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Betania: monastero laico – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.2

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Betania: monastero laico – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.2
Giovedì 2 novembre  2023 – Commemorazione di tutti i Fedeli Defunti

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 6, 37-40)

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.
Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a giovedì 2 novembre 2023, commemorazione di tutti i fedeli defunti. Oggi è anche il primo giovedì del mese di novembre e quindi ricordiamo la bella pratica richiesta da Gesù alla beata Alexandrina Maria da Costa, la bella pratica dei Primi sei giovedì del mese.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal sesto capitolo del Vangelo di san Giovanni, versetti 37-40.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione.

4 — Per certo, Signor mio, non è nulla oggi abbandonare il mondo. Se con Voi esso si mostra così infedele, che potremmo aspettarci noi? Forse che meritiamo di essere trattati con maggior riguardo? Forse che gli abbiamo fatto maggiori benefici per essere da lui mantenuti nella sua amicizia? Cos’è questo, dunque? Che ci aspetteremo da lui, noi che per bontà di Dio ci siamo ormai tolte alla peste di quella compagnia malvagia, che è già in potere del demonio? Oh, il castigo che si sono preparati con le loro mani! E con quanta giustizia avranno a premio dei loro piaceri il fuoco inestinguibile dell’inferno! Ma… peggio per loro!… Certo che la perdita di tante anime mi spezza il cuore: ma del male fatto ormai non mi angustio tanto. Vorrei almeno che il numero dei reprobi non andasse aumentando.

Allora: emerge questo tema dell’abbandonare il mondo. E il ragionamento che lei fa è questo: se il mondo si è mostrato e si mostra infedele nei confronti del Signore — come abbiamo visto ieri — possiamo pensare che verso di noi abbia un comportamento migliore, diverso? Di sicuro, lei dice, il mondo da noi ha ricevuto meno benefici di quanti non ne abbia ricevuti da Gesù. È interessante questa espressione:

… ormai tolte alla peste di quella compagnia malvagia, che è già in potere del demonio.

Sì, noi non dobbiamo mai intendere il mondo come realtà creata, perché il mondo come realtà creata è una realtà buona, è una realtà pensata da Dio e voluta da Dio, ed è anche bella: pensate a quanta bellezza c’è nel creato. Quindi, come sempre — l’abbiamo già visto — anche in questo caso Santa Teresa non fa riferimento al “mondo” quale realtà creata, ma come tutto ciò che si oppone a Dio, come tutto ciò che è in potere del diavolo. Ricordate le tre tentazioni che Gesù riceve nel deserto? Vi ricordate il demonio — che è principe di questo mondo — che offre al Signore, se lui si inchina e lo adora, i regni e il potere del mondo, che sono consegnati nelle sue mani? Ecco, è a tutto questo che Teresa dice no; Santa Teresa definisce come “peste” quella compagnia. Certo, lei dice che dispiace, spezza il cuore, la perdita di tante anime. Però tutti sappiamo che siamo liberi e quindi ciascuno di noi deve scegliere se appartenere, se stare in questa compagnia del mondo, o abbandonarlo. E questo vale per le suore, questo vale per tutti. Posso essere rinchiuso in un eremo e appartenere al mondo più di un papà di famiglia, che lavora tutto il giorno immerso nelle realtà mondane, perché dipende, appunto, da come io interiormente mi colloco rispetto alle realtà mondane.

5 — Mie sorelle in Cristo, unitevi con me nel domandare a Dio questa grazia. Per questo Egli vi ha qui raccolte: questa è la vostra vocazione, queste le vostre incombenze e le brame vostre, questo il soggetto delle vostre lagrime e delle vostre preghiere. No, sorelle mie, i nostri affari non sono quelli del mondo! Quando vengono a raccomandarci di pregare perché Sua Maestà conceda rendite e denari, io me ne rido ed affliggo e vorrei che molte di quelle persone domandassero piuttosto di calpestare ogni cosa. Certo che le loro intenzioni sono buone; e la vista della loro pietà ci deve portare a contentarle. Ma io son persuasa che in queste cose Iddio non mi ascolti mai. Tutto il mondo è in fiamme; gli empi, per così dire, anelano di condannar ancora Gesù Cristo, sollevano contro di Lui un’infinità di calunnie e si adoperano in mille modi per distruggere la sua Chiesa; e noi dovremmo sprecare il tempo in domandare cose, che se venissero esaudite, potrebbero impedire a qualche anima di entrare in Cielo? No, sorelle mie, non è questo il tempo da sciupare in domande di così poca importanza!

