Catechesi di lunedì 8 gennaio 2018
Ciclo di catechesi “La Fede: dubbio o Abbandono? La Scelta di una vita”
Relatore: p. Giorgio Maria Faré
Ascolta la registrazione della catechesi:
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Brano commentato durante la catechesi:
Libro della Genesi 18 – 19, 27
Cap 18
L’apparizione di Mamre
1Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. 2Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, 3dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo. 4Si vada a prendere un pò di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. 5Permettete che vada a prendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo, potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fà pure come hai detto». 6Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre staia di fior di farina, impastala e fanne focacce». 7All’armento corse lui stesso, Abramo, prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. 8Prese latte acido e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così, mentr’egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.
9Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «E’ là nella tenda». 10Il Signore riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio». Intanto Sara stava ad ascoltare all’ingresso della tenda ed era dietro di lui. 11Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne. 12Allora Sara rise dentro di sé e disse: «Avvizzita come sono dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!». 13Ma il Signore disse ad Abramo: «Perché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia? 14C’è forse qualche cosa impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e Sara avrà un figlio». 15Allora Sara negò: «Non ho riso!», perché aveva paura; ma quegli disse: «Sì, hai proprio riso».
L’intercessione di Abramo
16Quegli uomini si alzarono e andarono a contemplare Sòdoma dall’alto, mentre Abramo li accompagnava per congedarli. 17Il Signore diceva: «Devo io tener nascosto ad Abramo quello che sto per fare, 18mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? 19Infatti io l’ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui ad osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore realizzi per Abramo quanto gli ha promesso». 20Disse allora il Signore: «Il grido contro Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. 21Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!».
22Quegli uomini partirono di lì e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora davanti al Signore. 23Allora Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? 24Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? 25Lungi da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lungi da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». 26Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutta la città».
27Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere… 28Forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne trovo quarantacinque». 29Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». 30Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». 31Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». 32Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola; forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci». 33Poi il Signore, come ebbe finito di parlare con Abramo, se ne andò e Abramo ritornò alla sua abitazione.
Cap 19, 1-29
La distruzione di Sodoma
1I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra. 2E disse: «Miei signori, venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte, vi laverete i piedi e poi, domattina, per tempo, ve ne andrete per la vostra strada». Quelli risposero: «No, passeremo la notte sulla piazza». 3Ma egli insistette tanto che vennero da lui ed entrarono nella sua casa. Egli preparò per loro un banchetto, fece cuocere gli azzimi e così mangiarono. 4Non si erano ancora coricati, quand’ecco gli uomini della città, cioè gli abitanti di Sòdoma, si affollarono intorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo. 5Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!». 6Lot uscì verso di loro sulla porta e, dopo aver chiuso il battente dietro di sé, 7disse: «No, fratelli miei, non fate del male! 8Sentite, io ho due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo; lasciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi piace, purché non facciate nulla a questi uomini, perché sono entrati all’ombra del mio tetto». 9Ma quelli risposero: «Tirati via! Quest’individuo è venuto qui come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che a loro!». E spingendosi violentemente contro quell’uomo, cioè contro Lot, si avvicinarono per sfondare la porta. 10Allora dall’interno quegli uomini sporsero le mani, si trassero in casa Lot e chiusero il battente; 11quanto agli uomini che erano alla porta della casa, essi li colpirono con un abbaglio accecante dal più piccolo al più grande, così che non riuscirono a trovare la porta.
