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Il Timore di Dio pt. 2 – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.134

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Il Timore di Dio pt. 2 – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.134
Mercoledì 13 marzo 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 5, 17-30)

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco». Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.
Gesù riprese a parlare e disse loro: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati.
Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.
In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità io vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno.
Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.
Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a mercoledì 13 marzo 2024. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal quinto capitolo del Vangelo di san Giovanni, versetti 17-30.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione. Siamo arrivati al capitolo quarantunesimo, vediamo questa seconda parte del paragrafo terzo.

Vi è però un’avvertenza accompagnata da riflessione, e un’altra così subitanea che commettere il peccato e accorgersi che lo si è commesso è un tutt’uno: non si ha neppure il tempo di capire quello che si fa. Ma per piccoli che siano, dai peccati avvertitamente voluti si degni Iddio di preservarci.6 

La nota dice:

6 Non comprendo come si possa avere tanto ardire da levarci contro un Signore così grande, sia pure nelle più piccole cose. (Manoscr. Escor.).

Prosegue:

Che vi può essere di piccolo nell’offesa di una Maestà così grande, i cui sguardi sono sempre fissi su di noi? Con questa considerazione il peccato è già fin troppo premeditato. È come se dicessi: “Signore, io so che questo vi dispiace, capisco che mi vedete, so che non lo volete, ne sono pienamente convinta, ma lo voglio fare ugualmente: amo meglio seguire il mio capriccio e il mio appetito che la vostra volontà”. — E un peccato di tal fatta sarà piccolo? Io per me non lo credo. Per leggero che possa essere come colpa, io lo trovo grave, grave assai.

Santa Teresa sta parlando del peccato veniale, che va evitato assolutamente, e fa una distinzione, dicendo che: «c’è una avvertenza accompagnata da riflessione», quindi: ci penso, sono avvertito dalla mia riflessione; «e un’altra così subitanea che commettere il peccato e accorgersi che lo si è commesso è un tutt’uno», cioè: mi accorgo di aver fatto il peccato nel momento in cui l’ho fatto, «non si ha neppure il tempo di capire quello che si fa» — lei dice — per cui è proprio contestuale. Quindi, lo faccio e in quel momento lo capisco, in quel momento mi accorgo; mi accorgo mentre lo faccio. Ecco, però lei dice: «dai peccati avvertitamente voluti si degni Iddio di preservarci»; quindi, siamo sempre lì, non importa gravi o non gravi: dai peccati avvertitamente voluti, dobbiamo chiedere al Signore di essere liberati.

E poi, lei dice: «Che vi può essere di piccolo nell’offesa di una Maestà così grande, i cui sguardi sono sempre fissi su di noi?». Quindi, certo, moralmente noi distinguiamo un peccato grave da uno veniale, però Santa Teresa ci dice: se stiamo a guardare bene la questione, cosa c’è di piccolo, nell’offendere il Signore? Possiamo fare distinzione è piccolo / è grande in riferimento all’atto che io compio, ma se lo considero in riferimento a Dio, lei dice: cosa ci può essere di piccolo? 

Non so se si riesce a capire. 

Santa Teresa fa questa ipotesi di ragionamento, è come se uno dicesse: “Signore, io so che questo vi dispiace, capisco che mi vedete (guardate tutto il ragionamento che sta dietro), so che non lo volete, sono pienamente convinto, ma lo voglio fare ugualmente; «amo meglio seguire il mio capriccio e il mio appetito che la vostra volontà». Questo è il ragionamento che lei sta facendo; «Per leggero che possa essere come colpa, io lo trovo grave, grave assai».

Allora, anche se la colpa di cui è foriero questo peccato, che grava su questo peccato, è piccola, è leggera, rimane la gravità della ribellione, rimane la gravità dell’aver fatto tutto un ragionamento, di piena avvertenza, di deliberato consenso, che mi ha posto in una posizione di rifiuto nei confronti della volontà di Dio, e di affermazione del mio capriccio e del mio appetito. Questo è grave.

Facciamo un esempio, prendete una bugia, uno dice: ho detto una piccola bugia, non ho fatto un peccato grave, un peccato mortale! Quindi, oggettivamente ho detto una bugia, una cosa piccola, non ho calunniato nessuno, non ho condannato o fatto condannare un innocente a processo, mentendo. Ho detto una piccola bugia, mi è stato chiesto: “Hai mangiato tu questo dolce?” — “No, non l’ho mangiato io” e invece l’avevo mangiato io. In sé, nessuno dice, oggettivamente, che qui dietro ci sta una colpa grave. Però, Santa Teresa, come avete sentito, non si concentra solamente — e, in questo contesto, in modo particolare — sulla materia grave, il suo ragionamento non verte sulla materia grave — perché se la materia fosse grave, va bene, allora avremmo un peccato grave e, quindi, niente da aggiungere — il suo ragionamento verte sulla piena avvertenza e il deliberato consenso.