6 — Se io non considerassi la debolezza umana che si consola nel vedersi aiutata nei suoi bisogni, e che noi dobbiamo pure aiutare per quanto possiamo, sarei ben felice di far a tutti sapere che non sono queste le cose per le quali si ha da pregare Iddio con tanto ardore.

Il Signore raccoglie queste monache, a partire da Santa Teresa proprio; lei dice:

Egli vi ha qui raccolte: questa è la vostra vocazione, queste le vostre incombenze e le brame vostre, questo il soggetto delle vostre lagrime e delle vostre preghiere.

Abbandonare il mondo! Abbandonare il mondo e pregare per la salvezza delle anime. 

Poco prima ha scritto:

Vorrei almeno che il numero dei reprobi non andasse aumentando.

Bisogna pregare per questo. Come dicevo ieri, purtroppo, oggi non è così diffusa questa sensibilità, però Santa Teresa ci richiama affinché cominciamo a imparare — o a reimparare — a mettere al centro questa ragione, questa motivazione.

Santa Teresa scrive: 

I nostri affari non sono quelli del mondo

e che è persuasa che Dio non ascolta certe preghiere, come avere rendite e denari, perché non sono cose veramente importanti, non sono queste che fan la differenza. Qual è la constatazione che invece deve essere l’oggetto delle nostre preghiere, dei nostri pensieri, delle nostre lacrime, dei nostri sacrifici?

Tutto il mondo è in fiamme.

Molto famosa questa espressione di Santa Teresa: tutto il mondo è in fiamme. Credo che sia valida proprio in ogni tempo della storia. 

Le dice che gli empi continuano a condannare ancora Gesù. C’è uno scatenamento contro Gesù che è veramente furioso, c’è un condannare, calunniare, distruggere la Chiesa. Gli empi fanno di tutto per togliere di mezzo il Signore, per affliggere e distruggere la sua sposa, che è la Chiesa. E lei dice (lo dico con parole mie): “E noi dobbiamo perdere il tempo a chiedere altre cose? A concentrarci su altre cose? No! Se noi dobbiamo pregare Dio con tanto ardore, lo dobbiamo pregare proprio perché il mondo è in fiamme; proprio perché si cerca di estirpare dal cuore dell’uomo, e quindi dalla società, l’amore per il Signore, per la sua legge, per l’amicizia verso di lui, per l’obbedienza ai suoi comandamenti”.

Capitolo 2

Si tratta del disprezzo delle comodità corporali e del bene che si ha nella povertà religiosa.

Ecco, adesso vedrete — ma sempre lo vedrete — il grande equilibrio dei santi, il grande equilibrio di Santa Teresa di Gesù. Vedete come i santi sono molto precisi, non portano mai a vivere una vita umana e cristiana squilibrata, assolutamente!

1 — Non pensate, sorelle mie, che per non curarvi di piacere al mondo, dobbiate mancare del necessario: ve l’assicuro io. Guai a voi, invece, se cercaste di procurarvelo con artifizi umani! Morreste di fame, e giustamente. Tenete gli occhi sul vostro Sposo: è Lui che vi deve mantenere; e se Egli è contento di voi, vi daranno da mangiare, loro malgrado, fin coloro che vi sono meno affezionati, come l’esperienza vi ha già fatto vedere. Che se per questo dovreste morire di fame, benedette le monache di S. Giuseppe!

Non dimentichiamolo mai, per amor di Dio! Avendo rinunziato ad aver rendite, rinunziate pure a qualsiasi preoccupazione per il necessario alla vita, altrimenti andrebbe tutto perduto. Coloro che per volontà di Dio devono avere tali cure, le abbiano pure: è cosa giusta, e così vuole la loro vocazione; ma per noi, sorelle, sarebbe una pazzia.

