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Pellegrini verso il Cielo

Tramonto

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: « Pellegrini verso il Cielo »
Domenica 23 aprile 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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SECONDA LETTURA (1 Pt 1, 17-21)

Carissimi, se chiamate Padre colui che, senza fare preferenze, giudica ciascuno secondo le proprie opere, comportatevi con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri.
Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia.
Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio.

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a domenica 23 aprile 2023. Abbiamo ascoltato la Seconda Lettura della Santa Messa di oggi tratta dalla prima lettera di San Pietro apostolo capitolo primo, versetti 17-21.

Oggi mi permetto di chiedervi una preghiera speciale, un ricordo nel salterio di Gesù di Maria, per me che festeggio il mio onomastico: oggi è San Giorgio martire. Ed è sempre bello fare memoria del proprio patrono, del proprio Santo, perché ogni Santo ha una caratteristica precisa. E San Giorgio ha molte caratteristiche interessanti. Per cui vi chiedo un grande ricordo.

San Pietro ci chiede di comportarci con timore di Dio nella nostra vita terrena, perché Dio giudica — attenzione: non “giudicherà”, ma “giudica” — senza preferenze, secondo le nostre opere. Come vi dicevo — e come abbiamo sempre un po’ detto nelle catechesi, in queste nostre riflessioni — il giudizio di Dio è un giudizio giusto. Non dobbiamo avere paura, perché chi ha paura della giustizia? Chi è ingiusto! La paura — non sempre, ma spesse volte — è segno di una certa “mancanza”, diciamo così. Ma noi non dobbiamo aver paura del giudizio di Dio, noi dobbiamo comportarci col timore di Dio, che vuol dire con un “sacro rispetto” che, a dir la verità — non a quel livello così grande come l’abbiamo con Dio, ma più piccolino – dovremmo avere anche con la nostra mamma, il nostro papà, il nostro sacerdote, il nostro professore. Vuol dire usare rispetto, senza voler sempre azzerare le distanze. Noi abbiamo questa tentazione, soprattutto oggi, che “voler bene” voglia dire “azzerare le distanze”. No! Io per poter guardare la sveglietta che ho qui davanti a me sulla mia scrivania, devo essere alla distanza di circa un metro. Se prendo quella sveglia e me l’attacco alla fronte, sono vicinissimo alla sveglia, ma non vedo più le ore. Se voglio contemplare la bellezza di un quadro devo stare a distanza. Se mi avvicino troppo, non vedo più niente e via di seguito. Amare vuol dire saper mantenere la giusta distanza.

Questo vale con gli uomini, questo vale con Dio! Ecco il Sacro Timore di Dio. Dio mi è Padre, ma questo non toglie il fatto che Lui sia giusto e che Lui giudichi. Siccome noi oggi siamo abituati, purtroppo, ad alcune paternità un po’ lasse, dove la parola d’ordine è: “Fai quello che vuoi, quando vuoi, quanto vuoi e come vuoi”, voi capite che è difficile poi poter parlare del Sacro Timor di Dio. Se invece io faccio l’esperienza di una paternità bella e allo stesso tempo forte, lo capisco. 

Il timore è un’esperienza quotidiana, che vuol dire rispetto, che vuol dire: “Mio padre non è il mio amico con cui vado a giocare a pallone. Soprattutto qualche anno fa c’era un po’ questo tormentone, ma anche adesso si sente: “Tuo padre, il tuo migliore amico; tua madre, la tua migliore amica”. No! Non confondiamo i piani: tuo padre è tuo padre, punto; tua madre è tua madre, punto. È già sufficiente così, non serve aggiungere altro. C’è un comandamento, il quarto, che riguarda l’uno e l’altro. Credo che basti e avanzi. Quando tu dici “padre” dici tutto. Gesù come chiama suo Padre? Padre! Non ci mette altri nomi. Al massimo usa qualche vezzeggiativo: papino mio, paparino mio, ma sempre Padre, è Padre.

