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Il Sacerdote non si appartiene, di Mons. Fulton Sheen: 12° parte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 13 giugno 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Il Sacerdote non si appartiene, di Mons. Fulton Sheen: 12° parte

Eccoci giunti a domenica 13 giugno 2021. Oggi, anche se non possiamo festeggiarlo, ricordiamo il carissimo Sant’Antonio di Padova, Sacerdote, Dottore della Chiesa. Una figura strepitosa, bellissima, che vi invito per quanto possibile ad approfondire perché è veramente molto, molto bella. 

Abbiamo letto la seconda lettura della Santa Messa di oggi, tratta dal capitolo V, versetti 6-10 della seconda lettera ai Corinzi di San Paolo Apostolo. 

Sono dei testi molto belli. Primo: la fiducia, avere sempre fiducia in Dio, qualunque cosa accada, fiducia in Dio sempre, perché Dio è Padre e ci ama tantissimo, a tal punto che non possiamo neanche immaginarlo. Poi: siamo in esilio.

“Preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore.”

Noi non troppo, perché abbiamo una paura incredibile di morire, siamo disposti a tutto pur di non morire, siamo disposti a tutto… ma moriremo tutti, chi prima, chi dopo, moriremo tutti.

Questa è Parola di Dio, anche e soprattutto a chi non piace, quando voi siete a Messa e sentite dire “Parola di Dio”, tutti rispondono “Rendiamo grazie a Dio”, quindi questa è Parola di Dio, è il Nuovo Testamento, è la Scrittura. 

“Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.”

Quello che vi dico sempre “Dovremo tutti comparire davanti al Giudizio di Dio”, tutti, e poi là sentiremo. 

Continuiamo la lettura del testo “Il Sacerdote non si appartiene” del Venerabile Mons. Fulton Sheen. Ci eravamo lasciati con le domande del capitolo 13°:

Giuda e la prima incrinatura nel suo sacerdozio

Monsignor Sheen si chiede:

“Di dove comincia il declino spirituale? Qual è il primo sintomo di tutta una catena di peccati? I nemici tradizionali della spiritualità sono il mondo, la carne e il demonio, ma non vengono, essi, per secondi? Non si ha forse il distacco da qualcosa prima che sia possibile un attaccamento a qualcosa?”

E io aggiungo: “a qualcuno”. Non è necessario che ci sia prima il distacco da qualcuno perché sia possibile un attaccamento a qualcun altro? Così forse è un po’ più chiaro.

 “Si dice spesso che Giuda, esempio supremo dell’apostolo caduto, fosse stato prima di tutto corrotto dall’avidità.”

Tutti ce lo immaginiamo così: “Giuda ladro”.

 “Il Vangelo non convalida questa tesi.”

Diffidate sempre delle analisi troppo facili, troppo frettolose, troppo immediatamente evidenti, perché sono sintomo sicuramente di poco studio, di poco approfondimento e poi di poco amore per il Signore, perché il Signore illumina la mente. 

 “È concepibile che l’avidità sia stata il suo movente quando accettò di seguire Cristo”

Quindi lui l’ha seguito per avidità.

 “e deve avere richiesto una certa vigilanza per impedire che trapelasse, che venisse scoperta.”

L’avidità c’è stata, come movente, ma poi ha nascosto tutto.

 “Quanto deve essersi sentito a disagio nell’ascoltare Nostro Signore Santissimo svolgere in parabole il tema della vanità della ricchezza! Indubbiamente si rendeva conto che facevano al caso suo.

Più tardi, l’avidità diventa sfacciata. Giuda protesta apertamente contro lo spreco del costoso profumo con il quale Maria cosparge i piedi del Salvatore. Poiché di tutto conosceva il prezzo, ma di nulla conosceva il valore”

Segnatevi questa frase, è incredibile:

“di tutto conosceva il prezzo, ma di nulla conosceva il valore”

Non siamo forse così anche noi? Almeno un pò. Noi conosciamo il prezzo di ogni cosa, ma il valore, qual è il valore?

Per esempio noi conosciamo il prezzo di seguire il Signore che comporta delle rinunce, delle penitenze, dei sacrifici, delle ascesi, ma conosciamo il valore di queste cose? 

Riusciamo a pesare quanto vale, che valore ha l’essere padre, madre, l’avere una famiglia, magari una bella famiglia, avere dei figli, un buon lavoro, che valore ha tutto questo? 