12Quegli uomini dissero allora a Lot: «Chi hai ancora qui? Il genero, i tuoi figli, le tue figlie e quanti hai in città, falli uscire da questo luogo. 13Perché noi stiamo per distruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha mandati a distruggerli». 14Lot uscì a parlare ai suoi generi, che dovevano sposare le sue figlie, e disse: «Alzatevi, uscite da questo luogo, perché il Signore sta per distruggere la città!». Ma parve ai suoi generi che egli volesse scherzare. 15Quando apparve l’alba, gli angeli fecero premura a Lot, dicendo: «Su, prendi tua moglie e le tue figlie che hai qui ed esci per non essere travolto nel castigo della città». 16Lot indugiava, ma quegli uomini presero per mano lui, sua moglie e le sue due figlie, per un grande atto di misericordia del Signore verso di lui; lo fecero uscire e lo condussero fuori della città. 17Dopo averli condotti fuori, uno di loro disse: «Fuggi, per la tua vita. Non guardare indietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle montagne, per non essere travolto!». 18Ma Lot gli disse: «No, mio Signore! 19Vedi, il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi e tu hai usato una grande misericordia verso di me salvandomi la vita, ma io non riuscirò a fuggire sul monte, senza che la sciagura mi raggiunga e io muoia. 20Vedi questa città: è abbastanza vicina perché mi possa rifugiare là ed è piccola cosa! Lascia che io fugga lassù – non è una piccola cosa? – e così la mia vita sarà salva». 21Gli rispose: «Ecco, ti ho favorito anche in questo, di non distruggere la città di cui hai parlato. 22Presto, fuggi là perché io non posso far nulla, finché tu non vi sia arrivato». Perciò quella città si chiamò Zoar.
23Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Zoar, 24quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco proveniente dal Signore. 25Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo. 26Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale.
27Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato davanti al Signore; 28contemplò dall’alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace.
29Così, quando Dio distrusse le città della valle, Dio si ricordò di Abramo e fece sfuggire Lot alla catastrofe, mentre distruggeva le città nelle quali Lot aveva abitato.
Testo della catechesi
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Buonasera e ben ritrovati in questo nuovo anno 2018. Proseguiamo la nostra catechesi e, come di consueto, ci facciamo guidare dai testi della Scrittura. Questa sera siamo al libro della Genesi, capitolo 18. Vedremo un testo molto famoso, almeno nella sua storia, che è quello di Sodoma e Gomorra. Vedremo come si prepara questo evento, che cosa succede, e che cosa questo evento dice e può dire alla nostra vita.
Genesi, capitolo 18.
1Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. 2Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, 3dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo. 4Si vada a prendere un po’ di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. 5Permettete che vada a prendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo, potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto». 6Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre staia di fior di farina, impastala e fanne focacce». 7All’armento corse lui stesso, Abramo, prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. 8Prese latte acido e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così, mentr’egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.
9Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «E’ là nella tenda». 10Il Signore riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio». Intanto Sara stava ad ascoltare all’ingresso della tenda ed era dietro di lui. 11Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne. 12Allora Sara rise dentro di sé e disse: «Avvizzita come sono dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!». 13Ma il Signore disse ad Abramo: «Perché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia? 14C’è forse qualche cosa impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e Sara avrà un figlio». 15Allora Sara negò: «Non ho riso!», perché aveva paura; ma quegli disse: «Sì, hai proprio riso». – (Infatti, il bambino si chiamerà Isacco, che vuol dire “sorriso di Dio”).
Cerchiamo di vedere questo testo. Punto primo: Abramo non sa che queste tre figure sono tre angeli mandati da Dio. Lui incontra tre persone ma ignora assolutamente la loro identità divina. Quindi, noi non dobbiamo leggere questo testo con la nostra testa, che sa già chi sono; Abramo non lo sa. Lui vede arrivare, nel momento più caldo della giornata (e fa veramente caldo in quei posti) queste tre persone. E, appena le vede arrivare, guardate che comportamento che ha! Sarà lo stesso comportamento, anzi in maniera ancora più forte, che avrà Lot, dopo; un comportamento che mostra la sacralità dell’ospite, la sacralità dell’ospitalità – che, per noi, è un valore assolutamente ignoto – e che Abramo manifesta attraverso questa preparazione così generosa.
