Scroll Top

Gesù: Porta, Guardiano e Pastore

Gesù Buon Pastore

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: « Gesù: Porta, Guardiano e Pastore »
Domenica 30 aprile 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Gv 10, 1-10)

In quel tempo, Gesù disse:
«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a domenica 30 aprile 2023. Ricordiamo quest’oggi San Pio V Papa. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo decimo di San Giovanni, versetti 1-10.

È sicuramente questo un Vangelo decisamente famoso e anche molto importante, cerchiamo come sempre di dare qualche spunto, qualche suggerimento. Io leggerò parti di un versetto o un versetto intero, e poi lo commento. Cercheremo di far sempre uso, per quanto possibile, dei commenti dei Padri, dei Santi, comunque di chi ci ha preceduto nella fede, che ha già riflettuto e ha già vissuto su questi testi del Vangelo e che ci può dare qualche utilissimo spunto di riflessione.

“chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante”.

Ecco, allora leggiamo che cosa scrive Taulero nella sua predica per Pentecoste. Dice così:

di quali ladri Cristo intendeva parlare? Di tutti coloro che cercano di entrare solo per mezzo della propria abilità naturale e della propria intellettualità, senza conformarsi, con umile abbandono a Gesù Cristo; essi entrano per una falsa porta.

Quindi, quando non c’è un vero abbandono in Gesù e uno si fonda e si basa sulla sua capacità intellettuale, sulla sua abilità naturale.

Qual è il ladro che ruba qui? È questo: c’è nell’uomo un pungolo cattivo e nascosto un perverso adulatore, cioè una cattiva inclinazione ad appropriarsi attribuirsi tutto, che vuole tirare a sé tutto ciò che riesce ad afferrare in Dio e nelle creature, che vuole sempre estendere la mano con spirito di proprietà e vuole tutto ciò che ritiene suo. Egli vuole essere qualcosa e mai annientare se stesso. Questo è il ladro che si insinua di soppiatto in maniera diabolica e vorrebbe rapire a Dio il suo onore, agli uomini ogni verità, privandoli della perfezione.

Ecco il ladro! Avete visto? Chi è il ladro di cui parla Gesù? È colui che vuole prendere, afferrare, appropriarsi, attribuirsi tutto. È colui che vuole tirare a sé tutto ciò che riesce, sia in Dio che nelle creature. Vuole essere qualcosa, ha bisogno di essere qualcosa, ha bisogno di essere qualcuno, ha bisogno di essere riconosciuto.

Quelle persone tipiche che chiedono: “Cosa dicono gli altri di me? Cosa pensi tu di me? E cosa pensano i tizi di me? E cosa dicono quelli di me? E tu che giudizio hai di me? E tu cosa pensi di me?”; questo bisogno di sapere e di conferme da parte delle creature, delle persone, di chi gli sta intorno. E non vuole mai annientare sé stesso! Annientare nel senso di rinnegare, nel senso evangelico di rinnegamento: “Chi vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso” ricordate.

Questo ladro si insinua in modo diabolico perché vuole rapire l’onore a Dio e attribuirlo a sé; vuole rapire agli uomini ogni verità, perché non gliela dice. Questo è un ladro, perché non dice la verità ma la ruba, la conosce ma la tace o la mistifica o la rinnega. E così le persone che attenderebbero da questa persona la verità non la ricevono e quindi lui gliela ruba: ecco perché è un ladro! Rubando la verità che cosa succede? Se ruba la verità li priva della perfezione! Perché io non sapendo ciò che è vero, non conoscendo ciò che è vero, come posso crescere nella perfezione? Se poi a questo si aggiunge che magari confonde, più o meno volontariamente — speriamo “meno volontariamente”, ovviamente — confonde la verità con la menzogna e crea confusione è ancora peggio!

Gli altri, a un certo punto, potrebbero dire: “Non si capisce più niente, uno dice in un modo, uno dice in un altro, e quindi cosa dobbiamo fare? E quindi dove sta la verità? Dov’è il modo giusto?” Perché certo, uno si deve anche fidare nella vita! E allora per questo vi ripeto qualcosa che già vi dissi, perché questo Vangelo ce ne offre l’occasione, vi dissi: “Stiamo attenti a chi ascoltiamo, stiamo molto attenti”. Non è giusto, nel senso che non fa bene ascoltare tutto e tutti. Non va bene! Non perché dobbiamo essere delle persone chiuse di testa, che  non si aprono a un confronto, a una dialettica, a un approfondimento e quant’altro. Ovviamente non è questo, perché questo è proprio una brutta cosa. Ma l’ascoltare tutto — a parte il tempo enorme che porta via — è come spizzicare un po’ di qua e un po’ di là, come quando chi deve mangiare spizzica un po’ qui e là e alla fine non mangia niente. Capite, non ci si può nutrire molto se ogni volta che si cucina si spizzica un po’ di qui un po’ di là, perché alla fine lo sappiamo tutti benissimo non si mangia niente, o si mangia male, o si mangia troppo. 

