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“Dove sarà il corpo lì si raduneranno insieme anche le aquile” (S. Ireneo)

Eucarestia

Omelia sulle letture del giorno

Pubblichiamo l’audio di un’omelia sulle letture di venerdì 13 novembre 2015

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Testo della meditazione

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“Dove sarà il corpo lì si raduneranno insieme anche le aquile” (S. Ireneo)

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia lodato!

Questo testo del Vangelo di San Luca è uno dei testi più complessi dei Vangeli da commentare, da studiare, e certamente l’espressione più enigmatica, sulla quale si è scritto tanto, è proprio l’ultima che abbiamo appena letto: “Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno anche gli avvoltoi”.

La domanda è: «Cosa vuol dire Gesù con questa frase? Perché parla di cadaveri e di avvoltoi?»

In tanti hanno scritto qualcosa, io mi fido di più di Sant’Ireneo, che è un Padre della Chiesa, al quale possiamo dare credito.

Sant’Ireneo, facendo un parallelismo con un’espressione simile presente nel Vangelo di San Matteo, Lui che era un grande conoscitore della lingua greca, tra l’altro, traduce questo versetto in un modo un po’ diverso.

In greco la traduzione letterale è un pochino diversa e lui traduce come: “Dove sarà il corpo, lì si raduneranno insieme anche le aquile”, non gli avvoltoi, ma le aquile.

Voi direte: «Ma cosa cambia?» Cambia! Cambia tutto!

Nel senso che possiamo leggere in questo versetto un riferimento, più o meno esplicito, al mistero dell’Eucarestia: il corpo è il Corpo del Signore (ovviamente non inteso come corpo morto, perché non è il Corpo morto di Gesù che ci ha salvato, ma la Sua carità, l’amore con il quale Lui è morto), e le aquile siamo noi, sono i Cristiani, sono coloro che sono chiamati a volare alto, sono coloro che sono chiamati a distaccarsi dalla realtà di questo mondo e a guardarla dall’alto, con uno sguardo ampio, aperto, non uno sguardo circoscritto e ingoiato nella realtà di tutti i giorni.

Allora, leggendolo così, si capisce, si interpreta correttamente anche quello che abbiamo letto prima, cioè i riferimenti che fa Gesù ai giorni di Noè e ai giorni di Lot.

Se le aquile siamo noi, il Corpo è l’Eucarestia, e allora si capisce perché il Signore fa questa analisi di Noè e di Lot, dove non fa altro che dire: «Gli uomini conducevano una vita normale, mangiavano, bevevano, prendevano moglie, si sposavano, lavoravano, piantavano… non si sono accorti di nulla», esattamente come un animaletto che cammina nella foresta e vede a un metro dal suo naso, non si accorge di niente, non vede l’orizzonte, non vede l’ampiezza. Se scoppia un incendio, se ne accorge quando ormai è già dentro e c’è poca speranza, perché non vede tutto l’insieme.

Un’aquila, invece, che vola alto, vede tutto l’insieme e sa avere uno sguardo molto più preciso, molto più ampio, di quella bestiolina che invece cammina nella foresta.

Così dobbiamo essere noi!

Certo, è importante lavorare, è importante piantare, è importante sposarsi, è importante mangiare, è importante bere, è importante tutto, però, quello che è ancora più importante, è accorgersi, essere attenti, svegli, essere desti, cercare di coltivare questo sguardo ampio sulla realtà, perché se no, come nel tempo di Noè, come nel tempo di Lot, tranne loro due, sono morti tutti, perché non hanno saputo leggere la realtà con gli occhi di Dio, non si sono accorti che stava per succedere qualcosa; Noè e Lot invece sì, e quindi si sono salvati, tranne la moglie di Lot, perché si è girata indietro.

Uno dice: «Ma io come faccio ad avere questo sguardo da aquila?»

Questo sguardo da aquila, ritorniamo al versetto di Sant’Ireneo, lo abbiamo nella misura in cui stiamo radunati intorno al Corpo, che è l’Eucarestia.

