovevano più per la Terra Santa —  anche se fu combattuta con animo religioso — ma in quei secoli che cosa non facevano con animo religioso? — Perciò essa resta colla nuda legittimità della forza onesta che respinge e punisce un aggressore.

Qualunque perciò sia stato l’animo con cui quella guerra fu combattuta, la sua natura giuridica e morale resta quella di una guerra difensiva. Ora la guerra difensiva è guerra giusta, la sola guerra giusta”.

Certo, quando mi difendo…

E c’è anche un bellissimo commento sul dipinto, di un professore, Luciano Garofoli, uno storico italiano, che scrive così, lui lo interpreta così:

“Quelle non sono bombe, ma i grani del rosario che la Vergine scaglia contro la flotta turca: queste bombe spirituali sono fornite dai milioni di rosari che i devoti popoli cristiani cattolici dell’epoca in ogni parte d’Europa recitarono per assistere la Flotta Cristiana durante lo scontro tra questi due opposti modi di concepire la vita e di praticare la religione.”

Ecco, io vi ho voluto presentare tutte e due le prospettive, quelle di Romano Amerio e questa anche di questo storico italiano, Luciano Garofoli.

Che sia come sia, è bellissimo vedere la Vergine Maria, il Cielo immerso nella vita di ogni giorno dell’uomo, bellissimo…

Siamo accompagnati, siamo sostenuti, non siamo soli!

La Vergine Maria, in un modo o nell’altro, ci è proprio concretamente a fianco, in tutto; l’importante è che stiamo facendo le cose giuste, vere, belle e buone.

Concludiamo così, con la Madonna bombardiera, questo mese di maggio.

Io spero che questo mese vi sia stato utile, come lo è stato per me; spero di avervi serviti in modo degno, di essere servito alla vostra fede e, con domani, inizieremo il nostro mese di Esercizi Eucaristici.

Domani vi dirò l’autore, cioè il Santo a cui faremo riferimento, e il testo.

Vi chiedo una preghiera oggi, grandissima, allo Spirito Santo, alla Vergine Maria e al Sacro Cuore di Gesù, per me, perché sia illuminato e sostenuto in questo mese che mi attende, e per voi, perché siate docili alle cose che ascolterete.    

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

VANGELO (Lc 1, 39-56)

In quei giorni, Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

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