Noi dobbiamo vagliare che cosa ascoltare, noi dobbiamo vagliare chi ascoltare. Ai tempi dei santi, prendiamo Sant’Antonio da Padova, per fare un esempio, oppure Santa Teresa, loro avrebbero detto di non ascoltare gli eretici, perché non fa bene. Avete Sant’Antonio da Padova, non andate ad ascoltare i catari, che senso ha! Ascoltate Sant’Antonio da Padova. Ci sono state proprio città italiane, mi viene in mente, ad esempio, Rimini che non ne hanno voluto sapere, hanno fatto una fatica enorme a rinnegare l’eresia catara e, per esempio, ad ascoltare la predicazione di Sant’Antonio. 

Qualcuno potrebbe dire: “Io devo sentire un po’ tutti per poi farmi la mia idea” Sì, ma non l’errore, non la menzogna! Perché poi cosa succede? Poi rimaniamo turbati! Per esempio, stare ad ascoltare una persona ignorante, non fa bene a nessuno perché ciò che dice è tutto infarcito di stupidaggini: ci sono mezze verità, ci sono imprecisioni, manca il rigore, è un pasticcio! Allora dobbiamo avere quella luce interiore di non andare ad ascoltare i ladri, di non metterci dietro le persone sbagliate. Ma dai frutti, da un discernimento attento, capire, e poi dire: “Benissimo, siccome io non posso leggere cento libri in un colpo, comincerò da quello più sicuro. Siccome non posso ascoltare cento persone e allora cosa faccio? Allora ne scelgo una, due, sicure, che so che non sono ladri e le ascolto e mi formo”. Sant’Agostino ha scelto bene. Ha scelto Sant’Ambrogio, infatti è diventato Sant’Agostino.

Non va bene dire: “A me piace ascoltare un po’ questo, poi mi piace ascoltare un po’ quell’altro, poi mi piace ascoltare un po’ qui e là e su”. Questo modo, stile zapping da telecomando della TV non va bene, non fa bene alla nostra anima. Impariamo a restare concentrati, impariamo ad approfondire un tema, impariamo a seguire un filone. Altrimenti viene fuori un pasticcio, lo capite da soli. 

Qual è l’esito di questi pasticci? Qual è l’esito di ascoltare i ladri? Che si rimane turbati! Perché la verità, ciò che è vero, non turba. Ciò che è vero può creare una sorta di inquietudine, ma un’inquietudine sana perché va a mettere in crisi, va a incrinare le false certezze, le ideologie, le false idee, le false credenze, le false moralità. Questo inquieta perché è un processo di maturazione che spacca un po’ i sistemi e quindi bisogna rimettere ordine. Come quando uno deve mettere ordine in una camera, cosa fa? Mette in disordine. Per mettere ordine bisogna prima mettere in disordine. Se volete attaccare un quadro, prima mettete in disordine: tira fuori il trapano, tira fuori i chiodi, tira fuori la borsa degli attrezzi, tira fuori questo e quello, si crea disordine, poi si fanno tutte le misure, si attacca il quadro e poi si rimette in ordine. Stessa cosa in una camera se dovete fare un letto, prima dovete disfare tutto, pulire per terra, fare la polvere… si crea disordine, e progressivamente si crea ordine. Questa dinamica “disordine / ordine”, è la stessa dinamica di “inquietudine / pace”, ma è funzionale! È un’inquietudine funzionale all’ordine, alla verità. Esattamente come per il discorso per attaccare un quadro. Diverso, invece, è quel senso di confusione profondo che non ti fa capire niente. Chi deve rifare il letto non ha una confusione mentale, è una confusione esteriore, ma interiormente sa benissimo cosa sta facendo, sa che arriverà a quel fine. Invece chi ha questa confusione interiore non capisce più niente è lì che guarda e dice: “Adesso cosa faccio?”. Questo non va bene, questo non viene da Dio, ma lo sappiamo. Infatti, poi cosa facciamo? Corriamo ai ripari, diciamo: “No aspetta, aspetta, che vado dal personaggio tale, da quell’altro per chiedere conferma, perché so che lì c’è sicurezza, so che lì c’è chiarezza”. Allora, siccome sto annegando nel mare della confusione, torno a chiedere risposte. Eh sì! Ma perché ti sei allontanato? Che bisogno c’è? Che bisogno c’è di avere tutte queste informazioni, tutta questa novità? Stiamo lì dove sappiamo che c’è una sicurezza, altrimenti poi facciamo esperienze brutte e veniamo privati della perfezione, perché qui lo dice bene: “agli uomini ogni verità, privandoli della perfezione”.