Quindi, pensiamo alla bugia: so che dispiace al Signore — perché magari l’ho pensata, non mi è venuta fuori così, è stata pensata, premeditata — so che il Signore mi vede, so che il Signore non lo vuole — e sono pienamente convinto che il Signore non lo vuole, che non la devo dire — però la dico lo stesso. Sapendo che la volontà di Dio è che io non la dica, io la dico lo stesso. S. Teresa dice: ma secondo voi, un ragionamento simile può definirsi piccolo, leggero, come gravità? No. Anche se la materia è leggera, è piccola, di fatto il ragionamento che ci sta dietro è grave. È grave perché tu, anche se in una cosa piccola, ti sei opposto in modo importante, serio, radicale, a Dio, ti sei proprio opposto. E questo, per Santa Teresa, è un fatto molto grave, lei scrive: «grave assai». Ecco, spero di essere riuscito a farmi capire.

4 — Sorelle, se volete acquistare il timore di Dio, considerate l’importanza di ben comprendere cosa voglia dire offendere il Signore.7

La nota dice:

7 Per amor di Dio, figliuole, non trascuratevi mai su questo punto. Fate sempre come ora, e persuadetevi che assai importante è andare innanzi nel timor di Dio. (Manoscr. Escor.).

Prosegue:

Pensateci spesso e procurate di radicarvi nell’anima questo santo timore che è più importante della stessa vita. Per acquistarlo è necessario andare innanzi con molta circospezione, allontanandovi da quelle occasioni e compagnie che non vi aiutino a meglio avvicinarvi al Signore. Applicatevi seriamente a vincere in tutto la vostra volontà e a vegliare per non uscire in alcuna parola che non sia di edificazione. Fuggite qualsiasi conversazione che non sia di Dio…

Fermiamoci, questo paragrafo quarto è un po’ lungo ed è molto intenso. Quindi, se vogliamo acquistare il timor di Dio, dobbiamo capire cosa voglia dire offendere il Signore; vedete, queste due realtà vanno di pari passo. Se desidero acquistare il timore di Dio, se desidero ricevere questo dono dello Spirito Santo, devo comprendere bene che cosa voglia dire offendere il Signore. Più io sono riempito del timor di Dio, più io sarò consapevole di cosa voglia dire offendere il Signore, e più io farò di tutto perché questo non accada nella mia vita.

Quindi, lei dice: «Pensateci spesso e procurate di radicarvi nell’anima questo santo timore…» e pensate che lei lo definisce «più importante della stessa vita»; “Il timor di Dio” — pensate, questo dono dello Spirito Santo, che forse noi non abbiamo mai chiesto — «è più importante della stessa vita». Quindi: bisogna pensare spesso a cosa voglia dire offendere il Signore, e poi supplicare il Signore di radicare nella nostra anima questo santo timore, che è più importante della stessa vita.

Ora, per acquistarlo, cosa bisogna fare? Per acquistare il timore di Dio, dice Santa Teresa, bisogna: 

(1) considerare l’importanza di comprendere bene cosa vuol dire offendere il Signore; 

(2) pensarci spesso; 

(3) radicare nell’anima questo santo timor di Dio, che è più importante della vita; 

(4) andare innanzi con molta circospezione; 

(5) allontanarsi da quelle occasioni e compagnie che non aiutano a meglio avvicinarsi al Signore. Quindi: usare molta circospezione, cioè, stare molto attenti, bisogna essere molto, molto guardinghi; bisogna allontanarci dalle occasioni e dalle compagnie che non ci aiutano. Lei non dice compagnie cattive, che forse sarebbe fin troppo facile, lei dice: «compagnie che non vi aiutino a meglio avvicinarvi al Signore», quelle che non che non sono di sufficiente aiuto per avvicinarmi meglio al Signore (molto importante).

(6) «applicatevi seriamente a vincere in tutto la vostra volontà»; se

(7) «vegliare per non uscire in alcuna parola che non sia di edificazione». Non so, la metto lì, poi vedete voi, ma leggendo questa settima caratteristica, mi vien da dire: forse dovremmo passare più tempo a tacere, che a parlare. Noi quante parole diciamo in un giorno, quante parole scriviamo in un giorno con i messaggi, o e-mail o quello che è? E queste parole sono tutte per la vicendevole edificazione? Sono parole che edificano l’altro? Non lo so, la metto lì, poi ciascuno fa le sue riflessioni.

(8) «Fuggite qualsiasi conversazione che non sia di Dio…»; e, anche qui, non so, pensiamo alle nostre conversazioni in ventiquattro ore, pensiamo alle conversazioni che abbiamo fatto ieri, o che abbiamo già fatto oggi… «Fuggite qualsiasi conversazione che non sia di Dio».

