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Le radici spirituali delle malattie psichiche: decima parte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di venerdì 26 febbraio 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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LE RADICI SPIRITUALI DELLE MALATTIE PSICHICHE – Decima Parte

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

Eccoci giunti a venerdì 26 febbraio 2021, abbiamo appena letto il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal cap. V, vv 20-26 di San Matteo.

Siamo chiamati alle altezze. È bello che Gesù non ci chiami alla mediocrità ma ci chiami alla perfezione. E stiamo attenti a quella frase che oggi va un po’ di moda: “la perfezione è solo del Cielo”. Si certo, in Cielo è tutto perfetto, ma noi siamo chiamati alla perfezione anche qui sulla terra, questo è importantissimo. Dobbiamo tenere bene in mente che tutto ciò che facciamo nella nostra vita possiamo e dobbiamo farlo bene, deve essere fatto nel modo più rigoroso possibile. La nostra vita ha bisogno di quel rigore, anche di quella severità che ci fa già pregustare la perfezione del Cielo. Chi ci sta accanto lo sente, lo vede, lo percepisce, quindi noi dobbiamo chiedere sempre al Signore questa grazia di superare in tutto il normale senso di giustizia, anche  quello di coloro che sembrano i migliori (scribi e farisei), perché se no non entreremo nel regno dei Cieli. Dobbiamo anche superarci, come dice qui nel vangelo di oggi.

E vedete, Gesù dice: “siate perfetti come perfetto è il Padre vostro che è nei Cieli”, ma non quando saremo morti. Qui. Certo, non potremo essere perfetti come Dio, questo è logico, ma noi dobbiamo puntare a quella perfezione perché se non puntiamo in alto, ovviamente punteremo al basso.

Vedete che c’è un richiamo forte alla perfezione della carità: adirarsi, dire pazzo, stupido…. La pena per queste cose è come se uno avesse ucciso; “chi avrà ucciso verrà sottoposto al giudizio, ma io vi dico chiunque si adira con il proprio fratello, dovrà essere sottoposto al giudizio”. Questo è lo stile da seguire. E poi questo riconciliarci:

“Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.”

Noi quando ci presentiamo davanti a Dio dobbiamo assolutamente chiederci: qualcuno ha nella verità, oggettivamente, qualche cosa contro di me? Non stiamo parlando qui di capricci, di ricatti affettivi, di stupidaggini o cose varie. Oggettivamente, qualcuno ha qualche cosa contro di me?

Questo è importantissimo, perché se io so che qualcuno ha qualcosa contro di me oggettivamente, cioè io ho fatto qualcosa di male a qualcuno e questo qualcuno oggettivamente ha qualcosa contro di me, allora io devo intervenire su di me e devo correggermi più velocemente possibile.

In cosa consiste questa perfezione? È una perfezione morale? Vuol dire non avere peccati?

San Tommaso ci dice che:

“Si dice perfetto ciò a cui non manca nulla di quello che può e deve avere secondo la sua natura”

Un risotto quando è perfetto? Quando sa di ciliegia? No, ovviamente.
Una mela quando è perfetta? Quando sa di mela.

Io sono perfetto quando non mi manca nulla di quello che posso e devo avere secondo la mia natura di uomo e di figlio di Dio. Non mi è chiesto il di più. Non mi è chiesto di essere un Angelo perché io non ho una natura angelica, e non mi è chiesto di essere Dio. Mi è chiesto di essere uomo, figlio di Dio.

Ed è a questo livello che si inserisce la nostra riflessione del libro “L’inconscio Spirituale” del prof. Larchet, proseguiamo sul tema della perversione del desiderio:

“Dominato da questa illusione, l’uomo si muove in un modo di apparenze, non vedendo e non prendendo più in considerazione nient’altro che la realtà sensibile, l’unica che il suo desiderio decaduto gli fa vedere, e crede che fuori di essa non esista nessun bene. Questa riduzione della realtà a una sua sola parte e la falsa visione che ne deriva si può considerare come uno stato di delirio, impiantatosi insieme alla decadenza del desiderio; tant’è che l’uomo, desiderando gli esseri in base alla loro apparenza sensibile e fuori di Dio, e pretendendo di goderne in sé stessi, desidera e gioisce d’un fantasma, si attacca a qualcosa che non ha un’esistenza reale.”

Noi abbiamo realtà solo in Dio, tutto ciò che sta fuori diventa un fantasma, non diventa più reale. Si dovrebbero dire tante cose su ciò che è reale, ma non possiamo entrare in questa tematica, perché richiederebbe troppo tempo. Però di sicuro non è reale ciò che non vive in Dio.