Immaginiamoci che cosa succede: Abramo ammazza un vitello. Un vitello è un patrimonio per uno che vive in una tenda a pascolare animali. Ammazzare un vitello costa; prima di tutto, perché costa allevarlo e farlo arrivare a essere vitello, e poi tutto quello che, da lì, potrebbe arrivare. Quindi Abramo uccide un vitello tenero per tre stranieri, tre persone che non sa chi sono, che arrivano alla sua tenda, e li supplica di non passare oltre, gli dice di fermarsi presso di lui; questa è la cosa incredibile! E poi coinvolge sua moglie a preparare le focacce, che vuol dire impastare la farina, che vuol dire metterle a cuocere quindi, di tempo ne è passato! Lui poi pensa al vitello, lo va ad uccidere, poi prepara il latte: il latte acido e il latte fresco. E qui abbiamo l’origine del kefir, che oggi va tanto di moda e che fa tanto bene. Il kefir è proprio questo impasto tra latte acido e latte fresco. Loro facevano il latte acido perché disseta, quindi Abramo gli fa questa mistura – che è appunto il kefir – non solo per nutrirli, ma anche per dissetarli, per togliergli l’arsura (vedete qui l’attenzione al dettaglio); gli serve tutto e loro lo mangiano.
Partendo proprio da tutte le persone che noi abbiamo accanto, da quelle più prossime a quelle più lontane, la prima cosa che ci dobbiamo chiedere è: ma io esercito la stessa generosità, la stessa disponibilità, la stessa cura, lo stesso coinvolgimento che ha avuto Abramo verso questi tre personaggi? Notate che lui prepara tutto e poi sono loro che mangiano, lui sta in piedi; gli porta tutto, li serve e poi lui li guarda. Non è detto nella Scrittura che Abramo si mette a mangiare con loro, che invece è quello che facciamo noi quando invitiamo qualcuno; noi mangiamo insieme a quella persona, non è che stiamo in piedi a servirlo. Questo ci fa capire quanto per la Scrittura sia importante l’esercizio dell’ospitalità. E, nel nostro caso, io non sto pensando a coloro che sono lontani, perché è facile pensare a quelli lontani, a ospitare quella volta a Natale qualcuno; pensiamo invece alle persone vicine, a quelle proprio prossime della nostra vita, a quelle che vediamo tutti i giorni, quelle che conosciamo, che frequentiamo; proviamo a pensare a qualcuno che arriva nuovo nella nostra vita, e che magari, per un certo segmento di tempo, deve anche restare lì; ecco, noi che attenzione abbiamo?
Ricordate, nel Vangelo, che Gesù parla dell’acqua fresca data a un suo discepolo. Noi abbiamo attenzione alla persona? Abbiamo a cuore di servire quella persona nel modo migliore possibile? Oppure, se questa persona ha sete, andiamo a prendere l’acqua del rubinetto in un bicchiere sporco e gliela mettiamo lì, la stessa acqua che diamo da bere al cane? Questo non è proprio un senso di ospitalità, della sacralità dell’ospite, di questo esercizio così attento, così fine, dell’attenzione per la persona che arriva.
Che poi Abramo – come abbiamo già detto – non lo sapeva che fossero tre angeli.
Ma noi cosa ne sappiamo di che cos’è quella persona? Chi è veramente la persona che abbiamo accanto? Voi credete che ci conosciamo? No! Noi non conosciamo niente, noi non ne sappiamo niente, noi crediamo di sapere, ma non abbiamo minimamente idea di chi abbiamo accanto. Perché la persona porta dentro di sé un mistero che noi ignoriamo assolutamente; noi potremmo veramente avere accanto degli angeli e non saperlo. Potremmo avere veramente accanto delle persone che parlano con Dio, e non saperlo. Perché noi viviamo dentro a dei preconcetti.
Abramo si comporta così, e loro gli regalano un figlio; a Lot gli regalano la vita, come vedremo. Anzi, gli faranno due atti di grandissima misericordia, come vedremo dopo.
E l’altro punto sul quale volevo soffermarmi un secondo è la frase finale:
15Allora Sara negò: «Non ho riso!», perché aveva paura; ma quegli disse: «Sì, hai proprio riso».
