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Il bruco, il bozzolo e la farfalla: un’utile metafora

Farfalla che esce dal bozzolo copia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Il bruco, il bozzolo e la farfalla: un’utile metafora
Martedì 18 luglio 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mt 11, 20-24)

In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite:
«Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te!».

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a martedì 18 luglio 2023.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo undicesimo del Vangelo di san Matteo, versetti 20-24.

Credo che questo rimprovero di Gesù in queste città dove era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, dice l’evangelista, sia un rimprovero che un po’ forse dobbiamo sentirlo rivolto anche a noi. Perché, dice l’evangelista, nonostante i prodigi ricevuti, vissuti, veduti, non si erano convertite. Corazìn, Betsàida, Cafàrnao hanno visto eventi grandiosi con Gesù ma non c’è stata conversione. E noi, guardiamo la nostra vita. Quest’oggi fermiamoci un po’a riflettere, siamo anche in un tempo opportuno, molti saranno in vacanza, molti ci andranno tra un po’, è comunque un tempo — il tempo di giugno, luglio, agosto, soprattutto luglio e agosto — nel quale un po’ tutto si rallenta o comunque si ferma. E c’è l’occasione per fare il punto della situazione, anche per ripartire col nuovo anno con qualche progetto spirituale — e quindi umano — più definito. E perché non mettere come progetto dal quale ripartire proprio questa analisi dell’equazione: “tanti prodigi, tanta conversione”. Le due parti dell’equazione devono essere rispettate. Quanta responsabilità grava su di noi a motivo dei doni, delle grazie, dei miracoli che abbiamo ricevuto e che abbiamo veduto nella nostra vita! Ecco, non possiamo non sentire questa responsabilità.

È un rimprovero fortissimo da parte di Gesù, è il rimprovero di chi dice: “Eh no, adesso basta, non è giusto”. È vero che non è giusto, perché è vero che altre persone, al nostro posto, avendo ricevuto tanto quanto abbiamo ricevuto noi, avrebbero corrisposto molto meglio, molto di più. Sodoma e Gomorra che prodigi hanno visto? Che miracoli hanno visto? Nessuno; e Gesù ce lo dice. Stessa cosa Tiro e Sidone. Quante persone a questo mondo non hanno avuto la grazia di poter vivere esperienze belle e significative come le nostre. E ognuno ha le sue. Se ci fermiamo con onestà e ci guardiamo bene, guardiamo bene noi stessi, guardiamo bene la nostra vita, se impariamo a non dare per scontato nulla e soprattutto a non dare per dovuto nulla, beh, insomma…

Un po’ ce lo possiamo immaginare il Signore che ci dice: “Perché, avendoti dato questo, questo, questo e questo, tu non hai saputo farne frutto?”. Che tradotto meglio vuol dire: “Perché non ti sei reso degno di questi doni?”. La parola “degno”, qui, non ha una connotazione morale, ma vuol dire “riconoscente”. 

“Perché non sei stato riconoscente, perché non hai fatto della riconoscenza la tua risposta?”. Riconoscenza non vuol dire “grazie, grazie, prego, prego”, vuol dire una vita che risponde. La vera riconoscenza non è la candelina accesa, la vera riconoscenza non è dire grazie al Signore, la vera riconoscenza è una vita che cambia. Questa è la riconoscenza! Questa è la riconoscenza che cerca Gesù. Sei riconoscente dei doni ricevuti da Dio? Benissimo, allora cambia vita. E tutti noi abbiamo almeno qualcosa da cambiare. Magari tanto, magari poco, ma qualcosa tutti.

E allora ecco il progetto. 

Vedete, noi dobbiamo sempre ragionare in una logica progettuale. È un po’ sterile fare sempre analisi, magari anche brillanti — ci sono persone che sanno fare delle analisi brillanti — e poi uno dice: “Va bene, l’analisi è perfetta, terapia?”. Non si sa. Sono come quelli che dicono (oggi va molto di moda): “Io pongo domande” — “Bene, è segno di intelligenza” — “Si, ma non ho le risposte” — “Ecco, questo è un problema!”. Perché è inutile continuare a formulare domande senza mai produrre una risposta. E non si hanno risposte non perché non ci sono risposte, ma perché è faticoso trovare le risposte ed è faticoso assumersi la responsabilità di quelle risposte. È più facile dire: “Io propongo domande, io sono l’uomo della domanda” — “Si, interessante, va bene, però devo anche sapere cosa fare” — “Eh no, questo non lo so. Non sono riuscito a fare sintesi” — “E allora la tua domanda serve a niente. Sarà anche la domanda più brillante del mondo, ma se non mi aiuti a comprenderla e a trovare una risposta, io di quella domanda, cosa me ne faccio?”. È come una gravidanza isterica. Ci sono tutti i segni di una gravidanza, ma manca il bimbo. E quindi? Che cosa produce? Niente. E allora tutti quei segni lì a cosa sono serviti? A niente. 