E poi San Pietro ci dice che noi siamo stranieri quaggiù. Lui ce lo dice, poi non so noi quanto lo percepiamo. Che non vuol dire: “Ecco allora disprezzo il mondo, disprezzo le cose del mondo, vivo come un alienato dissociato, vivo come uno spiritualoide”, no no, niente di tutto questo. Niente di tutto questo. Chissà perché, quando si affermano certe verità, immediatamente il significato che viene percepito è il peggiore possibile. Qui leggiamo “stranieri”. Subito si leva chi pensa: “Ecco, allora bisogna stare attenti! Devi stare attento! Perché allora cosa vuol dire? Che devi disprezzare il mondo?” No, qui non c’è scritto che devi disprezzare il mondo. Ti dice che sei uno straniero. Cosa vuol dire se mi dice che sono uno straniero? Qual è il messaggio? Il messaggio è che evidentemente la mia patria non è questa. Il fatto che io sia un emigrato e viva in America e venga dall’Italia perché devo andare a lavorare, non è che siccome sono straniero in America, questo vuol dire che disprezzo l’America. No! Vuol dire che la mia patria è l’Italia, e questo è un dato di fatto perché sono italiano, in America sono straniero, fine del discorso. Non c’è bisogno di puntualizzare oltre: è un discorso di appartenenza. Se tu sei italiano, tu sei italiano, fine.

E San Pietro ci dice: “State attenti perché non dovete vedervi in questo tempo quaggiù come se fosse quaggiù la vostra patria, perché la vostra patria non è qui, la vostra patria è in cielo. Guardandoci potremmo un pochino chiederci: “Ma chi mi vede, vede uno straniero? O vede Radici 2.0? — c’era quel film, Radici, mi ricordo — cos’è che vede? Alle volte si ha un po’ la sensazione che stiamo ben attaccati a questo mondo, a questa vita, come se fosse per sempre! Ma non è per sempre, non è per sempre. 

Quindi: stranieri — non dimentichiamocelo mai — e distanza, una Santa distanza, dentro la quale poi si sviluppano anche l’amicizia e tutte le cose belle del mondo. Ci vuole distanza, cioè devo sempre pensare che amare non vuol dire inglobare, come fa un macrofago, non vuol dire inglobare l’altro. Non vuol dire orientarlo a me e, soprattutto, vuol dire che l’altro non è la mia stampella, la saturazione di tutti i miei bisogni e pasticci. E la mia identità non dipende dall’altro, nel senso che se l’altro oggi mi guarda storto, allora io non mangio più. Ci sono delle persone che — poverine, sicuramente fanno molta fatica — appena le contraddici o magari neanche le contraddici, ma ti permetti di dire qualcosa che non è secondo la loro aspettativa, basta! vanno in crisi, gli crolla il mondo addosso. Non va bene, perché noi non possiamo avere un tale bisogno dell’altro, che senza l’altro la casa viene giù.

Ecco:

Voi… foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri

Sapete, credo che anche noi se ci guardiamo troviamo nella nostra vita dei vuoti. I vuoti possono essere positivi, ma possono essere anche negativi: qui è negativo. Una condotta vuota è una vita insensata, una vita sciatta, che non ha senso. E da questo vuoto noi siamo stati liberati con il Sangue di Gesù, con il Sangue prezioso di Gesù, quindi non ce lo dimentichiamo: Dio Padre non ci ha liberati dal vuoto attraverso cose materiali e venali, ci ha liberati dal vuoto attraverso il Sangue del suo figlio Gesù. Allora San Pietro ci dice: “Anche questo lo devi considerare, anche questo ha la sua importanza”.

Tutto ciò che in noi troviamo di vuoto, inteso come di vuoto di senso, come realtà che non ha né capo né coda, che nasce magari dall’indecisione, dal compromesso, dalla mancanza di chiarezza… insomma, tutto questo vuoto va riempito, perché non è il vuoto di colui che attende, di colui che spera: no, questo è il vuoto di colui che non vive, è il vuoto di una vita insensata, di una vita “non Cristo-centrata”.

e voi per opera sua credete in Dio, … in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio.

