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Eliseo: uomo di Dio

Profeta Eliseo

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Eliseo: uomo di Dio
Domenica 2 luglio 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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PRIMA LETTURA (2 Re 4,8-11.14-16)

Un giorno Eliseo passava per Sunem, ove c’era una donna facoltosa, che l’invitò con insistenza a tavola. In seguito, tutte le volte che passava, si fermava a mangiare da lei. Essa disse al marito: “Io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi. Prepariamogli una piccola camera al piano di sopra, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e una lampada, sì che, venendo da noi, vi si possa ritirare”.
Recatosi egli un giorno là, si ritirò nella camera e si coricò. Eliseo chiese a Giezi suo servo: “Che cosa si può fare per questa donna?”. Il servo disse: “Purtroppo essa non ha figli e suo marito è vecchio”. Eliseo disse: “Chiamala!”. La chiamò; essa si fermò sulla porta. Allora disse: “L’anno prossimo, in questa stessa stagione, tu terrai in braccio un figlio”.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Eccoci giunti a domenica 2 luglio 2023.

Abbiamo ascoltato la prima lettura della Santa Messa di oggi, tratta dal secondo libro dei Re, capitolo quarto, versetti 8 e seguenti.

Innanzitutto, buona domenica a tutti, buona Santa domenica. E che sia veramente una Santa domenica: il giorno del Signore. Viviamolo sempre, ogni settimana, con grande, grandissimo onore verso il Signore, rendiamogli proprio tutto il culto dovuto e che questo giorno sia totalmente diverso dagli altri.

Avrei potuto quest’oggi leggervi e meditare il Vangelo di oggi, Matteo 10, 37-42 che, se uno deve fare una predicazione, un Vangelo del genere è come andare a nozze, come entrare in autostrada, uno dice: “Autostrada libera!” Non c’è nessuno, tu entri… bella, ampia, larga, tutta per te e vai come un treno, non ti ferma proprio nessuno. Questo Vangelo è veramente un’autostrada per un predicatore, perché c’è il tema del “Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me”, “Chi non prende la sua croce e non mi segue non è degno di me”, “Chi ha trovato la sua vita, la perderà”, “Chi accoglie voi accoglie me”, insomma, veramente temi grossi.

Ma ho deciso invece di scegliere questa prima lettura, che forse è un po’ più difficile dal punto di vista della predicazione, è meno “autostrada” ma ci offre — almeno per oggi, perché non è proprio così frequente trovarlo — uno spunto di riflessione che mi sembra molto importante, che già altre volte ho trattato. Ma questo testo del secondo libro dei re oggi ce lo propone in modo molto serio e anche fatto molto bene. Vediamo un po’, spero di riuscire a rendervelo in tutta la sua importanza e bellezza.

Il profeta Eliseo, discepolo di Elia; grandissimi profeti tutti e due. Certamente Elia insuperabile, ma anche Eliseo, degno figlio di tanto padre. E passa per Sunem, una città — i profeti viaggiavano — e lì c’era una donna facoltosa, una donna che stava bene, non aveva problemi economici. Questa donna sapiente, molto intelligente, santamente furba, lo invita con insistenza in casa sua, alla sua tavola, a mangiare, a nutrirsi. E quindi diventa un punto di appoggio per Eliseo, perché sapete, quando uno viaggia molto, è chiaro che è importante avere dei punti di appoggio sicuri, fidati; e dentro “sicuri, fidati” c’è dentro tutto. “Sicuri” vuol dire che non sono “un po’ sì, un po’ no”. Non sono “oggi che bello ti ho qui, però domani ti faccio capire che mi sei un po’ di peso”. Ecco, non questo.  “Sicuri” vuol dire che sono certi che ci sono e ci saranno sempre, che si fondano su delle premesse serie, consistenti, vuol dire che questa famiglia, questa donna e suo marito, avevano fatto una scelta, di ospitare Eliseo; ma evidentemente gli hanno proprio fatto capire che ci tenevano tanto e che loro davano la loro disponibilità.

