Meditazione
Pubblichiamo l’audio del ciclo di meditazioni dal titolo: “Le Passiflore Eucaristiche: Beata Alexandrina Maria da Costa, Serva di Dio Teresa Neumann, Beata Anna Caterina Emmerick, Venerabile Marta Robin” di mercoledì 23 novembre 2022
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Lc 21, 12-19)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza.
Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a mercoledì 23 novembre 2022.
Festeggiamo oggi san Clemente I, papa e martire.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo ventunesimo del Vangelo di san Luca, versetti 12-19.
Continuiamo la nostra lettura e meditazione sulla figura della Venerabile Marthe Robin.
Marthe accoglieva tutti, si lasciava interrogare da tutti. Come disse la moglie di Guitton “dappertutto ci sono solo problemi, da Marthe ci sono solo soluzioni”. Accolse anche Paul-Luis Couchoud: “filosofo, esegeta, medico, ateo radicale, negatore dolce e pacifico”, ordinario di filosofia ed ex allievo della Normale di Parigi; così ce lo presenta Guitton, raccontando di quando questo suo amico gli parlò per primo di Marthe Robin. Riportiamo alcune sue acute osservazioni sulla Venerabile che scriveva a Guitton tramite lettera:
“Questa contadinella è una donna superiore. È una cosa che mi ha colpito fin dal nostro primo incontro, ancor più, durante la mia seconda visita. La malattia l’ha portata alla concentrazione. Devo ricordare qui un particolare che avevo trascurato: Marthe non dorme. E dunque pensa continuamente. È un cervello: è forse uno dei cervelli più allenati del nostro pianeta. Marthe è tutta cervello, ma è un cervello riflessivo. Quando dico che “riflette” o che “medita”, uso la parola nel suo senso più autentico. (…) La stupirò: sa a chi penso quando sono con Marthe? Oso appena dirlo. Penso a Pascal. Marthe ha lo stesso modo di pensare, ma più semplice. Ciò che dice è ben delineato, è sobrio, giusto, costruito. Con ciò, ha una memoria da elefante per i particolari. E ha sempre quello che noi chiamiamo “spirito”, uno spirito non amaro, ma anzi condito di umorismo, di allegria. (…) Marthe è estremamente diffidente verso ciò che potremmo definire “meraviglioso”. Eppure, questo meraviglioso spunta intorno a lei come gramigna. (…) il suo pensiero è razionale. È pieno d’ingegno; è efficace; cerca il vero bene degli uomini. Infatti, questa donna, che è poco più di un cadavere, quasi agonizzante, vuole realizzare un’azione a livello planetario.”
Dobbiamo dire che questa descrizione ci fa desiderare di essere così: questa mente riflessiva, concentrata, spirituale; una mente che punta alla interiorità…
Quando si attraversano certe esperienze di sofferenza, abbiamo sempre davanti una scelta: ripiegarci dentro alla sofferenza pesante oppure aprirci al mistero che, di fatto, la sofferenza ci riserva, ci dischiude.
La Passione della Venerabile Marthe Robin
Pag. 163
Jean Guitton riporta una testimonianza sulla Passione vissuta da Marthe che, come accade sempre alle anime elette, inizia il giovedì per terminare la domenica. Capite dunque il perché dell’importanza della Ora Santa che abbiamo imparato a osservare soprattutto il giovedì.
«Mi ha scritto un testimone: “La sua prova cominciava il giovedì sera. Il sangue non smetteva mai di trasudare dalle piaghe, in particolare dagli occhi. Durante tutte le notti della settimana le sanguinavano le mani, i piedi, il costato. Ma il giovedì sera, verso le nove, aveva inizio la prova. Le sentivo dire: “Padre mio, Padre mio, si allontani da me questo calice, ma sia fatta la tua volontà”. Da quel momento iniziava un gemito, o piuttosto una lamentazione, una melopea melodiosa su tre note, che è stata paragonata alla voce di un neonato».