Qual era ora l’assassinio di cui parlava Cristo? È la propensione a giudicare che sta nell’uomo, di cui molti sono pieni; è caratteristico della natura umana, voler correggere negli altri senza riuscire a correggere se stessi.

Queste cose le abbiamo già dette quando abbiamo affrontato gli Atti degli Apostoli. Son quelli che sono bravi a fare gli avvocati accusatori degli altri, a istituire processi dalla mattina alla sera. Peccato che poi gli imputati sono sempre assenti… Questi sono quegli assassini, quei briganti di cui parla Gesù. Perché giudicare, in questo senso, in questa accezione, uccide! Abbiamo già visto il potere della mormorazione, della calunnia e quant’altro. Questi però non correggono sé stessi. Gesù dice: “Parla di te adesso, visto che ne hai dette di tutti i colori sugli altri, adesso parla di te, vediamo che metro usi, vediamo se sei altrettanto spietato e feroce, puntuale e preciso nell’accusarti nel criticarti”. Ma loro non lo fanno!

In ogni cosa si trova questo giudizio assassino, nel cuore e nel fondo dell’anima, lo segue un disprezzo che a volte si manifesta pure al di fuori, nel comportamento e nelle parole. E si uccidono gli altri, con quella stessa ferita di cui uno è piagato quando si insinua loro un cattivo giudizio e si uccide il prossimo sul quale cade quel giudizio, se viene a saperlo.

Ecco, vedete, queste sono parole che non confondono, queste sono parole talmente vere e talmente precise che uno le ascolta e rimane, sì, un po’ inquieto, perché si guarda dentro e dice: “No, io devo cambiare, se io sono così questa cosa deve essere messa in ordine, basta! Perché è una cosa gravissima”. 

Ci sono persone che giudicano tutto e tutti, sempre. Ci sono persone che sono sempre malcontente e hanno sempre da criticare tutto e tutti. Alla domanda: “Scusami, ma c’è qualcuno di buono in questo mondo che tu conosci?” non sa rispondere. “C’è qualcuno di cui tu hai un giudizio positivo a questo mondo?” non sanno rispondere. Uno, ascoltando dice: “Ma questo, a parte se stesso, chi stima?” Che poi in realtà non stima neppure sé stesso. 

“Segue un disprezzo”. Il disprezzo lo capiamo sempre. Perché è diverso dalla critica costruttiva, che deve essere fatta in presenza della persona e innanzitutto, lo dice Gesù nel Vangelo: “Quando qualcuno commette un peccato contro di te, tu vai e ammoniscilo tra te e lui solo, poi chiami due testimoni e poi dopo chiamerai la comunità e poi dopo sarà un ethnos” dice Gesù, sarà uno straniero.

un disprezzo che a volte si manifesta pure al di fuori, nel comportamento e nelle parole

Ci sono spesso comportamenti che ti fanno capire che c’è un disprezzo verso una persona, che è una cosa terribile.

e si uccidono gli altri, con quella stessa ferita di cui uno è piagato

 Sì, perché queste sono persone molto ferite. Di norma sono persone molto fragili e di norma hanno tanti irrisolti, tanti! E non riescono mai a dirti le cose in faccia. In faccia sorrisini, in faccia false cortesie, in faccia un certo savoir-faire, ma non riescono mai a prenderti e a dirti: “Perché? Tu hai fatto questo? Perché l’hai fatto?”.  Si comincia sempre così, una correzione, perché devi avere la sicurezza. Quindi: “Tu hai fatto questo, questo e questo?” e uno dice: “Sì, l’ho fatto”, “Benissimo, puoi dirmi perché l’hai fatto?”. E uno ti spiega. Perché altrimenti tu magari arrivi a un certo punto capisci di aver sbagliato perché tu pensavi una cosa, invece è un’altra, pensavi che avessi un’intenzione, invece ne avevo un’altra. Dopo queste due domande, allora, si può proporre una correzione. Ma queste persone non lo fanno, non lo fanno perché quelli che ricadono nella definizione de “l’assassino brigante” di cui parla Gesù nel Vangelo sono persone troppo vigliacche e lo sono perché interiormente non hanno voluto risolvere ciò che dovevano risolvere. Dentro si portano di quegli scheletri da paura che poi, quando vengono a galla, si salvi chi può… ovviamente.

e si uccide il prossimo sul quale cade quel giudizio, se viene a saperlo.