E quindi cosa succede? Succede che Eliseo, che evidentemente passava con una certa frequenza da Sunem, ha colto l’invito non solo di andare a mangiare quel giorno, ma ha colto questa insistenza, cioè ha colto che per questa donna e per suo marito, per questa famiglia, si era deciso di aprire una porta ad Eliseo. Se non glielo avevano proprio detto a parole comunque gliel’hanno fatto capire chiaramente: “Guarda: qui la porta per te è sempre aperta — adesso vi sto facendo la parafrasi — quando passi, se hai bisogno, se vuoi, a noi fa molto piacere, non è un disturbo, anzi noi ci teniamo, quindi noi ti diamo questa disponibilità e questa ospitalità e tu ci onori della tua presenza”. Perché, capite, era il profeta Eliseo, non era il signor Pinco Panco che passa per la strada. Questo brano lo dobbiamo proprio percorrere proprio passo-passo, lo dobbiamo anche un po’ rendere efficace a livello immaginativo.

Un giorno… essa disse al marito

Ecco, sono quei giorni in cui si fa sintesi. È importante nella vita fare sintesi, non si può fare sintesi di ogni momento, ma ci sono dei giorni in cui c’è la quadratura del cerchio, tutti i punti si collegano e viene fuori il disegno e uno capisce che è il giorno in cui si fa sintesi, si tirano le somme.

Un giorno lei dice al marito, attenti bene:

Io so…

Ma come faceva a saperlo, che ancora non era accaduto niente nella loro vita? Fa niente, lei lo sa, lo sa interiormente, lo ha capito. Non abbiamo bisogno sempre di prove concrete, alle volte sono intuizioni, sono sensazioni del cuore, profonde, vere, che sentiamo essere vere.

Io so 

sentite con che certezza parla

che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi

Ecco la sintesi. Io vi chiederei di concentrarvi proprio su questa prima espressione: «è un uomo di Dio» perché questa espressione è una definizione. Di che cosa? Di quello che viene dopo, un santo.

Noi alle volte, sbagliando, abbiamo in mente che il santo è il santino delle immaginette, quindi con l’aureola, con gli occhi verso il cielo, immobilizzato in questo atteggiamento mistico, avvolto dagli angeli, in un’altra dimensione. E ci dimentichiamo che il santo è un uomo, è una donna, non è un angelo, quindi come Padre Pio, come tutti i santi, ha dei difetti. I santi hanno dei difetti perché sono — come noi — in cammino, stanno camminando verso la totale appartenenza a Dio. Ma questo richiede un cammino; certo, il santo è a un grado maggiore del nostro di appartenenza già su questa terra; quindi, i suoi difetti saranno diversi dai nostri, ma ci saranno comunque. Saranno probabilmente meno invadenti dei nostri, meno appariscenti dei nostri, però ci sono. Perché ognuno poi ha il suo carattere. Quindi ci sarà il santo più estroverso, mi viene in mente San Filippo Neri, e quindi magari uno che gli sta accanto alle volte fa un po’ fatica perché questo andava al mercato e faceva finta di essere pazzo… Insieme a Sant’Ignazio, erano amicissimi! San Filippo Neri e sant’Ignazio, fondatore dei gesuiti. San Filippo Neri era proprio all’opposto di sant’Ignazio, che era assolutamente posato, molto rigoroso. San Filippo Neri invece era proprio un “giullare di Dio”. San Filippo Neri quando celebrava la messa volava, si elevava, andava in estasi, quindi dice a sant’Ignazio: “Senti, guarda, qui ci prendono per santi tutti e due, a me per un verso, a te per l’altro” — sant’Ignazio digiunava, faceva penitenza — “allora, guarda, facciamo così, andiamo al mercato con due belle fiasche di vino in mano e ci fingiamo ubriaconi, così la gente ci vede che ci arruffiamo, facciamo gli ubriaconi, barcolliamo e dirà: «Ma che gente è? Ma che preti sono questi qui? Ma altro che santi, ma questi qui ma cosa vuoi che siano, guarda che bugiardi, guarda che ubriaconi!». I santi fanno queste cose, però la gente non è stupida, quindi al momento magari ci casca, ma poi capisce il gioco.

