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D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 34

Falò sulla spiaggia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 34
Domenica 10 settembre 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mt 18, 15-20)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
“Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”.

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a domenica 10 settembre 2023. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo diciottesimo del Vangelo di san Matteo, versetti 15-20.

Proseguiamo la nostra lettura del libro di Bonhoeffer, Sequela.

Scrive Bonhoeffer, citando adesso il Vangelo di San Marco, capitolo decimo, versetto 32:

«Trovandosi frattanto in viaggio per salire a Gerusalemme, Gesù camminava avanti a loro, ed essi erano turbati, lo seguivano ed erano pieni di timore. E, prendendo di nuovo i Dodici presso di sé, cominciò a dir loro quello che gli sarebbe accaduto».

Come a conferma della serietà della sua chiamata alla sequela e al tempo stesso dell’impossibilità di porsi nella sequela contando solo sulla forza umana, e della promessa che essi sarebbero stati dei suoi nella persecuzione, ora Gesù cammina avanti a loro verso Gerusalemme e verso la croce, mentre coloro che lo seguono sono pieni di stupore e paura di questa strada su cui egli li chiama.

Quindi Bonhoeffer ci dice che lo stupore e la paura fanno parte di coloro che seguono il Signore su questa strada verso Gerusalemme, verso la croce. Ecco il senso delle persecuzioni di cui parla e che ieri abbiamo visto in modo più dettagliato. Questa è una conferma della serietà della chiamata alla sequela e anche dell’impossibilità, però, di porsi nella sequela contando solo sulla forza umana; e poi anche della promessa circa le persecuzioni.

Gesù ci precede. Ci precede in questo cammino verso Gerusalemme, verso la croce. E non dobbiamo — come dire — spaventarci se proviamo in noi stupore  (che è una cosa bella) ma anche paura, perché fa parte di questo cammino.

Inizia adesso un nuovo capitoletto: 

Il discorso della montagna – Matteo 5: Di ciò che è “straordinario” nella vita cristiana – Le beatitudini

Leggiamo cosa scrive Bonhoeffer.

Gesù sulle pendici del monte, la moltitudine del popolo, i discepoli. Il popolo vede: ecco Gesù con i discepoli che si sono raccolti attorno a lui. I discepoli fino a poco prima avevano fatto parte anch’essi della moltitudine del popolo. Erano proprio come tutti gli altri. Poi è venuta la chiamata di Gesù, ed essi hanno lasciato tutto per seguirlo. Da allora appartengono a Gesù integralmente. Ora vanno con lui, vivono con lui, lo seguono dovunque. È accaduto loro qualcosa che non è accaduto agli altri. È un fatto quanto mai inquietante e sconvolgente quello che il popolo ha qui sotto gli occhi. I discepoli vedono: ecco il popolo da cui essi stessi provengono, le pecore perdute della casa d’Israele’. È la comunità che Dio ha chiamato. È la chiesa di popolo. Allorché la chiamata di Gesù li aveva prescelti tra questo popolo, essi avevano fatto una cosa ovvia e necessaria per le pecore smarrite della casa d’Israele, cioè avevano seguito la voce del buon pastore, poiché la conoscevano. Dunque proprio a motivo della strada che hanno intrapreso essi appartengono a questo popolo, e vivranno con questo popolo, andranno in mezzo ad esso per predicare la chiamata di Gesù e la gloria della sequela. Ma quale sarà lo sbocco? Gesù vede: ecco i suoi discepoli. Si sono raccolti attorno a lui, visibilmente, uscendo dal popolo. Egli li ha chiamati uno per uno. Essi hanno rinunciato a tutto in vista di questa chiamata. Ora vivono nella privazione e nelle ristrettezze, sono i più poveri tra i poveri, i più precari tra i precari, i più affamati tra gli affamati. Essi hanno solo lui. In effetti, avendo lui, non hanno niente nel mondo, assolutamente niente, ma hanno tutto presso Dio. È una piccola comunità quella che egli ha trovato, ed è grande quella che egli cerca nel guardare al popolo. Discepoli e popolo stanno dalla stessa parte, i discepoli saranno i suoi messaggeri, troveranno, qua e là, anche ascoltatori e credenti. Eppure, tra loro, ci sarà anche inimicizia fino alla fine. L’ira contro Dio e contro la sua parola ricadrà tutta su di loro e con lui saranno respinti anche i discepoli. La croce ormai si presenta. Cristo, i discepoli, il popolo: qui è già completo il quadro della passione di Gesù della sua comunità”.