Noi abbiamo bisogno di fede e di speranza: certamente, assolutamente, ne abbiamo un estremo bisogno. Se voi notate, questo nostro tempo storico è segnato molto dalla mancanza di fede e di speranza. E quindi da una parte vediamo un mondo in autogestione, un mondo che si fonda sulle sue capacità, le sue forze, come se fosse costantemente rivolto su sé stesso; dall’altra appunto vediamo questa grande fragilità del mondo. Perché la speranza non si sente, non si vede, non si parla di speranza: è sempre tragedia, è sempre una cosa brutta. E sembra che non siamo contenti finché qualcuno non ci dice: “Ecco sei in una tragedia, ti sta capitando una tragedia, a breve succederà una tragedia”.

In questo rientrano anche i discorsi apocalittici, che oggi vanno molto di moda, oggi sembra che ci sia proprio un interesse particolare in questo parlare apocalittico: “succederà, accadrà, state attenti a questo, state attenti a quell’altro…” Ma a me verrebbe da dire che non c’è bisogno di fare riferimento a questi discorsi apocalittici, perché noi dovremmo vivere ogni giorno così! “In questo anno succederà questo, tra tre mesi succederà quell’altro, in questo periodo accadrà quest’altro…” Noi ogni giorno dovremmo alzarci e viverlo come se fosse il primo, l’unico e l’ultimo, basta! Facendo così, non c’è apocalisse che tenga (non intendo l’Apocalisse come libro della Bibbia, ma come visione del mondo). Se ti dicono: “Stasera finisce tutto”. E va bene, sì ma per me finisce tutto stasera comunque, perché devo fare l’esame di coscienza, perché devo andare a dormire, perché non so se mi sveglierò, perché devo rimettere tutta la mia vita nelle mani di Dio. E va bene, se finisce tutto… ma comunque finisce tutto ogni giorno. E comunque ogni giorno ricomincia tutto. Quindi mi verrebbe proprio da dirvi: “Non seguite tutte queste cose, che sono solamente perdite di tempo”.

Che poi alla fine, se anche sapessimo, — e non lo sappiamo, grazie al cielo — se anche sapessimo che il giorno tal dei tali, il mese tal dei tali, l’anno tal dei tali, accadrà che…, cosa cambia? “Ah, che io mi preparo, io mi…” No! Guardate, usciamo da queste illusioni. Noi, se già non siamo abituati a farlo ogni giorno, arriveremmo a dire: “Oh, mamma, ho sbagliato tutto, adesso mi converto”, sapete quando? Quando la porta dell’arca si chiude e cade la prima goccia di pioggia, solo lì diremmo: “Ah ecco, quindi allora è arrivato, è successo, allora dobbiamo…” Ma ormai la porta dell’arca è chiusa e non si apre più. E dopo la prima goccia è già scesa la seconda, la terza, la quarta e via di seguito.

Quindi facciamolo prima, come ha fatto Noè, facciamolo prima, mentre tutti mangiano, bevono, si sposano, hanno figli, fanno le loro cose, lavorano… ecco, noi costruiamo la nostra arca giorno dopo giorno, che vuol dire costruiamo il nostro rapporto con Dio giorno dopo giorno, pietra su pietra, lasciamo stare i mattoni. I mattoni ci ricordano qualcos’altro, quindi è meglio lasciar perdere i mattoni… ci ricordano la schiavitù d’Egitto, quindi: “Via il mattone”. 

Dovremmo fare una catechesi sul mattone, ma il mattone è meglio lasciarlo perdere, mentre la pietra… Sapete i mattoni sono tutti uguali, uno uguale all’altro, le pietre non ne trovi una uguale all’altra. Se uno ha davanti una casa fatta di pietra, costruita con le pietre, e una casa costruita con mattoni, state sereni, serenissimi, che se uno ha un briciolo di esperienza, non sceglierebbe mai la casa col mattone, andrebbe a prendere la casa con la pietra, fatta di pietra, che poi, tra l’altro, d’inverno tiene caldo e d’estate tiene fresco; il mattone, invece, è come se fosse un forno a microonde un po’ più grande, oppure un piccolo freezer per l’inverno. E noi, giorno dopo giorno, siamo chiamati a costruire la nostra arca fatta con le pietre, che sono tutte diverse e che hanno il loro perché. E infatti Gesù è pietra d’inciampo, non mattone, pietra d’inciampo, pietra angolare, non mattone. Vabbè, un giorno vedremo anche di fare la catechesi del mattone. 

