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“Il mio giogo è dolce e il mio peso leggero” (Mt. 11,30)

Piuma

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: « “Il mio giogo è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11,30) »
Sabato 29 aprile 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mt 11,25-30)

In quel tempo, Gesù disse:
“Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero”.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a sabato 29 aprile 2023.

Festeggiamo oggi Santa Caterina da Siena, Vergine e Dottore della Chiesa.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo undicesimo di San Matteo, versetti 25-30.

Concentriamoci come sempre su qualche versetto della parola di Dio che abbiamo appena ascoltato e che in questa giornata ci accompagna come meditazione della Santa Messa che abbiamo vissuto insieme. Io vi leggo il versetto sul quale mi concentrerò e poi ve lo commento.

“hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti” 

Ci facciamo sempre un po’ accompagnare dai Santi, dai Dottori della Chiesa,  leggiamo quello che scrive Sant’Agostino a commento di questo versetto, quindi: 

cioè a coloro che si credevano luce

questi sono i sapienti, gli intelligenti

e invece erano tenebre, e per il fatto d’essere tenebre e di credersi luce non poterono nemmeno essere illuminati. Quelli invece ch’erano tenebre e riconoscevano d’essere tenebre, erano piccoli, non grandi, erano umili, non superbi. A ragione dunque dicevano: “Tu, o Signore, darai luce alla mia lampada”. Riconoscevano se stessi, lodavano il Signore e non si allontanavano dalla via della salvezza.

Sant’Agostino, in questo modo ci fa capire a chi Gesù fa riferimento quando parla dei sapienti, degli intelligenti e quando parla appunto dei piccoli. I sapienti, intelligenti — in senso negativo ovviamente — a cui Gesù fa riferimento — l’espressione giusta è “i sapienti e i dotti” che problema hanno? Il problema ovviamente non è nella cultura, non è l’essere intelligenti, non è l’essere eruditi, non è essere colti. Il problema è il credersi luce e invece essere tenebre. E per questo, siccome non si riconoscono le tenebre che si portano dentro, non si può essere illuminati.

Forse è per questo che ci confessiamo tanto raramente? Forse perché tutto sommato ci sentiamo delle piccole fiaccole che camminano! Forse per questo che piangiamo poco i nostri peccati! Forse è per questo che parliamo poco di peccati o di peccato! Chi di noi si sveglia al mattino e dice: “Io mi sento tenebra?”. Penso che molti di noi si sveglino al mattino credendosi luce. Ma se io non riconosco la mia tenebra — e ognuno ha la sua tenebra — non posso essere illuminato.

I piccoli, viceversa, chi sono? I piccoli non sono quelli che sono ignoranti, non sono quelli che sono analfabeti, non sono gli “stupidotti”. I piccoli chi sono? Sono coloro che sanno riconoscere le proprie tenebre. Questo è “il piccolo” del Vangelo a cui fa riferimento Gesù, ci dice Sant’Agostino nel suo sermone 69-7. Sono le persone umili, sono le persone non superbe, sono le persone che sanno conoscere sé stesse. Santa Teresa d’Avila parla tanto dell’importanza della “conoscenza di sé”, del saper riconoscere la propria tenebra, di saperla individuare e quindi del chiedere la luce, quindi del lodare Dio e del non allontanarsi dalla via della salvezza.

Altra parte del versetto:

“e le hai rivelate ai piccoli”

 In questo caso facciamo riferimento a un sermone per la festa di tutti i santi di un altro beato — in questo caso di un beato abbastanza famoso — che è il beato Guerrico Abate.

Lui è nato a Tournai in Belgio tra il 1070 e il 1081, poi divenne professore canonico e, più che quarantenne, fu mosso dal desiderio di vedere San Bernardo e fu convertito dalla sua predicazione.