Ed ecco invece la testimonianza di padre Finet, riportata da Jean Guitton:
“Tornavo il venerdì, verso le due del pomeriggio. Per tre volte Marthe era stata spostata, per riprodurre le tre cadute della Passione. La rimettevo a posto. Le appoggiavo la testa sul guanciale. Quella testa ricadeva sul cuscino dove a volte c’era uno scialletto bianco.
Quando Marthe ricevette le stimmate, all’inizio dell’ottobre 1930, già soffriva la Passione dal 1925, quando si era offerta come vittima d’amore. Aggiungerò che al momento in cui ricevette le stimmate, nell’ottobre 1930, Gesù in quel giorno non solo le impresse le stimmate ai piedi, alle mani e al costato sinistro, ma in più le conficcò profondamente nella testa la sua corona di spine, e Marthe si mise a sanguinare non soltanto dai piedi, dalle mani e dal costato, ma anche da tutta la testa, e cominciò a versare ogni notte lacrime di sangue.
Fu in quel momento che Gesù le disse che aveva scelto proprio lei per vivere la sua Passione più intensamente di tutti, dopo la Madonna, e che nessuno dopo di lei l’avrebbe vissuta tanto totalmente. Gesù aggiunse che avrebbe sofferto ogni giorno di più e che per questo non avrebbe mai più dormito durante la notte.
Dunque, dopo aver ricevuto le stimmate, non solo Marthe non può più né bere né mangiare ma, ciò che è più grave a detta dei medici che l’hanno esaminata, non dorme più. Marthe ha dunque vissuto la Passione giorno e notte, senza un attimo di sosta; e tuttavia con un aggravamento delle sofferenze ogni giovedì sera all’ora del Getsèmani. Questo aggravamento, segnato da gemiti dolorosissimi, si prolungava per il venerdì, fino al momento in cui, a metà del pomeriggio, ripeteva le ultime parole di Gesù sulla croce: “Padre mio Dio mio, perché mi hai abbandonato? Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito“.
In quel momento, emetteva una sorta di sospiro immenso e per le due ore successive non dava più alcun segno di vita, salvo un leggerissimo respiro. Marthe mi ha spiegato spesso come, durante quelle due ore, vedesse il Cielo allontanarsi da lei con orrore, poiché portava su di sé i peccati di tutto il mondo. E questo finché san Giovanni non interveniva presso la Madonna, che in persona otteneva dal Padre celeste il perdono per tutti i peccatori di cui lei portava i peccati. Non appena il perdono era accordato, Marthe ricominciava a gemere; e i suoi gemiti dolorosissimi continuavano per tutto il venerdì sera e ancora il sabato per i primi anni, poi anche la domenica, e in questi ultimi tempi fino al lunedì, verso le cinque del pomeriggio. In quel momento ricominciava a parlare, pur soffrendo ancora i dolori della Passione.
E questo si è ripetuto tutti i venerdì, dal 1925 al 1981.
L’estasi durava fino al lunedì o al martedì. Era difficile farla ritornare in sé. Potevo farlo solo in nome dell’obbedienza, e dovevo ricominciare parecchie volte, poiché temevo, richiamandola troppo in fretta sulla terra, di farla morire.”
Un’anima eucaristica è anche un’anima profondamente segnata dalla Passione di Gesù perché nella Santa Messa che cosa abbiamo? Abbiamo la ripresentazione della sofferenza di Gesù nella modalità incruenta del Sacramento. La Messa è il Sacrificio, non è la festa: queste vite ci raccontano questo.
Vi ho già detto che smettere di dormire è sicuramente la prova più pesante da dover portare, sicuramente più pesante del non mangiare e del non bere. Quanti anni Marthe ha vissuto in questo modo e dal giovedì sera fino al martedì… sono tanti giorni! In pratica, non aveva sosta perché al giovedì ricominciava!