E allora questa fede, questa speranza, saranno rivolti a Dio, perché se io ogni giorno metto un pezzettino di pietra o metto una pietra sul mio edificio, capite che a un certo punto la casa è finita, l’arca è finita, e quindi la posso abitare. E perché la costruisco? Per fede e per speranza, perché sono rivolti a Gesù, a Dio, e quindi so che è giusto costruirla.

Bene, allora vi lascio questi piccoli spunti di riflessione. Vi auguro di cuore una Santa domenica e, a distanza esatta di una settimana, mi permetto di ringraziare tutti coloro che sono venuti a Fontanelle di Montichiari, al Santuario di Maria Rosa Mistica, perché dopo sette giorni dobbiamo ringraziare Dio della giornata bellissima che ci ha fatto vivere, veramente; dall’inizio alla fine, una bellissima giornata.

Io conservo dei ricordi grandi, una gratitudine fortissima innanzitutto a Dio e alla Vergine Maria, perché è stata una giornata piena di sorprese, di incontri, di volti, di persone che erano “dei nostri”, diciamo così, ma anche di persone che non erano “dei nostri” (cioè che non erano lì per il mio invito, ma che si trovavano lì per conto loro) che mi hanno fermato perché non mi conoscevano. Diverse persone che non erano “dei nostri”  mi hanno chiesto di confessarle. Infatti, a un certo punto ho detto: “Ma chissà se arriverò mai alla macchina” perché non riuscivo a muovermi, non riuscivo a passare, perché venivo continuamente fermato: quindi tornavo indietro, perché per confessare andavo a sedermi. Tra queste persone mi ha colpito una signora che mi ha chiesto di confessarla. Dopo un po’ che stiamo parlando mi dice: “Ma lei è il Padre della panettiera?”. Dico: “Sì signora, sono il Padre della panettiera” — “Ah, ecco adesso l’ho riconosciuta”. “Sì, sì, sono io il Padre della panettiera”. Faceva riferimento all’omelia che feci per Halloween, ormai più di dieci anni fa, però quell’omelia è diventata un po’ un tormentone e, siccome chi l’ha fatta girare l’ha un po’ tagliata — l’audio che circola online non inizia dall’inizio della mia omelia ma dal momento in cui dicevo “anche dalla panettiera…” — allora è rimasto in mente alle persone che sono “il Padre della panettiera”.

È stata una bellissima giornata, veramente vi sono tanto grato. Quando poi siamo saliti sulla montagna … Guardate, veramente, siamo stati spinti a salire su quella montagna, non l’avevo premeditato, ma salire su quella montagnola e vedere tutto quel prato verde attorno bellissimo, quei colori, con l’orizzonte, poi il sole che ormai stava scaldando… Bello, veramente bello, devo dirvi, mi è proprio venuto in mente il colle delle beatitudini. Sì, proprio il discorso della montagna di Gesù. Cioè, essere lì tutti — a partire da me — dietro a Gesù. Essere lì tutti sull’esempio di Gesù. Voi sapete che la montagna, nel linguaggio biblico, ha questo riferimento profondo, radicale, con l’incontro con Dio — pensate al Sinai, pensate al Tabor, pensate al Golgota — e mi ha proprio colpito vederci tutti riuniti, tutti insieme. “Pensa, siamo qui tutti per ringraziare Gesù e la Vergine Maria, per celebrare la Santa Messa — l’avevamo appena celebrata — e poi per far l’Atto di Offerta all’Amore Misericordioso”: bello! Quello che ho visto è stata tanta compostezza, tanto silenzio, tanta carità, perché poi vi siete seduti a gruppi di cinquantine… Eravamo tantissimi, io ho fatto fare un conto approssimativo, perché era impossibile contarci e — solamente sulla montagna, perché poi lì di sotto non ci stavamo, la Chiesa era veramente al collasso — saremo stati quasi cinquecento persone, quindi veramente tante, tante persone, tantissime persone.