Vedete? È il discorso che vi facevo ieri in riferimento a Sant’Agostino e Sant’Ambrogio, accadde la stessa cosa al beato Guerrico Abate con San Bernardo. Tutto il tema che abbiamo trattato commentando lo scritto di Santa Teresa d’Avila sui predicatori, sull’importanza della predicazione, sull’essere fervorosi infuocati, schietti, sinceri, chiari, non compromessi col mondo. Dice Santa Teresa: “Non avere in nessuna stima l’amore del mondo, non cercare il compromesso col mondo, il consenso col mondo, non voler salvare la propria vita ma perderla, guadagnare o perdere è la stessa cosa”.

 Ricordate tutto il commento, tutto quello che Santa Teresa ha scritto e che vi ho commentato pochi giorni fa. E quindi tutto quel discorso che vi ho fatto sull’importanza di queste figure speciali, sante, innamorate di Dio, che quindi affascinano, non plagiano, affascinano. Io sottolineo sempre il tema del plagio, perché ho sempre in mente tutta la macchina di fango che è stata scatenata contro Padre Pio da Pietrelcina. Le ho sempre in mente perché certe cose che ho letto mi hanno veramente fatto male e sconvolto, perché ci vuole veramente una grande perversione mentale e spirituale per arrivare a pensare a certe cose. Ricordate quando vi ho citato il caso di Cleonice Morcaldi, quello che le diceva il suo parroco? “Ma cosa vai a fare? Ma tu hai perso la testa per Padre Pio! Non c’è bisogno di andare fin lassù, puoi stare qui in parrocchia: è la stessa cosa e Padre Pio ti vuole traviare… Insomma, tutti quei discorsi lì, i soliti discorsi. E Padre Pio — vi ricordate? — ve l’ho già detto cosa ha risposto!

In questo caso abbiamo un altro esempio, che è quello del beato Guerrico in riferimento a San Bernardo. Vedete come i santi vanno in coppia? Ed è la predicazione, ancora una volta: il tema è questo! Quindi rimane convertito: era già professore, era già canonico, ma — capite — incontri San Bernardo, rimani rapito! E quindi diviene suo discepolo a Chiaravalle. Quindi nel 1122 il beato Guerrico Abate diventa discepolo di San Bernardo a Chiaravalle. Dopo 17 anni, fu eletto Abate d’Igny nella diocesi di Reims nel 1138. E i suoi sermoni, che sono stati raccolti dai suoi monaci, dimostrano molto bene come Gesù si formi e cresca in noi attraverso Maria. Quindi se uno vuole approfondire questo filone, il beato Guerrico Abate è sicuramente un ottimo punto di riferimento per questa mediazione della Vergine Maria, affinché si formi Gesù in noi e cresca in noi. Così adesso, quando lo citerò, sapete di chi vi sto parlando.

E adesso, appunto, vi leggo quello che scrive il beato Guerrico:

Questi umili non sono altro che mendicanti dello spirito, dei quali è qui proclamata la beatitudine.

Ecco, dobbiamo diventare i poveri in spirito, dobbiamo diventare i mendicanti in spirito. E San Bernardo da Chiaravalle scrive:

Il frutto dell’umiltà è quindi la conoscenza della verità… che è nascosta ai superbi e rivelata agli umili

Molto bello: il frutto dell’umiltà è la conoscenza della verità. La conoscenza della verità è nascosta ai superbi, un paradosso! Magari proprio quelli che più si vantano di essere colti, eruditi e studiosi, non conoscono la verità. Mentre gli umili — mi viene in mente Santa Bernadette, per esempio — hanno questa conoscenza della verità, perché la verità si manifesta, si conosce nell’umiltà. E dice Gesù : “e la riveli agli umili”.

Sentite che bello quanto scrive Epifanio latino nell’interpretazione dei Vangeli, scrive così:

e li rivelò agli umili, a quali piccoli?

