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Conquistare la virtù? – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.121

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Conquistare la virtù? – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.121
Giovedì 29 febbraio 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Lc 16, 19-31)

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a giovedì 29 febbraio 2024.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo sedicesimo del Vangelo di san luca, versetti 19-31.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione. Siamo arrivati al capitolo trentottesimo, paragrafo quinto.

5 — Dove il demonio ci può far danno senza darsi a conoscere, è nell’indurci a credere che abbiamo una virtù mentre ne siamo prive, il che è una peste. Quando riceviamo favori e delizie, ci sembra di non far altro che ricevere e per conseguenza crediamo di esser obbligate a servire Iddio con maggiore fedeltà. Ma se crediamo di avere virtù, ci vien da pensare che serviamo il Signore, che gli diamo qualche cosa e che Dio sia obbligato a ricompensarci. Gravissimi allora sono i danni che il demonio insensibilmente ci procura, perché non solo c’indebolisce nell’umiltà, ma con la scusa che già l’abbiamo, c’induce a trascurare i mezzi per acquistarla. Come difenderci da questa tentazione? Il mezzo migliore, secondo me, è quello insegnatoci dal nostro Maestro: pregare, supplicare l’Eterno Padre di non permettere che cadiamo in tentazione. 1

La nota dice:

1 Ci mettiamo insensibilmente sopra una strada che ci pare sicura, e andiamo a cadere nel fango senza più sapere come uscirne. Se non commettiamo un vero peccato mortale che ci meriti ogni volta l’inferno, ne usciamo con le gambe rotte, incapaci di camminare per la strada di cui ho cominciato a parlare, e che non ho perduto di vista. Lo comprenderete anche voi. Infatti, come può camminare chi è precipitato in un abisso? È condannato a finirvi dentro i suoi giorni, e sarà molto se non si sprofonderà maggiormente, fino a cadere nell’inferno. Se non altro non potrà più avanzare; o, se avanzerà, non sarà di vantaggio né a sé né agli altri. Anzi, per gli altri sarà forse di danno, perché aperto l’abisso, molti vi possono cadere. Scongiurerà ulteriori pericoli per sé e per gli altri quando uscirà dall’abisso, riempiendolo poi di terra. Comunque, la tentazione è molto pericolosa, e io lo so per esperienza. Per questo ve ne parlo, sia pure non come vorrei. Il demonio, per esempio, vi fa credere che siete povere. Ha un po’ di ragione, perché, dopo tutto, avete promesso povertà, sia pure a fior di labbra. Dico a fior di labbra, perché se l’avessimo ben compreso e l’avessimo fatto sinceramente, sarebbe impossibile, a mio avviso, che il demonio ci tenesse per vent’anni, e forse per tutta la vita, sotto l’impero di una tale illusione. Riconosceremmo d’ingannare noi stesse. Noi, dunque, abbiamo promesso povertà. Ora, pensando di essere povere, diciamo: “Io non voglio nulla; tengo solo questa cosa perché mi occorre. Dopo tutto se si vuole servire Iddio, bisogna pure riguardarsi. O che forse non ci comanda Lui stesso di sostenere il nostro corpo?”. — E ragioniamo in questo modo anche su altri punti. Il demonio, trasformatosi in angelo di luce, ce li fa vedere ragionevoli, e insieme ci persuade che, nonostante tutto, siamo povere, che possediamo la vera virtù della povertà e che sotto questo aspetto non abbiamo più nulla da fare. Ma veniamo alla prova: vedremo se siamo povere esaminando attentamente le nostre opere. Cercate uno che sia molto sollecito per le cose temporali: non tarderà molto a manifestarsi. Ha una quantità di rendite superiori al suo bisogno e tiene tre servitori mentre gliene basta uno. Se gli muovono una lite, o un contadino trascura di pagarlo, cade in tante inquietudini e preoccupazioni da sembrare che senza quel poco non possa più vivere. Per giustificarsi troverà subito una scusa e dirà di non poter volere che il suo capitale ne abbia a scapitare per colpa sua. Non dico già che egli lo debba trascurare: anzi, ne abbia ogni cura. Ma vada bene o male, si rassegni, perché il vero povero ha in così poco conto i beni del mondo che, anche se obbligato a cercarli, non si inquieta mai, non pensa mai di poter aver bisogno di qualche cosa; e se cade nell’indigenza, non si preoccupa tanto. Considera i beni terreni non come essenziali ma accessori, non se ne interessa che per forza, e i suoi pensieri sono molto più alti. Un religioso o una religiosa veramente poveri non hanno nulla, né nulla devono avere. Ma se ricevono in dono qualche cosa, è da stupirsi se non credono subito che quell’oggetto sia loro utile. Amano di aver sempre in riserva qualche cosa, né cambiano certo un abito più fino con un altro grossolano. Vogliono avere oggetti e libri da dare in pegno o da vendere, perché, in caso di malattia, potrebbero aver bisogno di un po’ più dell’ordinario… Peccatrice che sono!… Ma è questo che voi avete promesso al Signore? Non avete giurato di non più preoccuparvi di nulla e di abbandonarvi in tutto alla sua divina provvidenza, checché ne avvenga? E se continuate a preoccuparvi di ciò che non vi può mancare, non sarebbe meglio, per evitare tante inquietudini, che possedeste rendite fisse? Benché queste si possano avere senza peccato, tuttavia è bene considerare a quante imperfezioni ci espongano. Persuadiamoci di essere ancora lontane dal possedere la povertà. Domandiamola a Dio, e cerchiamo di acquistarla. Se credessimo di averla, trascureremmo di procurarcela, e vivremmo nell’illusione, il che è peggio. Si dica altrettanto dell’umiltà. Ci sembra di non cercar la stima degli uomini e di essere staccate da ogni cosa. Ma appena ci toccano, i nostri sentimenti e i nostri atti mostrano che ne siamo ben lungi. Simili ai pretesi poveri di poco prima che non rifiutano alcun proprio vantaggio, così questi umili per ciò che riguarda la stima. E voglia Iddio che non la ricerchino essi stessi!… (Manoscr. Escor.).

