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L’uso dei talenti

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 15 novembre 2020

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione 

L’USO DEI TALENTI

Eccoci giunti a Domenica 15 novembre 2020, abbiamo ascoltato il Vangelo di oggi tratto dal cap. XXV di San Matteo, vv 14-30. Una parabola estremamente famosa e conosciuta questa che abbiamo appena ascoltato, dei talenti. Mi sembra utile per tutti noi partire proprio dalla fine di questa parabola, dal senso che ne dà Gesù.

“Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso.”

Questo è Dio. E’ un Dio provvidente ma allo stesso tempo è un Dio esigente, un Dio buono, estremamente e infinitamente buono, e allo stesso tempo è un Dio rigoroso, preciso. Le cose non vanno in contraddizione, assolutamente. Essere esigenti non va in contraddizione con l’essere buoni. Una persona buona è estremamente esigente, proprio perché conosce il costo della bontà, il prezzo della bontà, la preziosità della bontà, quindi è rigorosa, precisa.

Credo che pochissimi di noi abbiano avuto nei nostri nonni un esempio di disordine. Se noi pensiamo ai nostri nonni, noi pensiamo a persone estremamente laboriose, dedicate, persone che al mattino si svegliavano presto, che erano sempre indaffarate nelle cose di casa, che avevano cura dei dettagli, che anche se povere erano comunque persone dignitose, molto nobili, ed erano buone, laboriose, rigorose, precise, indaffarate, sempre ordinate. Sono un’immagine di Dio.

Il Signore ci chiede l’interesse, il frutto dei talenti che ci ha dato.

C’è questa regola, questo obiettivo e questo si fa, non è rigorismo, no, è semplicemente onestà interiore, non c’è altro. Questo nella parabola  invece non lo fa.

  • Perché non lo fa?

Perché ha paura.

“Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra”

Chi ha paura si nasconde sempre. Il nascondersi è sempre segno di paura, e la paura produce sempre nascondimento.

E’ terribile, è bruttissimo vivere così. La paura produce nascondimento e ci fa diventare malvagi e pigri.

“Servo malvagio e pigro” dice Gesù.

“Ti sei arenato sulla spiaggia dell’indolenza, della mediocrità, della tiepidezza, ti sei arenato nel torpore della pigrizia”

San Carlo Borromeo si riposava facendo un altro lavoro, interessante questa cosa.

“Signore, so che sei un uomo duro”

Durezza fa rima con fermezza. E’ bello avere davanti una persona dura, anche la roccia è dura, anche il diamante è duro, anche il granito è duro. E’ bello avere una casa costruita sulla roccia. Non cade più.

Provate a costruire una casa su una palude molle, sulla sabbia molle, chi ci andrebbe dentro ad abitare?

Nessuno. Noi fuori dalla nostra vita vogliamo la durezza, la fermezza, il rigore, perché sono importanti, ci danno sicurezza, mentre dentro la nostra vita non li vogliamo perché ci scardinano, ci costringono ad essere altro, a fare altro.

  • Chiediamoci dei talenti che abbiamo che usi ne facciamo?

Non pensiamo immediatamente e solamente ai doni legati alla nostra persona, quindi l’intelligenza, la ricchezza, la fantasia, qualunque cosa, pensiamo ai doni che ci fa Dio come ad esempio il tempo, l’uso che noi facciamo del tempo, lo spreco di tempo che tanto ci contraddistingue e che non confessiamo mai, il tempo sprecato, il tempo buttato. Pensiamoci. Pensiamo a quanto tempo noi buttiamo via.

Vi faccio un esempio, noi diciamo:

“Sono stanco, ho tante cose da fare, non riesco a pregare, e il lavoro, la casa, le cose”

Prima di andare a letto alla sera, è il momento più delicato, la sera prima di andare a letto e il mattino appena svegli sono i momenti più delicati, facciamo mille cose, le mille cose che non abbiamo fatto durante il giorno le facciamo prima di andare a letto, vengono in mente tutte lì:

“Mando il messaggio a Tizio, faccio la telefonata a Caio, devo scrivere quella cosa a Sempronio”

Proviamo a pensare le ultime parole della nostra giornata quali sono state?

Le ultime sette parole di Gesù sono state tutte intessute di spiritualità, di divinità, di Dio Padre, di preghiera, di affidamento.

  • Le nostre ultime parole, a chi sono rivolte?

