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“Comunione spirituale e comunione psichica” da “Vita comune” di D. Bonhoeffer. Parte 48

Comunione spirituale e comunione psichica

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: “Comunione spirituale e comunione psichica” tratta dal testo “Vita comune” di Dietrich Bonhoeffer.
Venerdì 3 marzo 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

Approfondimento
Atto di confidenza in Dio
Beato Claudio de la Colombiére S. J.

Mio Signore e Dio,
io sono così convinto che Tu hai cura di tutti quelli che sperano in Te e che niente può mancare a coloro che aspettano tutto da Te, che ho deciso, per l’avvenire, di vivere senza alcuna preoccupazione e di riversare su di Te ogni mia inquietudine.
Gli uomini possono spogliarmi di tutti i beni e del mio stesso onore;
le malattie possono privarmi delle forze e dei mezzi per servirti;
col peccato posso perdere perfino la tua grazia,
ma non perderò mai e poi mai la mia fiducia in Te.
La conserverò fino all’estremo della mia vita e il demonio, con tutti i suoi sforzi, non riuscirà mai a strapparmela.
Gli altri aspettino pure la loro felicità dalle ricchezze e dal loro ingegno; 
facciano anche affidamento sulla innocenza della loro vita, sui rigori delle loro penitenze, sulla quantità delle loro opere buone o sul fervore delle loro preghiere; 
per me tutta la mia confidenza è la mia stessa confidenza; confidenza che non ha mai ingannato nessuno.
Ecco perché ho l’assoluta certezza di essere eternamente felice,
perché ho l’incrollabile fiducia di esserlo e perché lo spero unicamente da Te.
Per mia triste esperienza devo purtroppo riconoscere di essere debole e incostante;
so quanto le tentazioni possono contro le virtù più affermate;
eppure nulla, finché conserverò questa ferma fiducia in Te, potrà spaventarmi;
starò al riparo da ogni disgrazia e sarò certo di continuare a sperare,
perché spero questa stessa immutabile speranza.
Infine, mio Dio,
sono intimamente persuaso che non sarà mai troppa la fiducia che ho in te
e che ciò che otterrò da Te sarà sempre al di sopra di ciò che avrò sperato.
Spero anche, Signore, che tu mi sorreggerai nelle facili debolezze;
mi sosterrai negli assalti più violenti;
che farai trionfare la mia fiacchezza sopra i miei più temuti nemici.
Ho tanta fiducia che Tu mi amerai sempre e che anch’io, a mia volta, ti amerò per sempre.
E per portare al più alto grado questa mia fiducia, o mio Creatore,
io spero Te e da Te stesso, per il tempo e per l’eternità.  Amen.

VANGELO (Mt 5, 20-26)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinèdrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a venerdì 3 marzo 2023. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal quinto capitolo del Vangelo di San Matteo, versetti 20-26.

Oggi è il Primo Venerdì del mese, quindi ricordiamoci di offrire la giornata e soprattutto la Santa Messa in onore del Sacratissimo Cuore di Gesù per riparare tutte le offese che riceve, secondo la richiesta che Gesù fece a Santa Margherita Maria Alacoque. Ricordiamoci anche la bellissima pratica dei Primi Nove Venerdì del mese.

Trovate tutto sul sito www.veritatemincaritate.com: nella Homepage scendete fino alla scritta “Vuoi scaricare i libri e i PDF di p. Giorgio Maria Faré?”. Cliccate sul tasto “clicca qui” e verrete portati a una pagina con tutti i miei PDF, lì trovate il PDF verde con i Sacri Cuori di Gesù e di Maria che contiene tutte le informazioni per fare bene la pratica dei Primi Nove Venerdì. È gratuito, si può scaricare, non si paga nulla.

Siamo in Quaresima e ricordiamo che il venerdì siamo tenuti all’astinenza, quindi niente carne e derivati. Poi, se riusciamo a fare un pochino di digiuno con lo scopo di far memoria della Passione di Gesù e anche di riparare, credo che non ci faccia male, che non guasti.

Leggiamo un breve passo dal Diario della beata Edvige Carboni.

(27 maggio 1941) Sognai don Bosco nel cortile della casa della Chiesa del Sacro Cuore. Mi avvicinai e mi disse: “Figliola, tu e tua sorella vi state impegnando per la conversione di tale famiglia. Figlia, da quella non otterrete niente di buono, non sono di parola. Vedi questo vaso come è bello?”. In un momento quel medesimo vaso lo vidi sporco. “Vedi, mi disse, quelli sono uguali a questo vaso: si sporcano in ogni momento. Tua sorella non ha pazienza nelle piccole contrarietà: non va bene. Tu non sai quanto io soffrii quando ero nel mondo; la mia vita è stata intessuta di spine e voi per un nonnulla vi agitate. Non va bene”.