Ecco sentite, lui ancora meglio ce lo dice:

non ai piccoli di età, ma coloro che sono piccoli quanto al peccato e a malvagità

Abbiamo visto la piccolezza legata all’umiltà, e adesso Epifanio latino ci fa vedere la piccolezza legata alla scarsa o “zero esperienza” di peccato e di malvagità.

A loro ha rivelato il cercare i beni del paradiso e ciò che avverrà nel Regno dei cieli, poiché così è stato stabilito dinanzi a Dio, che verranno dall’Oriente all’Occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco, Giacobbe nel Regno dei cieli, mentre i figli del Regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti.

Leggiamo anche che cosa dice Teodoro di Eraclea nel frammento 80:

chiama i giudei proprio così, sapienti, o perché a loro erano stati affidati decreti di Dio o perché operavano il male ed erano abili nel fare così. Chiama di contro piccoli gli apostoli, ovvero chiama sapienti solo gli scribi e i farisei che non possedevano in realtà la sapienza, ma solo un’apparenza per l’abilità dei loro discorsi,

quindi stiamo attenti ai discorsi apparentemente sapienti ma che non sono sapienti

piccoli, invece, chiama i pescatori perché ingenui nel fare il male. Nel farsi conoscere dai semplici si evidenzia la grazia di Dio.

Quindi qui il piccolo è colui che è ingenuo, è inesperto nel fare il male: molto bello, no?

Tuttavia, Cristo parla in questo modo, non perché se ne compiaccia, ma perché è preferibile che i malvagi non conoscano l’efficacia delle parole divine, per evitare che conoscendole e disprezzandole incorrano in una punizione più grave. Soprattutto Cristo ha fatto tutte queste cose, ma nel ringraziare il Padre per ciò che aveva fatto, fa conoscere che una sola è la volontà di entrambi e uno solo è l’amore per noi. Per cui lo ringrazia di tutto quello che ci fa di bene.

Ecco, anche questo è un altro aspetto interessante che dobbiamo tenere sotto gli occhi.

Andiamo avanti:

Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi

Sentiamo che cosa ci dice il Maestro Eckhart.

Anche su di lui vi dico due parole, perché forse ieri non ve le ho dette. Il Maestro Eckhart è entrato in gioventù nell’ordine domenicano, fu probabilmente allievo di Alberto Magno, che abbiamo già visto nei giorni scorsi in riferimento all’Eucarestia. Dopo gli studi all’Università di Parigi nel 1293 divenne Priore a Erfurt, dove stese i discorsi della distinzione. Negli anni 1302-1303 e 1311-1313, fu Magister di teologia all’Università di Parigi. Nel 1303 fu nominato padre provinciale della nuova provincia domenicale di Sassonia e poi fu attivo nella regione di Strasburgo, soprattutto come padre spirituale in conventi femminili. Nello stesso ruolo visitò probabilmente anche i conventi di domenicani della Svizzera orientale. Ecco, mi sembra che queste informazioni che vi ho detto siano abbastanza.

 Ecco cosa ci dice Eckhart, in relazione al versetto “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi”:

affaticati per realizzare i vostri desideri e così bevete ed avete di nuovo sete.

Quindi spesse volte, non sempre, perché ci affatichiamo? Perché vogliamo realizzare quello che vogliamo e non siamo mai sazi. Se invece noi facessimo la volontà di Dio…

E adesso leggiamo quello che il beato Guerrico scrisse in un sermone per l’assunzione della Beata Vergine Maria a commento del “troverete riposo per le anime vostre”. E lui, qui, in quello che adesso vi leggerò, fa un parallelo tra la fisica del mondo e la fisica dell’anima. Questa non è una sintesi mia, questa è la sintesi che fa Boezio. Già lo stesso Boezio sottolineava questa cosa, questo parallelismo del beato Guerrico tra la fisica del mondo e la fisica dell’anima che adesso vi leggo:

Felice, colui che in tutti i suoi lavori e in tutte le sue vie cerca questo beato riposo!… Un tal uomo, anche quando lavora, è nel riposo, mentre il peccatore al contrario, anche quando si riposa, lavora.

