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Le domande autentiche e le domande-tentazione

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Meditazione

Pubblichiamo un’omelia inedita sul brano di Vangelo Mt 22, 34-46.

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

VANGELO (Mt 22, 34-46)

Allora i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova: “Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?”. Gli rispose: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”.
Trovandosi i farisei riuniti insieme, Gesù chiese loro: “Che ne pensate del Messia? Di chi è figlio?”. Gli risposero: “Di Davide”. Ed egli a loro: “Come mai allora Davide, sotto ispirazione, lo chiama Signore, dicendo:
Ha detto il Signore al mio Signore:
Siedi alla mia destra,
finché io non abbia posto i tuoi nemici
sotto i tuoi piedi?
Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?”. Nessuno era in grado di rispondergli nulla; e nessuno, da quel giorno in poi, osò interrogarlo.

Audio della meditazione:

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Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Il Vangelo che abbiamo appena ascoltato, tratto dal Vangelo di San Matteo capitolo XXII, versetti 34-46, ci offre effettivamente diversi spunti di riflessione. Io mi concentrerò su uno. 

“I farisei si avvicinarono a Gesù”

Quindi nell’atteggiamento di avvicinamento a Gesù, noi possiamo essere farisei. C’è un avvicinare Gesù che ha la caratteristica del fariseo e avvicinarsi a Gesù non vuol dire farlo nel modo giusto. 

Stare vicini a Gesù non è garanzia di autenticità e si può rimanere farisei pur avvicinandosi a Gesù. Quindi si può rimanere ipocriti, si può essere ipocriti, si possono mantenere la propria mentalità, i propri affetti, il proprio stile di vita anti-cristici, nonostante la vicinanza a Gesù. 

Dobbiamo sempre vigilare che l’avvicinarsi a Gesù non diventi una scusante, una falsa garanzia rispetto a quello che realmente portiamo in noi. Questo è il primo punto.

Poi:

“un dottore della legge lo interrogò per metterlo alla prova” (o “per tentarlo”, a seconda delle traduzioni). 

Ecco, questo credo che ci ponga innanzi una questione abbastanza delicata. 

Noi abbiamo sempre tante domande nel cuore e non di rado poi queste domande le facciamo e poi diciamo magari a noi stessi o nella preghiera: “mi piacerebbe tanto poter aver davanti Gesù”, “vorrei tanto poter avere davanti un santo, per potergli fare questa domanda”, “vorrei tanto sapere cosa pensa Gesù di questa cosa”, “se potessi parlare direttamente con Gesù…”, “chissà cosa darei per conoscere la volontà di Dio in questo momento”, “che bello se Gesù potesse dirmi qual’è la via da seguire”, e via dicendo.

In realtà, guardate, credo che molte delle nostre domande siano fatte per tentare Dio. Non sono vere domande. Non sono domande autentiche. 

Le domande autentiche sono quelle, diciamo così, che sono come un contenitore vuoto. Ad esempio mi ricordo quando ero ragazzo che in estate andavo in montagna, andavo a prendere il latte in una cascina che appunto dava il latte appena munto. E mi ricordo che tutti andavamo con questo contenitore, non saprei definirlo diversamente, di alluminio, di metallo, insomma mi ricordo il colore grigiastro di questo contenitore. Tipico, tutti avevamo questo in mano per prendere il latte. E mi ha sempre colpito il fatto, quando andavamo, che tutti tenevamo in mano questo contenitore vuoto, tutti. Tutti lo avevamo in mano vuoto, assolutamente vuoto. Ognuno secondo la grandezza della sua famiglia, che poi doveva bere da questo contenitore. Ciò che accomunava tutti i contenitori era il fatto che fossero vuoti. E quando arrivavamo là noi non ci mettevamo a fare l’analisi chimica del liquido bianco che doveva essere introdotto in questo contenitore, ma tutti avevamo solo il grande desiderio che questo contenitore fosse riempito fino a straripare, perché sapevamo che poi il giorno dopo, la mattina dopo, avremmo avuto questo latte con su la panna, con su la pellicina, la crosticina, che poi a qualcuno piace, a qualcuno non piace, però a me piaceva molto. E quindi più era, più ci sembrava di avere nutrimento a disposizione. Poi bello caldo d’inverno, capite in montagna… faceva piacere. 

Questa simbologia mi sembra adeguata a rappresentare una domanda autentica. Il contenitore deve essere vuoto, pulito e vuoto. Col desiderio che venga riempito totalmente, fino a straripare, per poi diventare la risposta, il nutrimento alla nostra mente, alla nostra anima, che dura poi per giorni, magari per mesi, quella risposta. Quella risposta è un nutrimento.  È un’indicazione, è una forma che ogni risposta dovrebbe concorrere alla formazione della nostra spiritualità, interiorità. È una forma che progressivamente vuole come plasmare, riplasmare quello che siamo. E così è stato per i santi. E così è stato per coloro che nel vangelo, pensate a Zaccheo, hanno incontrato Gesù con una vera domanda. 