Nella misura in cui noi coltiviamo una devozione eucaristica, un amore per l’Eucarestia, nella misura in cui noi ci cibiamo quotidianamente dell’Eucarestia (se siamo in grazia di Dio, ovviamente), questo ci trasforma progressivamente, dentro ad una sorta di circolo virtuoso, sempre di più, in aquile.

Come le aquile siamo chiamati a stare attorno al Corpo, e lo stesso e medesimo Corpo trasforma queste persone in aquile, cioè dà loro l’intelligenza, dà loro lo sguardo, dà loro l’acume della mente e della coscienza, per poter leggere come si muove Dio dentro la Storia, per non essere falciati via, per non doversi dire: «Ma io non mi sono accorto di niente».

Esattamente come ai tempi di Noè, quando lo prendevano in giro, perché lui, in giornate bellissime di sole, costruiva l’arca, gli metteva la pece, ha preso gli animali, li ha fatti entrare… Uno diceva: «Ma cosa stai facendo? Che senso ha? Ma cosa vuol dire mettersi a costruire un’arca in mezzo a un campo, in mezzo a un prato? Cosa vuol dire? Perché costruisci un’arca? Non c’è mica il mare! Non devi mica entrare in mare!»

E Noè sempre lì, faceva una cosa senza senso, con una fatica terribile, mosso semplicemente da quello che lui aveva intuito, e poi l’intuizione fu giusta.

Quello che lui ricevette nella sua mente, come rivelazione, fu corretto, perché poi si abbatté effettivamente il Diluvio Universale.

Alle volte, invece, noi Cristiani, più che aquile sembriamo dei pappagalli, che, per l’amor del cielo, sono belli, ma passare una vita a ripetere quello che dicono gli altri è di una tristezza paurosa proprio.

Non è che si veda questo grande acume in un pappagallo. Sarà anche intelligente, però vive nella sua gabbia, sta lì, salta da un ramo all’altro, con i suoi bei colori, fa un po’ di versi… però voi capite che, se tu vuoi fare un complimento ad una persona, la guardi negli occhi alla mattina e le dici: «Guarda, tu mi sembri proprio un pappagallo!», non è che quella persona sia proprio felice… Il pappagallo non è proprio l’immagine dell’intelligenza, della volontà, della libertà, dell’acume, dell’eleganza. Invece se dici a una persona che è un’aquila, già solo il riferimento la fa drizzare e dice: «Oh che bello! Ma che bel complimento che mi hai fatto!»

Nella nostra vita sembriamo proprio dei pappagallotti, cioè ripetiamo quello che dicono tutti, facciamo quello che fanno tutti, ci muoviamo secondo le cose che fan tutti, però non è che dimostriamo un grande acume, non è che sappiamo leggere nella realtà con chissà quale intelligenza, non è che dimostriamo una sapienza diversa, ripetiamo quel che dicono tutti.

Ma di persone così il mondo non ha bisogno, la Chiesa men che meno, il Signore men che meno! Il Signore ha bisogno di aquile!

Infatti, vedete, il circolo virtuoso si spezza. È da qui che noi cessiamo, perdiamo l’identità di aquile, perché noi tendiamo a spezzare questo circolo, cioè il nostro amore per l’Eucarestia non è proprio così fervoroso… da tante cose si nota, che c’è qualcosa che non gira giusto.

Dopo, è chiaro, un pappagallo non può pretendere di essere un’aquila! Certo, se non va a prendere la sua identità dove c’è, cioè nell’Eucarestia, come fa a diventare un’aquila? È un po’ così… insipido!

Oggi che è venerdì, e quindi c’è sempre questo richiamo alla Passione del Signore, al Suo Corpo dato e al Suo Sangue sparso, che è l’Eucarestia, dobbiamo chiederGli questa grazia!

Il Beato Duns Scoto, quando gli chiesero: «Ma Lei come fa ad essere così tanto innamorato dell’Eucarestia?», rispose: «Con la fedeltà». La fedeltà di andare davanti al tabernacolo a pregare l’Eucarestia è ciò che forma l’amore per l’Eucarestia, è ciò che ti fa cogliere il senso profondo, il più profondo possibile, dell’Eucarestia. Infatti Duns Scoto scrisse le cose più belle, oltre che sulla Madonna, sull’Eucarestia.

