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Beato don Giacomo Alberione: i Novissimi, l’Inferno, IV parte

Novissimi: l'Inferno

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di sabato 18 dicembre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Beato don Giacomo Alberione: i Novissimi, l’Inferno, IV parte

Eccoci giunti a sabato 18 dicembre 2021.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo I di San Matteo, versetti 18-24. 

Vorrei farvi notare, brevemente, un aspetto credo interessante tra i molti di San Giuseppe:

“Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore”

Giuseppe non prende una decisione così importante sull’onda dell’impulsività, sull’onda della fretta, del sentimento, della propria volontà. È  come se “dubitasse” di se stesso, ha in mente un’idea, gli sembra l’unica possibile, la migliore: “ripudiare la Vergine Maria in segreto”, però ci pensa.

Che cosa succede in questo: “considerando queste cose”?

Succede che San Giuseppe apre uno spazio per l’intervento di Dio. La fretta e l’impulsività impediscono questo spazio per l’intervento di Dio. Pazientando, riflettendo, considerando. Non poteva certo immaginare che in sogno un Angelo di Dio gli avrebbe detto quello che ha detto, ma il fatto che lui abbia atteso, nonostante non ci fossero motivi per attendere, perché era chiaro: “questa donna andava ripudiata, quel bambino non è il mio bambino”. Era tutto chiarissimo, non c’era niente da dover capire ulteriormente e non c’era niente da spiegare, da chiedere, era tutto chiarissimo a livello umano. Ciononostante San Giuseppe pondera, riflette, attende, considera, ci pensa. Ecco che si crea lo spazio affinché Dio possa fare Dio. 

Quante cose sbagliate nella nostra vita abbiamo deciso, detto, pensato, e fatto a causa dell’impulsività, della fretta, dell’avere tutto chiaro, del “a me sembra”, poiché non abbiamo ponderato, non siamo stati ad attendere. 

“Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.”

Questa mi sembra proprio la qualità più bella di San Giuseppe e dei Santi in generale, ciò che rende proprio belli, la duttilità, la leggerezza, la prontezza di abbandonare le proprie idee, le proprie vedute, i propri giudizi, il proprio sentire, abbandonarlo immediatamente; appena capiscono che la strada non è quella che hanno in testa loro, che hanno visto loro, ma è un’altra, immediatamente abbandonano tutto, cioè se stessi, immediatamente, perché vedono chiaramente che quell’altra strada è migliore, è più vera, è più giusta, è più divina della loro e subito la seguono. È  bellissimo questo aspetto di distacco da se stessi perché sono totalmente dipendenti dalla bellezza della vita divina.

Queste mi sembravano due cose da dover assolutamente dire. 

Voi sapete che tra una settimana è Natale, avete pensato a tutte le persone a cui dovete dire “Grazie”? Avete fatto un pensiero a tutti? Guardate la vostra vita, non c’è nessuno solo, vero? Che resterà solo il giorno di Natale? Pensateci bene. Non accada una cosa così. Non sedetevi a quella mensa avendo sulla coscienza il peso di sapere che quella persona è sola. Non deve succedere, soprattutto di questi tempi. Quante volte, e questo mi ferisce sempre tantissimo, ho sentito dire che il giorno di Natale è il giorno più brutto dell’anno, “arriva il Natale e mi viene la depressione”, “non vedo l’ora che passi il giorno di Natale”, “non vedo l’ora che si è già dopo l’Epifania”, “che peso le festività”. Una volta qualcuno mi disse: “Quando arriva il giorno di Natale mi viene addosso la morte. Oh che brutto giorno! Come vorrei che passasse veloce!”. Queste cose a me personalmente feriscono in un modo terribile. Capisco perché vengono dette, ma non è giusto che lasciamo persone a noi care sole, a tal punto da farle arrivare a detestare il giorno di Natale. Saranno giorni bellissimi: il Natale, il giorno di Santo Stefano, i Martiri Innocenti, San Giovanni Evangelista, la Sacra Famiglia, e poi l’ultimo giorno dell’anno, la Madre di Dio, il primo giovedì, il primo venerdì e il primo sabato, l’Epifania,… ma dovremmo attaccarci con le unghie e con i denti ad ogni singolo minuto che passa, e dire: “Signore, aspetta, dilatalo, non farlo passare, fai che sia ancora un pochino più lungo, ferma il tempo, ferma il sole, come facesti nell’Antico Testamento. 