Quindi impariamo a fare domande, a porre le domande importanti della vita. Benissimo, ma non dobbiamo mai dimenticarci che serve sempre una progettualità. È fondamentale. È fondamentale avere un progetto. Su tutto, dalla cosa più piccola fino alla cosa più grande. Anche quando pianto un ciliegio, deve rispondere a un progetto, non è che prendo un ciliegio, lo butto in pezzo di terra e lo lascio lì. Perché rischio di aver faticato invano, perché se non l’ho piantato nel terreno giusto, con l’esposizione giusta del sole, con tante altre cose giuste, quella pianta muore. Quindi ci deve essere un progetto, le cose non possono essere fatte a caso. 

Ed è inutile porre domande che inquietano le coscienze, che ti fanno sentire inadeguato, che poi queste domande alle volte sono veramente… Cioè, è sempre una diagnosi negativa, sei capace di scrivere pagine, pagine, pagine con diagnosi sempre negative, pessimiste… e questo non va bene, e quell’altro non va bene, e questo è segnato dal male, e quell’altro è segnato dall’assenza, quell’altro è segnato dal vuoto, e quell’altro…. Vabbè, ok, però, cioè uno alla fine dice: “Allora cosa facciamo, moriamo o viviamo?” Perché, capite, il nostro Dio è il Dio della Vita, non è il Dio della morte. Quindi, facciamo pure diagnosi corrette, poniamo domande intelligenti, benissimo, e poi cimentiamoci nelle risposte, quindi formuliamo progetti, sempre. 

Poi i progetti possono essere corretti, per l’amor del cielo, nessuno ha la bacchetta magica col progetto perfetto. Ma dobbiamo farlo. Perché è importante formulare progetti? Perché risponde alla seconda virtù teologale: fede, speranza, carità. Il progetto nasce da un cuore abitato dalle virtù teologali, soprattutto dalla seconda. Che sono le virtù più importanti in assoluto. Siccome si parla tanto di fede, di carità, ma di speranza un po’ poco, impariamo ad essere uomini di speranza. Formuliamo e proponiamo progetti.

Quindi, chiusa parentesi, detto questo, allora facciamolo in base a questo Vangelo, analizziamo bene la nostra vita. Non dobbiamo aver paura di vedere i buchi, i vuoti, le cose storte, le cose malate, le cose che non vanno bene, non dobbiamo avere paura, non dobbiamo scandalizzarci o dire: “Beh, insomma, la mia vita proprio… mmh, non ci siamo molto, ecco. Non c’è conversione, nella mia vita non c’è conversione”. 

Va bene, facciamo bene le analisi, facciamo bene gli esami del sangue, non dobbiamo aver paura dei risultati. Andiamo, facciamo l’esame e vediamo. Ci sono tante stelline che segnalano che tante cose non vanno bene. Ok, adesso facciamo un progetto. Quindi usiamo questi mesi per formulare un progetto che vada a dare speranza; quindi, a mettere in processo di conversione, in un dinamismo di conversione, ciò che in noi non va bene. 

E capite, la conversione certo richiede l’intervento di Dio, è fuori di dubbio, senza lo Spirito Santo non ci sarà mai una conversione. Ma lo Spirito Santo non agisce al di là dell’uomo. Quindi è fondamentale la partecipazione della mia volontà, che io voglia corrispondere, che io voglia collaborare con l’azione vivificatrice dello Spirito Santo, con l’azione purificatrice, rinnovatrice dello Spirito Santo. Questo è fare un progetto di speranza. 