Noi prima di andare dobbiamo parlare e parlare. Dato che pensiamo sempre all’ascesi, alla penitenza, facciamo questo fioretto:

“Da domani, quando mi sveglio, non parlerò con nessuno se non con Dio. La mia prima parola sarà rivolta a Dio”

Non a Tizio che ho vicino per chiedergli una cosa, a quell’altro per chiedergliene un’altra. No, facciamo silenzio. Il famoso Kairos, il tempo sacro di Dio. La sera mi dò un tempo entro il quale entro nel silenzio, nel grande silenzio della Certosa, nel grande silenzio del convento, del monastero. Basta messaggi, basta whatsapp, basta telefonate.

Sono sincero, mi arrabbio, penso giustamente, e lo faccio anche presente, l’ho fatto presente tante volte a diverse persone, per il fatto che non si mandano messaggi, soprattutto ad un Sacerdote, alla sera.

Per fare che cosa?

E’ il tempo del silenzio. Tra l’altro quando siamo davanti alla televisione, quando parliamo con un amico, o un’amica, non ci viene mai in mente niente di quello che dobbiamo fare, siamo completamente ipnotizzati, catalizzati davanti alla tv o davanti al volto della persone o alla cosa che stiamo facendo, anzi le cose ce le dimentichiamo, ci dimentichiamo quello che è importante fare, perché siamo come ipnotizzati da quell’evento. Appena arriva il momento o di pregare, o di andare a letto, ci viene in mente il mondo, improvvisamente dobbiamo fare millecinquecento cose.

Fate questo esperimento:

Prendete un cronometro, tutti lo abbiamo nel telefono, quando deciderete di andare a letto, da quando prendete la decisione di andare a letto a dormire, fate partire il cronometro e dimenticatevelo, chiudete il telefono. Il cronometro lo fermate quando siete sotto le coperte e state per spegnere la luce. Guardate quanto tempo avete impiegato. Lo prendete e lo moltiplicate per il tempo dei giorni passati, e vedete il tempo buttato via. Se poi vi mettete a guardare Facebook e mandare messaggi o scrivere e-mail o guardare i video, è finita, diventano ore.

La penitenza è proprio questa, dire no. Per questo prima dicevo che mi arrabbio.

“Perché dobbiamo diventare inciampo uno all’altro? La sera è fatta per risposare”

Quante volte ho chiesto alle persone:

“Rispettate, rispettiamo i tempi del silenzio, i tempi del raccoglimento, non scrivete, non chiamate, dopo una certa ora, perché il Sacerdote deve avere dei tempi di preghiera, deve avere dei tempi di silenzio, di raccoglimento, dei tempi per poter stare solo con Dio, datevi un limite.”

Niente da fare. Alle 22.00 di sera, alle 21.30, alle 23.00, all’1.00 di notte.

Mi viene in mente una cosa? Via, la faccio, istinto puro.

Non posso programmarla per domani, la salvo, la mando domani?

No. Istinto puro, qualunque cosa, istinto puro.

Non è che uno pensa:

“Quella persona è impegnata, magari deve studiare, mi programmo le cose, scelgo un orario consono che potrebbe essere la fine della mattina, sul finire del pomeriggio, mi dò un orario, ad esempio alle 17.30, per essere meno disturbo possibile, in modo tale che il cuore della giornata quella persona la possa dedicare alla preghiera, allo studio, alle cose che deve fare, e poi mi dò un orario dove tutto quello che mi è venuto in mente lo mando in quell’ora a quella persona.”

Macché! Figuriamoci!

Tutto quello che mi viene all’istante, via! Che siano le 3.00, le 4.00 le 5.00 le 8.00, le 9.00 non ha importanza. Mi sono trovato qualcuno che scrive whatsapp alle 5.00 del mattino o alle 3.00 di notte, ma la testa dov’è che l’abbiamo?

“Ma io sono spontaneo”

No, questa è una cosa fuori luogo, non è essere spontanei, sono cose fuori luogo, non vanno bene, perché la mia spontaneità non può andare a ledere il silenzio, il raccoglimento di altri. Facciamo penitenza da questo punto di vista, proviamo a usare i talenti di Dio in questo modo, facendo raccoglimento, usando bene il tempo, senza sprecarlo. Il tempo io credo che sia uno dei talenti più preziosi che Dio ci ha dato, facciamo in modo che sia fruttuoso al massimo, ognuno di voi saprà ingegnarsi per usare al meglio il tempo.

Auguro a tutti voi una santa Domenica e la benedizione di Dio Padre Onnipotente, e di suo Figlio e dello Spirito Santo, discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen. Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

VANGELO (Mt 25,14-309
Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

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