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La differenza tra la S. Messa e i sacramenti – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.57

L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati - San Manuel Gonzales Garcia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: La differenza tra la S. Messa e i sacramenti – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.57
Giovedì 16 maggio 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 17, 20-26)

In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:]
«Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.
Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo.
Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a giovedì 16 maggio 2024. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal diciassettesimo capitolo del Vangelo di san Giovanni, versetti 20-26. 

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di san Manuel González. Siamo arrivati a pagina 116.

Differenza tra la Messa e i Sacramenti

C’è questa differenza essenziale tra l’augusto Sacrificio e i Santi Sacramenti: che il primo è principalmente per dare e il secondo per ricevere; quello ci suppone agenti e questo pazienti o recipienti. Vedete che bella dottrina.

Con la Messa diamo gloria a Dio e con i Sacramenti riceviamo la grazia da Dio. La gloria che diamo a Dio con la Messa è, nell’ordine pratico, in primo luogo la propiziazione, che gli rende giustizia e lo placa per i nostri peccati e gli fa volgere il volto verso coloro che erano suoi nemici; in secondo luogo, e presupponendo la propiziazione, questa gloria è la lode perfetta che Egli esattamente si merita; in terzo luogo è l’azione di grazie a tal punto completa che tutti i nostri debiti di gratitudine che abbiamo verso di Lui vengono abbondantemente ripagati; in quarto luogo è l’orazione di impetrazione più efficace e preziosa che possa raggiungere le orecchie di Dio. Vale a dire che per mezzo di una Messa plachiamo, lodiamo, ringraziamo e preghiamo Sua Maestà, e mediante tutto questo Gli diamo gloria tanto perfettamente, tanto a Suo gusto, che non solo non può chiederci di più, se realmente abbiamo fatto nostra la Messa, ma si sente moralmente obbligato a darci tanta grazia per mezzo dei Sacramenti, della preghiera e della pratica delle virtù, quanta gloria Gli abbiamo data per mezzo della nostra Messa. Perciò, ripeto, la Messa esiste affinché gli uomini diano gloria a Dio, e i Sacramenti affinché ricevano da Dio la grazia che a loro ha guadagnato la gloria della sua Messa. Questa viene ad essere come la causa morale della virtù dei Sacramenti e di tutti i mezzi che in qualche modo producono o accrescono la grazia.

Mi sembra una definizione molto bella e molto vera: con la Messa diamo gloria a Dio, con i sacramenti riceviamo la grazia di Dio; è una distinzione importantissima! Non credo che in molti la sappiano.

“Quale differenza c’è tra la Messa e i sacramenti?”; uno ti risponde: “Beh, quali differenze, nessuna! Perché anche la Messa è un sacramento!”. Eh, no! Certo, la Messa è un sacramento — verissimo — è il sacramento dell’Eucarestia, va bene, però voglio dire: qual è la differenza tra la Messa e i sacramenti? Che la Messa dà gloria a Dio, i sacramenti ricevono da Dio la grazia; attraverso i sacramenti, riceviamo la grazia.

E non dimentichiamo che la gloria che noi diamo a Dio è, in primo luogo, la propiziazione — molto importante –, poi lode perfetta, poi azione di grazie completa, poi orazione di impetrazione; quindi: «plachiamo, lodiamo, ringraziamo e preghiamo» … con una Santa Messa! Quindi, non c’è niente di più importante, sintetico, per dare gloria a Dio, per lodare Dio, per ringraziare Dio, per pregare Dio, per placare Dio, come la Santa Messa.