Impariamo a non sporcarci in ogni momento e impariamo a non agitarci, a stare tranquilli e confidenti. Alla fine della meditazione di oggi vi lascerò una bellissima preghiera e vi dirò chi l’ha scritta. È veramente molto bella e riguarda proprio l’essere confidenti in Dio.

Continuiamo la nostra lettura del libro di Bonhoeffer, Vita Comune.

Ieri abbiamo visto che la prima cosa che si deve agli altri nella comunione è l’ascolto. 

L’amore per Dio comincia con l’ascolto della sua Parola, e analogamente l’amore per il fratello comincia con l’imparare ad ascoltarlo. L’amore di Dio agisce in noi, non limitandosi a darci la sua Parola, ma prestandoci anche ascolto.

Dobbiamo imparare ad ascoltare Dio, sapendo però che anche Dio ci ascolta; dobbiamo imparare ad avere molta confidenza con Dio. 

Allo stesso modo l’opera di Dio si riproduce nel nostro imparare a prestare ascolto al nostro fratello. I cristiani, soprattutto quelli impegnati nella predicazione, molto spesso pensano di dover “offrire” qualcosa agli altri con cui si incontrano, e ritengono che questo sia il loro unico compito. 

Abbiamo un po’ l’idea di “fare” per gli altri, che il nostro compito sia “fare” per gli altri, “dare” per gli altri.

Dimenticano che l’ascoltare potrebbe essere un servizio più importante del parlare. 

Forse dovremmo ascoltare di più e parlare di meno.

Molti cercano un orecchio disposto ad ascoltarli, e non lo trovano fra i cristiani, che parlano sempre, anche quando sarebbe il caso di ascoltare. 

Lo dicevamo ieri: non giudichiamo i nostri figli, i nostri amici se vanno a finire con le persone sbagliate, nelle compagnie sbagliate. Nessuno ama il male per il male, perché il male non è bello, non è fascinoso: il male è brutto, è disordine, è tante cose brutte! Ma perché uno ci cade dentro? Perché, se trova tutte le porte chiuse, alla fine va a cadere tra le braccia di quell’unico o di quegli unici che gli aprono la porta. E non si pone il problema di dove condurrà questa porta, perché ha talmente bisogno di essere ascoltato che gli va bene tutto. E dopo non dobbiamo giudicarli perché la risposta che ci verrebbe sarebbe: “Quando io avevo bisogno, tu dov’eri? Non hai mai avuto tempo per me; non hai mai avuto tempo di ascoltarmi”. 

Non avete mai pensato che la ragione per cui le persone compiono gesti estremi nella loro vita, potrebbe essere il fatto che non hanno trovato nessuno che le ascoltasse veramente, persone con cui poter parlare? 

Noi cristiani abbiamo il vizio di parlare sempre, di non saper tacere, di credere che dobbiamo “fare”: noi siamo un po’ ossessionati dal dover “fare” e quando non facciamo, andiamo in crisi perché ci sentiamo inutili. Ma è questo ciò che ci chiede il Signore?

Ma chi non sa più ascoltare il fratello, prima o poi non sarà più nemmeno capace di ascoltare Dio, e anche al cospetto di Dio non farà che parlare. Qui comincia la morte della vita spirituale, e alla fine non rimane altro che un futile chiacchierio religioso, quella degnazione pretesca, che soffoca tutto il resto sotto un cumulo di parole devote. 

Grazie! Grazie a Bonhoeffer che ha scritto queste cose! Pensate a quelle Adorazioni Eucaristiche dove si fa di tutto, tranne che stare zitti davanti a Gesù. 

Quando facevamo le Adorazioni Eucaristiche notturne non ho mai voluto che ci fosse nulla se non il silenzio; al cambio di ogni turno, si recitava insieme la Coroncina della Divina Misericordia che è brevissima e poi silenzio assoluto. Qualcuno mi diceva: “Padre, la gente poi “si stufa”: che cosa fa per un’ora? La gente non è abituata a fare un’ora di silenzio”. “Eh, beh, imparerà: pian pianino si impara. Imparerà ad ascoltare Dio e a parlare con Dio; imparerà che cosa significhi meditare un libro spirituale, che cosa significhi meditare la Parola di Dio. Imparerà! E vedrà che davanti a Dio un’ora corre velocissima”. 