Noi ci concentriamo invece sul prezzo: “Ecco è difficile, no non ce la faccio, no, ma adesso ho trovato l’amore della mia vita”. Questa cosa può essere detta da un prete o un uomo sposato o una donna sposata che lasciano tutto e tutti e se ne vanno. A fuggire, a scappare, siamo tutti capaci. 

A me capitò una volta questa esperienza, che mi lasciò molto perplesso. Avevo conosciuto un Sacerdote, tra l’altro un Sacerdote con degli incarichi importanti, una persona importante a livello ecclesiastico. Avevamo un po’ parlato, mi aveva fatto vedere la sua casa, molto bella, bellissima, stupenda, con un balcone meraviglioso, una casa grande, con uno studio… se penso alla mia cameretta dove ho tutto in quattro mura: letto, comodino, scrivania, sedia, armadio, mobile e attaccapanni! Diciamo che la mia cameretta era il suo bagno, forse la mia è un po’ più piccola del suo bagno. Una bellissima casa, una bellissima parrocchia, una bellissima posizione geografica, ecclesiastica, una vita in carriera bella, umanamente molto apprezzabile. Ci salutiamo, passa un po’ di tempo e io lo richiamo. E chiama, e chiama e non risponde nessuno. Ma possibile? Mando messaggi, email, niente. Sarà mica morto! Santa pace, Giorgio, hai lasciato passare tutto questo tempo, magari questo povero uomo è morto e tu non lo sai neanche, non sei neanche andato a trovarlo al cimitero per dirgli una preghiera, poverino.

Mi è venuto in mente che mi aveva parlato di un fratello, così cerca e cerca, trovo il numero del fratello. L’ho chiamato:

“Lei è il fratello del Padre…”

“Sì, sono io”

“Guardi, che bello, sono proprio contento di sentirla, perché in tutti i modi sto cercando di contattare suo fratello ma non riesco più, mi è venuto il dubbio, speriamo di no, che gli sia successo qualcosa, che sia stato male”.

Si è fatto un silenzio… Ma è caduta la linea o io sono un freezer a contatto che appena parlo congelo? Si è fatto un silenzio…

“Pronto?”

“Si sono qui”

“Cos’è successo? Ma sta male?”

“No, mio fratello non è più prete.”

“Oh cielo!”

“Si lui ha lasciato, adesso è sposato… però non vuole essere rintracciato, non vuole dare il numero di telefono, ha tagliato i ponti con tutti… ”

“Va bene, pazienza, arrivederci”.

Ma oggi non va di moda dire che “ho trovato l’amore”, “adesso sono con l’amore”, “ho completato la mia vocazione sacerdotale sposandomi”? Se uno vuol fuggire, fugga. Ma se ha fatto una scelta così buona, così giusta e così santa, perché deve fuggire? Perché si deve nascondere? Perché deve dire di non essere più rintracciabile? Allora c’è qualcosa che non va. Magari sono io che sbaglio a pensare. Io, quando sono diventato prete, non ho fatto sparire il mio numero di telefono, ho lo stesso numero di telefono da quando esistono i cellulari, è sempre quello, non ho mai cambiato il mio numero di telefono da quando mi hanno dato il primo cellulare. Ma non ho paura di essere trovato, non ho paura che uno mi chiami. Perché devo cambiare numero? Perché devo troncare tutti i rapporti che ci sono stati? Se ho fatto un passo così bello, così gusto, così buono e così santo, qual è il problema? 

Ma quando noi non conosciamo il valore, di fatto puntiamo gli occhi solo sul prezzo. È così!

“La preghiera no, che barba, il digiuno no, la penitenza no, lo svegliarsi presto no, assolutamente no, la preghiera presto no, la confessione frequente no… ”. Perché tutti questi no?

Oppure lo si fa, ma con il collo storto, lo si fa annichiliti, col muso, come quando io devo mangiare le radici amare, che sono una cosa terribile, perché punto gli occhi sul prezzo. Ma se io puntassi gli occhi sul valore e se conoscessi il valore, non farei così.

Non arrivo a Messa in ritardo se conosco il valore dell’Eucarestia. Ma siccome punto sul prezzo… E costa, perché costa seguire il Signore. Come tutte le cose preziosissime ha un prezzo altissimo. L’innamorato punta gli occhi sul valore, il servo punta gli occhi sul prezzo e quindi fa tanto quanto, non di più, e poi si prende le sue licenze, perché quando c’è di mezzo il prezzo posso sempre un pò giocarmela, ma quando c’è di mezzo il valore, cambia tutto.

