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Ciclo di catechesi – “La coscienza credente: fondamenti e struttura” – Parte seconda – Lezione 10

Il ritorno del figliol prodigo - dettaglio

Catechesi di lunedì 25 gennaio 2016

Ciclo di catechesi “La coscienza credente: fondamenti e struttura”

SECONDA PARTE sul documento di S. Giovanni Paolo II “Reconciliatio et Paenitentia“, esortazione apostolica postsinodale all’episcopato, al clero e ai fedeli circa la riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa oggi.

Relatore: p. Giorgio Maria Faré

Ascolta la registrazione della catechesi:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

Il testo che viene letto e commentato in questa seconda parte del ciclo di catechesi è l’Esortazione apostolica post-sinodale Reconciliatio et Paenitentia di S. Giovanni Paolo II all’episcopato al clero e ai fedeli circa la Riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa oggi

Le catechesi di p. Giorgio Maria Faré si tengono ogni lunedì alle 21 presso il Convento dei Padri Carmelitani Scalzi di Monza, con ingresso dal parcheggio di Via Boito 2.

Approfondimenti – testi citati durante la catechesi

La distribuzione del Corpo di Cristo spetta solo al Sacerdote

S. Tommaso d'Aquino

SOMMA TEOLOGICA

Terza parte – I Sacramenti
Questione 82
– Il ministro del sacramento dell’Eucarestia
Articolo 3
– Se la distribuzione di questo sacramento spetti solo al sacerdote

[51039] IIIª q. 82 a. 3 arg. 1
SEMBRA che la distribuzione di questo sacramento non spetti solo al sacerdote. Infatti:
1. Il sangue di Cristo non appartiene a questo sacramento meno del corpo. Ma il sangue di Cristo viene dispensato dai diaconi, tanto che S. Lorenzo disse a S. Sisto: “Prova se hai scelto un buon ministro, cui affidasti la distribuzione del sangue del Signore”. Dunque anche la distribuzione del corpo del Signore non appartiene ai sacerdoti soltanto.

[51040] IIIª q. 82 a. 3 arg. 2
2. I sacerdoti sono costituiti ministri dei sacramenti. Ora, questo sacramento si compie nella consacrazione della materia, non già nell’uso, cui si riferisce la sua distribuzione. Dunque distribuire il corpo del Signore non spetta al sacerdote.

[51041] IIIª q. 82 a. 3 arg. 3
3. Questo sacramento, scrive Dionigi (Eccles. Hier.), ha “virtù perfettiva” come la cresima. Ma cresimare i battezzati non spetta al sacerdote, bensì al vescovo. Dunque anche dispensare questo sacramento tocca al vescovo e non al sacerdote.

[51042] IIIª q. 82 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Nei canoni (De Consecr., dist. II – probabile attribuzione al concilio di Reims del 624-625) si legge: “È giunto a nostra conoscenza che alcuni presbiteri consegnano a un laico o a una donna il corpo del Signore perché lo portino agli infermi. Il sinodo perciò proibisce che si continui tale abuso: il sacerdote comunichi da sé gli infermi”.

[51043] IIIª q. 82 a. 3 co.
RISPONDO: La distribuzione del corpo del Signore appartiene al sacerdote per tre ragioni. Primo, perché, come si è detto, egli consacra in persona di Cristo. Ora, Cristo, come consacrò da sé il proprio corpo, così da sé lo distribuì agli altri. Quindi come al sacerdote appartiene la consacrazione del corpo di Cristo, così appartiene a lui distribuirlo.
Secondo, perché il sacerdote è costituito intermediario tra Dio e il popolo. Perciò come spetta a lui offrire a Dio i doni del popolo, così tocca a lui dare al popolo i doni santi di Dio.
Terzo, perché per rispetto verso questo sacramento esso non viene toccato da nessuna cosa che non sia consacrata: e quindi sono consacrati il corporale, il calice e così pure le mani del sacerdote per poter toccare questo sacramento. A nessun altro quindi è permesso toccarlo fuori di un caso di necessità: se, p. es., stesse per cadere a terra, o in altre contingenze simili.