Una settimana. 

Preparate mi raccomando, un bellissimo pranzo di Natale, una gustosissima cenetta della sera di Natale, preparate tutto bene, chiediamo al Signore che sia una bella giornata. Qualche giovane mi ha chiesto se ci sarà la neve. Speriamo, sarebbe bello che ci fosse anche quella, Natale con la neve è un film, un cartone animato. 

Noi in questi giorni, finiamo l’Inferno, perché non possiamo non meditare in questi giorni sull’Inferno, come alternativa radicale al Natale. Usiamo il libro “I Novissimi” del Beato don Giacomo Alberione.

XX. INFERNO: PENA DEL DANNO 

“La giustizia di Dio che castiga il dannato, si conosce specialmente considerando la pena del danno e l’eternità dell’inferno. Il peccato ha una certa infinità nella sua malizia, poiché offende temerariamente una Maestà infinita: l’anima ostinata sarà nell’inferno privata del Bene infinito, che è Dio.”

Pensate, nell’Inferno non ci sarà Natale, solo per questo non dovremmo andarci. Non potremo festeggiare il Natale.

“Lo festeggeremo in cielo?”

Ma in cielo sarà sempre Natale! Sarà sempre la contemplazione di questo ringraziamento eterno al Verbo che si è fatto Carne per noi.

“«L’omicidio non viene punito con una pena momentanea per il fatto di essere commesso in un momento», dice S.Tommaso. E aggiunge: «In ogni peccato mortale si infligge a Dio un’offesa infinita; ora, a un’ingiuria infinita è dovuta una pena infinita»; e poiché l’anima non è capace di un dolore infinito nell’intensità, avrà un dolore infinito nella durata.” 

1. La pena dell’intelligenza.

“La pena dell’intelligenza sta specialmente nel capire quale bene ha perduto il dannato. Dice S. Agostino che questa pena è tale che, ove venisse a cessare, l’inferno si cambierebbe in paradiso. Infatti S. Tommaso dice che la pena del danno è infinita, perché infinito è Iddio che si è perduto.”

Io credo che — ma è il mio pensiero — il fuoco dell’Inferno sia terribile, ma la pena dell’intelligenza, cioè capire, rendersi conto che ho perduto Dio, e l’ho perduto per sempre… credo che non ci siano parole per spiegare un dramma, una sofferenza, un inferno del genere. Essere coscienti, capire di aver perso Dio per sempre. Pensate nella vita quando capiamo di aver perso un’occasione… qui è aver perso Dio per sempre!

“Separata l’anima dal corpo, uno solo ed irresistibile sarà il suo desiderio: Dio; ma poiché a Dio rinunciò per il peccato, da Dio sarà ricacciata. «Le vostre iniquità hanno messo divisione fra voi ed il vostro Dio». L’inferno sta in quelle parole: «Andate lontano da me» (Lc 13,27). L’anima sentirà per il suo Dio un amore accesissimo, quello di un figlio al Padre, ma questo amore diverrà il suo tormento. Vedrà come in distanza il Cielo, e nel Cielo il posto a lei destinato, e capirà che in eterno non sarà più suo.”

Mamma mia! Terribile!

“Vede come in distanza il gaudio degli Angeli e dei Santi, la loro felicità incommensurabile ed eterna, e comprenderà che non vi arriverà mai più. Sentirà che era fatta per amare, e amare Dio, ma saprà sicuramente che oramai non le rimane che odiare; odiare tutti e tutto, odiare i Santi e gli Angeli, odiare compagni e dannati, odiare Maria SS. e lo stesso Crocifisso, più ancora, odiare la SS. Trinità e se stessa, per disperarsi eternamente. Il Cielo è amore, l’inferno è odio. I dannati, secondo S. Giovanni Crisostomo, saranno più tormentati dal Paradiso che dall’inferno”

Pensate voi che cosa terribile.

