Meditazione
Pubblichiamo l’audio della meditazione: Carità è soffrire per gli altri pt.2 – La mistica della riparazione, di don Divo Barsotti pt.16
Giovedì 22 agosto 2024 – Beata Vergine Maria Regina
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Mt 22, 1-14)
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Testo della meditazione
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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a giovedì 22 agosto 2024. Festeggiamo oggi la Beata Vergine Maria Regina.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal ventiduesimo capitolo del Vangelo di san Matteo, versetti 1-14.
Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di don Divo Barsotti.
Se consideriamo la carità in quanto ha per suo oggetto il prossimo, possiamo anche dire che nessuno veramente ci è più prossimo di coloro dei quali noi assumiamo la responsabilità dinanzi al Signore. Veramente in questo assumere il peso del peccato umano, ci facciamo «uno» con gli altri. Certo, anche nell’avere pietà del misero, in qualche modo ci uniamo agli altri, simpatizziamo con loro, soffriamo con loro, viviamo una certa comunione di vita, di destino, di sofferenza con gli altri; tuttavia mai l’uomo nel suo amore si fa veramente «uno» con l’altro come quando assume sopra di sé tutto il peso del suo peccato, come quando si fa egli responsabile dell’altro di fronte al Signore. Questa supera ogni altra solidarietà: tu puoi assistere un malato ma rimani diverso da lui, il tuo amore può giungere ad assisterlo fino a fare con lui una sola vita; tu puoi sostenere un vecchio, aiutare un affamato, ma tutto questo non esclude in te non solo una certa distinzione interiore, ma anche una divisione, la divisione di chi aiuta, senza mai poter divenire «uno» con chi è aiutato. Nella riparazione, al contrario, si può giungere a identificarsi con colui che ha peccato. Tutti i mali rimangono esterni all’uomo e l’uomo, almeno con la morte, se ne spoglia; ma neppure la morte può spogliare l’uomo del suo peccato, tanto egli si identifica con esso. Addossarci il peccato degli altri, risponderne davanti a Dio, è perciò veramente l’atto supremo di una carità che più di ogni altra ci unisce ai nostri fratelli. Chi ripara diviene una sola cosa col peccatore, come Gesù si è fatto solidale con noi fino in fondo. È l’atto dell’amore supremo perché l’atto della riparazione, più di qualsiasi altro atto, compie l’unità. Unità così intima che Dio stesso non la potrebbe spezzare. Tu dici a Dio come Mosè: «O salva questo popolo o cancella anche me dal libro della vita». L’uomo non fa più distinzione, e nemmeno Dio può farla più, talmente l’uomo nel suo amore si è fatto uno con colui per il quale prega e ripara. Non sempre certo la nostra riparazione, la nostra espiazione raggiungono questa unità, perché la riparazione e l’espiazione nella nostra vita cristiana sono troppo spesso un atto devozionale qualunque, e non impegnano il nostro spirito al punto da farci veramente solidali, fino in fondo, col peccatore dinanzi al Signore. Riparare vuol dire infatti farsi, come Gesù, solidali col peccatore in modo da portarne noi stessi la pena e il castigo: così sopra Gesù precipitò e rovinò il castigo dell’umano peccato ed egli ne fu schiacciato, pur essendo la Potenza di Dio, pur essendo il Verbo di Dio. È l’atto supremo dell’amore umano, perché non soltanto compie un’unità, la più intima, quella che resiste anche di fronte al Signore, ma anche perché, nella sua efficacia, offre un dono che supera ogni altro. La carità che noi possiamo avere per gli altri, quando non sia riparazione ed espiazione, è in fondo una carità che rimanda la rovina e la morte, non la sopprime.
Sì, io penso che quasi nessuno di noi, o pochissimi di noi, conoscono e hanno in mente la riparazione ed espiazione intesa così. Tutti noi, quando pensiamo alla carità, pensiamo ad aiutare un affamato, a visitare un malato, un carcerato, vestire un ignudo, dar da bere ad un assetato, istruire gli ignoranti, consigliare i dubbiosi e via di seguito. Però don Divo dice che, in questi casi, rimane una distinzione, rimane una divisione tra chi aiuta e chi è aiutato, e non si diventa mai “uno” con chi noi aiutiamo. «Nella riparazione, al contrario, si può giungere a identificarsi con colui che ha peccato» (a me viene in mente padre Pio), quindi ad “addossarci il peccato degli altri, risponderne davanti a Dio; ecco, questo è l’atto supremo della carità, che ci unisce ai nostri fratelli”, questo veramente ci unisce.
Ecco, io francamente dico che (prima di tutto lo vedo in me, certamente, e poi lo si respira anche in questo “stile” di mondo) non c’è proprio questa unità, non la si vive questa unità, non si ha in cuore di divenire una cosa sola col peccatore; ma, anzi, c’è un grande prendere le distanze, un grande dividersi, un grande puntare il dito e un dire “io non sono così”.
Quindi, in questa riparazione che ci fa una cosa sola col peccatore, dobbiamo stare attenti, perché don Divo ci dice che, questa riparazione — che in alcuni posti si fa — troppo spesso è un atto devozionale qualunque, cioè non ci fa veramente solidali col peccatore. Pensate anche quando si fa una riparazione per i sacrilegi eucaristici: facciamo una preghiera di riparazione, una Messa di riparazione per riparare al peccato di sacrilegio compiuto contro il Signore, che va benissimo, certo. Però, questa riparazione ci fa sentire solidali con coloro che hanno commesso quel peccato? È di questo che sta parlando don Divo.
So che qualcuno mi potrà dire: “Ma io come faccio a sentirmi solidale con chi ha commesso un sacrilegio?” Eh, però, questo è quello che ha fatto Gesù, che si è fatto talmente solidale col peccatore da portare in lui stesso la pena e il castigo. Quindi, su Gesù, precipitò il castigo dell’umano peccato e ne fu schiacciato — dice don Divo — e questo è l’atto supremo dell’amore umano. Ed è solo questa forma di riparazione, di fatto, che sopprime la rovina e la morte. Tutti gli altri atti di carità, di fatto, rimandano la morte e rimandano la rovina.
Io penso che dobbiamo un po’ tutti rileggere queste pagine, perché sono tanto distanti da noi, proprio tanto, tanto; e sono cose che non siamo proprio abituati a sentire. Pensate a quando dice: «neppure la morte può spogliare l’uomo del suo peccato, tanto egli si identifica con esso». Infatti quando noi ci presenteremo davanti a Dio, presenteremo il male che avremo fatto, di cui ci saremo pentiti (certo, se avremo riconosciuto i nostri peccati e ci saremo confessati per tempo), però, come già sapete, per ogni peccato c’è una pena e c’è una colpa, la colpa ci viene tolta col sacramento della confessione, ma la pena rimane — a meno che non si riceva l’indulgenza plenaria — la pena legata a quell’atto c’è, perché ogni atto comporta una responsabilità, non è un capriccio di Dio.
Farsi solidale col peccatore è un po’ quello che ha fatto padre Pio; andate a leggere la storia di Padre Pio e vedrete quanto tutto questo è vero. Per cui, il mio consiglio in questo giorno è: rimettiamoci a leggere bene, approfonditamente queste pagine.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.