Sta commentando, sta affrontando il discorso della montagna (Matteo, capitolo 5) e Bonhoeffer vuole sottolineare ciò che è straordinario nella vita cristiana. Innanzitutto abbiamo visto come i discepoli — che facevano parte del popolo, della moltitudine del popolo — di fatto lasciano tutto a motivo di questa chiamata. Adesso appartengono integralmente a Gesù: 

Ora vanno con lui, vivono con lui, lo seguono dovunque. È accaduto loro qualcosa che non è accaduto agli altri.

Ecco, anche noi, soprattutto noi sacerdoti, ma non solo noi sacerdoti, tutti coloro che si ritengono cristiani dovrebbero verificare se vanno con Gesù, vivono con Gesù e seguono Gesù ovunque. Se apparteniamo a Gesù integralmente. Se effettivamente abbiamo lasciato tutto per seguirlo. Non è scontata questa cosa, sapete? Non è scontata. Uno può credere di essere suo discepolo, ma stranamente poi scopre che non va con lui, non vive con lui, non lo segue ovunque va, e soprattutto non appartiene integralmente a Gesù, perché appartiene ad altro e ad altri. E allora non è un discepolo, anche se lui crede di esserlo. Questi discepoli hanno 

seguito la voce del buon pastore perché la conoscevano.

Capite, per essere discepoli di Gesù, quanta intimità con Gesù ci deve essere? E quanto è difficile questa intimità! Perché custodire, accrescere questa intimità, vuol dire necessariamente escludere tutto ciò che distrae da questa intimità, tutto ciò che ci allontana da questa intimità. Per questo è difficile. È difficile per un sacerdote, è difficile per una mamma, è difficile per un papà, è difficile per chiunque. Anzi, paradossalmente, più si è chiamati ad essere tutti di Gesù e più diventa difficile, perché aumenta in maniera esponenziale tutto ciò che ci può distrarre e quindi tutto ciò che va rimosso.

Si sono raccolti attorno a lui, visibilmente, uscendo dal popolo.

Fanno parte del popolo, ma escono dal popolo. Sono chiamati uno per uno e quindi, lo ridice ancora, devono rinunciare a tutto in vista di questa chiamata. Non perché questo tutto sia un male, ma perché non è Gesù. E siccome devono vivere integralmente di Gesù, appartenere integralmente a Gesù, questo tutto va messo da parte. Perché Gesù è il meglio. Se il tutto può essere un bene, Gesù è il meglio e quindi per il meglio bisogna abbandonare il bene. E “visibilmente” dobbiamo essere raccolti attorno a lui, cioè si deve vedere visibilmente che questo cristiano — soprattutto poi se sacerdote — è attorno a Gesù, che è accanto a Gesù, che è raccolto vicino a Gesù. Perché sennò è discepolo di chi? Capite, verso chi è rivolta questa discepolanza? Verso la televisione? Verso il computer? Verso le amicizie? Verso le cose da fare? Verso i propri piaceri? Verso l’attivismo? Verso la sete sfrenata, ingorda, mai sazia del potere? Verso cosa? Verso cosa spendo la mia vita e le mie energie, la mia presenza?

I discepoli rinunciano a tutto, vivono nella privazione e nelle ristrettezze, sono i più poveri tra i poveri, i più precari tra i precari, i più affamati tra gli affamati. Perché? Perché hanno solo Gesù. E, avendo solo Gesù, di necessità hanno dovuto rinunciare a tutto ciò che viene dal mondo; non hanno niente nel mondo, perché hanno tutto presso Dio. Cioè, vivono nel mondo, ma non hanno alcun debito con questo mondo, perché tutta la loro vita è collocata altrove. Ecco perché sono i più precari, i più poveri, i più affamati. E quindi questi discepoli diventano i messaggeri e il resto del popolo è ascoltatore e credente.