“«Più dal Cielo che dalla Gehenna». Poiché per il Cielo essi erano creati (e lo capiranno del tutto), ma Dio lasciò loro la libertà. Dunque potranno incolpare solo se stessi; mentre tanti loro compagni hanno raggiunto il paradiso!

E uno si chiede: “Com’è possibile che uno sta morendo e tu non gli mandi un Sacerdote a confessarlo e a dargli gli ultimi Sacramenti?”

 Ma vi rendete conto che danno noi diamo alle persone? Altro che il 25 o qualsiasi altro giorno: “non so se fare il patto…” Certo che bisogna fare questo patto con qualcuno, se dovesse succedere qualcosa, mi devi dire come stanno le cose e mi porti un Sacerdote!

 “Il peccato è grande torto fatto a Dio.

Infatti toglie a Lui la gloria; è nera ingratitudine verso di Lui; è in sé orribile ribellione ed incomprensibile temerarietà. Chi spiegherà fino al fondo che cosa sia un peccato?”

Bello questa cosa che dice adesso, guardiamo quella mangiatoia vuota, quel Gesù Bambino che ancora non c’è, questo Presepe che ormai è quasi ultimato:

“Ai piedi di Gesù preghiamo: Signore, quante volte ho io meritato l’inferno per la mia folle passione! Guai a me se fossi morto in quella notte, in quel giorno! Stolto mercante che, per un fumo, una goccia di piacere, mi sarei acquistato un eterno dolore. Gesù mio, perdono; Gesù mio, misericordia! Per la vostra croce, per le vostre piaghe, per il vostro cuore aperto dalla lancia.”

2. Pena della memoria e della volontà

“Dice la Scrittura che il rimorso del dannato non cesserà. «Mi sono perduto per nulla», dirà il dannato. Infatti era così meschina la soddisfazione per cui si condannò all’inferno! Un po’ di denaro, una vana gloria, un piacere di terra; mentre avrebbe potuto salvarsi con un po’ di sacrificio. Dopo che Esaù si fu cibato di quella scodella di lenticchie per cui aveva venduto la primogenitura, dice la Scrittura che incominciò ad urlare con gran clamore per il dolore ed il rimorso. Quali urli, pensiamo, manderà il dannato che per una soddisfazione momentanea ed avvelenata, ha perduto un regno eterno di gaudio e si è condannato ad un eterno dolore! Gionata, contro il divieto del padre, si era cibato di un po’ di miele; e venne dal padre condannato a morte. Gridava perciò con infinita amarezza: «Ho appena gustato un po’ di miele ed ecco che ora dovrò morire». E qual pena porterà al dannato il ricordo della vita malamente spesa! Ed ancora, S. Tommaso aggiunge che di questo specialmente soffriranno: «perché si sono dannati per un nulla, e perché potevano con estrema facilità conseguire la vita eterna».”

Bastava pentirsi.

“Dirà il misero dannato: con un po’ più di orazione, con maggior diligenza a fuggire le occasioni, vincendo il rispetto umano, perdonando al nemico, facendo quella buona confessione, ottenevo un eterno paradiso.”

“No, io non me la sento. Io devo dormire… Io devo andare… Io devo fare… No ma mi confesserò domani… No la prossima settimana. Adesso ho un impegno importantissimo… devo mettere i bigodini e quindi non posso… poi devo dipingermi le unghie… Devo andare a vedere la partita. Devo andare a sistemare la macchina… dopo devo fare l’orto”. 

“Devo pulire la casa” il grande mantra che tutto avvolge, tutto diluisce e ingoia!

Sapete cosa sto vedendo?

Vedo l’esercito dei miei acari che scuotono al testa e dicono: “Ma per piacere! Ma stai lì buono, ma lasciaci in pace che stiamo tanto bene dove siamo, tu pensa al Paradiso invece di venire a pensare a noi”

Dedichiamo il nostro tempo per fare altro.

“Dirà: ebbi tanti buoni consigli, ispirazioni, desideri santi; bastava che li eseguissi. Udii compagni, lessi libri, ascoltai prediche… ”

Quante prediche abbiamo ascoltato nella nostra vita?