Quindi, anche noi possiamo sperare di diventare queste aquile, che si staccano da tutto ciò che sta sotto per volare alto. Se voi vedete un’aquila sulla terra, è molto impacciata, ma se voi la vedete in cielo, è una cosa meravigliosa.

In fin dei conti, un criterio fondamentale, per sapere a che punto è la nostra trasformazione di identità in aquile, è questo: noi, per amore dell’Eucarestia, a che cosa abbiamo detto “Sì” e a che cosa abbiamo detto “No”?

Lo dice Gesù nel Vangelo: “Chi vorrà salvare la propria vita la perderà…

Io, per l’Eucarestia, che cosa ho perso? Concretamente, di vita, di sangue, io, che cosa ho perso? Quanti pezzi di carme ho lasciato, per amore dell’Eucarestia?

Spesse volte le logiche del potere, come dice il Papa, le logiche della “poltrona” da tenere sotto, sulla quale sedersi, le logiche del consenso, le logiche del politicamente corretto, del non creare tensioni, del cercare di stare in pace con tutti, ci fanno perdere Dio. Pur di non perdere il potere, pur di non perdere il consenso, pur di non perdere il posto di prestigio, perdiamo Dio.

Rimasi molto colpito da ciò che scrisse mi sembra Santa Caterina da Genova (o qualche altro Santo, adesso non mi ricordo più), quando un’anima del Purgatorio, un sacerdote che aveva occupato dei ruoli molto importanti nella vita ecclesiale (un monsignore, un superiore, insomma un uomo molto importante), si presentò alla Santa, avvolto dalle fiamme del Purgatorio, chiedendole preghiere.

La Santa gli chiese perché era lì, e lui, tra le tante cose, disse: «Si ricordi che, davanti a Dio, tutti i ruoli che noi occupiamo non hanno nessun valore, sono considerati come pula, non valgono niente. Se lo ricordi bene, perché a causa di questi io sono qui. Ciò che conta davanti a Dio è solo l’amore che noi mettiamo nel fare le più piccole cose. Questo solo conta! Lo dica!»

Che per nessuna ragione al mondo abbandoniamo le nostre piume di aquile per diventare galline!

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia Lodato!

Letture del giorno

Prima lettura

Sap 13,1-9 – Se sono riusciti a conoscere tanto da poter esplorare il mondo, come mai non ne hanno trovato più facilmente il sovrano?

Davvero vani per natura tutti gli uomini
che vivevano nell’ignoranza di Dio,
e dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che è,
né, esaminandone le opere, riconobbero l’artefice.
Ma o il fuoco o il vento o l’aria veloce,
la volta stellata o l’acqua impetuosa o le luci del cielo
essi considerarono come dèi, reggitori del mondo.
Se, affascinati dalla loro bellezza, li hanno presi per dèi,
pensino quanto è superiore il loro sovrano,
perché li ha creati colui che è principio e autore della bellezza.
Se sono colpiti da stupore per la loro potenza ed energia,
pensino da ciò quanto è più potente colui che li ha formati.
Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature
per analogia si contempla il loro autore.
Tuttavia per costoro leggero è il rimprovero,
perché essi facilmente s’ingannano
cercando Dio e volendolo trovare.
Vivendo in mezzo alle sue opere, ricercano con cura
e si lasciano prendere dall’apparenza
perché le cose viste sono belle.
Neppure costoro però sono scusabili,
perché, se sono riusciti a conoscere tanto
da poter esplorare il mondo,
come mai non ne hanno trovato più facilmente il sovrano?

Salmo responsoriale

Sal 18

I cieli narrano la gloria di Dio.

I cieli narrano la gloria di Dio,
l’opera delle sue mani annuncia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il racconto
e la notte alla notte ne trasmette notizia.

Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
e ai confini del mondo il loro messaggio.

Canto al Vangelo

Lc 21,28

Alleluia, alleluia.
Risollevatevi e alzate il capo,
perché la vostra liberazione è vicina.
Alleluia.

Vangelo

Lc 17,26-37 – Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti.
Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.
In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot.
Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva.
Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata».
Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».

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