Ascoltiamo ora il racconto di Marthe e della Passione da lei rivissuta settimanalmente, pagg. 96-99 dal libro di Jean Guitton:
“A volte mi stupisco che, tra tante sofferenze, la mia vita sia così stranamente, così malinconicamente bella, ma di una malinconia che è ben diversa dalla tristezza, poiché anzi alimenta la mia gioia, mi dà Gesù, mi consegna interamente al suo amore e pone allo stesso tempo nel mio cuore e sulle mie labbra la pienezza necessaria al mio stato. Per questo il tempo non mi sembra mai troppo lungo e non mi viene mai in mente di chiedere sollievo, tregua per i miei dolori. In me c’è qualcosa di infinitamente meglio di me… c’è Gesù, l’amore supremo e infinito che vive in me e mi sostiene in tutte le mie agonie”.
“Dai primi segni di predilezione, nell’ottobre 1930, fino a oggi, ogni settimana si sono confermate in me le parole di Nostro Signore e sono stata chiamata a vivere i vari momenti della Passione, nelle stesse ore in cui Gesù li ha vissuti. Ogni giovedì tutto il mio essere è stretto dalla morsa di sofferenze spirituali, di angosce, di tristezze, dolori dell’anima, del cuore e del corpo, che aumentano via via che si avvicina lo stato di agonia che invade a poco a poco tutto il mio essere. Un terrore immenso mi sconvolge l’anima ed essa soccombe sotto il peso del peccato che porta su di sé. L’anima ha paura, una grande paura. Si sente sola, desolata, abbandonata da Dio, in un vuoto terrificante, subito riempito dall’inferno con i suoi orrori. Tutti i demoni insorgono per accentuare il terrore della mia anima e gettarla nel panico, in cui soccomberebbe fatalmente senza una grazia del tutto speciale di Dio, che la sostiene in questa spaventosa solitudine. L’anima, diventata peccato, è schiacciata sotto quel peso, respinta da Dio, scacciata dalla sua presenza, abbandonata a tutti gli assalti dei demoni, che le si accaniscono contro per fermarla e per impedirle di accettare la volontà di Dio di cui non sente più l’aiuto”.
Pensate quali combattimenti queste anime hanno vissuto, situazioni a cui noi non arriviamo a pensare e continuiamo a dire: “Ma no… ma tanto… che cosa vuol che sia…”
Guardate che peso ha il peccato! Altro che ‘mi confesso una volta ogni sei mesi!’
Il cielo le sembra definitivamente chiuso. Visioni orrende l’invadono per travolgerla nello scoraggiamento e farla precipitare.
“Il Signore mi mostrava la sua croce, che vedevo dentro di me in modo distinto. Era una visione completamente interiore, molto precisa, più sicura della vista degli occhi, perché con gli occhi ci si può ingannare, mentre gli occhi dell’anima non t’ingannano mai, trattandosi di qualcosa di imposto. La vista del corpo può qualche volta venire a mancare. Si crede di vedere un’ombra perché vien meno la vista. Invece la vista dell’anima ci è estranea, è imposta all’anima ed essa non può non vedere e non può neppure sottrarsi alla vista, perché è l’oggetto di una volontà infinitamente superiore, diversa dalla sua. Quella croce (cioè la croce di Gesù) mi appariva pesante, rossa di sangue. Gesù me la tendeva, invitandomi a prenderla. E io accettavo subito, coprendola di baci e stringendola. E a quel punto vi ero distesa sopra da Gesù stesso e inchiodata di nuovo. Mi pareva: per sempre.”
“A volte so, in modo assolutamente intimo, che tutto quello che sopporto è voluto da Gesù e si compie in me per la sua volontà di amore. Lui stesso mi pone sulle spalle in quel momento la sua croce perché la porti sul calvario. La sento pesantissima sulla spalla destra, che a volte sanguina al suo contatto: la mia biancheria ne porta i segni. Lungo la via della croce, cado con Gesù: il mio corpo, sollevato bruscamente, ricade con violenza sui cuscini. Il dolore è indicibile. Oltre a queste manifestazioni divine, ci sono gli assalti del demonio che si accanisce senza tregua contro di me, si impadronisce del mio corpo e lo sbatte brutalmente da una parte all’altra. La testa urta con violenza contro gli oggetti che stanno intorno al letto: il cassettone con il ripiano di marmo, il tavolo. Lui mi strappa a volte le coperte e persino il cuscino, che spesso getta in mezzo alla stanza; la mamma deve poi rimetterlo a posto. Nonostante la sua furia e i suoi successi apparenti, non è mai riuscito a buttarmi giù dal letto, grazie (devo dirlo?) all’intervento materno della Madonna, a volte diretto, a volte più intimo; e grazie anche alla protezione degli angeli, che mi assistono durante tutta la Passione e mi difendono dall’inferno.”