 Poi alcuni venivano dalla Sicilia, qualcuno è venuto da Roma, qualcuno è venuto dal Nord, da Belluno, qualcuno è venuto dalla Svizzera, qualcuno è venuto dal centro Italia, qualcuno dalla Sardegna… Veramente tante persone. Poi ragazzi, coppie giovani, persone più adulte… tutte le età, tutte le estrazioni sociali… E vedervi lì tutti insieme, riuniti da questo amore grande per Gesù Eucaristia, per la Vergine Maria, mi ha fatto proprio pensare, mi son detto: “La gente, il popolo di Dio, ha tanta fede”.

Forse noi sacerdoti ci lamentiamo che la gente non va più in chiesa, che la gente non c’è più, che la gente non risponde, che la gente non viene, sì ma forse dobbiamo anche pensare: “Noi cosa offriamo?”. Non so. Non so se veramente rispondiamo alle esigenze delle persone. Poi proprio in quel frangente — mentre ero con voi — mi sono venuti alla mente i discorsi di qualcuno che dice: “Eh, ma questi devotoni, ma questa superstizione, ma questo devozionismo, ma la vita di fede deve essere fondata su…”. Dovessi risentire questi discorsi, direi: “Caro amico, abbassa la testa, cala le ali, tagliati la cresta”.

Ma chi siamo noi per giudicare la vita di fede degli altri? Ma chi siamo noi per buttare sentenze addosso alle persone, quando la nostra vita magari fa pietà, quando non abbiamo neanche un briciolo di devozione noi e andiamo a criticare gli altri perché hanno comportamenti che secondo noi son da devotoni. Ma sapete, io penso anche che secondo noi sono da devotoni, non secondo tutti — ovviamente — ma secondo qualcuno, perché noi siamo talmente aridi e morti dentro, che basta vedere un atto di amore, un atto di venerazione verso la Vergine Maria, verso Dio, che per noi son devotoni. Si certo, tu sei un cadavere! Ma guardati! Che poi magari siamo anche BRUTTI, ma proprio BRUTTI con quattro “B”. E poi sapete, quando manca l’amore, uno diventa brutto, ma proprio brutto, brutto! E invece voi eravate belli, ma non solo voi, anche tutte le persone che ho visto essere lì, ho visto veramente un comportamento in generale di tutti veramente molto discreto, molto compìto, molto raccolto. Una partecipazione alla Santa Messa… nonostante foste così tanti, non volava una mosca, tutti in silenzio. E ho detto: “Che bel modo di amare il Signore. Che bel modo di affrontare il disagio di un viaggio”. Qualcuno mi diceva: “Adesso devo tornare a casa, ho tre ore di macchina” — “Miseria! — ho detto — tre ore di macchina son tante”. E vedere questi volti gioiosi…

E poi non possiamo dimenticare l’Atto di Offerta all’Amore Misericordioso che abbiamo fatto alle 15 con le suorine. Io non avevo assolutamente idea che sarebbe successa questa cosa; non conoscevo quelle suorine, mai viste prima in vita mia, le ho conosciute alle due e mezza. E — avrete visto tutti — saranno state più di 20, non le ho contate, ma almeno una ventina, tutte giovanissime: è una congregazione che è nata da poco, mi hanno spiegato, sono lì al servizio del santuario in accordo col vescovo di Brescia, giovanissime, con un sorriso, con una gioia…