Vi ricordate quando vi dicevo che ci sono gli eterni stanchi? Dei quali uno si chiede: “Ma di far che cosa sei stanco? Che cos’è che fai concretamente per essere stanco?” Non si sa! Perché poi, se tu vai a guardare bene quelle vite vuote, non fanno niente, sono stanchi di non fare niente o gli basta fare una cosa che subito diventano i “Signori non ce la faccio”, vi ricordate quando vi ho parlato del “Signor non ce la faccio”? “Eh c’ho lo stress, eh sono in burnout, eh faccio fatica, eh sono esaurito, eh che senso hanno tutte queste cose da fare” e avanti di seguito. Questi lamentosi continui. Ecco, un’interpretazione possibile è: stiamo attenti perché il peccatore quando si riposa, lavora. Il peccatore non riposa mai! Mentre colui che cerca Dio, in tutte le sue vie, è sempre nel riposo, anche quando lavora, e lavora sicuramente molto di più di colui che invece non è in grazia di Dio. 

Prosegue:

Come in effetti potrebbero avere riposo coloro che Dio lascia nel ciclo senza fine dei mali, ai quali ha promesso nel suo sdegno: Non entreranno nel mio riposo? (Sal 94,11). Fuori di questo riposo non c’è che afflizione e miseria e tutto intorno una tempesta violenta. È quello che si osserva in natura:

Ecco, vedete la fisica del mondo e la fisica dell’anima di Boezio

tutto quello che si tiene fuori dalla semplicità dell’unità del punto centrale è nel movimento e nell’agitazione; e il cerchio gira tanto più rapidamente quanto più lontano dall’immobilità del suo principio, cioè del suo asse. E precisamente i malvagi girano in un cerchio, perché Dio li lascia nella ruota dei mali. È per questo che non possono entrare nel riposo interiore ed eterno.

Voi vedete che i santi, i quali quasi sempre sono flagellati da persecuzioni fisiche o spirituali o comunque da malattie anche gravissime, però sono in pace. Vedete invece i peccatori — qui con “peccatori” s’intende  coloro che si oppongono a Dio, (perché siamo tutti peccatori, ovviamente) coloro che vivono in uno stato di peccato e vogliono andare avanti così — che invece apparentemente stanno bene, ma sono tormentati come se avessero addosso cento tarantole. Quindi qui dice:

È per questo che non possono entrare a riposo interiore ed esteriore. La sofferenza e l’infelicità sono nelle loro vie perché non hanno conosciuto la via della pace, non avendola neppure cercata… perché nella molteplicità delle azioni, a causa delle quali sono turbate e si sono turbati, non hanno considerato e cercato l’unica necessaria.

 Capite, quindi, nel caso dei peccatori — che potremmo chiamare meglio oggi “empi” — la sofferenza e l’infelicità sono le loro vie. Perché non hanno conosciuto la via della pace! Perché non l’hanno cercata! E sono turbati e si turbano a causa delle loro azioni, di quello che fanno. Quando faccio il male io non posso essere sereno, è chiaro che sono turbato. È chiaro che sono agitato, è chiaro che sono teso, nervoso e vado magari a diventare l’aguzzino della vita degli altri.

San Ciro d’Alessandria nel frammento 149 commenta così:

colui che ha ascoltato la chiamata, si è avvicinato e si è unito a colui che l’ha chiamato, questi si ristora. Tenendovi lontani da dottrine peccaminose, dall’inclinazione alla carne, coinvolgendovi ad azioni degne di approvazione venite a me per essere partecipi della natura divina associata allo Spirito Santo. Chiama tutti e non solo quelli di Israele, in quanto creatore Signore di tutti, dice “affaticati” i giudei in quanto non sono capaci di portare il giogo della legge; dice “oppressi” gli idolatri, in quanto oppressi dal diavolo, appesantiti da quantità di peccati. Voi o giudei tendete alla verità, riconoscete che io sono vostro protettore e Signore e subito ne trarrete profitto. Vi libero infatti dalla schiavitù della legge, a causa della quale ho sopportato molta fatica e non siete capaci di porvi fine facilmente, dato che vi siete procurati da voi stessi un carico grandissimo di peccati, per cui tanto più conviene comportarvi in conformità di quanto prescrive la legge.

