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Commento al Vangelo di S. Giovanni, di don Dolindo Ruotolo, parte 3

Commento al Vangelo di S. Giovanni, di don Dolindo Ruotolo

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di un ciclo di meditazioni sul testo “Commento al Vangelo di S. Giovanni” di don Dolindo Ruotolo di lunedì 22 agosto 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mt 23, 13-22)

In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi.
Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione

Commento al Vangelo di S. Giovanni, di don Dolindo Ruotolo, parte 3

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a lunedì 22 agosto 2022. Celebriamo oggi la memoria della Beata Vergine Maria, Regina.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo ventitreesimo del Vangelo di san Matteo, versetti 13-22.

Dobbiamo stare molto attenti a non essere scribi e farisei ipocriti da una parte, e a non farci ingannare nel seguire scribi e farisei ipocriti che sono quelli che chiudono il Regno dei Cieli davanti alla gente: non entrano loro, dice Gesù, e non fanne nemmeno entrare coloro che lo vogliono.

Il Regno dei Cieli davanti alla gente si chiude in tanti modi, sapete? Quello fondamentale è non credendo in Gesù, banalizzando, relativizzando la figura di Gesù, non dando il giusto peso alle parole, alla vita di Gesù. 

Sono quelli che percorrono il mare e la terra per trovare un solo proselito, cioè per trovare qualcuno che li segua e poi, quando lo hanno trovato, lo rendono degno della Geenna due volte più di loro. Terribile, terribile, questa cosa; gli scribi e i farisei ipocriti chiudono il Regno di Dio, non fanno entrare le persone che li seguono e li rendono due volte più degni di loro dell’inferno. 

Capite che questo è un problema grosso… uno dice: “Eh, ma io non sapevo, non volevo…” 

Eh, no… dobbiamo stare molto attenti a dire: “No, ma io mi fido; la responsabilità è di altri!” 

No, non funziona così; quante volte ho sentito fare questi discorsi… soprattutto in questi ultimi tempi. “Io questa cosa non la vorrei fare, va beh, ma io mi fido e se sbaglio la responsabilità è di chi mi ha detto di farlo!” 

No, no, non funziona in questo modo: ognuno di noi ha la responsabilità per quello che fa e se ci viene detto di fare qualcosa che, in coscienza, sappiamo essere sbagliato, non la dobbiamo mai fare, perché non possiamo scaricare sugli altri la responsabilità delle nostre decisioni. 

Quindi stiamo molto attenti a non seguire scribi e farisei ipocriti, a non seguire le guide cieche. 

Come si fa a esser guide e a essere ciechi? Non si sa, però succede. E allora dobbiamo anche chiederci: “Io sono una guida cieca, uno scriba o un fariseo ipocrita? Quanto sono scriba falso, quanto tradisco il mio mandato che è quello di aprire il Regno dei Cieli alle persone, di entrare io e di fare entrare gli altri, che è quello di fare discepoli per Gesù e non per l’inferno?” 

Ed è così che noi ci affidiamo a don Dolindo Ruotolo, questo meraviglioso, santo sacerdote… Voi direte: “Padre Giorgio, non è ancora stato canonizzato…”. È vero, ma avendo davanti a noi una bella, meravigliosa figura sacerdotale cristiana, possiamo dire che era un santo sacerdote nel senso che era un ottimo sacerdote. Poi speriamo che la Chiesa arrivi a riconoscere le sue virtù eroiche, ma, nel frattempo, non possiamo non riconoscere che don Dolindo era davvero un sacerdote meraviglioso. Questo lo dico anche basandomi sulle parole di san Pio da Pietrelcina, non semplicemente sulla mia idea, ovviamente. Andate a leggere quello che disse san Pio su don Dolindo e poi andate e leggere la vita di don Dolindo, densissima di dolore, di gravissime ingiustizie e di tanta, tanta fiducia in Dio. 

Per questo, Gesù, dopo aver parlato dell’unione eucaristica con Lui, parla della necessità di custodire la sua parola: Se rimarrete in me e le mie parole rimarranno in voi, qualunque cosa vorrete, la domanderete e vi sarà concessa. Qualunque cosa vorrete, cioè qualunque frutto vorrete raccogliere dall’anima vostra, lo otterrete rimanendo in me nella Comunione eucaristica e facendo rimanere in voi le mie parole, nell’unione ai miei pensieri e alla mia Volontà. 

Ecco come si fa a rimanere nella santità: bisogna rimanere in Gesù nella Comunione Eucaristica e far rimanere Gesù in noi attraverso la meditazione del Vangelo, della Scrittura, dell’Antico e del Nuovo Testamento, unendo così i nostri pensieri e la nostra volontà alla sua.

Questa duplice unione con Lui produce la vera ricchezza delle opere buone, rende l’anima sua vera discepola e la rende glorificazione di Dio nella vita e nelle opere. Anche in questo passo evangelico, Gesù non promette l’esaudimento di qualunque preghiera, ma l’esaudimento delle preghiere fatte per ottenere la santificazione dell’anima e il frutto dell’apostolato, per la gloria di Dio. Ci lamentiamo della nostra miseria e della nostra debolezza; eppure, se ci uniamo veramente a Gesù Sacramentato rinnegando noi stessi, i nostri pensieri e la nostra volontà, otterremo qualunque aiuto e potremo progredire nella via della santità e dell’apostolato, per la divina gloria, unica meta della nostra vita in terra.