Però tra di loro ci sarà anche inimicizia. L’ira contro Dio, contro la parola di Dio, su chi ricadrà? Sui discepoli. Odiando Dio, odieranno i discepoli. Respingendo Dio, respingeranno i discepoli. Quindi questi discepoli porteranno su di sé questa croce pesantissima dell’ira contro Dio, della repulsione verso Dio; perché vivendo solo di lui, appartenendo solamente a lui, avendo rinunciato a tutto per lui, avendo risposto alla chiamata per lui, va da sé che tutti coloro che odiano Dio odieranno anche i discepoli, e tutti coloro che respingeranno Dio respingeranno anche i discepoli. Ecco l’inimicizia, ecco le persecuzioni. 

Prosegue Bonhoeffer:

Perciò: beati! Gesù parla ai discepoli (cfr. Lc 6,20ss.), a coloro che sono già sottomessi al potere della sua chiamata. Questa li ha resi poveri, precari, affamati. Egli li chiama beati, non per la loro miseria o la loro rinuncia. Miseria e rinuncia in sé non costituiscono in nessun modo un motivo di beatitudine. 

Vedete, non è il fine; la miseria e la rinuncia di sé, non sono un fine. 

Solo la chiamata e la promessa, che sono la causa per cui essi vivono nella miseria, volendo seguire Gesù, ne costituiscono un motivo adeguato. 

Quindi beati in funzione della chiamata e della promessa. Poi è chiaro che questa chiamata, questa promessa, sono la causa anche della loro miseria e della loro rinuncia a sé. Ma sono una conseguenza dell’essere chiamati e della promessa.

L’osservazione che in alcune beatitudini si parla della miseria e in altre della rinuncia consapevole o di particolari virtù dei discepoli non ha alcun rilievo. La miseria oggettiva e la rinuncia personale hanno il loro comune motivo nella chiamata e nella promessa di Cristo. Né l’una né l’altra ha valore o può avanzare una pretesa in sé stessa.

Cioè, la miseria oggettiva e la rinuncia di sé, capite benissimo, in sé stesse non sono qualcosa che uno dice: “Ah, bellissime, te le propongo come il fine della vita”. No, non è così. Ma il loro motivo sta solo nella chiamata e nella promessa, perché in sé non hanno valore. 

Prosegue:

Gesù chiama beati i suoi discepoli. Il popolo sente ed è testimone sconcertato di ciò che accade. Ciò che secondo la promessa di Dio appartiene all’intero popolo d’Israele, qui spetta alla piccola comunità dei discepoli eletti da Gesù. «Di loro è il regno dei cieli». Ma i discepoli e il popolo sono uniti dal fatto di essere tutti comunità che Dio ha chiamato. Quindi le beatitudini di Gesù saranno per tutti occasione di decisione e di salvezza. Tutti sono chiamati ad essere ciò che sono in verità. Beati sono detti i discepoli a causa dalla chiamata di Gesù, che essi hanno seguito. Beato viene chiamato l’intero popolo di Dio a causa della promessa che lo riguarda. Ma il popolo di Dio coglierà la promessa di Dio ora anche nella fede in Gesù Cristo e nella sua parola, oppure si separerà da Cristo e dalla sua comunità nell’incredulità? Questo rimane il problema.

Quindi le beatitudini che noi conosciamo — Matteo, 5 — sono per tutti un’occasione di decisione di salvezza. Ognuno in relazione alle beatitudini, deve decidere. Non dimentichiamoci che è vero che tutti siamo chiamati ad essere ciò che siamo in verità. E noi che cosa siamo in verità, innanzitutto? Siamo figli di Dio.