Certo, perché poi uno tra l’altro, anche se non lo viene a sapere lo uccidi lo stesso, ma se poi uno lo viene a sapere si sente morire. Si sente morire perché dice: “Ma scusa, perché dici queste cose che sono false?”.

Io ricordo quell’arcivescovo, il nome e il cognome non me lo ricordo più, se non ricordo male tedesco, che diversi anni fa venne accusato di abusi da un seminarista che lui aveva dimesso. Quindi, inizia tutta la macchina del fango e iniziano tutte le verifiche e i processi tutte le questioni. Io sono rimasto sempre colpito dal fatto che questo vescovo a un certo punto è morto di infarto. Sapete cosa ha fatto il seminarista? Dopo che il vescovo è morto d’infarto il seminarista dice: “Scusate, mi sono sbagliato”. Scusate mi sono sbagliato!?! Tu hai ammazzato una persona! Hai ammazzato un vescovo, non col coltello ma con le parole, con le calunnie e le diffamazioni, tu l’hai ucciso. Questo è il punto. Altro che “scusate mi sono sbagliato”. Adesso che è morto “scusate, mi sono sbagliato”. Adesso che lo hai crocifisso e lo hai messo alla pubblica gogna al pubblico ludibrio, tu adesso dici “mi sono sbagliato”! Eh no! Troppo facile! Non si possono ammazzare le persone così. Quindi, prima di parlare: pensare! E ve lo dico sempre: andare a dirlo all’interessato. Altrimenti siamo vigliacchi. Andare a chiedere, andare a domandare. Stiamo attenti ai peccati mortali contro la carità. Perché non ci sono solamente i peccati mortali contro la purezza, perché noi abbiamo in mente solo la purezza. Quindi lì, sensibilissimi, più o meno. Ma la carità… Guardate ci sono i peccati mortali anche contro la carità non ci sono solamente peccati mortali contro la purezza. 

Scrive Taulero:

Cosa sai tu dell’anima del tuo prossimo?

Cosa ne sai? Tu che spari fango da tutte le parti e calunnie. Cosa ne sai tu di cosa sta nell’anima di quella persona? Gliel’hai chiesto almeno? Cosa sai della volontà di Dio su di esso e della via per la quale l’ha chiamato, invitato? Ma rendiamoci conto! Cosa ne sapevano di padre Pio? Cosa ne sapevano della volontà di Dio su padre Pio? Cosa ne sapevano della volontà di Dio su San Giovanni della Croce quando lo hanno perseguitato? Cosa ne sapevano della volontà di Dio su Santa Teresa d’Avila, con tutto quello che ha vissuto? Niente! Eppure… Cosa ne sai della via per la quale Dio l’ha chiamato, invitato? Ma chi siamo noi per ergerci a giudici spietati degli altri? Noi non siamo nessuno.

E le sue opere le vorresti dirigere, spadroneggiare di testa tua. Vorresti sopprimere la volontà di Dio e di riformarla secondo il tuo falso giudizio.

Terribile! Uno lo guarda e dice: “Ma ti rendi conto che hai la testa da fungo? Ma guardati!”. Guardiamoci! Noi vogliamo dirigere gli altri, vogliamo spadroneggiare su di loro secondo la nostra testa. Neanche ci poniamo la domanda: “Ma la volontà di Dio dove sta dirigendo questa persona?”, Tu devi fare quello che voglio io, non la volontà di Dio, ma neanche mi pongo la domanda. Io sopprimo la volontà di Dio e la riformo secondo il mio giudizio. E quindi cosa dico? “Non andiamo neanche a verificare la volontà di Dio, tu fai la mia volontà e in questa maniera tu fai la volontà di Dio”. Eh, no.