“Avendo stornato la sua potenza desiderante da Dio per rivolgerla alle realtà sensibili, per trovare lì un piacere più accessibile e immediato, l’uomo vede la sua speranza di godimento profondamente delusa. Dunque, anche il dolore appare inevitabilmente legato all’esperienza del piacere sensibile.”

Godimento e dolore rimangono agganciati al sensibile, perché sono una conseguenza dell’altro.

“Ne è soltanto del dolore fisico che allora l’uomo fa l’esperienza, ma anche e soprattutto della sofferenza morale e psichica, che prende la forma della tristezza e, nelle sue forme estreme, della depressione. La tristezza che l’uomo prova viene dal fatto che l’oggetto del suo desiderio e il piacere che ne ottiene non sono commisurati alla natura della facoltà desiderante e alla gioia cui essa è destinata. Abbiamo visto infatti che il desiderio dell’uomo fu creato in vista di Dio. Sulla stessa linea, anche questo l’abbiamo già visto, l’uomo aveva per natura una capacità di gioia commisurata ai beni divini che gli erano promessi. Avendo egli distolto la sua potenza di desiderio da Dio per orientarla invece sugli oggetti sensibili, a quella facoltà egli non presenta più che oggetti finiti, parziali, limitati, relativi. Continuando egli, tuttavia, a desiderare l’infinito e l’assoluto – dato che per la caduta la sua facoltà desiderante non ha cambiato natura ma soltanto orientamento e resta a misura del suo oggetto divino originale e normale – inevitabilmente è destinato all’insoddisfazione. Nessuna realtà di questo mondo, necessariamente finita, è all’altezza di corrispondere al desiderio d’infinito che c’è in lui. Al desiderio di godimento infinito che continua a sussistere nell’uomo in quanto appartiene alla sua stessa natura, non si offrono più che piaceri limitati e fuggitivi, che appena consumati lasciano in lui un vuoto doloroso.”

Vi chiedo di pensare a un personaggio biblico. Questa lettura, quella di questi giorni, soprattutto quella di oggi a quale personaggio biblico vi fa pensare? Poi vi dico a me chi fa pensare.

Possiamo, a questo proposito, anche citare le parole del Cristo alla Samaritana: «Chi beve di quest’acqua avrà ancora sete» (Giovanni 4,13). Deluso dalla soddisfazione di ciascuno dei suoi desideri sensibili, ma continuando a sentire nel profondo di sé una mancanza, un’inadeguatezza fra la realtà raggiunta e le sue aspirazioni di fondo (che egli intuisce, indovina, ma senza conoscerne il senso vero), l’uomo decaduto si mette a correre da un oggetto all’altro, esaurisce le varie sfere di questo mondo una dopo l’altra, ma senza trovare mai un termine definitivo alla sua ricerca.”

Continua a girare come impazzito da un fiore all’altro, ma non si sazia mai, è sempre deluso, sempre insoddisfatto. Pensate bene al personaggio biblico.

“Così vive in uno stato di frustrazione permanente, di ontologica insoddisfazione perpetua.”

C’è nella scrittura secondo me un personaggio, almeno uno di sicuro, ma poi ce ne saranno altri che io non ho in mente, che esprime bene, possiamo dire perfettamente questo stato di frustrazione permanente, questa ontologica insoddisfazione perpetua dell’essere.

“Anche se ogni tanto, per un momento, la soddisfazione di questo o quel desiderio gli dà l’illusione d’aver trovato quel che cercava, l’oggetto desiderato che prendeva per un assoluto fa presto a rivelargli tutti i suoi limiti e il suo carattere relativo; vien presto a galla tutto il vuoto che lo separa dall’assoluto vero.”

Quel senso di vuoto che noi sentiamo dentro in certi momenti della nostra vita, che cos’è? È lo spazio di separazione tra noi e Dio. Quando sentiamo il senso di vuoto in quello che facciamo e in quello che siamo è perché stiamo sentendo una profonda separazione da Dio. È perché stiamo scambiando Dio con la realtà sensibile, e stiamo prendendo per assoluto ciò che è relativo e ne paghiamo il prezzo fino in fondo.