Se non sappiamo ascoltare Dio, non sapremo neanche ascoltare il fratello e viceversa. E, come davanti agli uomini non facciamo altro che parlare, così davanti a Dio non facciamo che parlare: non posso riempire il momento di Adorazione Eucaristica con la lettura, perché stare davanti a Gesù non è come stare in biblioteca; non posso leggere, leggere e leggere in continuazione. Ci deve essere un momento in cui, magari, leggo, e poi chiudo tutto e silenzio, contemplazione, orazione, perché devo permettere al Signore di parlarmi. 

Quando non siamo più in grado di ascoltare, inizia la morte della vita spirituale che è collegata all’ascolto: se non c’è ascolto, non c’è vita spirituale e, se inizia questa morte perché siamo abituati solo a parlare sempre, rimane il chiacchiericcio religioso che è quel parlare retorico, vano e inutile “che soffoca tutto il resto sotto un cumulo parole devote“. Questa falsa disponibilità – Bonhoeffer la chiama “degnazione pretesca” – questo ascolto che non è ascolto (mentre stai parlando, capisci che l’altro non ti sta ascoltando, che sta pensando ad altro), è un insieme di parole devote, false, non vere, non sentite, incapaci di comunicare partecipazione. 

Chi non sa ascoltare a lungo e con pazienza, non sarà neppure capace di rivolgere veramente all’altro il proprio discorso, e alla fine non si accorgerà più nemmeno di lui. 

Guardate che è veramente bravo! 

Bisogna saper ascoltare; bisogna saper avere pazienza perché, se no, non sapremo parlare. Alle volte uno si chiede: “Sono invisibile? Mi vede o non mi vede?”.

Chi pensa che il proprio tempo sia troppo prezioso perché sia speso nell’ascolto degli altri, non avrà mai veramente tempo per Dio e per il fratello, ma lo riserverà solo a se stesso, per le proprie parole e i propri progetti.

Questa effettivamente è una tentazione terribile: pensare che il mio tempo sia così prezioso che lo posso spendere solo per me; che ho tempo solo quando sono io ad essere il protagonista e ad essere attivo; che ho tempo solo per i miei progetti, non per ascoltare, non per stare lì con pazienza a ricevere le confidenze, le aperture del cuore dell’altro che, sapete, in certi casi potrebbe essere una salvezza. Noi potremmo salvare una vita semplicemente ascoltandola, dando del tempo di ascolto importante! 

La cura pastorale fraterna si distingue essenzialmente dalla predicazione, per il fatto che nella prima non si tratta solo della parola da pronunciare, ma anche dell’ascolto da offrire.

La cura pastorale, la cura che il pastore offre ai fratelli e alle sorelle, è fatta di due parti: predicazione e poi ascolto. Ecco l’importanza del confessionale; ecco perché è importante che il sacerdote dedichi del tempo alle confessioni, del tempo fisso. Non dobbiamo ragionare nella prospettiva di: “Prendete l’appuntamento”, no! È sbagliata, non va bene.

Quando qualcuno mi diceva: “Padre, devo venire a confessarmi, mi dà l’appuntamento?”, io rispondevo: “Non sono mica il Papa; non c’è bisogno dell’appuntamento. Se andrà dal Papa, chiederà l’appuntamento, ma non da me! Perché chiedere l’appuntamento? Io sono in confessionale nel tal giorno e nel tal altro, da quest’ora a quest’ora: vieni quando vuoi”. Ci deve essere un tempo fisso, sempre quello, e i fedeli devono saperlo: quel Padre è in confessionale (facciamo un’ipotesi) il sabato dalle quindici alle diciotto. Non ho bisogno di sapere altre cose, ma so che c’è, e questo è fondamentale. Poi, se posso andare, vado; se non posso, non vado; se ho bisogno, vado; se non ho bisogno, non vado. Però so che il sacerdote e lì.