Ecco, su questo credo che potremmo fermarci un mese ma, ovviamente, non possiamo. Quanto diverso è il modo di parlare dell’angelo dal nostro! Se io ho visto che tu hai riso, l’ho visto; e, se tu lo neghi, non è giusto che io dica: “Ah, scusa, avrò visto male, avrò frainteso, mi sarò confuso”; no, non mi sono confuso, io ho visto che tu hai riso. E se tu menti, io devo dirtelo, non posso violare la verità per mantenere un buon clima con te. Se tu hai mentito, te lo dico.
Le ragioni per cui hai riso possono essere molte, così come le ragioni per cui tu neghi di aver riso. In questo caso Sara mente per la paura, certo, perché si vede smascherata e si spaventa. Noi facciamo sempre così: quando veniamo smascherati dentro la nostra ipocrisia, ci spaventiamo. Quando veniamo beccati con le dita nella marmellata, ci spaventiamo, e iniziamo a mentire, che è il modo che usiamo per difenderci. Invece, se fossimo umili diremmo: sì, è vero, ho riso. Lei dice: non ho riso, e l’angelo risponde: sì, tu hai proprio riso, punto.
E questo è molto importante perché ci insegna come parlare, sia quando siamo dalla parte di coloro che hanno fatto qualcosa di sbagliato, e che quindi sono chiamati a riconoscere che hanno sbagliato (se vengo preso in castagna, devo dire: “sì, è vero”; è un esercizio di umiltà, una grande penitenza, un esercizio di verità) sia se siamo dall’altra parte, caso in cui non dobbiamo fare un passo indietro e dire: “Ah, scusa, hai ragione, avrò visto male”. No, no, non sono mica orbo. Ho visto che tu hai riso, punto. Non posso dire che ho visto male, ho visto benissimo; tu stai mentendo.
Impariamo questo modo asciutto di parlare, senza tanti fronzoli, senza tanti giri di parole, senza tante questioni, ma diciamo: “sì, sì, no, no”; punto. E non lasciamoci influenzare dal fatto che uno ci può rimanere male. Non posso rinnegare la verità perché dopo tu ci rimani male; pazienza se ci rimani male, devi crescere! Tutti dobbiamo crescere, e si cresce alla scuola della verità, non alla scuola della menzogna. Non si cresce alla scuola del compromesso, non si cresce alla scuola del “non schiacciare le uova degli altri”, non si cresce alla scuola del “io copro te, tu copri me”; no, nessuno copre nessuno! Si cresce alla scuola di ciò che è vero. E ciò che è vero va sempre affermato; nei dovuti modi, certo; infatti l’angelo non dice nient’altro se non: “Sì, hai proprio riso”, che, tradotto, vuol dire: “Stai mentendo! E io non faccio un passo indietro rispetto a questa cosa. Tu stai dicendo una cosa falsa!”.
Dopodiché, abbiamo questo momento dell’intercessione, che conoscete:
16Quegli uomini si alzarono e andarono a contemplare Sòdoma dall’alto, mentre Abramo li accompagnava per congedarli.
Abramo li accompagna!
Ci sono delle volte che tu vai a trovare qualcuno, e appena esci dalla porta di casa, ti chiudono fuori, e tu sei lì fuori da solo ad aspettare l’ascensore. Una tristezza…
17Il Signore diceva: «Devo io tener nascosto ad Abramo quello che sto per fare, – sentite la delicatezza di Dio – 18mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? 19Infatti io l’ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui ad osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore realizzi per Abramo quanto gli ha promesso». 20Disse allora il Signore: «Il grido contro Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. 21Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!».
Quando si instaura un rapporto di amicizia e di amore col Signore, le viscere del Signore e le confidenze del Cuore di Dio, si aprono. Il Signore fa questo ragionamento, che è un insegnamento per noi; Dio dice: “Come faccio a tenere nascosta ad Abramo una cosa così importante che sto per fare? Non posso nasconderla a lui che ho scelto, a lui che poi si impegnerà, con la sua famiglia e i suoi figli, ad obbligarli a osservare la via del Signore. Come faccio a tenere nascosta questa cosa ad Abramo? Non posso”.