 “Potevo seguire ciò che veniva detto a nome di Dio. Mi voleva santo Dio che mi creò per il cielo, il Figliuolo che morì per salvarmi, lo Spirito Santo che aveva preso possesso dell’anima mia; ma io mi ostinai e son perduto. Perduto, nonostante i miei buoni genitori, i santi Sacramenti, le cure della mia Madre Maria! Sarà tormentata la volontà. Avrà mai più alcuno dei beni che sospira; avrà tutti e sempre i mali che teme. L’inferno è puro soffrire. Si comprenderà, allora, che cosa voglia dire scandalo, cattivo esempio, essere causa di male ad altri, ed anche soltanto il non zelare secondo le proprie forze!”

Che vuol dire: usiamo le nostre forze, le nostre energie per fare il bene, per seguire i fratelli, per aiutare le persone, per la conversione delle persone, magari una persona desidera andare in un Santuario, oppure una persona anziana vorrebbe andare a Messa e non c’è nessuno che la porta, oppure questi ragazzi che hanno genitori che non li portano neanche a Messa la domenica, sono lì a casa e non possono uscire. È  davanti a casa tua, è sul tuo pianerottolo, già che porti tuo figlio, porta anche il suo! Ma santa pazienza! Possibile che uno non ci arriva con la testa? A cosa stai pensando, ai bigodini? Ma guarda! Renditi conto, dillo!

“No, ma io ho paura, poi cosa penserà, poi parlano male”

Ma tanto parlano male lo stesso, comunque parlano male. E allora qual è il problema?

“Cosa dice la gente”

Ma cosa ti interessa!

“No perché è importante, io sono Sacerdote, è importante quello che dice la gente di me, per il buon nome, per difendere la mia…”

Ma guardate, ma che dicano quel che hanno voglia, tanto non cambia niente, quello che siamo davanti a Dio è quello che conta. Cosa interessa quello che dice la gente? Quanti discorsi inutili! 

Mi raccomando, io a Gesù Bambino chiedo un dono, lo spero con tutto il cuore, a dire il vero lo spero da oggi fino all’Epifania, ma soprattutto il giorno di Natale lo spero con tutto il cuore: di non sentire parlare in questi giorni dell’unica cosa di cui si parla sempre. Me lo auguro. Di non sentire neanche la lettera dell’alfabeto di quella parola. C’è altro nella vita. Parliamo di Dio, parliamo di Gesù, parliamo della Vergine Maria, parliamo di cose vere e sante. Non si può parlare a pranzi, cene e colazioni e gli unici momenti che abbiamo per stare insieme, parlare di quella cosa lì. Basta! Basta! Basta! Pensiamo all’eternità, pensiamo a non perdere il Paradiso e lasciamo a Dio fare Dio, non continuiamo ad autoangosciarci, a diffondere ansia, a diffondere angoscia, paure… “e poi succederà, e poi accadrà, non è sicuro, potrebbe essere…”. Gli ottativi dell’esistenza. Ma stiamo con i piedi per terra, viviamo giorno per giorno, come dice Gesù nel Vangelo: “A ciascun giorno basta la sua pena”. No, invece questi devono pensare a cosa succederà tra due settimane, tra un mese, che cadrà il mondo… ma viviamo giorno per giorno, non sappiamo neanche se saremo vivi stasera. Potremmo uscire, ci investe una macchina e siamo belli che morti. E noi stiamo a pensare: “Se accadrà, se capiterà, e poi cosa succederà”. E così roviniamo tutto, roviniamo lo stare insieme, le feste, il Natale, creiamo angoscia, buttiamo la gente nella tristezza, nella disperazione. Ma noi dobbiamo essere portatori di speranza! Non dobbiamo essere gente carnale e mondana. Dobbiamo portare la speranza agli uomini, dentro nelle tenebre più fitte. 

