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Il piccolo cielo – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.86

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Il piccolo cielo – Cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.86
Giovedì 25 gennaio 2024 – Conversione di San Paolo, Apostolo

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mc 16, 15-18)

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro:
«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.
Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a giovedì 25 gennaio 2024. Oggi festeggiamo la conversione di San Paolo, apostolo.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal sedicesimo capitolo del Vangelo di san Marco, versetti 15-18. 

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione. Siamo arrivati al capitolo ventottesimo, rileggiamo dal paragrafo terzo.

3 — Lungi da voi quella timidezza eccessiva in cui cadono certe persone che giungono perfino a ritenerla umiltà. Se il re vi elargisce una grazia, l’umiltà non consiste certo nel rifiutarla, ma nell’accettarla e mostrarvene contente, pur riconoscendovene indegne. Se il Re del cielo e della terra venisse nella mia casa per inondarmi dei suoi favori e compiacersi con me, sarebbe una bella umiltà quella di non volergli rispondere, rifiutare i suoi doni, fuggire da Lui, lasciandolo solo? E che dire poi se Egli insistesse, mi pregasse di chiedergli favori, e io per umiltà volessi rimaner povera, obbligandolo quindi ad andarsene, per non saper io rispondere alle sue profferte? Lungi, sorelle, da queste strane umiltà! Trattate con Lui come con un padre, come un fratello, come con un maestro, come uno sposo: ora sotto un aspetto ed ora sotto un altro, ed Egli v’insegnerà come contentarlo. Non siate così semplici da non domandargli nulla! Giacché Egli è vostro sposo e come tale vi tratta, prendetelo in parola.

4 — Questo modo di pregare, sia pure vocalmente, raccoglie lo spirito in brevissimo tempo, ed è fonte di beni preziosi. Si chiama “Orazione di raccoglimento” …

H voluto rileggere quello che abbiamo fatto ieri, per rinquadrare meglio questo tema della timidezza, da non confondere con l’umiltà, e poi riagganciarci nuovamente alla questione dell’orazione di raccoglimento, che si applica molto bene anche a coloro che fanno preghiere vocali. Quindi: il raccogliere le proprie potenze, ritirarsi in sé stessi con il proprio Dio, benissimo.

5 — Quelle tra voi che sanno rinchiudersi in questo modo nel piccolo cielo della loro anima — ecco, questo è molto importante — ove abita Colui che la creò e che creò pure tutto il mondo, e si abituano a togliere lo sguardo e a fuggire da quanto distrae i loro sensi, vanno per buona strada e non mancheranno di arrivare all’acqua della fonte. Per di qui si cammina molto in poco tempo, come il viandante che in pochi giorni giunge al termine del viaggio se va per mare ed è favorito dal buon vento, mentre assai di più ne impiega viaggiando per terra.

Che cosa ci dice? Innanzitutto, parla di «questo piccolo cielo, della loro anima», cioè la nostra anima è un piccolo cielo, l’abbiamo già visto nei giorni scorsi; quando diciamo “Padre nostro, che sei nei cieli” — “nei cieli” — noi non possiamo dimenticare che la nostra anima è un piccolo cielo, è un cielo che Dio ha creato, così come ha creato il mondo. E dobbiamo abituarci a togliere lo sguardo dalle cose del mondo, fuggire quanto ci distrae, proprio per poterci rinchiudere, per poterci concentrare, su questo piccolo cielo che è la nostra anima, dove abita Dio — bellissimo! — perché, scrive Santa Teresa: «ove abita Colui che»; capite, è lì che sta nostro Signore.

6 — Queste anime, come suol dirsi, sono già in alto mare — in senso positivo — e benché non ancora del tutto staccate dalla terra, pure durante l’orazione fanno il possibile per staccarsene, raccogliendo i loro sensi in sé stesse. Quando il raccoglimento è sincero, lo si vede chiaramente, perché produce tali effetti che io non so descrivere, ma che ben comprende chi ne ha fatto esperienza, L’anima, intendendo che tutte le cose del mondo non sono che un gioco, sembra che d’improvviso s’innalzi sopra tutte e se ne vada, simile a colui che per sottrarsi ai colpi di un nemico si rifugia in una fortezza. Infatti, i sensi si ritirano dalle cose esteriori e le disprezzano; gli occhi si chiudono spontaneamente per non vedere più nulla, mentre lo sguardo dell’anima si acuisce di più. Ecco perché chi va per questa via tiene quasi sempre gli occhi chiusi quando prega. Il costume è lodevole e sommamente utile, benché sul principio, per chiudere gli occhi e non guardare gli oggetti che ci circondano, occorre farsi violenza: ma, fattane l’abitudine, costerebbe di più tenerli aperti. L’anima allora sembra comprendere che sta fortificandosi a spese del corpo, e che indebolendolo e lasciandolo solo, acquista nuova forza per combatterlo.

Beh, mi sembra che siano tante indicazioni, molto utili e molto belle. Quindi, durante l’orazione, queste anime fanno il possibile per staccarsi e per raccogliere i loro sensi. 

Quando è sincero il raccoglimento? Quando dà effetti particolari, effetti molto buoni. Per esempio: tutte le cose del mondo appaiono, a questa persona così raccolta, come un gioco; questa persona s’innalza sopra tutte queste cose del mondo, ci cammina sopra, e si rifugia in una fortezza. Di fatto, questo raccogliersi, questo piccolo cielo che portiamo dentro di noi, che è la nostra anima, è una fortezza, perché? Perché è dove abita Dio, e più fortezza di questo…! 