Per cui, vedete, un tempo c’era questa bellissima, santa abitudine, di far celebrare delle Sante Messe, ma non solamente per persone defunte, anche per le persone viventi. Noi facciamo magari tante novene, benissimo! Preghiamo tanti Rosari, benissimo! Ma guardate che nessuna di tutte queste preghiere è capace di pregare, lodare, ringraziare, placare, impetrare una grazia da Dio, come la Santa Messa, perché è il momento in cui diamo la gloria massima a Dio. E, quindi, non lo so, pensate, c’è una situazione grave di salute di qualcuno, una persona a voi cara, un sacerdote a voi caro, una mamma, un papà, un regalo di Natale che vogliamo fare; non so quante volte l’abbiamo mai pensato! Prendiamo tante sciocchezze, a Natale, e perché non facciamo dire un ciclo, una novena, di Sante Messe — come diceva don Giuseppe Tomaselli — o un triduo di Sante Messe — come diceva don Giuseppe Tomaselli — oppure facciamo dire un ciclo di Messe gregoriane; sapete, quelle di un mese: sono trenta messe per trenta giorni, consecutive; anche questo! Che regalo più importante c’è, per quella persona, per la sua santificazione, per i suoi bisogni spirituali e materiali? O, magari, sappiamo bene la situazione di quella persona, che ha un bisogno particolare, ecco: perché non far dire una Messa, un ciclo di nove Messe, un ciclo di tre Messe, un ciclo di gregoriane, una messa al mese, non lo so. È il modo più bello, più efficace, più caritatevole, di fare del bene a qualcuno, soprattutto quando vediamo queste persone che versano in condizioni di grave, grave, gravissima difficoltà.

Nei giorni scorsi mi ha colpito quando, sui commenti di Telegram, un signore o un ragazzo, non so bene, ha scritto che l’anno scorso, durante l’estate, aveva segnalato nei commenti la sua fatica, facendo presente il senso di solitudine che stava vivendo. Pochi giorni fa diceva: nessuno mi ha scritto niente, nessuno ha detto niente, nessuno che mi ha chiesto “di dove sei”. A volte basta quello, basta dire: “Siamo vicini, andiamo a mangiare un gelato!”. 

E pensate: a distanza di quasi un anno, quando io ho fatto un mio intervento parlandovi di questa grande famiglia che è Telegram — certo che famiglia è una parola un po’ grossa, questa grande rete di persone — e dicevo: se c’è un momento di conforto da dare, una parola in certi momenti può sempre essere utile, questa persona è intervenuta, dicendo: “Eh sì, però quando io ho avuto bisogno, nessuno si è fatto presente!”.

Mi ha interrogato molto; io sono intervenuto subito, appena ho letto al mattino questo messaggio, perché ci sono, accanto a noi (ma le viviamo anche noi), situazioni di sofferenza, alle volte veramente pesante. Sapete, quando è quella fisica, è bruttissima e terribile, però almeno gli altri se ne accorgono, la vedono; se hai mal di schiena se ne accorgono tutti, se hai male a un ginocchio se ne accorgono tutti, se hai male ai denti se ne accorgono tutti, se hai mal di stomaco, chi è che non se ne accorge? E quindi, c’è qualcuno che viene ad aiutarti: magari ti portano la spesa, magari ti chiedono se hai bisogno di un aiuto. 

Quando c’è una sofferenza psicologica interiore, come è più difficile! Quando c’è quel senso di solitudine, del sentirsi soli, non solamente soli, proprio non capiti, non compresi, quella solitudine che è proprio solitudine interiore; non è la solitudine che uno dice: “Vabbè, non ho nessuno che mi fa compagnia, con cui parlare”, anche questo non è bello, però…; è quella solitudine ancora più profonda, quella che ti porti dentro, che senti che non solo non c’è nessuno con cui parlare ma, se anche ci fosse, tu percepisci che non riusciresti a farti capire, cioè le persone che tu conosci, se anche tu le chiamassi, non riusciresti a far loro capire che cosa stai vivendo, perché non c’è quella sintonia interiore che lo permette.