Quindi mettiamo in atto tutti quegli accorgimenti che sono veramente infiniti, come infinite sono le variabili di conversione. Perché ogni uomo è un luogo di conversione. Ognuno di noi è un luogo di conversione. Quindi mettiamo in atto quelle strategie che ci fanno dire: “Va bene, per questa mia situazione, siccome voglio, assolutamente voglio — non è volontarismo, è volontà, sono due cose diverse — corrispondere con la mia vita ai prodigi che Dio ha compiuto in me, e anche attraverso di me nella vita degli altri, allora cominciamo da un punto — si comincia sempre da una cosa, non da cento, non da quattro, una, ci dobbiamo concentrare su un progetto alla volta, non possiamo prenderne centomila, un progetto — mettiamo giù i luoghi di conversione più importanti e poi scegliamo tra quei quattro o cinque che emergono, non è che ne avremo mille, ne scegliamo uno. Di solito bisogna scegliere quello più tosto, quello più difficile, perché sarà quello che probabilmente ci chiederà più tempo, più energie. E anche perché così dimostriamo a Gesù che veramente vogliamo fare le cose sul serio, che veramente vogliamo prendere lo stile giusto. Bene, e su quello cominciamo. Sicuramente troveremo libri, sicuramente troveremo qualche affondo, libri di meditazione, libri di spiritualità, meditazioni, omelie dei santi, riflessioni di chi ci è già passato, troveremo nella Scrittura dei riferimenti… E così cominciamo a mettere insieme la nostra macchina da guerra, una guerra santa, una guerra santa per la nostra conversione; perché chi è che dobbiamo combattere? È il nostro io.

È quello il problema e tutti i luoghi di conversione alla fine fanno proprio riferimento unico al nostro io. Tutto nasce da lì. E quindi dovremmo iniziare. Non so, faccio un esempio, uno dice: “Ma io ho messo insieme un po’ i miei quattro o cinque luoghi di conversione e mi sono reso conto che il più importante è quello della gola”. Bene. Ringraziamo innanzitutto il Signore che ce l’ha fatto comprendere. E adesso comincia. Troverai sicuramente tantissimo materiale su questo tema, tantissimi aiuti. E poi avanti. Aiuti che ci permettono di scoprire le strategie del nemico, che è il diavolo, e ci permettono di scoprire anche le strategie della nostra psicologia — che non è il diavolo, ovviamente, ma siamo noi — e poi ci permette di scoprire le strategie del mondo, che di solito non aiuta tanto in questo cammino di conversione.

E quindi possiamo organizzarci per la guerra, organizzarci per dire: “No. Da adesso non indietreggio più. Ma adesso voglio veramente fare spazio”. Perché anche qui è sempre questo il tema, devo fare spazio nel mio cuore, nella mia mente, nella mia vita, nel mio corpo, a Gesù. E per fare spazio devo cacciar fuori gli invasori. Che sono i tre che vi ho nominato prima. Poi bisognerà occuparsi di ripulire tutto bene, mettere tutto in ordine e quindi invitare nuovamente il Signore. Santa Teresa di Gesù in questo è maestra, San Giovanni della Croce non ne parliamo. Ma ce ne sono tanti altri, Sant’Ignazio, stessa cosa, ma ce ne sono tantissimi, veramente i santi sono talmente tanti che…

E via di seguito, ho fatto un esempio, quello della gola, ma prendete i dieci comandamenti, prendete i sette vizi capitali, cioè ne abbiamo veramente tanti di luoghi di conversione, e sicuramente ci sarà quello che sentiamo, percepiamo essere più complesso, più difficile, quello che sono anni che lo combattiamo e non ci riusciamo. Ma siccome noi siamo figli del Dio vivente e non della morte, e siccome noi siamo uomini di speranza e non di disperazione, allora eccoci, noi dobbiamo diventare degli architetti, degli ingegneri, che tra due sponde ti sanno costruire un ponte. Che dove non c’è nulla, ti mettono in piedi un palazzo meraviglioso. Che dove c’è un palazzo distrutto, te ne mettono in piedi un altro nuovo, e di seguito. Che recuperano quello che sembra irrecuperabile. Ci sono architetti che sanno fare di quei lavori che sono incredibili. Tu vedi delle case che sono diciamo da due lire, poi entrano loro, tu ripassi dopo sei mesi e dici: “Oh mamma, cosa è successo?” — “Eh, è passato un architetto coi baffi”; e quando lavorano bene, lavorano bene. Ecco, anche noi dobbiamo essere un po’ i nostri architetti, gli architetti di noi medesimi. Poi, ovviamente, lo Spirito Santo fa la sua parte. Lo Spirito Santo poi alla fine è quello che rende tutto d’oro, tutto bellissimo, tutto prezioso.