“Nel suo cuore, la tristezza si fa allora più intensa, espressione della sua inquietudine dinanzi al vuoto che sente, manifestazione della frustrazione profonda che prova. In gradi diversi, questo processo lo vivono tutti gli uomini; ma è presente in maniera acuta in varie malattie psichiche, quando certi elementi di esse diventano esasperati: assolutizzazione del desiderio particolare o del suo oggetto, fissazione su certe forme di piacere, sentimento di frustrazione legato all’insoddisfazione.”

Perché una persona cade nella pornografia? nell’impurità? Perché va a cercare il piacere dove non c’è, e appena ha consumato il suo peccato il vuoto diventa abissale, la frustrazione indescrivibile, la tristezza indicibile, perché ha rivolto altrove tutto quello che doveva rivolgere a Dio. La stessa cosa accade con la droga, l’alcool, il denaro.

“Quest’ultimo fattore è presente in modo speciale nelle depressioni. La terapeutica spirituale è all’altezza di avere un ruolo di rilievo nella guarigione quando aiuta il malato a prendere coscienza della relatività del suo desiderio e del piacere cui egli si attacca. Più fondamentalmente ancora, deve aiutare il malato a prendere coscienza, da una parte, del carattere «perverso» del suo desiderio e del suo stato decaduto e, dall’altra, del senso originale e vero del desiderio, senso che corrisponde alla sua natura profonda e continua a sussistere in quello che abbiamo chiamato l’inconscio «teòfilo». Deve poi anche aiutarlo a convertire il suo desiderio, a reindirizzarlo, riorientarlo verso ciò che san Gregorio di Nissa chiama “il fine divino”.”

La perversione del desiderio che cos’è? È il desiderio che non ha per fine Dio.

“Ma anche in questo caso il processo di conversione deve integrarsi in un’ascesi globale che si proponga di tenere a bada le passioni, che sono altrettante forme d’orientamento patologico del desiderio, e a mettere in azione le virtù, che sono altrettante forme di attaccamento a Dio sulla base del desiderio nuovamente orientato verso Lui.”

Quindi, capite ci vuole un’ascesi globale, non di un aspetto soltanto.

Vi stavo dicendo prima, chi è che vi viene in mente sentendo questi discorsi che stiamo facendo? A me viene in mente questo personaggio:

Dal Vangelo di San Marco cap. XIV, versetto 10:

“Allora Giuda Iscariota uno dei Dodici si recò dai capi dei Sacerdoti per consegnare loro Gesù, quelli all’udirlo si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno”

Il brano inizia con “Allora Giuda Iscariota…”. Allora quando? Allora perché? Cos’è successo prima? Quando Giuda ha deciso definitivamente di tradire Gesù? Cos’è stato il fattore scatenante?  Quando Giuda ha detto: adesso basta, adesso la delusione, la frustrazione, l’amarezza, la tristezza che provo hanno raggiunto il vuoto, un tale livello che ormai il vaso ha tracimato, basta non reggo più? Quando tutto questo è successo?

È successo a Betania, che per Gesù è il luogo più caldo e più bello, il luogo dove va prima di morire. Gesù introduce in questo luogo bellissimo anche i suoi Discepoli — che ovviamente non capiscono niente — e in questo luogo di grande amicizia e di grande intimità entra anche il perfido Giuda. E lì avviene la scena bellissima di questa donna che, mentre Gesù è a tavola, prende un vaso di alabastro pieno di profumo, di puro nardo di grande valore, e rompe il vaso.

Avete mai visto un vaso di alabastro? Ma quanto è bello! Perché romperlo? Perché o dai tutto o non dai niente, o dedichi tutto o non dedichi niente. Questa è la Verginità. Questo vaso non può più essere usato per nient’altro, va spezzato, è tutto per te Gesù. Un gesto potentissimo, un gesto eclatante, un gesto pubblico, un gesto fortissimo, un gesto che è per loro uno schiaffo alla loro ingratitudine, alla loro durezza di cuore, alla loro incapacità di vedere chi è veramente Gesù. Con un gesto questa donna spacca sulla loro faccia tutta la loro indegnità, tutto il loro dormire, il loro non saper stare al passo col Signore, il loro essere preoccupati delle cose sensibili e non di Dio.

“E abbiamo solo un pane, adesso come facciamo?” Ma vi sto parlando del lievito di Erode e dei farisei e voi mi parlate del pane che avete, ma stiamo scherzando? Ma vi siete resi conto che qui il mondo è in fiamme — direbbe Santa Teresa d’Avila — e voi mi venite a parlare del pane? Ma possibile che oltre alla vostra pancia non ci sia niente? Ecco qui il desiderio dell’uomo decaduto, ecco qui la potenza desiderante non più rivolta a Dio. Questa donna arriva con un vaso di alabastro e non è importante chi è, ma cosa fa. Un bellissimo vaso di alabastro pieno di profumo di puro nardo.