Tale assassino fa un danno incomprensibilmente grande tra i religiosi e non si pensa che il buon Dio ha detto “non formulate giudizi di condanna per non essere condannati, poiché con la stessa misura con cui misurate sarà misurato a voi” (Matteo 7, 1-2). Badate quindi a voi stessi e giudicate voi stessi. 

Invece di giudicare gli altri, giudica te stesso, parlaci di te.

E sappiate che tutti i giorni della vostra esistenza vi trascinate al collo una natura piena di peccati. Perciò giudica te stesso e lascia stare il tuo prossimo se mai pensi di entrare in questo ovile e sappi questo: sopra quanti ti innalzi col tuo giudizio e col tuo disprezzo, sotto altrettanti sarai calpestato.

Verissimo!! Questa veramente è una sentenza verissima: quanto più tu ti innalzi sugli altri col giudizio e col disprezzo, tanto più tu verrai calpestato. È sicuro. Non è oggi non è domani, ma succede. Quindi attenti ai danni incomprensibilmente grandi, oltre al tradimento della parola di Gesù, Matteo 7,1-2.

Abbiamo anche San Cirillo di Gerusalemme che è un vescovo e dottore della Chiesa. Siamo nel 370, lui muore nel 444 d.C. tra il quarto e il quinto secolo, quindi siamo proprio all’inizio. Vescovo e dottore della chiesa. Poi andate a vedere un po’ la sua storia, molto bella, molto interessante, molto famosa. San Cirillo di Gerusalemme nel suo commento al Vangelo di Giovanni 6,1 cosa scrive?

Chiama predone ladro, colui che crede di ottenere rispetto non attribuitogli con la violenza e la tirannia, come facevano alcuni di cui parla per mezzo di uno dei profeti, regnarono ma non con il mio consenso, governarono, ma non li riconosceva il mio spirito, (Osea 8, 4).

Quindi secondo San Cirillo pensano di ottenere rispetto con la violenza e la tirannia.

Vennero alla ribalta alcuni che fecero credere di avere il compito di buoni pastori, ma poiché essi non avevano avuto il potere e non erano obbediti da quelli da cui avrebbero dovuto avere l’obbedienza, la moltitudine delle pecore si allontanò da essi.

Quindi stiamo attenti anche a questo.

Poi è bello anche questo che dice Sant’Alberto Magno quando parla del pastore delle pecore:

L’ingresso dell’ovile è costituito dalla verità, dalla libertà, dalla bontà disinteressata, dalla semplicità. Chiunque entra in tutti questi modi può dirsi il vero pastore. Il pastore si distingue per l’industriosità del pascere le pecore, per l’audacia nel cacciare il lupo, per la bravura nel compito pastorale, per la sollecitudine nel proteggere, per la capacità di domare le pecore e nel rendere al Signore quanto dovutogli, e, chi entra per la porta con queste capacità è il pastore delle pecore. Le quali, tra tutti gli animali, sono quelli che più necessitano del pastore, infatti, non hanno né forza con cui difendersi, né corazza con cui proteggersi ne velocità con cui fuggire, né tana per nascondersi, come hanno invece molti altri animali, e ugualmente avviene nel semplice popolo del Signore. Gli ingenui, infatti, non hanno forza nell’attività ne preparazione nello studio, né velocità né l’ingegno nel luogo dove nascondersi dagli aggressori. Per questo la negligenza del pastore è più condannabile di quella delle pecore.

E per questo, aggiungo io — indegnamente—  a Sant’Alberto Magno: stiamo bene attaccati al vero pastore, ai veri pastori.

Sant’Alberto Magno è importante, non credo di averlo ancora detto, fu filosofo e teologo, detto Doctor Universalis, siamo intorno al 1200. E fu maestro, niente di meno che, di San Tommaso d’Aquino. Quindi ci possiamo affidare a Sant’Alberto Magno.

Allora, qui abbiamo sempre sant’Alberto Magno che ci dice:

questo guardiano è triplice: l’esempio, la dottrina e l’ispirazione, cioè l’esempio di Cristo, la dottrina delle scritture e l’ispirazione dello Spirito Santo, il quale per ispirazione insegna ogni verità.

Ecco, questo è il guardiano. Bene.

e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce.