Quando le ho conosciute erano in un locale che si trova accanto alla vendita degli oggetti. Si sentiva cantare, cantare: “Ma chi è che canta con tutta questa enfasi?”. Dopo mi hanno invitato ed erano loro che cantavano, erano in piedi che mangiavano la pizza. Avevano finito da poco il servizio al Santuario e stavano mangiando la pizza, erano tutte gioiose, tutte canterine… Si sono presentate… Ma guardate, qualcuna avrà avuto proprio diciott’anni, perché era veramente giovane! La più anziana avrà avuto — non lo so — trent’anni, mi vien da dire. Ma tutte le altre erano tra i 18 e i 25-26, giovanissime, belle, perché non si può dire che non erano belle! Veramente dei volti bellissimi. E quando mi hanno invitato e mi sono presentato, è stato lì che ho detto: “Guardate, noi alle tre facciamo l’Atto di Offerta”, ho fatto loro una mini catechesi sull’Atto di Offerta all’Amore Misericordioso e poi — la loro è una congregazione che fa riferimento alla Medaglia Miracolosa, quindi anche loro si sono accorte che tutti voi portavate la medaglia miracolosa — ho detto: “Voi pensateci, se volete ci vediamo al Crocifisso grande alle tre meno dieci. Se volete offrirvi anche voi quali vittime di Olocausto, secondo l’insegnamento di Santa Teresina, venite che poi andiamo”. E alle tre meno un quarto sono uscite e sono arrivate e mi hanno detto: “Sì, sì, padre, anche noi, anche noi vogliamo offrirci vittime”.

Bello, mamma mia, bellissimo, bellissimo.

Bellissimo vedere, sentire tutte queste persone, le suorine lì accanto: bello, bello, sì. E poi anche il momento del pranzo, non si può dire che non sia stato bello, quel momento, di tutti seduti a gruppi, ma vicini. E poi questo scambio mi è piaciuto molto, vedere che ciascuno poi si è alzato, è andato dagli altri: chi ha portato i salami, chi ha portato i dolci, chi ha portato il pane, chi ha portato i biscotti, chi ha portato la pizza, e vi scambiavate questi doni, e uno che offriva all’altro in un’abbondanza incredibile, altro che dodici ceste di pezzi avanzati…

Credo che potremo vivere di rendita per un po’ di mesi, credo proprio che questa sia stata una boccata di ossigeno, ci ha fatto capire che ci sono a questo mondo tanti — io ve l’ho sempre detto, solo che non fa rumore, non fa notizia, non se ne parla mai — ma a questo mondo ci sono tantissime persone che amano il Signore, tantissime, tantissime persone che spendono la loro vita dietro a Dio, che si danno interamente al Signore, e c’è tantissima sofferenza, veramente tanta.

Ah, e poi mi stavo dimenticando una cosa importantissima, la vestizione dello scapolare, che abbiamo fatto al mattino, anche quella, siete stati tantissimi che avete fatto la vestizione. Anche questa l’abbiamo fatta al prato sulla montagna, perché non potevamo più scendere, in chiesa non ci stavamo più, perché poi c’erano anche altre persone. Il vigile che era lì, che faceva appunto da vigile per le macchine, è rimasto un po’ turbato nel vedere tutta questa gente che si muoveva, ha chiesto un po’ spiegazioni, da dove venivano, chi erano… Ecco, la vestizione dello scapolare è stata bellissima, anche dei bambini, bella…

Insomma, sì, direi che non c’è stato niente di non bello. Quindi io vi ringrazio tanto, ringraziamo il Signore che ci ha dato una giornata piena di sole, anche fresca, che è andato tutto bene, anche il rettore è stato molto contento, molto gentile, come sempre…

E quindi ecco, ringraziamo tanto il Signore, ringrazio tutti voi, e spero che anche voi abbiate potuto fare una bella giornata mariana e della Divina Misericordia. E anche tutti coloro che si sono collegati poi in streaming, perché non possiamo dimenticare coloro che volevano venire, ma non hanno potuto, e quindi hanno partecipato all’Atto di Offerta all’Amore Misericordioso in streaming, e anche queste persone hanno fatto parte, comunque, del nostro essere lì.

Quindi grazie ancora a tutti, e di cuore vi benedico.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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