Forse è per questo che noi non riusciamo a uscire dalla nostra miseria e dalla nostra debolezza: non ci uniamo a Gesù sacramentato, non rinneghiamo veramente noi stessi, i nostri pensieri e la nostra volontà. 

La dedizione piena di noi stessi a Gesù dev’essere fatta per amore e deve essere corrispondenza piena e pratica al suo amore. 

Noi siamo chiamati a darci a Gesù per amore, e deve essere una corrispondenza piena e pratica al suo amore. 

Nell’Eucaristia, infatti, domina l’amore di Gesù per l’umanità e, per parteciparvi fruttuosamente, è necessario che il nostro amore per Lui sia pieno. 

Certo: Gesù dà tutto e anche noi dobbiamo dare tutto. 

Non si può concepire che si riceva senza amore il Sacramento dell’amore né che quest’amore si restringa ad uno sterile sentimento.

Amare non è sentire; fa parte dell’amore anche il sentimento, ma se il sentimento non c’è o è “in pausa” — diciamo così — , non è che l’amore viene meno. Quando sia ama, si ama per sempre. E quindi come si fa ad andare a fare la Comunione, se non c’è amore nel nostro cuore? 

Il Figlio, poi, ha amato il Padre osservando i suoi comandamenti, cioè compiendo la sua Volontà. Ora, Gesù afferma di amare i suoi cari con lo stesso amore: dona loro la sua vita, li genera ad una vita superiore e soprannaturale e li porta per il cammino della croce in questa terra, perché possano conseguire l’eterna gioia del Cielo

Gesù ha compiuto la volontà del Padre fino alla morte. E noi? 

 Ora, Gesù afferma di amare i suoi cari con lo stesso amore: dona loro la sua vita, li genera ad una vita superiore e soprannaturale e li porta per il cammino della croce in questa terra, perché possano conseguire l’eterna gioia del Cielo: Vi ho detto queste cose affinché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia completa. Per corrispondere a questo amore e conseguirne i frutti è necessario amare, camminando per la via del Calvario e compiendo la divina Volontà nelle angustie della vita e nell’osservanza dei divini precetti. È questo l’amore che si deve portare all’Eucaristia. Quando l’anima si sente angustiata, arida, provata e va a Gesù con un pieno abbandono alla sua Volontà, allora veramente ama, e allora il Sacramento dell’amore la vivifica. Si può dire giustamente che si riceve l’Eucaristia per unirsi in Gesù e con Gesù alla divina Volontà, nelle pene e nelle tenebre del nostro cammino

Quindi andiamo a Gesù quando siamo nell’aridità, nel deserto, nella fatica; abbandoniamoci alla sua volontà. Questa sarà la prova più grande del nostro amore. Proprio quando siamo nelle tenebre…

L’Eucaristia non è il Sacramento dei beati comprensori, ma dei viatori e delle vittime. 

Gesù ha pensato questo Sacramento per tutti noi che siamo pellegrini e per tutti coloro che sono vittime a diverso livello e titolo.

All’altare del Sacrificio ci si va meglio con una veste di sacrificio e con un pieno abbandono al Signore per tutto ciò che dispone nella nostra vita. La gioia che si raccoglie all’altare è proprio la gioia di una più completa unione alla divina Volontà

Sì, perché è proprio nella misura in cui noi ci abbandoniamo alla volontà di Dio che noi sperimentiamo la bellezza della gioia spirituale

L’Eucaristia non è il cibo della mensa eterna, è il Cibo dei martiri; e noi, nella vita spirituale e in quella corporale, siamo tutti martiri, e dobbiamo essere martiri d’amore e di piena unione alla divina Volontà. La gioia che Gesù ci promette completa ci è riservata solo nella Vita eterna. Possiamo averne qui qualche piccolo assaggio, ma questo non è il conseguimento della gioia, è un conforto che Dio ci dà nel cammino doloroso, è come una stilla d’acqua che viene data sulla nostra croce. Bisogna rimanere nell’amore di Gesù, cioè essere costanti nel seguirlo nella via del sacrificio e persuaderci che immaginare un cammino diverso è un’illusione pericolosa e spesso esiziale per l’anima.

Quindi l’Eucarestia è il Sacramento dei martiri, dei testimoni, dei confessori della fede. E noi dobbiamo essere mariti d’amore nella piena adesione alla Divina Volontà. Bisogna rimanere in questo amore di Gesù ed essere costanti nel seguirlo con la nostra croce: ogni via diversa è un’illusione.

Le migliori comunioni non sono quelle fatte tutte nel fervore ma quelle fatte nell’agonia, allora si raggiunge, per così dire, l’incandescenza di quell’amore che in Gesù Cristo fu l’ultimo atto di dedizione al Padre nell’abbandono e nella morte. Alla natura, questo non piace, ma non si raggiunge la gloria per le vie della natura, bensì per quelle della grazia e dell’amore immolato. La gioia che Gesù volle trasfondere negli Apostoli fu proprio la gioia purissima d’immolarsi, il più alto vertice della dolce schiavitù dell’amore, che nel Cielo diventa dedizione piena a Dio nella ineffabile e completa gioia della gloria

Quindi, dobbiamo imparare l’immolazione che si impara nei momenti di più difficile sequela di Gesù, quelli del martirio e della persecuzione: è lì che la impariamo. E allora cerchiamo di fare le migliori Comunioni possibili.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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