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Beato don Giacomo Alberione: i Novissimi, il Purgatorio, IV parte

Novissimi: il Purgatorio

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di lunedì 6 dicembre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Beato don Giacomo Alberione: i Novissimi, il Purgatorio, IV parte

Eccoci giunti a lunedì 6 dicembre 2021, seconda settimana di Avvento.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo V di San Luca, vv. 17-26. 

Gesù esercita tutta la sua potenza nel fare che cosa?

Nel perdonare i peccati. E, come segno, guarisce il paralitico. Questa non è una cosa da poco perché noi abbiamo bisogno, sempre, abbiamo costantemente bisogno di vedere i nostri peccati perdonati. E come si fa ad avere perdonati i peccati? Ci si va a confessare, si chiede perdono a Dio. Questo è l’atto di misericordia più grande che Dio ci possa fare. 

Continuiamo la lettura de “I Novissimi” del Beato don Giacomo Alberione, siamo arrivati al capitolo XI, sulle pene del Purgatorio:

XI. LE PENE DEL PURGATORIO 

“Per i meriti infiniti della Croce, noi speriamo il perdono delle nostre colpe, e che ci sia abbreviato il purgatorio.”

Il perdono avviene così.

“Per queste ore di adorazione, noi confidiamo di ottenere alle Anime purganti la liberazione ed il sollievo”

Le nostre colpe sappiamo che vengono tolte con la Confessione, le pene invece vengono tolte o con l’indulgenza plenaria, oppure attraverso le opere di penitenza, di mortificazione e di carità, come abbiamo già visto.

 “E a noi la grazia di fare in questa vita la penitenza dei nostri peccati. Iddio è infinitamente provvido, sapiente e prudente: ci mandi prima della nostra morte quel tanto di dolore, di fervore nel divino amore e di indulgenza che è necessario per poter soddisfare interamente. «I giusti mi faranno corona, quando mi concederai la tua grazia» (Sal 141,8).

1. Pena del danno

“Il purgatorio è la privazione temporanea della vista di Dio. L’anima soffre una pena, che si chiama del danno: le è ritardato l’ingresso nella beata patria. Per comprendere questa pena pensiamo come dopo la morte un desiderio solo ci rimarrà; e tutti i desideri si concentreranno in un solo, che diverrà potente, fortissimo: il desiderio di esser con Dio, di «essere con Cristo» (Fil 1,23). L’anima si sentirà attratta dalla bellezza di Dio; sarà assetata della gioia eterna; sentirà che l’unico bene è il Signore; la volontà si concentrerà tutta nel cercare Dio. Avrà bisogno di vedere il suo Padre Celeste. Spinta da questo desiderio di essere con Dio, di possedere, di godere il Signore, vorrà innalzarsi, spiccare il suo volo verso il Signore; ma la mano di Dio la respingerà: Figliuola, non sei ancora abbastanza pura, innocente. Ti è necessario, prima, lavarti. 

San Benedetto di Norcia, patriarca del monachesimo occidentale, fratello gemello di Santa Scolastica, anche lei monaca, vide l’anima di sua sorella Scolastica tutta bianca, salire come una colomba innocente al cielo. Bisogna che l’anima sia tutta bianca. Santa Caterina da Genova, la quale si chiamava Santa Caterina Fieschi, nata nel 1477 e morta nel 1510, sposa di Giuliano Adorno, convertita e mistica della carità, dove lei parla in una sua opera Vita e dottrina del 1551 in uno dei capitoli è contenuta la sua “teologia del Purgatorio”, dove ella intende il Purgatorio come la pausa di preparazione e di abbigliamento che la sposa domanda allo Sposo prima dell’incontro. Santa Caterina da Genova ebbe molte visioni sul purgatorio. Ella dice così: Figuratevi che sopra la terra vi fosse un solo pane, e che tutti gli uomini fossero molto affamati; vi fosse una sola acqua, e che tutti gli uomini fossero tanto assetati. Allora vedreste tutti questi uomini tendere la mano verso quel pane, invocare quell’acqua refrigerante; tutti griderebbero: Ho fame, muoio di fame; ho sete, muoio dalla sete! Ebbene, dopo la vita presente Iddio è il solo pane che ci soddisferà, la sola acqua che estinguerà una sete ardentissima. «Io sono il pane vivo disceso dal cielo» (Gv 6,51); «Io sono la fonte delle acque vive che salgono a vita eterna, chi ne beve, non avrà più sete in eterno» (Gv 4,14). Chi avrà le parole di Santa Caterina da Siena, di S. Alfonso de’ Liguori, di S. Francesco di Sales, nel descriverci la fame e la sete di quelle anime? Ebbene, quelle anime tendono a Dio, e Dio le respinge: sono travagliate da questa fame e non sono saziate; sono bruciate da questa sete e l’acqua dovranno sospirarla forse molto tempo! S. Teresa, tutta piena di tristezza per vedere lontano il termine della sua vita, andava esclamando: Muoio perché non muoio; muoio per il desiderio di andare a Dio. E che cosa sarà di quelle anime, spoglie di questo corpo, tutte intente al Signore? Assalonne mandò a dire a suo padre, che l’aveva condannato a non comparirgli più davanti, così: Dite a mio padre che io preferisco morire; o mi ammetta alla sua faccia, o mi faccia morire. Quelle anime desolate sospirano il Padre Celeste dalla solitudine del purgatorio. 

Ci ha fatto molta impressione il racconto di quel missionario che stette quasi trent’anni in missione nell’Alaska, in solitudine quasi totale. Dopo ventotto anni divenne come inebetito e folle per la tristezza di non vedere più la faccia di un fratello. Immaginiamo qual desolazione per quelle anime nella solitudine del purgatorio, dove attendono di vedere la faccia di Dio. «Quando verrò e vedrò il volto di Dio?» (Sal 41,3), vanno chiedendo agli Angeli Custodi, che discendono là dentro a consolarle: quando vedremo la faccia di Dio Padre, di Maria nostra Madre, degli Angeli nostri fratelli, delle sante Anime del cielo, nostre sorelle?”

Il Beato don Alberione ci ha descritto molto bene la pena del danno. Noi non possiamo avere un’immagine vera di tutto questo perché non sappiamo che cosa vuol dire desiderare così ardentemente qualcosa o qualcuno, però possiamo vagamente avvicinarci. Ecco, allora, quest’oggi chiediamo al Signore la grazia di prepararci ogni giorno a questo incontro, ma non per paura del Purgatorio o dell’Inferno, ma per amore, l’amore di colui che dice: “Io voglio essere pronto per l’amato”. Al di là della pena, al di là del premio, al di là di tutto: “Voglio essere pronto a amare ogni giorno Dio come merita di essere amato”

Io ve lo auguro di tutto cuore.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. Amen. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

VANGELO (Lc 5, 17-26)

Un giorno Gesù stava insegnando. Sedevano là anche dei farisei e maestri della Legge, venuti da ogni villaggio della Galilea e della Giudea, e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni.
Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza.
Vedendo la loro fede, disse: «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati». Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere, dicendo: «Chi è costui che dice bestemmie? Chi può perdonare i peccati, se non Dio soltanto?».
Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: «Perché pensate così nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire “Ti sono perdonati i tuoi peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua». Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e andò a casa sua, glorificando Dio.
Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio; pieni di timore dicevano: «Oggi abbiamo visto cose prodigiose».

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