Questo si chiama amare!
Prendiamo questo e trasliamolo sulle relazioni nostre umane. Noi diciamo la parola amore venticinque volte al secondo. È scritta in tutti i messaggi di Whatsapp possibili ed immaginabili. Diciamo sempre: io amo, ti amo, amo, ti amo, amo, ti amo, ti amo, amore, cuore ecc. Poi tu conosci questa persona, stai insieme a lei – anche solo come amico – per cinque-sei-sette-otto-dieci anni e, all’undicesimo anno, questa se ne esce con qualcosa che non hai mai sentito; un taglio della sua psicologia, un modo di ragionare, di pensare, di valutare, di sentire, che tu non hai mai neanche lontanamente immaginato che potesse avere nel cervello. Tu eri convinto che gli piacessero i carciofi e, dopo undici anni, vieni a scoprire che li odia e ama le zucchine. Uno dice: “Ma perché non me l’hai detto prima?!?”.
Quanto importante è la manifestazione della propria persona! Noi non possiamo tenere i pensieri nascosti, di fronte a qualcuno che ci ama, qualcuno che sta dando la vita per noi. Non possiamo fare la recita di una parte che non ci appartiene, io devo dire quello che ho nel cuore; ma santa pazienza! Devo dire quello che penso! Quante volte tu incontri una persona che ha un muso lungo come non so che cosa, che uno dice: “Ma come mai, è successo qualcosa?” – “No, va tutto bene, sono stanco”. Sempre… Sei sempre stanco? È evidente che non è vero! Ma se c’è qualcosa che non va dilla, tirala fuori, mettila sul tavolo, parlane, manifestala, manifesta la tua persona.
Perché non lo facciamo? Semplice: perché abbiamo paura. Abbiamo paura di perdere la persona, abbiamo paura di perdere l’affetto “falso” – perché un affetto non costruito sulla verità è falso – di quella persona, la presenza di quella persona, e, in definitiva, abbiamo paura di rimanere soli. Quindi, di fatto, noi non manifestiamo noi stessi per un atto di egoismo. Dopo, poi, vengono fuori delle sorprese pazzesche. La persona improvvisamente si svela e, quando si svela, è una doccia ghiacciata, un fulmine che ti colpisce mentre stai andando a far la spesa. E rimani lì così, e dici: “Ma io allora, fino ad oggi, con chi è che ho parlato, con chi ho dialogato, chi ho conosciuto?”. E questo accade perché Tizio si tiene tutto dentro e non ti dice quello che pensa, non ti dice quello che sente.
Tu le cose le devi dire, il tuo cuore lo devi aprire, lo devi manifestare; non con tutti e non con tutti allo stesso modo, certo, ma quando la relazione si fa stringente, tu non puoi rimanere lì, abbarbicato come un barbagianni sul ramo; le cose le devi dire, il tuo pensiero lo devi dire; quando vedi che l’altro si mette in gioco per te, quando vedi che l’altro perde di sé per te, quando vedi che l’altro dà del tempo per te, tu non puoi rimanere lì come colui che mangia, mangia, mangia e non produce nulla. Devi manifestare quello che porti nel cuore; questo cuore lo devi aprire, perché sennò non cresci. Il punto è che noi non maturiamo se rimaniamo congelati dentro; non emerge niente. In preda a mille ragioni – dalla paura e non so quant’altro – noi continuiamo a rimanere chiusi lì, e da lì non viene fuori nulla.
Invece questo incontro tra Dio e Abramo adesso manifesterà un qualcosa di proficuo, perché nel momento in cui Dio – e questo lo lascerò leggere a voi – dice: “Io adesso andrò e distruggerò Sodoma e Gomorra”, Abramo inizia questo “mercanteggio santo”, in cui dice al Signore: “Ma se là ci saranno cinquanta giusti…?”; poi dubitando che si potessero trovare cinquanta giusti a Sodoma, prosegue fino ad arrivare a dire al Signore: “Se là si troveranno dieci giusti?” E il Signore gli risponde: “Non la distruggerò per riguardo a quei dieci”.