Quindi, ecco oggi vi lascio — e lo lascio anche a me — questo compito importante di sentire questo rimprovero di Gesù, di sentirlo in tutta la sua severità, ma una severità che nasce dall’amore, perché Gesù con questo “Guai a te” — al posto di Corazìn mettiamo il mio nome — “Guai a te Giorgio. Perché se Tizio e Caio avessero ricevuto i doni, i prodigi che hai ricevuto tu, da tempo si sarebbero vestiti di sacco e cosparsi di cenere e si sarebbero convertiti. Perché tu no? Cosa ti è mancato? Che cosa non ho fatto, che avrei dovuto fare? Che cosa di più, che cosa di meglio? Tu cosa avresti fatto al mio posto? E allora perché non rispondi? E allora perché non ti converti, e allora perché non corrispondi? E allora perché non sei grato?”.

È facile fare il pellegrinaggio sul monte con i piedi nudi, tutti sanguinolenti, e dire: “Ecco, questo è il mio modo di assolvere il voto. Ho fatto un voto per cui adesso vado da Milano a Caltagirone a piedi”. Oh beh! “Eh sì, ho fatto un voto per ringraziare il Signore”. No, guardate che il Signore non ha bisogno di litri di sudore e di piedi sfondati per dire: “Ecco, mi ha ringraziato”. Il nostro Dio non è un Dio di questo genere, lo si vede nella Scrittura. Questo risponde di più alla nostra fede superstiziosa. Ma il nostro Dio: “Misericordia io voglio e non sacrifici”; “Non offerte, ma comunione con me”. Questo è il Dio di Gesù Cristo. Quindi diventiamo ricettori di misericordia; ma per diventare ricettore di misericordia, non devo farmi Milano-Parigi a piedi. Per diventare ricettore di misericordia, devo rendermi conto di quello che sono e come sono, accettando il rimprovero di Gesù, e formulare progetti. 

Qui in mezzo ci sta il sacramento della riconciliazione, quindi la confessione, che ci permetterà di essere proprio ricettori al massimo grado della sua misericordia — “Misericordia, io voglio” che vuol dire: “Ma prendila, questa misericordia! Sono qui che te la sto offrendo col Sangue e il Corpo dato di mio figlio, ma prendila! Perché non la devi prendere questa misericordia? Perché non ti tuffi in questo amore sparso fino all’ultima stilla di vita del mio figlio Gesù”. E questo vuol dire gettarsi nel suo sangue. Non è che portiamo avanti una visione macabra della vita spirituale — solo uno che, poverino, non sa di teologia può dire una roba del genere — vuol dire proprio gettarsi nel mare sconfinato, infinito, senza fondo dell’amore di Cristo, che si è dato totalmente per noi proprio per farci incontrare questa misericordia. E allora incontriamola questa benedetta misericordia, no? È bello quando uno dice: “Io riconosco di essere questo, questo e questo, e di aver fatto questo, questo e questo. Benissimo. E adesso il mio progetto è questo”. Quindi il proponimento che io vi ho chiamato progetto è questo: da adesso mi impegnerò a fare così e così. E ad ogni confessione io verificherò come va l’adesione al mio progetto. Il sacerdote sarà lì per dire: “Sì, magari guarda, aggiungi questo, togli quell’altro, correggi un po’ il tiro, sistema le coordinate, perché non sono proprio precise, meglio fare così e così, in modo tale che sempre meglio si aggiusta il tiro”.

E poi guardate che la vita cambia davvero, cioè queste che sto dicendo non sono parole vuote, non è una speculazione intellettuale che uno dice: “Ah sì, si, bel discorso, però poi la vita è altro”. No! La vita cambia davvero, le persone cambiano davvero. Tu dopo due anni ti giri e dici: “Ma io non sono più quell’uomo lì. Quello non c’è più, è morto”. Certo, è come il bruchino che, una volta diventato farfalla, si gira e vede il bozzolo spaccato, secco, vuoto. Lui era nel bozzolo. E in quel tempo era un tutt’uno col suo bozzolo. Ma adesso è una farfalla. Se tutto questo avviene per un insetto, secondo voi non può avvenire per un essere umano, secondo voi non può avvenire per un figlio di Dio? Secondo voi Gesù è morto per qualcosa di meno di questo?