Perché voi sapete, noi non vogliamo vedere la sofferenza, non vogliamo incontrare il dolore; quindi, quando incontriamo qualcuno che sta male, noi dobbiamo risolvere in fretta. Allora, appena uno parla, subito giù una valanga di risposte, di consigli, di ricette, di cose da fare; perché non siamo capaci di stare semplicemente fermi, zitti, ad ascoltare una persona che sta male e a dire: “Io, comunque, ci sono”; no, non ci riusciamo. Poi abbiamo sempre tante cose da fare, siamo sempre di corsa, non c’è proprio il tempo di star lì… Noi diciamo: “Vabbè, sì, dimmi che cosa c’è”, poi, intanto guardo il telefono, guardo un’altra cosa, poi intanto faccio questo, poi intanto faccio quell’altro. Non c’è il tempo di fermarsi… Poi, certo, quando uno si butta giù dalla finestra, eh, lì ci si ferma, almeno un attimo, per il funerale, e uno va al funerale e dice: “Mah, non mi sono accorto di nulla!”; ho capito, ma quello stava male, com’è possibile? Nessuno si è accorto di niente! La solitudine è diventata talmente il tutto, che questo ha aperto la finestra e si è buttato giù. Si è sentito soffocare, non ce l’ha fatta più; ha detto: “A questo malessere devo porre rimedio, non ce la faccio più”, e quindi si è tolto la vita. Quante, di queste persone…

La Santa Messa ci aiuta ad essere più attenti all’altro, sicuramente, però dobbiamo camminare tanto, e imparare a farci più sensibili. Questo ragazzo, quest’uomo, ha ragione, quando dice: sì, noi condiamo tutto con: grazie grazie, micio micio, cuoricino ibiscus, ibiscus cuoricino, cuoricino colombino, colombino ibiscus cuoricino; eh, gli stickers… no, non funziona così! E poi ognuno va avanti per la sua vita! In una situazione comune va bene, mettiamo il grazie, il prego, arrivederci e tornerò, ma se poi vediamo che ci sono dei messaggi un po’ intensi, è importante anche magari mandare privatamente un messaggino, dove si dice: “Guarda che non ci conosciamo, però…”.  Quella cosa che lui ha detto, cioè: “Nessuno mi ha chiesto dove abiti, di dove sei”; vedete? Non è che cercava le omelie, le prediche, cercava semplicemente che qualcuno dicesse: “Ma dov’è che abiti? Avverti questa solitudine, siamo in estate, dov’è che abiti?” — “Eh, io abito qui” — “Ah vabbè, non siamo così lontani! Se vuoi ci vediamo a mezza strada, andiamo a vederci un museo o a fare una passeggiata al mare, in montagna o per la città”, no? È un modo piccolo, semplicissimo, piccolissimo, però può fare la differenza, sapete, nella vita di una persona! Può fare la differenza…

Noi, veramente, non siamo chiamati a giudicare gli altri, a farci i maestri della vita degli altri. Gli uomini e le donne di chiesa corrono un po’ questo rischio della “Signorina Rottermeier” di Heidi, ecco.

Noi siamo chiamati proprio ad imitare santa Veronica nella passione di Gesù: asciugare i volti sporchi, intrisi di sangue, malmenati, sofferenti, a portare le croci; non è che dobbiamo tenere le croci degli altri, non si può, però magari aiutarli a portarle un po’, questo sì. Del resto, secondo voi, perché Gesù è caduto sotto la croce? Tre volte, cade! Forse anche perché chi doveva portarla, a un certo punto, non lo so…

Mi sembra che dobbiamo un po’ riscoprire questo bisogno di umanesimo integrale, di cristianesimo integrale, e la Santa Messa può essere un mezzo. Dire: “Sono stato vicino a quella persona, sta proprio male — magari fisicamente, magari spiritualmente, magari moralmente, magari psicologicamente — sta proprio male. Va bene, allora, io ci sono, ma intanto gli faccio dire un ciclo di Messe, gli faccio celebrare una Santa Messa, per chiedere a Dio di aiutarla, di dargli luce e di metterla in pista”. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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