Primo punto: il necessario. Quindi lei dice di non curarsi «di piacere al mondo» (qui è importante “di piacere al mondo”) cioè, che il mondo sia contento di voi, che il mondo vi approvi, che il mondo vi stimi, che il mondo dia il suo consenso; ecco, di questo voi non dovete curarvi. Ma, non curarsi di piacere al mondo — quindi di avere il suo plauso — non vuol dire mancare del necessario. 

E lei dice: 

Non tocca a voi cercare di procurarvelo con artifizi umani, perché sennò morireste di fame e giustamente. … Guai a voi. 

Quindi, il suo messaggio detto con altre parole è: “Voi non curatevi di avere il plauso del mondo e non preoccupatevi di morire di fame perché non avete questo plauso. E non cercate voi di procurarvelo da sole, dandovi preoccupazione per avere questo, quello e quell’altro. Perché, se farete così, se vi affiderete, come dire… — lei usa la parola artifizi — a un trafficare vostro, fondato sulle forze umane, morirete di fame”. 

Allora lei dice di tenere gli occhi su Gesù «sul vostro sposo». Dice alle sue monache che il loro compito è tenere gli occhi sul loro sposo. Perché? Perché è compito suo mantenerle: è lo sposo che mantiene la sposa. Un tempo era proprio così. Pensate a quando si lavoravano i campi, a quando la società era prevalentemente contadina, ma non solo: il papà, il marito, lavorava e portava il sostentamento in famiglia. Poi, certo, la mamma si preoccupava della casa, dei figli; però, diciamo che la figura che lavorava era proprio il papà, che lavorava i campi e quant’altro.

E lei dice: “È lui, è lo sposo che vi deve mantenere. Voi guardate lui. Tocca a lui pensare a voi. Però attenti: questo accadrà se lui sarà contento di voi. Se lui sarà contento di voi, vi daranno da mangiare, loro malgrado, anche quelli che vi vogliono meno bene”. Incredibile ma vero!

Quindi lei dice: “Voi non curatevi di piacere al mondo, però non temete di mancare del necessario. Non procuratevelo con i vostri mezzi, con i vostri artifizi umani, sennò morirete di fame — perché non vi siete più affidate alla Provvidenza, ma alle vostre forze — tenete gli occhi fissi su Gesù, perché è compito suo mantenervi; se lui è contento di voi, state tranquille che anche quelli che vi vogliono meno bene vi daranno da mangiare: glielo farà fare il Signore”. 

E aggiunge: “Se anche dovesse succedere che dovrete morire di fame, benedette le monache di San Giuseppe!”. 

Ma non è mai successo, eh, ricordiamocelo bene, non è mai successo! Non è mai mancato non solo il necessario, ma di più del necessario, a coloro che hanno scelto di dedicare la loro vita al Signore, tenendo gli occhi su di lui e facendolo contento. Quando il Signore è contento, arriveranno anche i nemici a darvi da mangiare, dice Santa Teresa. Lei scrive: «Non dimentichiamolo mai…!».

Quindi lei dice alle monache: “Avete rinunciato alle rendite, ma non solo alle rendite, dovete rinunciare anche alla preoccupazione per il necessario della vita”. Perché? Non per una sorta di pauperismo, ma perché la vostra preoccupazione è solo Gesù. Voi siete qui — lei dice — solo per preoccuparvi di Gesù, non per altro. 

Poi ci sono situazioni diverse, pensiamo a una famiglia, questo è un caso diverso. Il papà e la mamma devono avere delle preoccupazioni per la vita, perché sennò la famiglia non va avanti. Lei dice che questo va bene per chi ha un altro stato di vita: “Ma per noi sarebbe una pazzia. Perché il nostro stato di vita è diverso”.

Allora qualcuno potrebbe obiettar: “Vabbè, ma io non sono una monaca; quindi, a cosa mi serve questo ragionamento?” 