[51044] IIIª q. 82 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Al diacono, come prossimo all’ordine sacerdotale, spettano alcuni compiti di tale ufficio, ossia la facoltà di dispensare il sangue: però non quella di dispensare il corpo, se non in caso di necessità dietro comando del vescovo o del sacerdote. Primo, perché il sangue di Cristo è contenuto nel calice. Quindi non è a contatto con chi lo distribuisce, come invece il corpo di Cristo. – Secondo, perché il sangue significa la redenzione che deriva al popolo da Cristo: tanto che al sangue viene mescolata dell’acqua per indicare il popolo. Ora, poiché i diaconi stanno tra il sacerdote e il popolo, ai diaconi si addice più la distribuzione del sangue che la distribuzione del corpo.

[51045] IIIª q. 82 a. 3 ad 2
2. All’identica persona spetta dispensare e consacrare l’Eucarestia per la ragione che abbiamo detto.

[51046] IIIª q. 82 a. 3 ad 3
3. Come il diacono partecipa un poco della virtù “illuminativa” del sacerdote in quanto dispensa il sangue, così il sacerdote partecipa “del governo perfettivo” del vescovo, in quanto dispensa l’Eucarestia che perfeziona l’uomo in se stesso unendolo a Cristo. Invece gli altri perfezionamenti che dispongono l’uomo in rapporto al prossimo sono riservati al vescovo.

Redemptionis Sacramentum

Istruzione della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia

Il significato della Messa spiegato da Gesù a S. Pio da Pietrelcina

“In uno dei quaderni del diario tenuto durante la prima persecuzione subita a opera di uomini di Chiesa, tra la fine degli anni 20 e l’inizio degli anni 30, il frate di Pietrelcina fa spiegare da Gesù stesso che cosa sia la Messa. Una pagina pubblicata da Francobaldo Chiocci e Luciano Cirri in Padre Pio, storia di una vittima su cui dovrebbero riflettere riformatori e loro tristi epigoni:

«Pensate che il sacerdote che mi chiama tra le Sue mani ha un potere che neanche a Mia Madre concessi; riflettete che se, invece di un sacrestano, servissero il sacerdote i più eccelsi serafini, non sarebbero abbastanza degni di stargli vicino; domandatevi se, nonostante la preziosità del dono che vi fo, è ancora degno starsene alla messa pensando altro che a me. Piuttosto sarebbe giusto che, umiliati e riconoscenti, palpitaste a me dintorno e con tutta l’anima mi offriste al Padre delle Misericordie; piuttosto sarebbe giusto considerare l’altare non per quello che lo hanno fatto gli uomini, ma per quello che vale, data la mia presenza mistica ma reale. Guardate l’Ostia, in cui ogni specie è annientata, e vedrete Me umiliato per voi; guardate il Calice in cui il Mio Sangue ritorna sulla terra ricco com’è di ogni benedizione. Offritemi, offritemi al Padre, per questo Io torno tra voi.

Se vi dicessero: “Andiamo in Palestina a conoscere i luoghi santi dove Gesù ha vissuto e dove è morto”, il vostro cuore sussulterebbe, è vero? Eppure l’Altare sul quale Io scendo ora è più della Palestina, perché da questa me ne sono partito venti secoli fa e sull’altare Io ritorno tutti i giorni vivo, vero, reale, sebbene nascosto, ma sono Io, proprio Io che palpito tra le mani del Mio ministro, Io torno a voi, non simbolicamente, oh no, bensì veramente; ve lo dico ancora; veramente […].

Getsemani, Calvario, Altare! Tre luoghi di cui l’ultimo, l’Altare, è la somma del primo e del secondo; sono tre luoghi, ma uno soltanto è Colui che vi troverete.

[…] Io ritorno, sull’Altare Santo dal quale io vi chiamo, portate i vostri cuori sul corporale santo che sorregge il Mio Corpo, tuffatevi, o anime mie dilette, in quel Calice divino che contiene il Mio Sangue. È lì che l’Amore stringerà il Creatore, il Redentore, la vostra Vittima ai vostri spiriti; è lì che celebrerete la gloria Mia nell’umiliazione infinita di Me stesso. Venite all’Altare, guardate Me, pensate intensamente a Me…»”

(da A. Gnocchi, M. Palmaro, L’ULTIMA MESSA DI P. PIO, pp. 73-74)

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