Vediamo:

«Beati coloro che sono poveri in ispirito, perché loro è il regno dei cieli». I discepoli vivono in ristrettezze in ogni campo. Sono semplicemente «poveri» (Lc 6,20). Nessuna sicurezza, nessun possesso, da poter rivendicare, nessun pezzo di terra, da poter chiamare patria, nessuna comunità terrena, di cui far parte integralmente. E neppure una propria forza spirituale, una propria esperienza o conoscenza a cui richiamarsi, con cui confortarsi. Per amor suo hanno perduto tutto ciò. Ponendosi alla sua sequela, hanno perduto anzi anche sé stessi, e di conseguenza tutto ciò che poteva ancora arricchirli. Ora, nella loro povertà, sono così privi di risorse, sono così folli, da non poter più sperare se non su colui che li ha chiamati. In effetti Gesù conosce anche gli altri, gli esponenti e i predicatori della religione di popolo, questi potenti e questi notabili che, ben ancorati alla terra, sono indissolubilmente radicati nella tradizione popolare nazionale, nello spirito del tempo, nella pietà popolare. Ma non a loro, bensì solo ai suoi discepoli dice: Beati, poiché vostro è il regno dei cieli. Il regno dei cieli irrompe per loro, che vivono semplicemente nella rinuncia e nelle ristrettezze per amore di Gesù. Nella povertà essi sono eredi del regno dei cieli. Il loro tesoro è nascosto nel profondo, essi lo hanno nella croce. Il regno dei cieli è loro promesso in una gloria visibile, e fin da ora è donato loro nella perfetta povertà della croce.

Vediamo:

Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli.

Questi discepoli vivono in ristrettezze, l’abbiamo visto: non hanno sicurezza, non hanno possesso, non hanno terra, non hanno comunità terrena di cui far parte integralmente. Non c’è un’appartenenza integrale, totale, a nulla, se non a Gesù Cristo e a questi crocifisso. E neppure una forza spirituale, una propria esperienza e una conoscenza a cui richiamarsi, con cui confrontarsi. Hanno perso tutto, questo è il senso della povertà. Hanno perso tutto. Ponendosi alla sequela, hanno perduto anche se stessi. Non hanno risorse: possono sperare solo su Gesù.

Pensate se noi vivessimo veramente queste parole: “Non ho nulla, non ho più nulla, ho solo Gesù Cristo e questi crocifisso”. Non so quante volte ci siamo soffermati a pensare a queste cose. I discepoli sono ben diversi dai potenti, dai notabili, che sono ben ancorati alla terra, alle tradizioni popolari nazionali, allo spirito del tempo e anche alla pietà popolare. Ma Gesù solo ai suoi discepoli dice che “Vostro è il Regno dei Cieli”. Il Regno dei Cieli è solo per coloro che vivono nella rinuncia e nelle ristrettezze per amore di Gesù. Solo per loro. È proprio dentro questa povertà assoluta che si diventa eredi del Regno dei Cieli, cioè la ricchezza di questi poveri è solo il Regno dei Cieli, questa è la loro patria. E dove sta nascosto questo tesoro, questo Regno dei Cieli? Sta nascosto nella Croce, nella perfetta povertà della Croce. Dice:

Qui le beatitudini di Gesù si distinguono completamente dalle caricature che se ne danno in forma di programmi sociali-politici.

Attenzione, attenzione! Io direi che quest’ultima parte è bene — come dirvi — sottolinearla, e ciascuno ci stia su un po’ a pregare, su quest’ultima parte che vi leggo, perché credo che porti un tesoro nascosto.

Anche l’anticristo chiama Beati i poveri.

Avete capito? Gesù dice (l’abbiamo sentito prima): “Beati i poveri in spirito, perché loro è il Regno dei Cieli”. Scrive Bonhoeffer che anche l’anticristo, che è la scimmia di Gesù, chiama beati i poveri. Ma qual è la differenza tra la beatitudine di Matteo 5, quindi la beatitudine di Gesù, e la beatitudine dell’anticristo? Perché sapete, bisogna stare attenti, per non cadere nella trappola. Scrive Bonhoeffer:

Anche l’Anticristo chiama beati i poveri, ma non lo fa per amore della croce, nella quale è racchiusa ed è beata ogni povertà, — attenti — ma proprio con l’intento di toglier di mezzo la croce grazie a un’ideologia politico-sociale. L’Anticristo può chiamare cristiana questa ideologia, ma proprio per questo è il nemico di Cristo.