Vedete: diversi santi, diversi tempi storici, ma i concetti di fondo sono quelli. E poi come ultimo leggiamo:

Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero

Epifanio latino, nell’interpretazione dei Vangeli 26 scrive:

Chi vuole la vita e desidera vedere i tempi buoni deponga il giogo dell’iniquità della malvagità, come dice il profeta: rompiamo le loro catene e scagliamo lontano da noi il loro giogo. Nessuno che non si getti alle spalle il giogo di iniquità, cioè tutto ciò che alimenta i vizi, può prendere su di sé il giogo dolce e leggero di Cristo; ma se il giogo di Cristo è tanto leggero e dolce, come mai la Santa religione sembra essere opprimente e dolorosa agli uomini?

Domanda quanto mai attuale. Appare dolorosa, quindi il  “Signor non c’è la faccio” che dice: “I comandamenti sono pesanti, seguire le cose di Dio è difficile, eh ma allora qui vuol dire che dobbiamo essere solamente la chiesa dei puri, dei perfetti?”. E quindi allora tutta l’ideologia “eh, sono fragile, sono ferito, sono debole…” tutte quelle cose lì, questo dire dell’annichilimento. E appunto Epifanio latino ci dice: “Come mai Gesù dice che il suo carico è dolce e leggero e invece per non pochi sembra essere opprimente e doloroso?” E adesso lui ci dà la risposta:

Appare doloroso perché il cuore, contaminato dai desideri terreni, non è in grado di amare le cose celesti e non giunge ancora a Cristo per prendere il sopra di sé il suo giogo ed imparare da Lui, che è mite e umile di cuore. Perciò, dilettissimi fratelli, a seguito di un insegnamento del Nostro Signore, siamo avvisati che senza essere miti e umili di cuore non si può portare il giogo di Cristo. 

Quindi il problema sono i desideri terreni, cioè la mondanità. Cioè, che cosa io desidero: desidero il cielo o desidero il mondo? Che cosa desideri? Desideri amare le cose celesti o invece quelle mondane? E Guglielmo di Saint-Thierry nel De natura et dignitate amoris scrive:  

A chi si immerge nell’eterna volontà di Dio, rinunziando così ad ogni creatura, a chi facesse ciò e vi perseverasse il peso di Dio sarebbe leggero. 

Ecco, vedete, parole diverse, ma… 

Così leggero che se quest’uomo si mette su tutti i pesi che porta il mondo intero, quel peso diventerebbe tanto lieve da essere per lui come un puro nulla, sarebbe per lui una delizia, una soddisfazione, una gioia e un cielo, perché Dio porterebbe il peso e l’uomo ne sarebbe libero, uscirebbe da se stesso e Dio entrerebbe completamente in tutta la sua condotta. 

Molto bello, no? Molto bello.

Apollinare di Laodicea nel frammento 67 scrive: 

Se il giogo è dolce e il carico leggero, come mai ha chiamato la strada “stretta”? 