Si fa fatica a leggere queste cose perché questa è una vaga immagine di quello che ha sofferto Gesù: noi ci pensiamo?
“Arrivata al calvario, durante i preparativi della crocefissione, la mia anima è colma di dolori e di letizia, di fronte alla volontà del Padre che si compie in me in modo perfetto. No, non oso dire perfetto, perché sono sempre ben al di sotto della sua volontà d’amore, a causa della mia miseria e della mia grande debolezza davanti a ogni nuova esigenza del Suo Cuore. Mi lascio stendere sulla croce di Gesù e crocefiggere in tutte le membra per effetto diretto della sua volontà. In quel momento le mani e i piedi mi sanguinano, a volte di più, a volte di meno. In preda a queste molteplici sofferenze, mi sento innalzata, crocefissa nell’offerta suprema di tutto il mio essere consegnato all’amore e alla giustizia del Padre, con Gesù che soffre e si offre in me, per mezzo mio; sostenuta dalla preghiera della Madonna che vigila maternamente su questa sua figlia, assistita dagli angeli che mi circondano con un rispetto sconvolgente.
Durante queste ore di tortura e di agonia di tutto l’essere, la mia testa, come quella di Gesù, è costretta a muoversi da destra a sinistra, in un moto alterno, senza mai trovare riposo né sollievo. Gemiti dolorosi mi escono dalle labbra e si fanno sempre più deboli via via che si avvicina la morte. Continuo così a seguire Gesù in tutte le tappe dolorose, vivendo nella mia anima le invettive che i suoi persecutori gli lanciavano al momento dell’arresto e che i demoni mi ripetono; sentendo nel mio corpo il morso lacerante dei legacci che stringono i polsi e il busto; provando in tutta me stessa, come se cadessi veramente, l’urto delle cadute successive; sballottata brutalmente come Gesù stesso, in preda allo scherno dei demoni che si fanno beffe di me, cercando di convincermi che sapranno rendere vani tutti quei dolori, in una burlesca imitazione della folla che scherniva e derideva Gesù lungo il suo percorso.
Dopo l’affronto e i dolori del pretorio, sperimento gli insulti della folla durante l’attraversamento della città fino al foro. Là provo tutte le sofferenze di Gesù, in particolare quella della flagellazione, che tante volte mi ha lasciato sul corpo, e specialmente sulla schiena, ferite simili a frustate. Tutto il mio essere accetta la sofferenza, la quasi totale impotenza fisica, in modo sempre più generoso, più amorevole; in un crescendo di abbandono, distacco, rinuncia i tutto.
Eppure, con quanta fatica a volte la mia povera natura arriva a constatare la sua completa impotenza in una infinità di cose, che costituiscono come il canovaccio della vita! Ma quando si ama Gesù e lo si ama di puro amore, si resta ugualmente molto calmi, si sorride con gioia e con amore, nonostante i dolori soffocanti, nonostante la tortura delle lacerazioni e le sofferenze lancinanti, nonostante le prove sconfortanti e il disgusto amaro”.
Direi che, dopo aver letto questa pagina, dobbiamo fermarci un po’ per meditare sulla nostra vita, sul bisogno che abbiamo di prendere tutte le nostre contrarietà e di metterle al servizio del Signore, dietro al Signore, nella sua sequela che ogni giorno dobbiamo abbracciare, imparando a portare il sorriso, il volto calmo, sereno, pacifico perché è un volto di un cuore amante. La differenza sta tutta qui, nell’amare.
Impariamo ad amare in ogni circostanza della nostra vita, e questo impareremo a farlo solo se impareremo a stare con costanza davanti a Gesù Sacramentato
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen.
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.