E quindi non so, magari a San Filippo Neri uno poteva rimproverare il caratteraccio. Un aneddoto della sua vita racconta di San Filippo Neri che dice a Gesù: “Tieni una mano sul tuo Filippo perché sennò non sai di cosa è capace”. Appena fatta questa preghiera entra in chiesa uno che lo fa arrabbiare e San Filippo gli urla addosso. Poi dice, rivolto a Gesù: “Ecco, hai visto, hai visto?”, e il Signore gli risponde: “Ma io ti ho dato la grazia, ti ho messo alla prova, vedi? E tu non sei riuscito”. E va bene, ognuno ha il suo carattere, il suo temperamento.

Ma non è questo il punto. Noi, invece, quando guardiamo una persona, la riteniamo santa se è perfetta: sbagliato! Sbagliato! Una persona non è santa se è perfetta. Dobbiamo mettercelo bene in testa. Se noi andiamo a cercare il “santo = perfetto”, non lo troveremo mai. È per questo che durante la loro vita molti santi passano inosservati, perché la loro santità è nascosta dalla loro imperfezione e siccome noi — proprio stolti — guardiamo l’imperfezione, andiamo a giudicare gli altri, non vediamo la santità. Quindi chi è il Santo? Il Santo è l’uomo di Dio. La santità si misura sul grado di appartenenza a Dio, non sul livello di perfezione che uno ha raggiunto e per cui non ha più nessun difetto. No! Ma sul grado di appartenenza a Dio.

Un esempio? Beh, prendiamo il buon ladrone! Non c’è bisogno che ve lo spieghi. Perché proprio lì di perfezione non c’era niente. Stava morendo in croce come un brigante, un ladro… dov’è la perfezione? Eppure, è il primo che entra in Paradiso… Capite “l’appartenenza”: uomo di Dio. Questo dice la santità! Vuol dire tutto, in questa espressione, in questo genitivo, c’è dentro tutto: uomo di Dio. Noi abbiamo bisogno di uomini di Dio e di donne di Dio. Cioè che appartengano a Dio, che siano di Dio, che non siano di altri o di altro, che non appartengono ad altri. 

Questa è l’unicità di Gesù: la sua appartenenza al Padre. La singolarità di Gesù sta tutta qui, nella sua appartenenza al Padre, non al fatto che faceva i miracoli, che guariva le persone, no! È l’appartenenza al Padre, è questa che poi genera tutto lo scandalo attorno a Gesù e che lo porterà poi a morire, non i miracoli. L’appartenenza al Padre! È questa la fonte dell’incomprensione tra Gesù, gli scribi, i farisei e tutti gli altri: l’appartenenza al Padre. Ed è qui il tentativo del mondo di agire su Gesù, cioè di ricondurre Gesù all’appartenenza al mondo. 

Ecco le tre tentazioni del demonio nel deserto! Il demonio nel deserto vuole attentare, vuole minare l’appartenenza di Gesù al Padre. Satana vuole una cosa sola: che Gesù rinneghi la sua appartenenza al Padre e decida di appartenere a Satana. “Se prostrato, mi adorerai”. Esattamente quello che Lucifero non ha fatto con Gesù. Lucifero si è rifiutato di adorare “il Verbo si fece carne”, la seconda ipostasi della Trinità, è da lì che nasce l’inferno, è lì che viene a crearsi il luogo dell’opposizione a Dio.

Dio Padre non faceva nessun problema a Lucifero, andava d’accordissimo Lucifero con Dio Padre. Lo Spirito Santo? Ma nessun problema con Lucifero! Proprio pacifico! Lucifero andava d’accordissimo con il Verbo. Lui era l’angelo più in alto, più elevato, più vicino a Dio, a Dio Trinità. Capite? Dio Trinità è da sempre Trinità, non è che diventa Trinità a un certo punto. Da sempre Dio è trino, è uno e trino, benissimo. 

Ma quando il Dio uno e trino, che lui adorava, che lui serviva, al cui cospetto lui era sempre, “dice” (usiamo questi termini antropomorfici, ma per intenderci) a tutta la Corte celeste il progetto che la Trinità ha “maturato”, ha “deciso”, (tutte virgolettate, queste espressioni, perché ovviamente non si applicano alla Trinità, ma non so come spiegarvelo in altri termini, perché non ho un altro linguaggio), quando ha comunicato il progetto dell’incarnazione… si salvi chi può!