Invece le domande-tentazioni sono difficili da riconoscere e il rischio è quello di cadere nell’errore di rispondere, perché è tutto tempo buttato via. Le domande-tentazioni, appunto perché sono domande… è ovvio che, quando veniamo incontrati da una domanda noi abbiamo subito la tentazione — in questo caso è una tentazione — di rispondere alla domanda, quindi di dare un’indicazione, di dare una risposta. Ma in realtà è una risposta inutile, è un tempo buttato via e può anche diventare dannosa, perché in realtà quella domanda è, appunto, una tentazione. 

Qual è il discriminante? Che il contenitore è già pieno. Ecco, questa è la differenza. C’è già altro dentro quel contenitore. In realtà quel contenitore non è vuoto, spesse volte è già pieno, è già straripante. E tutto quello che noi diciamo, è come se qualcuno a un certo punto aprisse il contenitore, però lo apre alla fine, quando ormai tutto è stato dato, è come se uno aprisse il contenitore e dentro c’è già tutto quello che il contenitore può contenere. Quindi tutto quello che noi abbiamo munto, tutto il latte munto, andrà tutto versato per terra. Tutto perso. Perché in realtà quella non era una domanda, era una tentazione. Non era una ricerca della verità, era altro. Di solito è una auto-giustificazione, di solito è un conforto, una rassicurazione, una conferma di sé stessi, delle proprie idee, delle proprie fragilità, alle volte dei propri peccati, della propria durezza interiore, della propria incapacità di seguire il Signore, di tante cose. E quindi di fatto diventa una tentazione, diventa un’occasione per far cadere il latte. 

Ecco, allora stavo dicendo, come si fa appunto a discernere? Ecco io credo che tutti noi dobbiamo stare attenti a verificare prima le nostre domande. Noi non dobbiamo essere occasione di tentazione verso nessuno. Perché questo è un peccato. Tentare qualcuno è un peccato. Sicuramente contro la carità. Quindi noi dobbiamo resistere al desiderio di avere risposte. È una cosa importantissima questa. È un’ascesi. 

Ho una questione, ho bisogno di una risposta, resisto, non pongo la domanda. Perché prima devo verificare la domanda. E la devo verificare secondo quale criterio? Secondo questo criterio: io ho una domanda e quindi cerco una risposta, ma io: 

1. Sono disponibile a qualunque risposta o c’è una risposta che io preferisco rispetto ad altre risposte? Cioè il mio contenitore è vuoto o è pieno? Io ho una domanda? Non ho risposte, perché sennò non è più una domanda, devo avere solo una domanda. Cerco una risposta oppure ho già in mente altre risposte e desidero avere, come fanno loro, una conferma in qualche modo, alla mia domanda? Primo. Se io pongo una domanda, devo come svuotare totalmente me stesso e dire “no, io voglio una risposta autentica, vera, LA risposta alla mia domanda”. Tutto quello che porto dentro di me non mi interessa. Perché sennò io ho già la risposta, è inutile che pongo la domanda. Voglio solamente avere la risposta vera alla mia domanda.

2. Io ho una domanda, credo di volere una risposta, mi sembra di volere una risposta, sinceramente voglio una risposta. Va bene, il contenitore è vuoto? Sì, è vuoto. Quel contenitore, quando riceverà la risposta, si riempirà di un liquido che comporterà un peso, il peso di quel barattolino da portare a casa. Ora, io ho la forza di portare quella risposta? 

Queste due caratteristiche sono fondamentali per verificare che quella domanda non sia una tentazione. 

Cioè, facciamo un esempio. 

Io ho la domanda fondamentale sulla mia vita: “Cosa vuole Dio da me? Quindi vuole che io mi faccia prete, vuole che io entri in convento, vuole che io mi sposi, vuole che io…” una domanda radicale, molto forte. 

Va bene, sono pronto a qualunque risposta. Ok, il contenitore è vuoto. 

Ma poniamo il caso che abbia la risposta più difficile in assoluto. Io sono pronto, ho le forze per portare il peso di quella risposta? 

Se la risposta è no, non devo porre la domanda. E allora che cosa faccio? Niente. Te ne stai fermo e attendi di avere, nel caso, la forza di porre quella domanda. 