Un sacerdote potrebbe obiettare: “Sì, va beh io vado in confessionale e poi non c’è nessuno: che cosa vado a fare?”. A pregare! Hai bisogno di pregare. Tu più di tutti gli altri; noi, più di tutti gli altri! Tu comincia a entrare e stai lì. Portati un Rosario: non hai bisogno di dire un Salterio di Gesù e di Maria? Non hai bisogno di fare un po’ di meditazione su un libro? Non hai bisogno di preparare la predicazione? Non hai bisogno di studiare un po’? Porta tutto in confessionale: accendi la luce, apri le porte, lasciale aperte e, per quel briciolo di esperienza che ho io, mi viene da dirti: “Non riuscirai a leggere sei pagine, ma neanche cinque e non riuscirai a dire un Salterio di Gesù e di Maria perché da lì a breve, qualcuno entrerà. È sicuro!” È sicuro perché poi la voce si sparge: “Ho trovato in quella chiesa un sacerdote che nel tal giorno alla tale ora è lì in confessionale con la porta aperta”. La gente poi arriva perché c’è bisogno di andare non solo a confessarsi da un sacerdote, ma anche di andare a parlare, di ricevere consigli. 

Certo, è ovvio che, poi, se si sparge la voce e si viene a sapere che c’è un prete sempre disponibile in quel giorno e in quell’ora, è ovvio che poi le cose si complicano perché, poi, cominciano ad arrivare: un conto se hai quattro persone ad aspettare al confessionale, un conto se ne hai trenta, poi le cose cambiano e il tempo è quello. Poi diventa difficile: se tu sai che ci sono trenta persone non puoi dedicare un’ora, ma neanche mezz’ora ad ogni persona, perché, se hai tre ore e ci sono trenta persone, non puoi dedicare mezz’ora. La matematica è così, poi diventa complesso. Poi i fedeli devono capire che su quel sacerdote grava un peso per quello che molti altri non fanno, quindi non può fare tutto. Se fossero venti i sacerdoti che fanno così, tutto si distribuirebbe, ma se il compito di venti viene eseguito da tre o quattro, è un problema!

Bisogna quindi avere tutti una grande pazienza e rendersi conto che siamo in un tempo difficile sotto tanti punti di vista; ci vogliono molta pazienza, molta comprensione, molta calma per cercare di fare insieme quello che possiamo. Adesso attenti a quello che scrive.

C’è anche un modo di ascoltare distrattamente, nella convinzione di sapere già ciò che l’altro vuol dire. È un modo di ascoltare impaziente, disattento, che disprezza il fratello e aspetta solo il momento di prendere la parola per liberarsi di lui. Questo non è certo il modo di adempiere al nostro incarico, e anche qui sicuramente il nostro modo di riferirci al fratello rispecchia il modo di riferirci a Dio. 

A me capita! A me capita! A me capita di cadere proprio in questa cosa; è proprio vero! Non avevo mai riflettuto sul fatto che fare così, significasse questo. L’analisi che Bonhoeffer fa è veramente puntuale e precisa. 

Il rischio è farsi prendere da una sorta di ansia che si lega al tempo; che è il sentirsi sotto pressione per dover fare questo e quest’altro; che è il sapere che ti devono chiamare cinque persone che ti devono parlare; che è l’essere al telefono con uno e vedere che ce ne è un altro in attesa e sta chiamando; che è l’essere al telefono e vedere tre chiamate in coda mentre il cellulare ti dice: “Anche se sono un super-mega telefono, ho anche io un limite!”. 

Il rischio è che uno si faccia prendere dall’ansia da prestazione e dica: “Sì, sì, ho già capito che cosa vuoi dirmi non stiamo a tirarla per le lunghe. Va bene, ti do la risposta, punto, fine!”. Non va bene, non va bene. 

È vero che, quando chiamo qualcuno di cui ho bisogno, devo imparare a non dire un pensiero con centomila parole se ne bastano dieci, perché alle volte noi siamo troppo prolissi nel parlare e facciamo una serie di questioni che servono a niente e anche su questo è importante educarci alla sintesi e andare subito al punto. Perché è vero che l’altro deve ascoltarci, ma non dobbiamo neanche abusare del suo tempo, sono due cose che vanno tenute insieme. Però è altrettanto vero che nell’ascolto spesso l’impazienza e anche la disattenzione possono entrare e tu cominci a pensare ad altro: a un certo punto è come se tu volessi tagliare corto per liberarti della persona. 

Questo, dice Bonhoeffer, ha comunque un riflesso sul rapporto con Dio. Credo che in questo tempo di Quaresima siamo tutti chiamati – sia chi ascolta, sia chi parla – a una sorta di rivisitazione. Non è facile, cambiare le cose a questo livello, però è fondamentale imparare a farlo.

Mi fermo qui perché poi il tema si approfondisce e il tempo corre. 