Serve, serve eccome! Perché è vero che chi non conduce questo stato di vita è chiamato ad interessarsi delle bollette, delle tasse, andare a fare la spesa, del comprare le cose, del dover gestire il frigorifero, piuttosto che lo stipendio e quant’altro, è vero però c’è modo e modo. Se è vero che una famiglia deve preoccuparsi per il necessario della vita, è altrettanto vero che questa preoccupazione può essere vissuta in un modo o nell’altro. Questo scritto di Santa Teresa ci dice che: va bene, chi deve preoccuparsi si preoccupi; ma non dimentichiamoci mai che vale per tutti il principio per il quale se il Signore è contento di noi, lui provvederà a noi, cioè ci aiuterà. Non mancherà il necessario! 

Se noi terremo i nostri sguardi sul Signore, non mancherà mai il necessario, anzi, l’esperienza dei santi ci insegna che ce ne sarà in sopravanzo. Come la moltiplicazione dei pani e dei pesci: canestri pieni di pezzi avanzati. Non è mai tanto quanto serve. C’era da dar da mangiare a cinquemila persone, sarebbero bastati, poniamo, seimila pezzi, invece c’è stato un sopravanzo incredibile. Come la pesca miracolosa: i centocinquantatré grossi pesci che quasi affondano la nave: non c’era bisogno di centocinquantatré grossi pesci, sono tantissimi! Questo dice la sovrabbondanza con la quale il Signore si occupa di coloro che tengono gli occhi su di lui e dei quali lui è contento. “Quando il Signore è contento di voi, dice Santa Teresa, «vi daranno da mangiare, loro malgrado, fin coloro che vi sono meno affezionati», oltre a quelli che sono affezionati.

Allora la domanda che potremmo porci è: “Ma Gesù è contento di me?”. Lei dice: “È lui che vi deve mantenere”.

Secondo voi, oltre che per le monache, non vale lo stesso ragionamento anche per una famiglia che segue il Signore? Vale solo per un monastero? Ma una famiglia che ama il Signore, in un certo senso, non è anche lei “un monastero”? Sì, non è fatto di monache, va bene, ma potremmo chiamarlo un “monastero laico”; tra mille virgolette, mettete tutte le virgolette che volete, però, per intenderci, anche quello è un monastero, un piccolissimo monastero fatto di tre, quattro, cinque persone.

Che cosa fa di una realtà un monastero, le grate che indicano una certa separazione? Sì, anche! Beh, possono esserci delle grate fisiche, possono esserci delle grate spirituali: il fatto che quella famiglia dica “no, grazie” a una appartenenza fatta di consenso, di piacere, di corrispondenza col mondo. Una famiglia che dice: “A noi non interessa la logica del mondo” ecco che ha alzato le grate; perché le grate, in un monastero, dicono separazione, c’è poco da fare. Quando vai a parlare con le monache, cosa vedi? Vedi le grate. E quindi sei separato, cioè il loro interno è separato dall’esterno, c’è una separazione. Ma non è una separazione che indica mancanza di carità, disaffezione, distacco brutto. Dice: “No grazie, noi vogliamo separarci per appartenere di più, per dedicarci di più e meglio a Gesù. Per questo ci separiamo”. Non si separano perché sono sociopatiche; si separano perché dicono: “Abbiamo capito che dobbiamo rispondere a una chiamata, che è quella di condividere insieme (perché vivono insieme) la stessa dedizione, cioè quella di dedicarci in modo totale al Signore”.

Beh, la stessa cosa in una famiglia: uno va a lavorare, quell’altro va a scuola, quell’altro… la mamma sta a casa, se deve stare a casa, oppure lavora anche la mamma; tutto quello che devono fare, però poi ritornano alla sera, al pomeriggio, nella loro casa-monastero, chiamiamola così, dove lì dentro hanno deciso, insieme, di condurre una vita Cristo-centrata, una vita mariana, tutta dedita all’ascolto, all’amore per il Signore Gesù. 