Certo, mi rendo conto che è molto impegnativo questo programma, veramente! Questo capitolo quarantunesimo, voi vedete quanto è impegnativo! In questo, io credo che ci sia di grande aiuto la figura di un bravo padre spirituale, di un bravo confessore, che ci aiuti poi a tradurre in pratica questa vita, queste indicazioni, queste otto indicazioni di Santa Teresa. Che vuol dire: come deve applicare queste otto regole un papà di famiglia? Come le deve applicare un sacerdote? Come le deve applicare una nonna? Come le deve applicare una professoressa? Come le deve applicare un operaio? Tanto per fare degli esempi. È chiaro che il sacerdote le deve applicare in un modo diverso da come le applicherà una mamma di famiglia! Diverso lo stile di vita, è chiaro che è diversa anche la modalità di applicazione. Però vanno applicate. Bisognerà trovare il modo intelligente di applicarle, però vanno applicate.

Noi, alle volte, forse ci facciamo un po’ prendere la mano dalla bellezza di queste cose, che sono veramente molto belle, molto radicali; ci facciamo prendere la mano e ci buttiamo dentro a pesce, e diciamo: quindi adesso le prendo e le applico così come sono, nella mia vita. No! Facciamo un esempio: “fuggite qualsiasi conversazione che non sia di Dio” — oppure — “non esca dalla vostra bocca nessuna parola che non sia di edificazione”; allora, una mamma e un papà, cosa fanno, non parlano più? Magari hanno un figlio che segue un cammino diverso, o non ha fede, oppure magari è molto giovane, quindi, non è che si può pensare che la mamma e il papà, in casa, mentre sono insieme, parlano solo di Dio, perché non è possibile! Dovranno parlare, non lo so, della scuola, dovranno parlare del lavoro, dovranno parlare della vita attuale, dovranno parlare dell’economia, della politica, ci sono tante cose che devono trattare.

E uno dice: “Ma allora io com’è che lo applico?” Ecco, appunto, è per questo che è importante avere una buona guida spirituale, che ci aiuti a capire come applicare, come vivere queste cose. Perché, quando lei dice: “fuggite qualsiasi conversazione che non sia di Dio”, di fatto ci vuole dire quello che ha detto prima: fuggi qualunque conversazione che non serva a edificare, che non sia utile, che non serva a far crescere, che non serva a essere persone migliori. Quindi, non è detto che io, per fare questo, devo nominare il nome di Dio, io posso tranquillamente non nominarlo mai, e parlare come parlerebbe Dio; nel senso: parlare in modo tale da condurre l’altro alla verità, alla bellezza, alla giustizia, all’umiltà, alla temperanza, capite? E non c’è bisogno di nominare il nome di Dio, se non lo posso nominare, perché lì non è possibile. Ma già il fatto che io porti la conversazione su tematiche evangeliche, su tematiche vere, ecco, questo è un parlare di Dio in modo indiretto; perché c’è un parlare di Dio diretto e un parlare di Dio indiretto.

Anche questo: “vincere in tutto la nostra volontà”, per esempio; ecco, cosa vuol dire per una mamma? Cosa vuol dire per un sacerdote? Cosa vuol dire per un dottore? È chiaro che sono modalità diverse; qualunque messaggio di un santo poi va declinato nella vita. 

Ora, fatti salvi i principi quelli grossi, quelli solenni, quelli importantissimi — voglio dire: “offendere il Signore”, non bisogna farlo mai, che sia una mamma, che sia un papà, che sia un figlio, che sia un sacerdote. Nessuno deve offendere il Signore, questo è evidente — ma poi questi consigli pratici che ci vengono dati, come quello di “allontanarci da quelle occasioni e compagnie che non ci aiutino a meglio avvicinarci al Signore”, cosa vuol dire? Non è che vuol dire che devo prendere e vivere come un monaco del Monte Athos! Quindi, dovrò avere quell’intelligenza per cogliere quelle occasioni, per cogliere quelle compagnie, per cogliere quelle amicizie, che direttamente, ma anche indirettamente, mi aiutano ad avvicinarmi meglio al Signore.

Capite quanto equilibrio, quanta saggezza, quanta intelligenza ci vogliono a vivere la vita spirituale? Altrimenti prendiamo la tangente ed è finita, basta. Perdiamo di vista il senso di questi consigli, che è acquistare il Timor di Dio e non uscire di testa, non fare cose che, per ottenere un bene, provocano un male. Bisogna avere assolutamente questa grande, grandissima intelligenza, che porta a una grande prudenza.

Ecco, ci fermiamo qui, perché ci siamo accorti tutti che abbiamo detto veramente cose molto molto importanti, dobbiamo riflettere bene. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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