Vedete quanto è importante manifestare? Il primo passo l’ha fatto Dio che ha manifestato la sua idea, il suo progetto ad Abramo, e Abramo ha ottenuto da Dio (anche se solo per Lot) questa “scalinata al contrario” dove ci ha fatto vedere che il Signore farebbe di tutto pur di salvare, e che Dio è giusto, e non fa morire l’empio con il pio. Tutto questo grazie a Dio, che ha manifestato il suo progetto, grazie al fatto che l’ha messo in una relazione con Abramo, e grazie al fatto che Abramo ha manifestato la grandezza del suo cuore. Ma se tu non parli…
E finalmente arrivano i due angeli (ma nessuno sa che sono due angeli): capitolo 19.
1I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra.
Lot pensa che siano due estranei, non sa minimamente che sono due angeli e loro non glielo dicono. Lot aveva la sua casa costruita alle porte della città di Sodoma. Avete idea di cosa vuol dire abitare a Sodoma? L’idea ce la faremo adesso, leggendo cosa succede in questa città e cosa dicono e fanno i suoi abitanti. Lot abitava a Sodoma, ma questo ci dice che tu puoi abitare a Sodoma e rimanere giusto: dipende da te. Quando noi ci facciamo corrompere dal male è perché lo vogliamo, non perché il male ci viene addosso. Non diciamo: “Eh, padre, sa, noi viviamo nel mondo, sapesse come è difficile, nel mondo, mantenersi cristiani…”. Perché tu sei tiepido! Perché, se tu fossi come Lot, non avresti nessun problema. Certo, la fatica la senti, però adesso sentirete quest’uomo come si comporta! E, fino all’ultimo, Dio non interviene; gli lascia giocare la sua partita fino in fondo, ed è una roba terribile. Ma Dio sta fermo, per dire a noi che anche noi siamo chiamati a essere così, se abbiamo fede in Dio, perché Dio interviene, se noi ci comportiamo come Lot. E tu, anche se abiti a Sodoma o a Gomorra, puoi rimanere santo come Lot, se mantieni il tuo cuore alieno dal male. Il mio cuore diventa male se io apro le porte al male. Sennò, no. Ci può essere tutto il male che vuoi, ma resta fuori.
Questo è importante per farci uscire da quella pia illusione che devo andarmi a chiudere in un monastero, in un convento, per poter diventare bravo, santo, carino e cristiano. No! Perché il mondo è ovunque. Ovunque c’è un uomo, c’è il mondo. Questo dipende da te, da come tu custodisci il tuo cuore.
Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra. – stessa cosa, simile a quello che aveva fatto Abramo, stessa carità – 2E disse: «Miei signori, venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte, vi laverete i piedi e poi, domattina, per tempo, ve ne andrete per la vostra strada».
Quell’ attenzione di cui parlavamo prima: “Verrai da me a riposare, ti laverai, mangerai e poi, domani mattina, col sorgere della luce, ripartirai”. Che bello! Che attenzione delicata, umana, caritatevole.
Quelli risposero: «No, passeremo la notte sulla piazza».
Certo! Perché gli angeli non erano venuti lì per dormire, ma erano venuti lì per vedere, volevano starci proprio in mezzo, a Sodoma.
3Ma egli insistette tanto che vennero da lui ed entrarono nella sua casa. Egli preparò per loro un banchetto, fece cuocere gli azzimi e così mangiarono.
Vedete quanta attenzione a tutti i dettagli. E gli angeli ci stanno a fare tutte queste cosine; non è che dicono: noi siamo angeli, non abbiamo bisogno; no, mangiano, si lavano i piedi, si stanno per coricare a fare la nanna, come fanno tutti. Sono angeli, che però stanno bene nel ruolo che hanno in quel momento.