Altrimenti succede la disgrazia più grande che ci può succedere che è quella del giovane ricco, il quale aveva una domanda assolutamente bellissima, credeva di avere il contenitore vuoto, quindi la disponibilità totale a qualunque risposta. Ma quando è arrivata la risposta, che ha toccato alla radice il giovane ricco, cosa ha fatto? Lui ha preso e ha rovesciato tutto il latte ricevuto da Gesù per terra e se ne è andato triste. Ha lasciato Gesù, perché quella risposta superava la sua capacità di portarla e quindi non ce l’ha fatta. Il vaso che teneva in mano è caduto. Credo che questa sia veramente una grande disgrazia. Se il giovane ricco potesse tornare indietro credo che il consiglio più grande che gli potremmo dare è: taci, stai zitto. È bellissima la tua domanda, è una domanda vera, ma non farla. Lascia perdere. Perché la risposta che tu riceverai ti schiaccerà completamente e tu diventerai l’emblema della tristezza fatta a persona. Quindi è meglio che tu rimanga con la tua domanda. 

Cosa devo fare per la vita eterna? Eh, arrangiati un po’ tu. Cerca di capire un po’ quello che riesci, un po’ a destra, un po’ a sinistra, e poi tirati insieme qualcosa. Porta a casa qualcosina con la tua forza, con la tua mente. È più onesto. Questo è un comportamento onesto. 

Cioè io mi guardo dentro e dico: no. Perché se Gesù mi dicesse: lascia tutto, abbandona tutto, vieni e seguimi, io non sono in grado di farlo, non ce la faccio, perché sono troppo attaccato alle mie cosine. E quindi non ci riesco. E allora è inutile che glielo chiedo, perché poi se me lo dice e io faccio cadere per terra il latte? Io perdo tutto. Allora è meglio se sto fermo, che faccio un atto di umiltà e dico: Signore, questa è una bella domanda, ma io non sono in grado di portare la risposta, quindi la lascio lì. Forse te la farò prima di morire, forse te la farò tra un anno, forse non te la farò mai, ma io interiormente sento di non essere in grado di portare questa risposta. Quindi io non la faccio perché non voglio tentare Dio. 

Ecco, allora dobbiamo chiedere proprio alla Vergine Maria questa grazia di imparare a tacere, ad essere rigorosi e onesti con noi stessi, e di chiedere la grazia allo Spirito Santo di verificare le nostre domande e di non tentare mai Dio. Mai, con nessuna domanda. Perché poi devo portare il peso della risposta, devo portarlo a casa quel latte. Rovesciarlo sarebbe, come dicevano i nostri nonni, un peccato. “Che peccato!” Questa era la frase. Sarebbe un peccato perdere tutta quella abbondanza, perché loro non avevano avuto niente e sapevano cosa voleva dire avere una cisternetta di latte. 

Ecco, noi invece dobbiamo essere proprio tanto umili, perché questa è umiltà e verità, guardarci dentro e prima di porre la domanda pregare e se non abbiamo la certezza di essere pronti a qualunque risposta riceviamo, fosse anche la più pesante, la più tremenda, la più difficile, se non abbiamo dentro questa libertà interiore, questa gioia, questa voglia, questo desiderio, questa ardente e focosa audacia, stiamo fermi, la lasciamo lì. 

Poi uno dice: sì, ma io devo decidere perché quella cosa lì devo poi decidere se farla o no, quella posizione devo decidere se prenderla o no, quindi non è che posso stare qui una vita. Bene, siccome la domanda non è autentica per ora, scegli la via più consona a te. Ovviamente nel rispetto dei dieci comandamenti, ma la via più semplice, la più consona, quella che riesci meglio tu naturalmente a portare, e fai quella. Sicuramente è meglio scegliere una via minore, è meglio scegliere una cosa piccola, una cosa più naturale, ciò che naturalmente tu senti di poter portare, è meglio scegliere questo che cadere nella tentazione, che cadere nell’avvicinarsi a Dio per tentarlo. Noi stiamo fermi. diciamo : Signore guarda, io non voglio tentare nessuno, non voglio tentare te, a me va bene così. 

Cosa devo fare Signore per avere la vita eterna? Fai il bravo. Ecco. Ma lo posso dire da solo: fai il bravo, osserva i dieci comandamenti, sii una brava persona, fai il bravo. Basta. Non metterti li a sperare chissà quale altra cosa, perché non sei in grado di portarla, fai il bravo. Ti basti questo. Non andare da Dio a fare domande che poi dopo… arriverebbero risposte molto pesanti, e Gesù da sempre risposte molto pesanti perché Lui cerca il Meglio, non il bene, che tu diresti: no. 

Non si può andare via da Dio con un no, non è possibile. Altrimenti poi entra la tristezza. Quindi è meglio rimanere in una via naturale, non arrivando a una via soprannaturale. 

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

p. Giorgio Maria del Volto Santo

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