Altra domanda, altro tormentone. E quindi cominciamo a dire: eh, ma allora quel discorso escludente; eh, ma che immagine di discepolanza emerge? Perché il Signore dice che la strada è stretta? Ma non dovrebbe essere stretta perché è già pesante la vita; no, ma lì il Signore con “stretta” voleva dire un’altra cosa” e via di seguito… 

Apollinare di Laodicea invece fa una domanda che è assolutamente lecita — e molto diffusa ancora oggi — e dà una risposta estremamente semplice, bella e vera: quindi, se il giogo è dolce e il carico leggero, come mai è chiamata la strada stretta? Risposta:

Stretta è per i pigri

Ecco che tornano ancora in scena i pigri. Quelli con la bolla al naso, quelli del “non c’ho voglia di fare niente”, quelli del “meno facciamo, meglio stiamo”, quelli del “mi affogo nell’ozio”. Questi sono i pigri. Per cui, se gli dici di fare un passo: “Eh no, ma devo fare tutto io?”. Che uno dice: “Ma veramente!”. Hai lì accanto tua madre e tuo padre che stanno morendo per quante cose hanno da fare, e tu per muovere una forchetta devi morire!

Abbiamo immagini di santi vescovi, di santi sacerdoti: San Carlo Borromeo, il beato Cardinal Schuster; sacerdoti a non finire: San Giovanni Maria Vianney, San Francesco di Sales e via di seguito, S. Pio da Pietrelcina, San Giovanni della Croce… ma ce n’è veramente una schiera incredibile… e uno guarda la loro vita… Se guardo la vita di San Carlo, poi guardo la mia e mi sprofondo nel nulla. Perché come fai a dire che sei stanco, come fai a lamentarti del “sono stanco”? Ma guarda la vita di San Carlo: che vita ha fatto San Carlo? Guarda la vita del beato Cardinal Schuster: quanto ha lavorato per il Signore? Stiamo attenti a non cedere alla logica della pigrizia.

Quindi: quindi stretta è per i pigri.

per colui che è zelante le prescrizioni del Signore sono leggere. Se infatti per un po’ sopporto una fatica materiale, il timorato di Dio in quanto educato in buona speranza, lo sopporta agevolmente.

Il timorato di Dio, non è pigro, è mosso e sostenuto dalla speranza, quindi anche la fatica, di qualunque genere sia, la porta avanti perché c’è dentro di lui una speranza, perché sa che c’è un fine: bellissimo e altissimo. Ecco, proprio come vi ho detto prima: “Dio porterebbe il peso, ne sarebbe libero, uscirebbe da sé stesso e Dio entrerebbe completamente in tutta la sua condotta.” Stiamo quindi attenti alla pigrizia: stiamo molto attenti.

Bene, credo di avervi detto un po’ di cosine e adesso tocca a noi.

Ah, ecco, sì, c’era anche questo, c’era questa bella riflessione di Guglielmo di Saint-Thierry che ,potremmo dire, fa una “gnoseologia teologica” — adesso non vi spiego cosa vuol dire, ma i più esperti, i più “addetti ai lavori”, capiscono molto bene cosa vuol dire “gnoseologia teologica”. E sentite un po’ la gnoseologia teologica che fa Guglielmo di Saint-Thierry e dice — non vi leggo tutto perché è tanto — : 

E come un senso corporeo, perché sia un senso e senta, bisogna che, per mezzo di una certa affezione sensibile si muti in qualche modo in ciò che esso sente

cioè la vista in ciò che le si fa visibile, l’udito in ciò che si fa udibile… 

così l’anima, quando è dolcemente toccata tramite il suo senso, che è l’amore, per una certa qual trasformazione di sé si trasmuta in ciò che ama: “Questa è la carità, per cui chi ama rimane in Dio e Dio in lui” (Giovanni 1, 4-16), confermando le parole di San Paolo: “Riflettendo la gloria del Signore, siamo trasformati secondo la sua immagine” (Corinzi 2, 3-18)

E qui riprende tutto il tema dell’amore, che abbiamo trattato un po’ di giorni fa: quindi ci trasformiamo in ciò che amiamo.

Noi ci trasformiamo in ciò che amiamo, quindi stiamo bene attenti a ciò che amiamo: se amiamo Dio, noi ci trasformeremo in Lui.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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