Mi viene in mente Betania — passatemi questo parallelismo, questa analogia, chiamatela come volete — la casa di Betania, dove Gesù amava tanto andare dai suoi carissimi amici Marta, Maria e Lazzaro e dove Gesù va prima di andare a morire. È l’ultimo luogo di intimità, di amicizia, di familiarità, dove lui va. Mi viene da dire: è l’ultimo “monastero” dove Gesù si ritira prima di andare a morire. Lì, tra l’altro, ci sarà l’unzione di Betania — ricordate il preziosissimo nardo che gli viene messo addosso — dove Giuda deciderà di tradire definitivamente Gesù, il Vangelo dice che sarà l’unzione di Betania a scatenare la decisione di Giuda di tradire il Signore. A Betania avverrà la resurrezione di Lazzaro. Insomma, a Betania avvengono tante cose importanti. È un po’ il suo monastero, dove Gesù si ritira e sarebbe bello che le nostre famiglie fossero delle “Betanie”, cioè dei monasteri.

Se voi pensate, Betania aveva la struttura profonda proprio di un monastero: c’era Marta, che si dedicava alle faccende pratiche, quindi preparava da mangiare e quant’altro; c’era Maria ai piedi del Maestro, che era dedicata all’ascolto di Gesù; e poi c’era Lazzaro: c’era anche questa terza figura, anche lui grande amico di Gesù, che poi Gesù fa risorgere. Per Lazzaro Gesù si commuove profondamente fino alle lacrime, quando è morto. 

Beh, è quello che accade in un monastero. Le suore e le monache non stanno lì tutte ferme in contemplazione e basta! Certo, si dedicano alla contemplazione e alla preghiera, ma poi c’è anche un momento in cui lavorano: ci sarà chi fa la cucina, chi fa la lavanderia, poi dovranno fare dei lavoretti, poi c’è da pulire la casa, tenere in ordine, preparare la Chiesa, ognuna ha il suo compito. Però, lungo la loro giornata, alternano questa diversa opera dell’essere Marta e dell’essere Maria: del fare e dello stare. Beh, e le nostre case? Non potrebbero essere esattamente questo?

Molte case, molte famiglie cristiane — magari non lo sanno e speriamo che da oggi si rendano più consapevoli — sono dei monasteri, delle Betanie, dei monasteri laici (perché dentro ci sono dei laici), sono delle Betanie che vivono esattamente così. E il Signore è certamente contento di queste Betanie sparse nel mondo. E il Signore certamente le benedice, certamente le sostiene, le protegge, provvede loro.

Chissà quante di queste famiglie possono testimoniare l’intervento costante della Provvidenza a loro riguardo; chissà quante belle prove d’amore di Dio hanno nella loro vita e come si sta bene lì dentro, dove si respira quest’aria divina, dove si respira questa dedizione per il Signore. E dove non c’è spazio per la preoccupazione, vale a dire: si danno da fare, fanno quello che devono, ma senza un’ansietà interiore, senza un’agitazione, senza una paura del domani, senza lo spavento, l’ansia, l’angoscia, l’essere travolti dalle cose da dover fare. Dentro quella casa non sembra di vedere dei criceti impazziti, ma sembra proprio di essere a Betania. In queste case si raccolgono insieme a pregare e la loro mensa è proprio questo bel luogo di comunione.

Noi dobbiamo tanto pregare perché le nostre famiglie possano crescere, possano conoscere, possano gustare questa bella vocazione di essere delle Betanie, dei monasteri laici.

Ecco perché io ho scelto questo testo di Santa Teresa; sì, certo, a uno sguardo superficiale si può dire: “Vabbè, è rivolto alle monache, padre Giorgio ha sbagliato, ha sbagliato i destinatari; pensava di fare le meditazioni alle monache e invece le fa a noi, che siamo laici”. No, non credo di aver sbagliato testo, l’ho fatto proprio coscientemente. Perché la mia speranza è proprio quella di poter usare Santa Teresa per poter parlare alle famiglie, alle vostre famiglie, a voi che siete laici, affinché possiate saper trarre profitto, il profitto maggiore, da questa esperienza di Santa Teresa. Perché anche un monastero è una famiglia, una famiglia diversa dall’essere papà, mamma e figlia, ma pur sempre una famiglia; una famiglia convocata insieme, di persone che neanche si conoscono — di persone che non si conoscevano prima e si conoscono dopo — che non si sono scelte — perché nessuno ha scelto l’altro, l’altra — però hanno scelto Gesù: è questo che le rende uniche.