“Io, Lucifero, purissimo spirito di natura angelica, mi devo prostrare, adorare il Verbo che si fa carne, cioè la natura divina che si fa uomo, e questo Gesù che ha natura divina e natura umana?! No! Io prostrato davanti alla natura umana?! Assolutamente no, perché la natura umana è inferiore alla natura Angelica. Questo è impossibile!”. Ecco l’inferno! Ed ecco che il più bello, il più grande degli angeli, diventa l’orrore per eccellenza, diventa quel Lucifero il cui nome noi non associamo mai alla bellezza, alla bontà, all’amore, ma a tutt’altro. 

Nelle tre tentazioni, Lucifero propone a Gesù quello che lui ha rifiutato di fare, Lucifero ha rifiutato di prostrarsi davanti al Verbo fatto carne. E dice: “Tu devi prostrarti davanti a me”, perché è questo quello che Lucifero non riesce a mandar giù da quel giorno. “Io davanti a te non mi prostrerò mai. Allora ti chiedo di farlo tu”. Questa sarebbe stata la grande vittoria di Lucifero. Perché? Perché si sarebbe sentito Dio. Qui è Genesi, 3! È qui il punto! Si sarebbe sentito Dio. Se la seconda ipostasi della Trinità si prostra davanti a una creatura… Il gioco è fatto: “Io sono Dio”. Questa è la sua aspirazione frustrata, fallita, ma questo è quello che lui desidera, essere adorato al posto di Dio, è l’appartenenza. Ovviamente Gesù dice: “Cioè? Cosa stai dicendo?” — l’ho detto un po’alla maniera dell’adolescente di 14 anni — Gesù diceva: “Ma questo si è fumato, ma cosa sta dicendo? Ma come prostrato davanti a te? Ma sei fuori? Ma che prostrato, ma chi sei? Cioè, ma tu chi sei? Voglio dire: io, Dio, mi prostro davanti a te? Ma a questo si è fulminato il cervello, vabbè”. E quindi sappiamo tutti come finisce, che Gesù gli dà “il lungo” e gli dice: “Vattene, Satana!”. Eh, ma da lì è tutto un attentato all’appartenenza di Gesù al Padre.

Ora, noi a chi apparteniamo? Questa è la Santità; la Santità è la sempre maggiore totalizzante appartenenza dell’uomo al suo creatore, della creatura al creatore, dell’uomo a Dio. Questa è la Santità! Tanto più noi apparteniamo a Dio, tanto meno c’è qualcuno o qualcosa che ci separa, che intralcia questa appartenenza, tanto più noi siamo santi. 

“Santo perché io sono Santo”, perché Gesù è Santo, perché Dio è Santo. Santi come colui a cui apparteniamo. Non so se è chiaro il ragionamento, spero di sì.

Quindi il punto è scoprire, rendersi conto, quando si ha a che fare con qualcuno che appartiene a Dio, e i segnali li abbiamo… Per favore, non viviamo come gli storditi, che vanno in giro: “Eeehh … io… telefono… casa…”. Ecco voglio dire, i segni ci sono, l’abbiamo visto in questi giorni: “Dai loro frutti li riconoscerete”. Ok, quindi occhi aperti e si capisce, come questa donna ha capito — senza avere “per ora” segni particolari — che Eliseo non era come tutti gli altri, che c’era qualcosa di grosso lì sotto; ma lo capisci, lo vedi, si sente, si vede.

Allora questa donna fa una proposta. Una proposta che, senza che lei lo sappia, cambierà per sempre la sua vita, la vita di lei! Non del profeta Eliseo, ma di lei! Lei dice:

Prepariamogli una piccola camera

Guardate, guardate questa donna, veramente è geniale, è geniale:

Prepariamogli una piccola camera al piano di sopra

Qui ogni dettaglio è un libro. Quindi voi immaginatevi un luogo appartato, distaccato, fuori dal chiacchiericcio, al piano di sopra (anche perché avere due piani a quel tempo era segno di essere molto facoltosi). Al piano di sopra, quindi lontano dalla zona cucina, dalla zona pranzo, cena, colazione, lontano da dove si accolgono gli ospiti… una zona riservata, a sé, al piano di sopra, dove di solito ci sono le camere da letto. Quindi immaginatevi questa stanzetta, questa cameretta. Già a me sembra di vederla

in muratura

E questo non è un dettaglio da poco, eh? Uno dice: “Vabbè e come vuoi che fosse?” Eh no! Eh no! Eh, no! Questo voleva proprio dire: “Facciamogliela più bella possibile”. Perché farla in muratura voleva dire “Facciamogliela stabile”, non costruita con il materiale che si usava un tempo, impastato con la paglia… No, no, fatta proprio coi muri, fatta bene, bella, un qualcosa di bello, di stabile, di solido, di duraturo, di diverso.