Non l’ho fatto, ho lasciato fare e va bene così, ma quando ho pensato alle catechesi in preparazione al Natale sulla Passione, avevo pensato anche alla locandina, poi non l’ho fatto perché è anche bello, ogni tanto, almeno sotto Natale, rinunciare alle proprie idee, ai propri gusti, ai propri piaceri, avevo già preparato l’immagine, e per queste catechesi avevo pensato di usare come immagine niente di religioso, niente inerente a Gesù, ma l’immagine del Signore degli Anelli, quando viene acceso il fuoco e si vede questo fuoco che comincia a diffondersi sulle montagne, sui paesaggi, ovunque e si sente questa frase: “Si è accesa la speranza”. Ecco, dentro a quelle tenebre terribili che a Mordor stavano ormai investendo tutto l’universo mondo, si accende la speranza. Come? Col fuoco. Un fuoco che divampa ovunque. Avevo scattato l’immagine di questo momento, del fuoco che viene acceso a Minas Tirith, e volevo usare questa immagine per fare il ciclo sulla Passione, perché la Passione di Gesù, la morte in Croce di Gesù è il fuoco della nostra speranza, lì inizia ad accendersi al nostra speranza. 

Di questo dobbiamo parlare, solo di questo. Lasciamo perdere tutto il resto. Così non andremo in giro con la testa bassa, depressi, morti in piedi con queste facce da non so che cosa, terrorizzati. Andremo in giro seminando speranza, dicendo: “Calma, calma!”. Fossimo anche dentro alla tempesta più nera noi abbiamo sempre la speranza accesa che è Gesù.

“Il peccato, direttamente od indirettamente, procura qualche danno al prossimo.” 

È  vero, sempre, quando una persona è piena, è invasa dal peccato non è bello starci vicini, rovina tutto, rovina tutto con quel suo modo nefasto, buio, lugubre, con quello sguardo negativo, arcigno, sospettoso. A cosa serve? “Tristezza e malinconia fuori da casa mia” diceva San Filippo Neri.

 “Arrendiamoci ora alla divina Grazia: Vi amo, mio Dio creatore, mio Gesù, voglio sempre amarvi. O Maria, portatrice di pace tra Dio ed i peccatori, ottenetemi misericordia. Mi metto sotto il vostro manto: illuminatemi, difendetemi, salvatemi.”

3. La eternità dell’Inferno

“Il male che poco dura è un piccolo male; ma se dura per sempre, anche un solo e piccolo dolore, è tormento indicibile. Ora per i dannati è detto: «Saran tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli» (Ap 22,10); eterno il fuoco, eterna la perdita di Dio, eterno ogni tormento, senza la minima speranza.”

È  all’Inferno che noi vedremo spento il fuoco della speranza, ma qui su questa terra, mai! Neanche se fossimo in un campo di concentramento. San Massimiliano Maria Kolbe ne è la prova.

“Questa eternità non è come il tempo che passa e porta in ogni ora soltanto il suo male; essa pesa tutta assieme e sempre, con tutti i suoi dolori, sul dannato, come una palla d’avorio pesa tutta continuamente su un punto. La colpa nell’inferno può essere punita, ma non espiata; ivi il fuoco brucia, ma non consuma; ivi regna la disperazione, non il pentimento; anzi il desiderio di peccare è insaziabile nel dannato. Dice Innocenzo III: I reprobi non si umilieranno, anzi la malignità dell’odio andrà in essi crescendo. Questa eternità ha principio, non successione, né termine. Se il peccatore in vita teme la morte, nell’inferno la desidererebbe, ma non l’avrà mai. 

Sempre! Mai!… . Sono le due parole che unicamente si odono nell’inferno e vi risuonano senza fine. Né vi è mutamento di dolori, poiché tutto continua, senza mutazioni, senza compatimenti. Prega S. Alfonso: Signore, se io fossi caduto nell’inferno, più non farei che piangere e soffrire; ma per vostra misericordia, vivo ancora e posso salvarmi. Voi mi amate, ed io pure vi amo. Io merito ogni castigo, ma per vostra bontà, datemelo mentre sono su questa terra; salvatemi però dall’eterno castigo; perdonatemi!”

Ecco, abbiamo finito l’Inferno anche se purtroppo non finirà mai. Da domani, come vi dissi, faremo il Paradiso, a una settimana dal Natale, adesso vivremo la bellezza di questi giorni che ci preparano al Natale, meditando il Paradiso, la bellezza, la grandezza e l’unicità del Paradiso. Vedrete che belle parole che userà il Beato don alberione sul Paradiso.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. Amen. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

VANGELO (Mt 1, 18-24)

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
«Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:
a lui sarà dato il nome di Emmanuele»,
che significa «Dio con noi».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

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