Una nota molto lunga. Quindi, che cos’è una peste? Che cos’è “peste”? Pensare di avere una virtù, ma esserne privi. E qui Santa Teresa ci fa tutta un’analisi sulla povertà, ma non solo.

Quindi, innanzitutto stiamo attenti a non cadere nell’abisso di questa tentazione: “Ah, io ho questa virtù”. Stiamo molto umili, perché forse questa virtù non l’abbiamo come crediamo. E poi, stiamo attenti alle scuse: “Io non voglio nulla, però questa cosa mi occorre”. Poi bisogna pure riguardarsi per servire Dio, lei scrive: «O che forse non ci comanda Lui stesso di sostenere il nostro corpo?» Tutti ragionamenti che si sentono, eh!

Quindi, il demonio ci fa vedere ragionevoli questi ragionamenti — questo è il suo scopo — ma sono ragionevoli secondo una logica mondana, non secondo Dio, perché in questi ragionamenti manca l’abbandono alla Provvidenza di Dio, tutto qui. E infatti cadiamo nelle inquietudini; e infatti cadiamo nelle preoccupazioni; e infatti ci agitiamo. Siamo talmente poveri, che basta che qualcosa non vada secondo la nostra linea e ci agitiamo. Lei infatti, vedete, non dice che tu devi trascurare i tuoi doveri o i tuoi beni — pensiamo a chi è sposato, per esempio — però ci insegna che dobbiamo imparare a rassegnarci, perché non dobbiamo tenere in molto conto i beni del mondo. Dobbiamo imparare a rassegnarci, non inquietarci, non preoccuparci.

I beni terreni sono accessori, non essenziali; «I suoi pensieri sono molto più alti» (i pensieri del vero povero). Vedete, lei scrive: «Non avete giurato di non più preoccuparvi di nulla e di abbandonarvi in tutto alla sua divina provvidenza, checché ne avvenga?»; e prosegue: se continuate a preoccuparvi di ciò che vi può mancare, allora è meglio se avete rendite fisse. La stessa cosa vale per l’umiltà; noi pensiamo di essere umili, però poi, se ci toccano nei sentimenti, nei nostri atti… Vedete come lei dice: simili a questi finti poveri, che di fatto cercano tutto ciò che va a loro vantaggio, così i finti umili cercano la stima. Il vero umile non bada alla stima che gli altri hanno di lui; il vero umile bada alla stima che ha Dio di lui.

Ecco, abbiamo fatto una riga, però io credo che questa nota così lunga valga come due pagine. Credo che ne abbiamo abbastanza da riflettere, quest’oggi.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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