E guardate, è proprio come dice Santa Teresa: non cadiamo nella pazzia di queste agitazioni, di queste paure. Il Signore, quando noi viviamo la nostra famiglia come a Betania, come monastero laico, ci insegna anche a vincere la superficialità, a vincere la banalità, ad andare oltre certi modi di essere e di fare. 

Adesso vedo che sono andato un po’ oltre con i tempi e devo concludere, ma vedete come è bella Santa Teresa? Ci fa proprio fare degli approfondimenti sulla nostra vita intensissimi! Questo ve lo devo dire, lo so che siamo a quaranta minuti, ma ve lo devo dire… 

Quando una famiglia vive così, gli altri se ne accorgono. Quando, ad esempio, un figlio vive dentro la struttura di Betania, quando un figlio vive dentro a questi monasteri laici, gli altri se ne accorgono. Anche se questo sta zitto, sta fermo, non fa niente, non dice niente, gli altri se ne accorgono, si accorgono che è diverso. Non sanno bene perché, non sono capaci di arrivare al dunque perché non conoscono quell’esperienza quindi non sanno capire perché è diverso, però si accorgono che c’è qualcosa di diverso. E se da una parte magari lo guardano un po’ storto, o magari con un sospetto, magari con curiosità, o magari chi lo guarda dice: “Boh, non lo capisco. Chi è? Dov’è? Perché? Da dove è saltato fuori? È caduto giù da Marte? Chi è questo qui?”, ecco, dall’altra c’è anche un grande rispetto, non so se dire se stima, ma comunque rispetto, perché percepiscono che quel ragazzo, quella persona, quella ragazza è diversa. Ha dentro una solidità, ha dentro una bellezza, ha dentro una purezza e anche un’identità che il mondo se la sogna.

Chi ha fatto e fa esperienza di Betania non ha bisogno di fare proclami, di andare a gridare, a urlare, a ostentare ciò che è. Non ce n’è bisogno perché, quando cammina, è come se tu vedessi camminare un sole, un piccolo sole; quando ce l’hai accanto, hai accanto un sole; quando lo vedi studiare, tu vedi studiare la luce; quando ce l’hai accanto nel posto di lavoro, tu hai accanto il sole. Non sai perché, ma ti illumina, non sai perché, ma ti scalda, non sai perché, ma ti asciuga da tutto ciò che non è vero, che non è santo, che non è bello. Allora puoi scegliere: o fuggirlo, o combatterlo, o godere di questa presenza.

Ecco, io spero che queste belle parole di Santa Teresa oggi, in questo giorno in cui commemoriamo i defunti, siano davvero un aiuto per tutti noi a condurre una vita santa. Chi è morto ci deve far riflettere sulla nostra vita presente.

Dedichiamo del tempo oggi a pensare alla nostra vita qui su questa terra e — perché no? — a dire: “Perché non diamo una bella identità alla nostra famiglia? Perché non la facciamo diventare Betania? Perché non la pensiamo come un monastero laico?”

Queste meditazioni, vedrete — non tanto le mie parole, perché vabbè, le mie parole sono le mie, quindi sono limitate alla mia testa, alla mia esperienza e a tante cose, ma questi testi di Santa Teresa che leggeremo — vedrete che diventeranno, per chi lo vuole, un bel programma di vita da Betania. Alla fine, verrà fuori proprio, come dirvi, la regola di vita di Betania, verrà fuori la regola di vita di un monastero. Certamente di un monastero religioso, di monache, ma anche di un monastero laico. Ecco, questo sarà un po’ il mio compito in queste meditazioni: fare in modo di continuare a riportare l’esperienza di Santa Teresa e quello che scrive per le monache, riportarlo e tradurlo per voi. Perdonatemi se sono andato oltre come tempo, ma credo che oggi ne valesse proprio la pena.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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