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Un amore che non sa sacrificarsi non è amore

Amore è sacrificio

Omelia

Pubblichiamo l’audio di un’omelia sulle letture di domenica 10 aprile 2016 (S. Messa del giorno)

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione

Un amore che non sa sacrificarsi non è amore

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia lodato!

Pietro è da poco, che ha concluso il suo tradimento, il suo rinnegamento verso Gesù, è da poco che per tre volte ha detto: «Non Lo conosco, non so chi sia, non so di chi stai parlando» alla portinaia, alla serva che lo interrogava dicendo: «Ma tu sei uno di loro, io ti riconosco, so chi sei, la tua parlata ti tradisce»; da poco Gesù è morto, da pochissimo Gesù è risorto, e Gesù chiede a Simon Pietro di riparare il male del suo rinnegamento; per tre volte ha detto:  «Non lo conosco», per tre volte Gesù gli chiede di fare una professione d’amore.

Perché, vedete, quando noi rinneghiamo qualcuno, non è semplicemente perché non abbiamo fede in quel qualcuno, ma è innanzitutto perché noi non lo amiamo.

I peccati sono fondamentalmente, essenzialmente, radicalmente, veramente atti di non amore verso Dio, questo è il peccato!

Pietro quel giorno ha preferito amare sé stesso, ha preferito salvare sé stesso, che amare Gesù. Ecco perché Gesù adesso gli chiede: «Mi ami, Pietro? Mi ami più di queste persone?»

A Gesù non interessa un amore qualunque, Gesù vuole tutto il cuore, vuole la primizia dell’amore, non uno dei tanti amori, vuole l’Amore. E Pietro non aveva ancora maturato bene questa coscienza del suo peccato, perché rimane un po’ seccato: «Ma come? Ancora me lo chiedi?»

Pietro capirà che Gesù glielo chiede tre volte, perché lui per tre volte ha detto: «No».

I nostri peccati devono essere riparati, i nostri “No” vanno riparati.

Come?

Con delle testimonianze di amore.

Verso chi?

Verso Dio. E poi Dio ti conduce agli altri: «Pasci i miei agnelli».

Grazie a queste testimonianze riparative di amore, Pietro viene chiamato ad essere Pastore della Chiesa, ma, senza l’amore, non c’è nulla, non c’è vita.

Anche il demonio crede in Dio, sapete?

Anche il demonio teme Dio, certo, ma il demonio non Lo ama.

Il demonio non crede nell’amore di Dio.

Credere nell’amore di Dio è una cosa molto seria.

L’amore di Dio non è effervescenza, non è dire: «Ah…sento il cuore che mi si scalda, che mi si brucia», non è sentimento.

Quando tu ami, non è il sentimento il garante di questo amore, non è se io sento o non sento, perché l’amore si fonda sulla volontà, è la volontà che deve voler amare, al di là del sentire. Io posso anche non sentire niente, come Teresa di Gesù Bambino, però amo, voglio amare!

E così succede anche a noi.

Tra l’altro, vedete che questo verbo Gesù lo ripete due volte: «Pietro, mi ami?», e lui risponde: «Ti voglio bene» … non ci siamo.

Lui ha capito solo quello, non è capace di dire altro, continua a ripetere: «Ti voglio bene, ti voglio bene, ti voglio bene», e alla fine dice: «Signore, Tu conosci tutto, Tu sai che Ti voglio bene».

Caro Pietro, ma le orecchie le hai per capire, per ascoltare?

No, perché il tradimento offusca la mente. Quando noi rinneghiamo Gesù, noi perdiamo pezzi di vita, e lui non capisce che Gesù per due volte gli sta chiedendo un’altra cosa: «Mi ami tu, più di costoro?»

«Ti voglio bene».

«Non hai capito. Io non ti ho chiesto se tu mi vuoi bene, perché tu puoi voler bene a tante persone. Io ti ho chiesto se tu mi ami. Simone, mi ami?»

«Ti voglio bene» …non ci siamo.

Voler bene è meno di amare.

Alla terza volta Gesù scende di livello: «Simone, mi vuoi bene?»

«Sì, lo sai che Ti voglio bene».

«Sì, ma io non è questo che ti ho chiesto. Io non ti ho chiesto se tu Mi vuoi bene, io ti ho chiesto se tu Mi ami».

Io posso dire ad una persona: «Ti voglio bene», ma dire: «Ti amo», è un’altra cosa!

C’è un investimento di mente, di cuore, di vita, che è un’altra cosa!

Ecco perché è grave tradire l’amore, per questo, perché quella parola lì è unica, quel verbo lì è unico, è assoluto!