Mettiamoci un letto

Non è che fosse così ovvio e scontato, la stragrande maggioranza dormiva per terra. Ma lui no: facciamogli un letto, diamogli un letto,

un tavolo

non è scontato

una sedia e una lampada.

Quindi, vedete, tutto il necessario per vivere; mangiare glielo faceva lei. Tutto il necessario per una vita decorosa, quindi il suo letto per riposare, il tavolo, la sedia e la lampada, per potersi sedere, leggere, scrivere. La camera di un monaco, di un frate, è fatta così: un letto — adesso c’è anche un armadio — e poi questo, un tavolo, una sedia, una lampada. Essenziale, ma assolutamente decorosa, bellissima; ogni dettaglio curato. E poi mi sarebbe piaciuto essere lì a vederla, come l’avevano preparata, chissà con quale massima cura e quale massima bellezza e quale massima ricchezza di dettagli, anche di preziosità dei materiali. Me lo posso solo immaginare.

sì che, venendo da noi, vi si possa ritirare

Lei cosa ha fatto? Ha pensato a una sorta di piccolo eremo per lui. È un uomo di Dio, non è che può stare qui con noi a giocare a carte. Eh, no. Cioè, è un uomo di Dio, è di Dio! E quindi deve avere il suo luogo, il suo posto nella nostra casa, ma separato da noi. Ha sicuramente bisogno dei suoi tempi, dei suoi spazi e dei suoi luoghi e io glieli voglio garantire. Non voglio che, venendo nella mia casa, si senta costretto ad assumere i miei tempi, i nostri tempi, i nostri stili, le nostre consuetudini, perché noi non siamo lui. Quindi dobbiamo pensare qualcosa che risponda alle sue esigenze, alla sua vita.

Eliseo va, si ritira nella camera e si corica; Eliseo sperimenta tutta l’attenzione e la bellezza, la riverenza di questa donna, di questa famiglia verso di lui.

E allora avverte la riconoscenza, dice: “Cosa possiamo fare?”. Ecco il miracolo: 

“L’anno prossimo, in questa stessa stagione, tu terrai in braccio un figlio”

Perché ho voluto leggervi e commentare questo testo? Io non lo so se nella vostra vita, nella nostra vita, conosciamo un uomo o una donna di Dio, io questo non lo so. Non lo so se l’abbiamo conosciuto. Non lo so se lo conosceremo. Però, se mai dovesse accadere, stiamo attenti a non fare come coloro che sono capaci solo di ricevere e mai dare; stiamo molto attenti. Perché? Perché così facendo ci giochiamo i miracoli. Questo è il messaggio! Se questa donna si fosse limitata ad accogliere Eliseo e dargli da mangiare, il miracolo non sarebbe arrivato. Ma è stato questo atto di grande carità, di grande ospitalità, di grande disponibilità, che le ha meritato il miracolo; lei non lo sapeva, ma accade sempre così. Quando compiamo un atto di carità verso un uomo, verso una donna di Dio — mi viene in mente Madre Teresa di Calcutta, per esempio — il Signore non si fa mai battere in generosità. Se quell’uomo e quella donna sono veramente di Dio, Dio interviene, Dio ha cura di coloro che gli appartengono. E, ripeto: Dio non si fa battere in generosità.

Ed è bello pensare alla vita dei santi: penso a San Giovanni Bosco, penso a Santa Teresa di Gesù, a San Giovanni della Croce, a San Francesco, a Madre Teresa… Madre Teresa, non si può neanche contare, a Padre Pio, mamma mia! Quante persone sono state come questa famiglia di Sunem accanto a questi santi. I santi hanno sempre accanto persone o famiglie così meravigliose. E la benedizione di Dio ricade su queste persone, sempre, sempre!

