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I santi segni. Romano Guardini, parte 13

S. Messa

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: «I santi segni. Romano Guardini, parte 13»
Giovedì 18 maggio 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 16, 16-20)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete».
Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».
Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a giovedì 18 maggio 2023. Oggi ricordiamo San Giovanni I papa e martire.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo sedicesimo del Vangelo di San Giovanni, versetti 16-20.

Continuiamo la nostra lettura del libro di Romano Guardini, I Santi Segni. Oggi affrontiamo “I gradini”. 

Scrive Romano Guardini:

Noi abbiamo riflettuto su diverse cose: ti è riuscito chiaro quello che abbiamo fatto a questo riguardo? Si è sempre trattato di cose da lungo tempo conosciute; eppure ci sono apparse nuove. Erano cose viste mille volte; ma ora le abbiamo considerate nella giusta luce, ed esse si sono aperte e ci hanno rivelato genuina bellezza. Abbiamo prestato orecchio ed esse hanno incominciato a parlare. Di azioni che abbiamo compiuto già tante volte abbiamo penetrato il giusto senso, le abbiamo eseguite consapevolmente, ed ecco n’è emerso tutto quello che in esse si nasconde. Che grande scoperta è questa! Così dobbiamo conquistare quanto già da tempo possediamo, perché diventi realmente nostro. Dobbiamo apprendere a veder giusto, a udire giusto, a operare giustamente. Qui sta il grande imparare a vedere, il diventare sapiente. Finché questo non avviene, tutto ciò rimane muto e oscuro; ma se lo raggiungiamo, allora tutto si manifesta, rivela il suo intimo e da questa sua essenza l’aspetto esteriore riceve figura. Ne farai l’esperienza: proprio le cose più intuitive, le azioni d’ogni giorno, nascondono la realtà più profonda. Nelle cose più semplici si nasconde il più grande mistero.

 Quindi ci dice quello che esattamente è stata la nostra esperienza di questi giorni. Abbiamo imparato a rivedere il significato di gesti, di segni che ormai compiamo da anni e anni e anni e verso i quali, forse, abbiamo assunto anche un atteggiamento un po’ abitudinario e forse neanche sapevamo perché li facevamo, che cosa significassero. E se questo vale per l’inginocchiarsi, vale per il segno della croce, dare la mano ecc., pensiamo a quanto più vale per l’incontro con le persone. Alle volte siamo abituati ad incontrare le persone e non riusciamo più a cogliere l’essenza di quella persona, la realtà più profonda.

Ecco ad esempio i gradini.

Interessante che ci faccia riflettere sui gradini, perché credo che nessuno di voi avesse in mente la possibilità di trovarci a riflettere sui gradini. I santi segni: i gradini. Uno dice: “Mah… i gradini sono i gradini. Cosa c’entra con l’altare piuttosto che con l’incenso, con l’inginocchiarsi? I gradini! Quante volte abbiamo fatto i gradini per entrare in chiesa? Quante volte il sacerdote fa i gradini per salire il presbiterio? Eppure, anche i gradini vogliono dire qualcosa. 

Vediamo:

Li hai saliti infinite volte. Ma hai penetrato quello che, in quel mentre, avveniva in te? Avviene infatti qualcosa in noi quando ascendiamo. Soltanto, è cosa molto delicata e silenziosa, che si può facilmente lasciar perdere senza percepirla. 

Qui si manifesta un grande mistero. Uno di quei fenomeni che procedono dal fondamento della nostra essenza umana; enigmatico, non lo si può risolvere in concetti, eppure ognuno lo intende, perché è il nostro intimo che vi parla. 

Attenti:

Quando saliamo i gradini, non sale soltanto il piede, bensì anche tutto l’essere nostro. Anche spiritualmente noi saliamo. E se lo facciamo consapevolmente, presentiamo di ascendere a quell’altezza dove tutto è grande e compiuto; cioè al cielo in cui abita Dio.

Non so quante volte abbiamo riflettuto sul fatto che, per esempio,  quando saliamo i gradini della chiesa è tutto il nostro essere che sale. Non salgono soltanto i piedi o le gambe, tutta la nostra persona sale. Capite che, ancora prima di entrare in chiesa, noi siamo chiamati a doverci fermare e a riflettere profondamente su quello che da quel momento in avanti faremo. Perché persino nel salire i gradini — e qui mi vengono in mente le persone anziane e non solo, che magari fanno molta fatica a salire i gradini — tutta la persona sale, tutta la persona ascende, anche spiritualmente. Ascende a cosa? A quell’altezza “dove tutto è grande e compiuto”, “al cielo in cui abita Dio”.