Dovete fare questa esperienza, dovete farvi regalare da chi va a Gerusalemme un barattolino di nardo, mettete una goccia di nardo su una mano e poi strofinate la mano, vedete cosa succede, è una cosa potentissima, mettete una goccia in un po’ di acqua e vedete che profumo pazzesco si sente. Questa donna versa un vaso di alabastro pieno di profumo di puro nardo di grande valore e lo versa sulla testa di Gesù. Immaginatevi la scena. Quelli che erano lì sono impazziti, è come averli presi e averli sbattuti sul ciglio del vuoto e avergli detto: “Vedete il vostro vuoto? Questo siete voi. Questo è il vuoto che vi separa da Dio. Io ve lo mostro non a parole, con un gesto.” Lei spezza il vaso e rovescia tutto il contenuto sul capo di Gesù. Qui c’è tutta la Verginità del mondo.

“Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono”

Immediatamente ci furono alcuni tra loro che si indignarono.

A questo punto viene da dire: cosa vuoi? Il vaso era tuo? No. Il nardo era tuo? No. L’hai comprato tu? No. Dunque cosa vuoi? Delle mie cose posso fare quello che voglio?

Quando si tratta di Gesù, gli altri accampano un diritto, che non si sa dove sia scritto, di interessarsi delle cose che non li riguardano.

Quanto prego, dove prego, l’ascesi che faccio… Ma ti rubo qualcosa? Il tempo è il tuo? Il corpo è il tuo? Il riposo è tuo? Ma cosa ti interessa?

Accade anche ai nostri giorni, quelli che vedono gli innamorati di Gesù pregare, digiunare, andare a messa e iniziano a sindacare: “E perché fai il digiuno e perché lo fai così tanto e perché lo fai un certo numero di volte al giorno o alla settimana, ma quante ore preghi e perché vai a Messa e perché vai così presto e perché stai fuori così tanto e cosa stai a fare in Chiesa e perché ti confessi così di frequente, ma che peccati devi dire, ma perché stai così tanto tempo in confessionale, ma allora i peccati li fai tutti tu, … ”

Ma a te cosa interessa? Hai pagato tu questo vaso? Hai pagato tu questo nardo? No. Non sono libero di fare quello che voglio?

I discepoli si infuriano e si indignano contro la donna. Ma cosa vogliono?

Il mondo, delle sue cose, fa quello che vuole e nessuno può dire niente.

Da ragazzo mi svegliavo alle 4.00 del mattino per andare in montagna a sciare e mai nessuno si è sognato di dire qualcosa. Si tornava a casa la sera alle 20.00 e il giorno dopo si andava a scuola, ma mai nessuno ha detto nulla.

Tu prova a fare lo stesso per Dio. TU prova a svegliarti alle 4.00 perché devi pregare. Se se ne accorgono ti dicono che sei pazzo. Ti prendono in giro, ti scherniscono, ti dicono che sei esagerato, fondamentalista. Ma come? Se lo faccio per sciare va bene e se lo faccio per Dio non va bene? Cosa cambia?

A te cosa interessa? Perché se faccio le cose per Dio non va bene?

Se non mangio la carne perché sono vegano o altro, non fa nulla. Se non mangio la carne perché è venerdì di Quaresima, ti dicono di stare attento perché fa male, puoi morire. Ma come?

Se sto in piedi fino alle 5.00 del mattino a ballare come un pazzo è tutta salute, se sto in Chiesa a fare l’Adorazione Eucaristica mi ammalo.

E non parliamo del digiuno a pane e acqua. Ti dicono che sei matto, che svieni. Ma di cosa stiamo parlando?

Il vaso di alabastro è mio, il nardo è mio e faccio come voglio io. Impariamo a difendere i nostri sacri diritti. Non porto via niente a te, quindi tu e la tua indignazione potete andare altrove. Faccio secondo la mia coscienza. Risponderò io davanti a Dio, ma è inutile che ti indigni. Lasciami essere quello che sono e quello che voglio essere.

Dovrò fare una catechesi sul rispetto umano di San Bernardo, ve la dovrò fare perché è meravigliosa.

“«Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.”

Quando non si sa più giustificare la propria grettezza d’animo, la propria durezza di cuore, la propria mancanza di amore, di devozione e di pietà verso Dio, si tirano fuori i poveri, che diventano la coperta per coprire sempre tutto.