Avete capito? Vi invito a riascoltare queste poche righe che vi ho letto. C’è molto da riflettere. Quindi, dice Bonhoeffer:

I programmi sociali politici sono una caricatura delle beatitudini di Gesù. Si distinguono completamente, scrive lui, C’è una differenza sostanziale tra le beatitudini di Gesù e i programmi sociali politici. Le beatitudini di Gesù non sono un programma sociale politico, questo deve essere chiaro. Solo l’anticristo vuole confondere queste due cose. Vuole metterle sullo stesso piano. 

Dice Bonhoeffer che Gesù non lo fa. Per Gesù c’è una distinzione netta, sostanziale, tra le sue beatitudini e i programmi sociali politici, in quanto l’anticristo chiama beati i poveri, ma non per amore della Croce, anzi, con l’intento di togliere di mezzo la Croce, grazie a questa ideologia — di cui abbiamo parlato tante volte — politico sociale. Cioè, proprio in funzione di questi programmi sociali politici, l’anticristo che cosa fa? Chiama beati i poveri e questo può ingannare molti, può essere un appannaggio per molti. Molti dicono: “Ah, ma vedi, anche tizio dice «Beati i poveri. Anche tizio ha tanto a cuore i poveri». Ma subito Bonhoeffer dice: “Bene, andiamo a verificare se quella persona, quelle persone, quella realtà, quelle realtà che chiamano beati i poveri, se lo fanno per amore della Croce. Se lo fanno mettendo al centro la Croce. Se lo fanno così, allora sono discepoli di Gesù; se invece non lo fanno per amore della Croce, ma anzi vogliono togliere di mezzo la croce e sostituirla con questa ideologia politico sociale, questa è un’opera tipicamente anticristica”.

L’anticristo — dice Bonhoeffer — può chiamare cristiana questa ideologia, può fare quello che vuole, può dire che questa ideologia è cristiana, ma proprio in questo modo rivela sé stesso. Perché in questo modo dice di sé di essere il nemico numero uno di Gesù Cristo.

E allora teniamo gli occhi aperti. Bonhoeffer ci dà proprio gli strumenti fondamentali per distinguere Gesù dall’anticristo. E guardate, non avete bisogno di qualcuno che vi dica: “Eccolo lì, eccolo là. È questo qui, è questo qua”, perché ciascuno di voi — che ha intelligenza, ragione, coscienza, prudenza, preghiera, amore per il Signore, l’età — ciascuno di voi è capace da solo, riascoltando queste parole, di aprire gli occhi e dire: “Eccolo lì”. Lo individua da solo. Cioè, questa ideologia, che è proprio l’azione tipica dell’anticristo — questa ideologia del programma sociale politico — che vuole sostituirsi alla Croce, che chiama beati i poveri non per amore della Croce, chiunque di noi, se si ferma un secondo e si mette davanti al Signore, può dire: “Vedo all’opera questa azione, e la vedo lì, la riconosco lì”. E allora che cosa fare? Beh, io credo che nessuno di noi voglia avere a che fare con l’anticristo e neppure con la sua ideologia, e neppure con i suoi programmi.

Lungo tutta la storia della Chiesa c’è sempre stato questo spirito dell’anticristo, cioè di coloro, di colui che, in un modo o nell’altro, ha cercato di beatificare i poveri, ma non per amore della Croce, non mettendo la Croce in mezzo, ma togliendo la Croce per sostituirla con una ideologia, un’ideologia politico sociale. E, in ogni tempo della storia, i santi sono stati mandati da Dio per dire: “Attenzione, guardate che essere discepoli di Gesù vuol dire riconoscere e dire di no proprio a questo stile anticristico”. È stata un’opera attraverso la quale i santi hanno svelato proprio questa mistificazione con la loro vita, le loro parole, la loro predicazione, il loro esempio e tutto il resto. E hanno aiutato a distinguere Gesù dalle sue caricature scimmiesche.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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