Come vi ho promesso, volevo leggervi, come preghiera finale, l’Atto di Confidenza del Beato Claudio de la Colombière, sacerdote gesuita che fu il Padre Spirituale di Santa Margherita Maria Alacoque. Andate a leggere la sua biografia che è molto interessante. Verso la fine della sua vita, quando fu incarcerato ingiustamente in Inghilterra per tre settimane, si ammalò gravemente – infatti poi morì – per l’ambiente umido e freddo che c’era e in quella situazione veramente terribile scrisse questo Atto di Confidenza in Dio. Ve lo leggo perché lo trovo una preghiera bellissima e ve la lascio come preghiera di questo venerdì di Quaresima, visto che Gesù definì il Beato Claudio “mio amico secondo il mio cuore” a Santa Margherita Maria. 

Il Beato Claudio profuse ogni sforzo per difendere Santa Margherita Maria Alacoque dalle accuse mosse da diversi sacerdoti di avere visioni del diavolo, di essere una pazza visionaria; lui, invece, la difese e poi si prodigò per diffondere la Devozione al Sacro Cuore di Gesù. Ovviamente questo gli costò carissimo, anche il carcere. Voi chiederete: “Qual è il rapporto tra questo e il carcere?”. Sapete, quando ci dedichiamo veramente alle cose di Dio e operiamo secondo Dio, dobbiamo prepararci a grandissime sofferenze. 

Vi leggo la sua preghiera così, nei momenti difficili, la recitate pensando al Beato Claudio de la Colombière che l’ha composta alla fine della sua vita, dentro a una sofferenza terribile che lo stava divorando.

Mio Signore e Dio,
io sono così convinto che Tu hai cura di tutti quelli che sperano in Te
e che niente può mancare a coloro che aspettano tutto da Te,
che ho deciso, per l’avvenire, di vivere senza alcuna preoccupazione
e di riversare su di Te ogni mia inquietudine.

(Era molto malato, stava morendo!)

Gli uomini possono spogliarmi di tutti i beni e del mio stesso onore;

(Era in prigione!)

le malattie possono privarmi delle forze e dei mezzi per servirti;

(Vedete? “Sono in carcere; adesso mi sono gravemente ammalato e non ho più né forze, né mezzi”)

col peccato posso perdere perfino la tua grazia,
ma non perderò mai e poi mai la mia fiducia in Te.

(Anche se cado nel peccato più oscuro, non perderò mai la mia fiducia in Te)

La conserverò fino all’estremo della mia vita
e il demonio, con tutti i suoi sforzi, non riuscirà mai a strapparmela.
Gli altri aspettino pure la loro felicità dalle ricchezze e dal loro ingegno;
facciano anche affidamento sulla innocenza della loro vita,
sui rigori delle loro penitenze,
sulla quantità delle loro opere buone o sul fervore delle loro preghiere;
per me tutta la mia confidenza è la mia stessa confidenza;
confidenza che non ha mai ingannato nessuno.

(Tutta la mia stessa fiducia è la mia stessa fiducia. Io confido nella confidenza stessa, in nient’altro. Quindi confido solo in Te e confidare in Te mi dà fiducia)

Ecco perché ho l’assoluta certezza di essere eternamente felice,
perché ho l’incrollabile fiducia di esserlo e perché lo spero unicamente da Te.
Per mia triste esperienza
devo purtroppo riconoscere di essere debole e incostante;
so quanto le tentazioni possono contro le virtù più affermate;
eppure nulla, finché conserverò questa ferma fiducia in Te, potrà spaventarmi;
starò al riparo da ogni disgrazia e sarò certo di continuare a sperare,
perché spero questa stessa immutabile speranza.
Infine, mio Dio,
sono intimamente persuaso
che non sarà mai troppa la fiducia che ho in te
e che ciò che otterrò da Te,
sarà sempre al di sopra di ciò che avrò sperato.

(Verissimo: se veramente speriamo in Dio, se veramente ci fidiamo di Dio, quello che ci torna indietro è cento volte di più, infinitamente di più!)

Spero anche, Signore,
che tu mi sorreggerai nelle facili debolezze;
mi sosterrai negli assalti più violenti;
che farai trionfare la mia fiacchezza
sopra i miei più temuti nemici.
Ho tanta fiducia che Tu mi amerai sempre
e che anch’io, a mia volta, ti amerò per sempre.
E per portare al più alto grado questa mia fiducia,
o mio Creatore,
io spero Te e da Te stesso,
per il tempo e per l’eternità.  Amen.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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