4Non si erano ancora coricati, quand’ecco gli uomini della città, cioè gli abitanti di Sòdoma, si affollarono intorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo. 5Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!». – cioè, capite Lot dove viveva? Altro che Bronx! – 6Lot uscì verso di loro sulla porta e, dopo aver chiuso il battente dietro di sé, 7disse: «No, fratelli miei, non fate del male! 8Sentite, io ho due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo; lasciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi piace, purché non facciate nulla a questi uomini, perché sono entrati all’ombra del mio tetto».
La sua obbedienza al comando di Dio, dove l’accoglienza del forestiero è cosa sacra, è tale per cui questo è disposto a perdere due figlie pur di non trasgredire questa cosa. Lot è un papà come tutti! Rendiamoci conto fin dove quest’uomo è arrivato. Noi, ma neanche col binocolo vediamo questo stile, noi siamo lontani galassie da questo stile di vita, da questa fedeltà assoluta alla legge del Signore, da questa fedeltà eroica, incredibile, alla legge di Dio. Noi che facciamo mille questioni e abbiamo mille cose per disobbedire in mille modi: saltiamo la Messa della domenica, andiamo a fare le spese di domenica, compriamo i pasticcini di domenica, il gelato di domenica, saltiamo la Messa di Natale perché abbiamo gli ospiti; ne facciamo di tutti i colori, con la ragione che noi abbiamo mille motivi per farlo. Come se la legge di Dio avesse dei post-scriptum che sono liberi, che riempiamo noi come ci piace, a uso e consumo. Questo è lo stile di Dio, e la nostra coscienza deve confrontarsi con questo stile, non le idee che abbiamo in testa noi.
9Ma quelli risposero: «Tirati via! Quest’individuo è venuto qui come straniero e vuol fare il giudice! – Lot – Ora faremo a te peggio che a loro!». E spingendosi violentemente contro quell’uomo, cioè contro Lot, si avvicinarono per sfondare la porta. 10Allora dall’interno – Dio non si fa battere in generosità – quegli uomini – gli angeli – sporsero le mani, si trassero in casa Lot e chiusero il battente; 11quanto agli uomini che erano alla porta della casa – adesso si rivelano –, essi li colpirono con un abbaglio accecante dal più piccolo al più grande, così che non riuscirono a trovare la porta.
Adesso Dio è intervenuto, ha reso ciechi tutti, tranne che Lot e la sua famiglia. Voi scommettete su Dio e voi uscirete vincenti. Voi scommettete sull’uomo e uscirete perdenti. Voi scommettete sul tornaconto, e perderete tutto. Con un’amarezza nel cuore terrificante, indescrivibile.
12Quegli uomini dissero allora a Lot: «Chi hai ancora qui? Il genero, i tuoi figli, le tue figlie e quanti hai in città, falli uscire da questo luogo. 13Perché noi stiamo per distruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha mandati a distruggerli». 14Lot uscì a parlare ai suoi generi, che dovevano sposare le sue figlie, e disse: «Alzatevi, uscite da questo luogo, perché il Signore sta per distruggere la città!». Ma parve ai suoi generi che egli volesse scherzare. 15Quando apparve l’alba, gli angeli fecero premura a Lot, dicendo: «Su, prendi tua moglie e le tue figlie che hai qui ed esci per non essere travolto nel castigo della città». 16Lot indugiava …
Perché? Perché ce n’erano ancora da convincere. Noi dobbiamo salvare tutti … “Dai, vieni, su, l’angelo ha detto…, forza, dai, dai…” – “No, ma va là, ma non scherzare, ma non è vero…”. E il tempo passa, e la vita passa, va oltre e noi rimaniamo lì, dentro, a Sodoma.