Perché devono essere messi in antagonismo con Gesù? Ma che amore è questo? Quando qualcuno ci pone i poveri in antagonismo col Signore vuol dire che non ama né i poveri, né il Signore, e usa i poveri per mascherare la sua mancanza di amore per Dio.

“Ed erano infuriati contro di lei.”

Perché dovrebbero infuriarsi?

Delle cose mie faccio quello che voglio, cosa volete dalla mia vita?
Il mio tempo, la mia vita, li uso come voglio io. Per cosa ti indigni?

Noi non dobbiamo rispondere a certe domande. “Perché questo spreco di profumo?” Sono fatti miei, non ti interessa.

“Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite?”

Ecco che la Verità interviene e fa giustizia. Lei non dice una parola. Questa donna non risponde niente, perché a questi personaggi non si può rispondere niente. Saranno anche i discepoli di Gesù, ma in questo momento sono completamente “fuori”. Lei non dice una parola, non le interessa niente, a lei interessa solo Gesù. Dobbiamo anche noi imparare a fare così. Di fronte a queste domande a queste situazioni, dobbiamo tacere, perché a certe domande non c’è niente da rispondere, lasciamo che sia Gesù a rispondere.

“Ha compiuto un’azione buona verso di me.”

Come a dire: “Voi quante azioni buone verso di me avete compiuto? Forse per questo vi siete indignati? Forse perché avete la coscienza sporca e non avete fatto un’azione buona verso di me? Quindi vedendo un’azione buona, vi infuriate in preda all’invidia per questo gesto?

“I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me.”

Gesù non pone un’alternativa. Gesù vuol dire: “Fate pure del bene ai poveri, ma perché questo deve diventare una scusa per non farlo a me?”

“Ella ha fatto ciò che era in suo potere”

Ecco la perfezione di cui vi parlavo all’inizio. Ciò che può e deve fare per sua natura. Quello che poteva fare lei l’ha fatto, questo è un gesto perfetto. E siccome è in mio potere, allora lo esercito come lo voglio io, assumendomi tutte le mie responsabilità.

“Ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura.”

Ma voi non lo avete neanche per la testa. Voi avete in mente la pancia.

“In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto”

Questo gesto ha attraversato il tempo, è fissato nell’Eternità. È un gesto immortale perché è un gesto di amore perfetto. Di fronte a questa scena, di fronte al silenzio della donna, di fronte alla sentenza di Gesù, il cuore e la mente di Giuda esplodono.

“Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù.”

Fu un gesto di devozione, di amore perfetto verso Gesù che scatenò definitivamente il tradimento di Giuda, questo personaggio così decaduto che raggruppa in sé in negativo tutti i discorsi che stiamo facendo del libro “L’inconscio Spirituale” del prof. Larchet. Tenete sempre davanti agli occhi lui, che porta in sé perfettamente, nel male, tutti i discorsi negativi che stiamo facendo. Si finisce così, con un cuore che diventa iper-reattivo di fronte ad ogni gesto di bene e di amore verso Gesù.

Come si può dire a qualcuno: “Tu non ti devi inginocchiare davanti all’Eucaristia”? È il demonio a dirlo. Una persona che ama il Signore non può dire ad un altro di non mettersi in ginocchio davanti all’Eucarestia, che è il Corpo dato e il Sangue sparso di Gesù. E quando ci troviamo davanti a qualcuno così non serve mettersi a fare discussioni e citazioni. Non serve a niente, perché chi è in questo stato non capisce niente. Non dimentichiamoci che l’amore e la devozione per il Signore scatenano l’inferno.

Possiamo dire che questa donna ha fatto una sorta di esorcismo, e Giuda immediatamente ha reagito nel modo peggiore. È andato e si è accordato per tradirlo. Perché poteva ancora tollerare qualunque cosa, ma questo gesto, l’alabastro e l’olio, questo no. Gesù li ha lasciati fare, è intervenuto al momento opportuno a cose fatte, ma fino a quel momento è stato zitto.

Perdonatemi se oggi vi ho rubato molto tempo, ma ho voluto dirvi tutte queste cose perché mi è sembrato giusto dirle insieme, e le ho volute dire anche un po’ piano, soprattutto all’inizio, perché quel tema della perfezione è molto importante. Vi auguro di cuore una santa giornata, prometto che domani sarò molto più sintetico, recupererò.

E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

Venerdì della I settimana di Quaresima

VANGELO (Mt 5,20-26)
Va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinèdrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».

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