Tuttavia percepiamo egualmente il mistero. È dunque Dio lassù? Ma per Lui non c’è alto né basso! Ma a Dio giungiamo soltanto rendendoci più puri, più sinceri, migliori! E che cosa ha a che fare il diventare migliori con l’ascendere materiale? Che cosa ha a che fare «l’essere puro» con lo «stare in alto»? E invero qui non si può spiegare ulteriormente. È dall’essenza nostra che ci scaturisce il senso che il basso è similitudine del meschino, del pravo, l’alto similitudine del nobile e del buono, e che il salire ci parla dell’ascesa del nostro essere all’«Altissimo», a Dio. Non lo possiamo spiegare, però è così: lo percepiamo, lo intuiamo.

C’è un rapporto misterioso tra il salire, l’ascendere e l’essere puro. Tra il salire, l’ascendere e l’essere migliori.

Qui a Roma c’è una piazza famosissima, vediamo se mi viene il nome, e prima c’è una chiesa, S. Maria in Aracoeli che, la prima volta che l’ho vista, mi sono sentito male. Ho detto: “Come si fa ad arrivare in quella chiesa?”. È posta, mi sembra, proprio quasi su un monte, per così dire, altissima. Bisogna fare non so quanti gradini; io non ho mai visto tanti gradini in vita mia. La prima volta che l’ho vista ho detto: “Beh, uno arriva lassù e poi muore perché… salirli tutti…”

Infatti, passando di lì mi dicevo: “Ma chissà perché hanno fatto così tanti gradini, non potevano fare una cosa un po’ più bassa?”. Adesso però, leggendo Romano Guardini, mi dico: “Beh, ha un senso”. Perché lì uno non può dire: “Scendo dalla macchina ed entro in chiesa”. Quindi ha un senso questo salire. E quindi, sarebbe bello che tutte le volte che noi entriamo in una chiesa, ci ritornasse il pensiero di dire: “Attenzione, tutta la mia persona, tutto il mio essere — appunto come la chiesa vicino all’Altare della Patria — tutta la mia persona sta salendo”.

Ecco, scusate, ma non potevo concludere questa omelia, questa meditazione, senza avere il nome della piazza, non potevo: piazza Venezia! Ecco, finalmente ci siamo. Anche padre Giorgio è riuscito a ricordarselo. 

Ah, ecco tra l’altro, già che vi ho rubato un attimo di tempo con la mia distrazione, volevo vedere anche un’altra cosa, vediamo se la trovo subito. Ecco, pensate un po’, infatti immaginavo che l’avrebbero scritto: i gradini della scalinata dell’Aracoeli sono 124. Bisogna salire 124 gradini, sono tantissimi! La prima volta che li ho visti sono rimasto veramente colpito, perché sono veramente tanti. Se poi li vedete anche su internet, vedete appunto quanti sono. Pensate un po’: “La scalinata è stata considerata anche una vera e propria scala Santa da percorrere in ginocchio per ricevere la grazia desiderata”.

Quante cose, quante ricchezze! Vedete, se uno non le sa le cose… vede turisti che salgono e che scendono come se stessero salendo e scendendo le scale della Rinascente. Ecco, no! Uno dice: “Adesso quando vado a farmi 124 gradini avrò un motivo per riflettere su queste cose”. E dovendone salire 124, di tempo ne abbiamo! Ovviamente, quando andiamo nelle nostre chiese, non abbiamo 124 gradini da percorrere ogni volta, perché sennò… credo che non sarebbero molto frequentate, forse! O ancora meno. O forse magari di più, chi lo sa? Però sicuramente sarebbe un bellissimo allenamento alle 7 del mattino farsi 124 gradini per salirle. E, soprattutto, magari d’estate.

E quindi, con tutto quello che abbiamo ascoltato adesso di Guardini, capite che c’è un senso profondo. Tu arrivi in chiesa e dici: “Eccoci, ho già fatto un percorso, ho già fatto un pellegrinaggio”.

Perciò dei gradini che conducono dalla strada alla chiesa; essi dicono:

E lì (all’Aracoeli) proprio si vede molto bene

«Tu sali alla casa della preghiera, più vicino a Dio».

Sarebbe bello anche nel nostro salire quei tre o quattro gradini che abbiamo da fare, pensare: “Sto salendo alla casa della preghiera, alla Casa di Dio, più vicino a Dio”.

E dalla navata della chiesa al coro nuovi gradini, che dicono:

«Ora ti introduci presso l’Altissimo». 

E altri gradini portano su all’altare. A chi li ascende essi sussurrano quello che già ebbe a dire il Signore a Mosè sul monte Horeb: «Levati i calzari, perché questo terreno è sacro». 

L’altare è la soglia dell’eternità. Com’è grande questo! Salirai ora consapevolmente i gradini, sapendo di ascendere? E lascerai tutto il meschino in basso e salirai davvero «all’alto»? E questo ha da suggerirti molte cose. Che tu ne rimanga interiormente compreso; che «le ascese del Signore» si compiano in te; – questo è tutto.

Bene, quando noi siamo davanti all’altare noi possiamo proprio dire: “Sono alla soglia dell’eternità” e questi gradini mi hanno aiutato proprio ad introdurmi nella casa di Dio, ad introdurmi presso l’altissimo, ad introdurmi su questo terreno che è sacro. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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