Sentiamo che cosa dice Taulero nella predica per il giovedì prima delle Palme:

Perché nostro Signore chiama tante volte “pecore” i suoi amici? È per due qualità proprie delle pecore che nostro Signore ama in maniera del tutto particolare: l’innocenza e la dolcezza. Infatti l’innocenza permette di seguire l’Agnello dovunque vada, mentre la dolcezza è conforme a Dio. Essa permette di ascoltare la voce di Dio che l’uomo, impetuoso e irascibile non ode mai. Quando il vento infuria e le finestre porte scricchiolano, non si riesce a intendere bene. Se vuoi sentire in te la paterna, nascosta e intima parola che viene detta in un santo sussurro nell’interiorità dell’anima, è necessario che in te e fuori di te, ogni impetuosità sia eliminata e devi essere una dolce pecorella tranquilla e abbandonata, devi deporre la tua impetuosità e ascoltare quell’amorevole voce con tranquilla dolcezza. Ciò è precluso a tutti quelli che non sono delle pecore.

Mi sembra che sia abbastanza chiaro.

Non seguono invece un estraneo

dice Sant’Alberto Magno nel suo commento al Vangelo di Giovanni: 

L’Estraneo è colui nel quale non parla la voce di Cristo, anche se sembra un buon pastore: è l’eretico. Che ha l’apparenza del pastore ma non la verità. L’Estraneo e anche ogni comportamento che non è conforme per virtù a Cristo.

Ecco l’esempio che vi ho fatto dei catari e di Sant’Antonio da Padova. Stiamo attenti a chi sembra essere un pastore all’apparenza, ma che poi ascoltando bene ci si accorge che non c’è verità o c’è una verità maculata, che è come non ci fosse. La verità deve essere limpida, o c’è o non c’è, non può esserci “un po’si e un po’ no”.

Vediamo che cosa ci dice Taulero:

La porta per le pecore, cioè la porta per la quale le pecore devono passare. A questa porta l’uomo che prega, deve bussare in tre parti per poter entrare; primo deve bussare con ogni devozione al Cuore squarciato e al costato aperto di Nostro Signore Gesù Cristo e introdursi là con tutta devozione, riconoscendo la sua immensa povertà e il suo niente.

Primo punto: al costato aperto di Nostro Signore Gesù Cristo; tutto quello che abbiamo detto sempre su Sacro Cuore di Gesù. E con devozione, il riconoscimento della propria povertà e del proprio niente.

Due deve poi bussare una seconda volta alla porta delle piaghe aperte delle Sante mani e chiedere una vera conoscenza divina che illumini e l’innalzi a lui.

Ricordate tutto quello che abbiamo detto sull’importanza al venerdì sera, della Coroncina delle Sante piaghe? Abbiamo già parlato di tutta questa questione, per cui siamo in buona compagnia.

Terzo deve bussare alla porta dei sacri piedi e chiedere un vero amore divino che lo unisca totalmente a Lui.

Beh, ci siamo.

Concludo con questo passo veramente molto, molto, bello di San Bonaventura. Tra l’altro San Bonaventura, che nacque intorno al 1218, fu guarito da San Francesco che avrebbe esclamato “Oh bona ventura!” e gli rimase per nome. Egli fu davvero una buona ventura per la chiesa. Non so se lo sapevate: fu un bambino ultra graziato, guarito da San Francesco. Studiò a Parigi, poi torno nell’ordine dei frati minori, insegnò all’università di Parigi, venne eletto generale dell’ordine francescano, una carica che mantenne per 17 anni con un tale impegno che fu definito “secondo fondatore dell’ordine”, pensate, dopo San Francesco! Scrisse numerose opere di carattere teologico e mistico; fu nominato vescovo di Albano e Cardinale, partecipò al secondo Concilio di Lione e poi morì il 15 luglio del 1274.

Come mai però il Signore si paragona alla porta, dato che prima si era paragonato al guardiano, come può essere insieme porta guardiano e pastore?

Sentite che risposte dà San Bonaventura:

si può rispondere che, come si dice più oltre Giovanni 14, 6, Cristo è via, verità e vita. Come via al padre è porta, come verità che insegna la via è guardiano, come vita è pastore che pasce e conserva la vita.

Ecco, bene, con questo concludo. 

Vi auguro davvero di cuore una Santa domenica. 

Domani sarà il primo maggio, inizia il mese di maggio. Ecco, cerchiamo di viverlo veramente bene, con tantissima devozione alla Vergine Maria e, se posso permettermi, vi chiedo, in questo mese ,una preghiera particolarissima, un ricordo particolarissimo nel mese di maggio per me, per le intenzioni che porto nel cuore. Mi basta un’Ave Maria nel vostro salterio. Ecco, vi chiedo proprio un grande ricordo alla Vergine Maria.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

Post Correlati