È un verbo che prende dentro un’esistenza, tanto è che, due persone che si dicono: «Ti amo», si sposano, tanto è che un uomo diventa prete e una donna diventa suora, ma si fonda tutto su quel verbo lì, sul “Ti amo”, se non c’è il “Ti amo”, cosa c’è?

Siamo mestieranti o cosa siamo? Cosa vuol dire la nostra vita? Cosa siamo qui a fare, se tutto non si fonda sull’amore?

E Gesù dice cosa vuol dire amare, vuol dire rispettare i Comandamenti, lo dice nel Vangelo di Giovanni: «Chi Mi ama osserverà la Mia Parola».

Ora, se io amo Gesù, osservo la Sua Parola, osservo i Comandamenti, e in questa maniera io cresco in questa relazione, questo è amare! È questo, quello che Gesù chiede a Pietro, poi, certo, ci deve essere la fede, vero, ci deve essere la speranza, vero, ma se non c’è l’amore…

Che differenza che ci fu tra Eva e la Madonna! Tutto si è giocato lì.

La Madonna ha veramente amato Dio e ama Dio, Eva no; quindi, è bastato il sibilo, il sussurro di un dubbio, che lei subito ci è andata dentro, anima e corpo.

La Madonna no, la Madonna non aveva dubbi, perché la Madonna ama.

Chi ama non ha dubbi.

Quando tu ami davvero, non hai dubbi.

Oggi, forse più di ieri, è difficile per noi immaginarci, e non solo immaginarci, ma percepire l’amore di Dio.

Perché?

Perché oggi c’è poco amore, poco amore…

Oggi c’è tanto sentimentalismo, ma l’amore è poco, sono pochi gli esempi di amore che noi abbiamo davanti agli occhi, di amore vero, di quella realtà che ti lascia a bocca aperta.

L’amore ti lascia a bocca aperta, l’amore ti invaghisce, nel senso che, quando tu vedi due persone che si amano, quando tu vedi un atto di amore, tu rimani stordito, rimani perplesso, rimani stupefatto, rimani edificato, cioè l’amore ti chiama, ti prende dentro, ti fa dire: «Guarda che bella cosa…come piacerebbe anche a me essere così! Come piacerebbe anche a me vivere questo amore!»

Noi di questo non abbiamo tanti esempi, perché oggi noi viviamo in un contesto sociale, psicologico, familiare, globale, dove non abbiamo questi esempi così frequenti, perché l’amore, quello vero, è quello del crocifisso, per quello lo teniamo qua sull’altare, perché ci richiama continuamente che questo è l’amore.

Ora, voi immaginatevi una croce, scrivete la parola “AMORE” sull’asta verticale, e sull’asta orizzontale scrivete un’altra parola che ha una lettera che si interseca perfettamente con quella di AMORE, che è “DOLORE”.

Se l’amore non si sposa col dolore, non è amore, che tradotto con un termine a noi più consono è “sacrificio”. Un amore che non sa sacrificarsi non è amore!

Uno dice: «Ma cos’è il sacrificio? Vuol dire che devo rinunciare alla cioccolata? Vuol dire che devo rinunciare a mangiare la torta? Vuol dire che devo…»

Sacrificio viene dal latino “sacrum facere”, che tradotto vuol dire “fare sacro”.

Il sacrificio è un fare sacro, questo è il sacrificio.

Non è non mangiare un cioccolatino. Il sacrificio non è una dieta!

Il sacrificio è un fare sacro. Dio ci chiama a fare in modo sacro tutto, allora tutto diventa un sacrificio; quindi, tutto diventa un atto di amore, perché io non posso fare un atto sacro, un fare sacro, se non sono mosso dall’amore; ma, se io sono mosso dall’amore, ogni mio più piccolo fare diventa un atto sacro, quindi diventa un atto d’amore.

Quante cose noi facciamo che non sono sacre…

Perché oggi c’è in giro poco amore?

Perché oggi c’è in giro poca sacralità, si vede poco la sacralità.

Che cos’è la sacralità?

È lo spazio di Dio.

Allora voi capite che, tutte le volte che io faccio un sacrum facere, io apro uno spazio divino nella mia opera umana…incredibile…bellissimo…il mio fare diventa un fare divino, io faccio opere di Dio.

Voi capite quindi che ti fiorisce la vita, perché tu scopi per terra e, se tu stai facendo un sacrum facere, lì tu stai aprendo una finestra divina, tu stai compiendo un atto divino, perché non lo farai come lo fanno tutti gli altri, che non stanno facendo un sacrum facere. Se noi facessimo così, il nostro lavoro non avrebbe problemi di onestà e disonestà, non faremmo i furbastri, i ladri non ci sarebbero più. I furbacchioni che vanno in ritardo a lavorare, che lavorano poco, che fanno i furbi, non ci sarebbero più, perché sentono dentro l’urgenza di dire: «Ma questo è un fare sacro…»

L’omelia è un fare sacro, servire è un fare sacro, essere presente alla santa Messa, non è essere presenti alla Scala all’Opera di non so chi, ma è un fare sacro.