Quindi c’è un ritirarsi dei sensi, dalle cose esteriori, “le disprezzano” — nel senso che non interessano — gli occhi si chiudono spontaneamente per non vedere più nulla e lo sguardo dell’anima si acuisce. Proprio anche fisicamente succede così; succede che, anche fisicamente, gli occhi hanno bisogno di chiudersi: accade negli occhi del corpo, quello che, in modo inversamente proporzionale, accade negli occhi dell’anima. Gli occhi dell’anima si aprono e, quindi, quelli del corpo si chiudono. C’è questa chiusura spontanea degli occhi del corpo, che non vogliono vedere più nulla, e, parallelamente, c’è questo aprirsi e questo acuirsi dello sguardo dell’anima. Ecco perché lei dice che, chi va per questa via, tiene quasi sempre gli occhi chiusi, quando prega, non può fare diversamente. 

Tenere gli occhi chiusi quando si prega questo lei dice che è un costume lodevole, lo definisce: «sommamente utile» e aggiunge: anche se sul principio questo richiede un po’ di violenza. Perché? Perché noi siamo curiosoni e vogliamo vedere tutto e tutti. Ci sono — magari anche noi siamo così — persone che, quando pregano, in realtà sembrano dei fari, con questi occhi che girano da tutte le parti, che guardano tutto, che scrutano tutto, che vogliono vedere tutto. 

Lo si fa, purtroppo, anche dopo aver ricevuto la comunione, terribile… Io credo che gli altri lo capiscano quando noi facciamo la comunione e non siamo raccolti. Certo, voi direte: “Ma se uno tiene gli occhi chiusi, come fai a saperlo?”, eh no, certo, è chiaro; ma non tutti sono incamminati su questa strada di cui parla Santa Teresa, non tutti sono nel mare, come dice Santa Teresa, e stanno viaggiando con le vele spiegate; quindi, molti, non tengono gli occhi chiusi quando pregano, quando hanno fatto la comunione non stanno lì con gli occhi chiusi, raccolti. E si capisce quando una persona va a ricevere l’Eucarestia e se ne torna al posto, o anche il sacerdote — dopo che si è comunicato, dopo che ha amministrato il sacramento e si avvia alla conclusione, purificando i vasi sacri, preparando il messale per la preghiera finale, dopo la comunione — si capisce quando un sacerdote è raccolto, quando abbiamo davanti a noi un fedele raccolto, una persona che sta pregando, che sta avendo un colloquio intimo col Signore. 

Quante volte le nostre comunioni sono tutto, all’infuori che comunioni. Entrare in comunione con qualcuno, è una cosa delicatissima, se poi questo qualcuno è Dio, è ancora più delicata. Eppure, il nostro comportamento fisico, il nostro atteggiamento, dice se noi stiamo vivendo questo momento di comunione oppure no, lo dice. La distrazione, lo scappare via di chiesa subito, il non fare nessun ringraziamento, essere lì che si guarda da tutte le parti, essere lì a guardare il sacerdote che cosa fa sull’altare… Ma non ci interessa! Tutte cose che non ci interessano! Cosa fa Tizio, cosa fa Caio, come si comporta il sacerdote, come purifica, che cosa fa, stare a guardare in giro… Non ci interessa! 

Noi dovremmo andare a ricevere l’Eucarestia, tornare al nostro posto, metterci in ginocchio — se uno non ha un grave impedimento —, iniziare, la nostra preghiera, il nostro momento di comunione col Signore in ginocchio, mentre attendiamo che la Santa messa si concluda, raccolti, con gli occhi chiusi. Poi, al momento della preghiera del sacerdote, quella che recita a conclusione di tutta la Santa Messa, ci alziamo, poi riceviamo la benedizione e poi inizia il tempo del ringraziamento. Quindi ci rimettiamo in ginocchio, occhi chiusi, e iniziamo il nostro tempo del ringraziamento. 

Cosa interessa a noi di guardare a destra e a sinistra, e Tizio che fa in un modo, e Caio che fa in un altro… Non ci interessa niente, non ci dovrebbe interessare niente. Se invece ci interessa, e se non assumiamo un atteggiamento fisico di raccoglimento, significa che non stiamo facendo comunione col Signore: non c’è, non c’è. Non c’è, ma lo si vede, si vede perché uno è distratto, perché si vede quando uno pensa ai fatti suoi, quando sta pensando a tutto, tranne che a stare col Signore; perché, quando si sta col Signore, quando si è profondamente raccolti, spontaneamente gli occhi si chiudono, c’è proprio questo bisogno, ripeto, è proprio — come dirvi — un’evoluzione — non so come spiegare in altri termini — proprio un’evoluzione normale, consequenziale, di questo cammino di raccoglimento e di preghiera. 

Per cui, lei dice che all’inizio, magari, siccome non siamo molto abituati a vivere questa comunione con Gesù, rimaniamo ancora distratti dalle cose, dalle persone, da quello che accade intorno; mentre poi, se inizi a farne l’abitudine, sarebbe più difficile tenere aperti gli occhi, non chiusi; perché dopo va da sé che, quando inizi a vivere in questo modo, è chiaro che, poi, tenerli aperti risulterebbe più difficile. E quindi, la persona inizia a percepire questo cammino, questo fortificarsi, cioè, proprio un fortificarsi dell’anima. È molto bello, molto bello, perché è molto vero.

Va bene, ecco, ci fermiamo qui e, come sempre, mettiamo in pratica; perché, ripeto, queste cose che studiamo, che leggiamo, ci servono poi per portarle nella vita, sennò è inutile stare qui a perdere tempo, io e voi.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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