È il mondo, è il diavolo, che ci vogliono condannare ad essere bruchi per sempre, perché gli fa comodo vedersi strisciare, gli fa comodo vederci brutti, gli fa comodo vederci camminare lenti lenti su un ramo come se fossimo sulla Via Lattea. Gesù invece ci vuole farfalle, bellissime, variopinte, coloratissime, stupende, meravigliose, che volano di qua e di là, che vanno su un fiore e sull’altro e su quell’altro, che vedono paesaggi meravigliosi. Questo è il progetto, il Progetto di Dio è questo. E noi dobbiamo formulare piccoli progetti che vanno a rispondere a quel grande progetto. Così che un giorno, girandoci verso ciò che è stato, possiamo dire: “Io non sono più tutto questo. Quello è il bozzolo; il bruco non c’è più. Adesso io sono una farfalla. Adesso io volo. E tutti coloro che volevano farmi credere che non era possibile: «No, ma tu sei ferito, hai le ferite, devi accettarti come se sei, è inutile che lotti contro il tuo peccato, è meglio vivere dentro a questo vuoto espanso, tipo il prosciutto, chiuso lì dentro, sottovuoto, è meglio che tu non entri in questa logica volontaristica di dover combattere, è meglio che tu lasci fare, è meglio che tu ti lasci disfare, che tu ti perdi», tutte queste parole, che poi uno dice: “Ma cosa vuol dire concretamente?”. Perché poi una persona intelligente si fa la domanda e dice: “Ma tutte queste parole vuote, tutta questa retorica della disfatta, del vuoto, ma che cosa vogliono dire concretamente, nella concretezza della vita? Ma cosa vogliono dire?” — “Ah no, io non lo so, io pongo domande”. — “E allora forse parla di meno e trova soluzioni”.

Invece di dire parole vuote, parole che non portano da nessuna parte, parole che sono semplicemente la ripetizione di sé stesse, cerchiamo di usare un parlare che sia utile, nel senso che mi faccia arrivare verso questo progetto della farfalla. Smettiamola di portare avanti una logica da circo delle debolezze. Non c’è niente di istruttivo, ma proprio niente di istruttivo in ciò che è debole, in ciò che è limite, non impariamo niente da lì, in quanto tale non ci insegna niente; ci insegna tutto se ciò che è limite, ciò che è debolezza, ciò che è fragilità, è proiettato, è portato, è usato come rampa di lancio verso la progettualità definitiva della farfalla, allora sì! Allora è importantissimo, questo lo dice anche Santa Teresa d’Avila, non sono arrivato io che ho scoperto l’acqua calda. Ma deve essere un trampolino di lancio, cioè deve essere visto, vissuto come occasione, non come quelle sabbie mobili nelle quali ti affondi, che uno dice: “Mamma, sto soffocando” — “E vabbè, tirati fuori!”. C’è sempre la possibilità. Ma per qualcuno è bello lasciarsi andare dentro questo indefinito, dentro questo magma che ingoia tutto, come quella massa gelatinosa…

 Vedete, questi piccoli progetti che ognuno di noi poi farà, se vorrà, ci offrono l’occasione per trovarci il legno giusto — che è il legno della Croce, ovviamente — il legno giusto dove iniziare a fare il primo giro di filo. Agganciarci lì — su questo legno meraviglioso, la nostra stabilità si fonda lì — e lì cominciare a fare il primo giro, secondo giro, terzo giro di filo e intanto facciamo il bozzolo e ci “imbozzoliamo” dentro lì. Perché sul legno della Croce si sta bene, i bozzoli sono custoditi. E lì, dentro a questa apparente passività, perché è solo apparente — ci sarebbe da fare un ciclo di meditazioni sul bruco, il bozzolo e la farfalla, comunque va bene, nella terza vita che vivremo faremo anche questo — se noi iniziamo dal da dentro al bozzolo a vivere questo cambiamento, che in realtà è un’attività incredibile, anche se sembra tutto fermo — in realtà dentro sta avvenendo un miracolo incredibile — poi arriverà il momento in cui il bozzolo si spezza, si rompe e la farfalla va.

Ecco, questo è il mio augurio, io vi auguro di poter cominciare con settembre a tessere il primo filo, secondo filo, terzo filo, quarto filo, a fare il vostro bozzolo appeso al legno della Croce, e sono certo, certissimo, che Gesù avrà attorno a sé un giorno, tantissime stupende, meravigliose, incantevoli, variopinte farfalle: che siete voi! 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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