Penso che dobbiamo, prima di tutto, renderci conto di tutto questo e quindi, se accade, occhi aperti: guardiamoci intorno e poi cominciamo a fare sintesi. Chiediamoci: “Che cosa concretamente posso fare?” Che non è: “Ti preparo la pasta col sugo”. Non è innanzitutto questo, è anche questo, ma capite, è il farsi carico! Questa famiglia si fa carico di Eliseo; guardate è una cosa veramente forte! Non è stata li a fare i conti come facciamo noi: “Eh, ma se lo faccio, dopo cosa succede? Che incidenza avrà sulla nostra vita? Poi che cosa succederà? Poi come ci organizzeremo? E se facciamo la stanza a Eliseo la nostra vita verrà condizionata e poi come faremo da mangiare per tutti e se quella camera ci servirà per altri, come faremo? E poi allora la nostra casa sarà anche la sua casa e poi …” 

Cioè, capite? È terribile! Questi ragionamenti meschini ci fanno perdere ogni miracolo. 

E voi mi chiederete: “Ma padre, lei ci garantisce che succederà proprio così, anche a noi?” 

Sì. Guardate, nella vita non dobbiamo essere troppo certi di tante cose, perché possiamo essere certi solo di Dio, ma questa è una certezza. 

Le volte in cui ho avuto la grazia di sentirmele raccontare, ho sempre visto questi miracoli accadere. Questi atti di grazia che Dio concede a queste famiglie, a queste persone che magari salvano un uomo di Dio, che magari lo aiutano… li ho sempre visti succedere, sempre! Perché il Signore è veramente largo, veramente buono e veramente non si fa battere in generosità; e come potrebbe? Come potremmo pensare di essere più generosi di Dio? Ma è impossibile, e il Signore agisce.

Io ho voluto leggervi questo testo perché non voglio che vi succeda che possa nella vostra esistenza passare, appunto, questo uomo di Dio, e voi rimanere lì, come coloro che ricevono, ricevono, ricevono, ricevono, ricevono, prendono la borsa, la chiudono e se ne vanno. No, non si fa così. Ci giochiamo dei doni incredibili. Il primo dono che ci giochiamo è proprio quello di un cuore grande, di una presenza. Avere nella nostra casa una presenza di questo genere, vuol dire tanto; avere nella nostra vita una presenza di questo genere…

Non vuol dire che allora tutti adesso andiamo a chiamare il muratore e costruiamo una camera in più. Ovviamente non è questo il messaggio, non è questo che c’è richiesto. Quello che è richiesto è che, laddove accadrà, noi capiremo che cosa dobbiamo fare, capiamo qual è il bisogno al quale dobbiamo rispondere. Lo si capisce. In questo caso era una cameretta, ma in un altro caso è un’altra cosa. Per San Giovanni Bosco non era la cameretta. Per Padre Pio non era la cameretta, per San Francesco non era la cameretta, per Santa Teresa d’Avila non era la cameretta. Ognuno ha avuto le sue necessità e qualcuno si è accorto che aveva a che fare con un uomo o una donna di Dio; quindi, ha agito di conseguenza e ne ha ricavato grande benedizione.

Conclusione: cerchiamo di essere attenti a quando Dio si muove nella nostra vita attraverso queste persone meravigliose. E, se succede, facciamone subito tesoro, immediatamente, e mettiamoci all’opera, con una grande, grande, grandissima generosità. E se magari qualcuno stolto accanto ci dice: “Sì, vabbè, ma perché fai questa cosa? Perché ti impegni così? Perché ti coinvolgi in questo modo? Ma se tu fai questo, dovrai rinunciare a quest’altro”, credo che la risposta sia: “Sì, ma non si può solamente ricevere. Non si può solamente avere. Anch’io voglio fare la mia parte, poca o tanta che sia, la voglio fare anch’io. Anch’io voglio contribuire all’opera di Eliseo. Non è giusto che sia solo Dio a pensare al suo profeta. Anch’io voglio dire al Signore: «Ma io ci sono. Mi hai dato tanto, mi hai dato poco, io ci sono. Nel tanto o nel poco. Ma voglio fare la mia parte. E quindi mi rendo presente»”.

Ripeto, nel tanto e nel poco. E vedrete i miracoli!

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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