… ma quegli uomini presero per mano lui, – Dio interviene lì direttamente – sua moglie e le sue due figlie, per un grande atto di misericordia del Signore verso di lui; – il secondo – lo fecero uscire e lo condussero fuori della città. – Lo portano fuori loro, mentre là c’è un macello, perché sono diventati tutti ciechi – 17Dopo averli condotti fuori, uno di loro disse: «Fuggi, per la tua vita. Non guardare indietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle montagne, per non essere travolto!». 18Ma Lot gli disse: «No, mio Signore! 19Vedi, il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi e tu hai usato una grande misericordia verso di me salvandomi la vita, ma io non riuscirò a fuggire sul monte, senza che la sciagura mi raggiunga e io muoia. 20Vedi questa città: è abbastanza vicina perché mi possa rifugiare là ed è piccola cosa! Lascia che io fugga lassù – non è una piccola cosa? – e così la mia vita sarà salva». 21Gli rispose: «Ecco, ti ho favorito anche in questo, di non distruggere la città di cui hai parlato. 22Presto, fuggi là perché io non posso far nulla, finché tu non vi sia arrivato». Perciò quella città si chiamò Zoar.
23Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Zoar, 24quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco proveniente dal Signore. 25Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo. 26Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale.
Ma perché non bisogna obbedire a Dio! Fuori dall’obbedienza di Dio c’è la morte. Fuori dall’obbedienza di Dio c’è il sale, che è la “non vita” per eccellenza. Ma fidati del Signore! T’ha detto di non girarti, e perché ti devi girare? Noi non possiamo vedere tutto, sapete, e non possiamo reggere a tutto, soprattutto non possiamo vedere il fare giustizia da parte di Dio, perché è una cosa di Dio, che non è giusto andare a guardare. Noi dobbiamo rimanere umili e andare avanti per la nostra strada e lasciare a Dio fare Dio. Quante volte si fanno domande indiscrete, che non dovremmo mai fare…
27Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato davanti al Signore; 28contemplò dall’alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace.
29Così, quando Dio distrusse le città della valle, Dio si ricordò di Abramo e fece sfuggire Lot alla catastrofe, – non erano cinquanta persone giuste, erano quattro – mentre distruggeva le città nelle quali Lot aveva abitato.
Nella nostra vita il Signore interviene, spesse volte, con atti di grande misericordia e ci salva; peccato che noi non ce ne rendiamo conto. Il Signore spesse volte ci dice: “Via, via, vai! Perchè continui a mantenere questa relazione, queste amicizie, queste conoscenze; perchè continui a stare insieme a queste persone che non ti fanno niente di bene? È ora che vai, adesso, è ora che apri la tua vita ad altro”. Noi: duri fino a morire; convinti, sicuri che dobbiamo andare avanti per quella strada. E il Signore alle volte ci prende e ci porta via Lui. “Io non posso fare nulla finché tu non sei arrivato là”. Il Signore non è ingiusto, il Signore non fa morire Lot insieme a tutti quegli uomini. Il Signore distingue la capra dall’agnello, non è come noi.
Questo testo di Sodoma e Gomorra ci mostra quanto sia importante, per ciascuno di noi, obbedire a Dio, quanto sia importante fidarsi di Dio ed essere disposti a rischiare il tutto per tutto per Dio; perché Dio, di fatto, è presente nella nostra vita, nelle cose più semplici e più banali, come mangiare un vitello, come prendere una focaccia, come coricarsi, come, come, come… Il punto è che noi siamo chiamati ad essere fedeli a ciò che Dio ha messo nel nostro cuore; questa è la fedeltà prima che dobbiamo avere. E, di fronte a questa fedeltà, non dobbiamo mai venire meno. Dobbiamo essere disposti a perdere tutto e tutti, ma non questa cosa. Perché ve lo ripeto: chi lascia Dio per l’uomo, perde Dio e perde l’uomo. E veramente poi l’amarezza è grande, perché poi non ti viene neanche da ritornare indietro, non ce la fai. Cioè, ci vuole un atto di umiltà incredibile, perché dici: ma cosa ho fatto? Ma come ho fatto a fare una roba del genere? E allora è importante fare come ha fatto Lot, che si fida e obbedisce.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.
Informazioni
Padre Giorgio Maria Faré ha tenuto queste catechesi tutti i lunedì alle ore 21 presso il Convento dei Padri Carmelitani Scalzi di Monza.