Allora capite che tutta la vita diventa un sacrificio…

Ma questa logica è possibile, solo se sono nell’amore.

Allora non succedono più quelle situazioni dove: «Ecco, devo fare sempre tutto io… Ecco, tocca a me fare, perché quell’altra o quell’altro non lo fa, perché è pigro, perché…»

Ma ringrazia il Signore! Hai la possibilità di fare sacrifici, di rendere sacri gli atti, e hai la possibilità di testimoniare l’amore.

Quanta poca cura abbiamo delle persone, delle cose…

Quanto egoismo c’è nella nostra vita…

Quanto egoismo si sente quando qualcuno parla di sé e racconta la sua vita, al centro c’è sempre l’io, sempre l’io, sempre: io che mi devo realizzare, io che devo essere qualcuno, io che devo primeggiare, io che devo essere amato, adorato, rispettato, stimato…io…io…io…

Questo è il diavolo, non è Gesù!

Qui non c’è nessun sacrificio e qui non c’è l’amore, non esiste amore!

Una persona che è egoista, non sa amare, non sa dare amore, non sa vivere l’amore, anche se fa tutte le promesse del mondo, non conta. Quello che conta è che al centro c’è lui o c’è lei, e pensa per sé.

In Cielo guardate che non si va da soli, o si va insieme o non si va; non è che uno dice: «Io mi arrangio da solo».

No, no, non funziona così!

Ecco perché Gesù chiama all’annuncio del Vangelo, perché Lui aveva la preoccupazione degli altri. In Cielo dobbiamo andare insieme.

Quando tu ami, tu comunichi la fede, tu la testimoni, la diffondi, vuoi che anche gli altri possano beneficiare di questa fede, anche gli altri possano beneficiare delle intuizioni, dei mezzi, degli strumenti che tu trovi; non sei tu, solamente tu, unicamente tu, e sempre tu, e avanti tu.

Allora capite che non dovrebbe più esserci quella roba per cui dire: «Adesso io non ti amo più, non ti amo più…me ne vado».

L’amore, quando finisce, è perché non c’è mai stato. Punto.

L’amore diceva Cicerone, non può finire, non è possibile; nel “De amicitia” non parla proprio di questa cosa qua.

Non può finire! Se finisce, vuol dire che non c’è mai stato.

E quando finisce, in realtà non è finito l’amore, sono finito io, sono io che muoio.

Quando io tradisco, quando io abbandono, quando io penso solo a me stesso e lascio l’altro fuori, sono io che sto morendo, non è l’altro, sono io che sto sfregiando la mia anima, che la sto facendo a pezzettini.

Dopo chiaramente diciamo: «Io non sento Dio…»

Beh…certo, certo…Dio abita qua e tu abiti là. Tu con la tua vita stai dicendo tutt’altro, tutt’altro, stai dicendo tutt’altra cosa.

Chiediamo quindi alla Vergine Maria, che ha saputo veramente amare Gesù, sotto la croce e in tutto il tempo del Calvario (Lei Gli è stata sempre vicino, Lo ha sempre seguito, ha continuato a seguirLo), e chiediamo a Santa Maria Maddalena, che ha tanto accompagnato il Signore (che ha pianto fuori dal sepolcro, che è stata la prima ad annunciarLo), chiediamo a queste due figure, così belle, di insegnarci cosa vuol dire amare, amare e sacrificio. Che tutta la nostra vita sia intessuta da questi due verbi “amare” e “sacrificare”!

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia Lodato!

 

Letture del giorno

III Domenica di Pasqua

PRIMA LETTURA (At 5,27-32.40-41)

Di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo.

In quei giorni, il sommo sacerdote interrogò gli apostoli dicendo: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo».
Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono».
Fecero flagellare [gli apostoli] e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal Sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 29)

Rit: Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.

Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia.

Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.

SECONDA LETTURA (Ap 5,11-14)

L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza.

Io, Giovanni, vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce:
«L’Agnello, che è stato immolato,
è degno di ricevere potenza e ricchezza,
sapienza e forza,
onore, gloria e benedizione».
Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano:
«A Colui che siede sul trono e all’Agnello
lode, onore, gloria e potenza,
nei secoli dei secoli».
E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione.

Canto al Vangelo

Alleluia, alleluia.
Cristo è risorto, lui che ha creato il mondo,
e ha salvato gli uomini nella sua misericordia.
Alleluia.

VANGELO (Gv 21,1-19)

Viene Gesù, prende il pane e lo dà loro, così pure il pesce.

In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

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