 “Giuda calcola che con il ricavato di quell’unguento un uomo avrebbe potuto vivere comodamente per un anno. Quale doveva essere stato il suo disappunto quando aveva udito Zaccheo di Gerico dire a Nostro Signore:

«Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto»(Lc 19, 8).”

Quest’uomo ha capito il valore e quindi sente il prezzo, ma sa che non è paragonabile al valore. Quando io sento più il prezzo del valore, quando sento che il prezzo ha un peso, allora vuol dire che il valore non c’è, che non ho capito il valore.

“Giuda deve anche essersi chiesto… ”

Questa è un’intuizione di Monsignor Fulton Sheen, geniale, è verissima, tipica di un uomo che prega tanto.

 “Giuda deve anche essersi chiesto come mai Matteo avesse abbandonato il redditizio impiego di esattore delle imposte per seguire il Salvatore nella povertà.”

Avrà detto: “Ma quello è matto, con tutto quello che guadagna lascia tutto per andare dietro a Gesù?”

“Lo stesso Matteo può essersi sorpreso di non essere stato nominato tesoriere, data la sua familiarità con le operazioni finanziarie. Che in Giuda albergasse l’amore per il denaro è pacifico. Lo dimostrò chiaramente la sua protesta nel vedere l’unguento versato sui piedi del Signore:

«Perché questo spreco? Lo si poteva vendere [l’unguento] a caro prezzo per darlo ai poveri!» (Mt 26, 8-9).

Maria obbediva a un impulso spontaneo, disinteressato, e di ciò le veniva fatta colpa.”

Perché lei puntava sul valore, e i Giuda incolpano sempre coloro che amano Gesù, perché per loro è uno spreco. 

“Che vita sprecata amare così tanto il Signore! Ma cosa vieni a fare in Chiesa così presto? Ma stai a letto a dormire!”

Noi preti diciamo anche queste cose, sentite con le mie orecchie. Mi sono sentito morire mentre le sentivo: “Cosa vieni a fare in Chiesa così presto, stai a letto a dormire”. Ho visto fedeli, li ho visti con i miei occhi — e se li ho visti io li ha visti anche Dio — fuori dalla chiesa al freddo, sotto la pioggia, la neve, il vento, con il gelo che ti taglia le gambe, al mattino presto ad aspettare che venisse aperta la chiesa e il prete dentro che non apriva, perché non era ancora giunta l’ora. Questa è la carità cristiana. Noi che parliamo tanto di carità… questa è la carità cristiana! Tu sai che dei fratelli nella fede che amano il Signore sono lì, cosa vuol dire che non è ancora l’ora? Perché, chi ha deciso qual è l’ora? È una convenzione, ma le convenzioni cambiano, perché se tu apri la chiesa invece che alle sette, la apri alle sei e trenta, cosa cambia? Se tu la apri dieci minuti prima, cosa ti cambia? Ti cambia che poi arrivano ancora prima e poi ancora prima. “Cosa faccio, mi devo svegliare prima per andare ad aprire a loro? Eh no! Stiano a casa loro a pregare!”

Non si fa così. Ho visto Sacerdoti, ho sentito Sacerdoti urlare, insultare i fedeli perché chiedevano — prima del Coronavirus, prima di questo tempo — la Comunione in bocca e in ginocchio. Scene terribili, così mortificanti… Ho sentito anche delle parolacce. Terribile. Di tutto questo noi renderemo conto a Dio. Renderemo conto a Dio di tutto, certamente. Sono certo che voi amate tanto il Signore e che nella vostra vita fate tantissimo per sacrificarvi a Lui e continuate a farlo, a maggior ragione quando noi Sacerdoti vi diamo il cattivo esempio, perché la vostra vita è un rimprovero, anche se non dite niente, la vostra vita è un rimprovero alla nostra inerzia, alla nostra pigrizia, accidia, alla nostra mancanza di pietà e di devozione al Signore, sono carboni ardenti messi sul nostro capo, direbbe la Scrittura.

“Maria obbediva a un impulso spontaneo, disinteressato, e di ciò le veniva fatta colpa.”

“La notte è fatta per dormire, non è fatta per venire a fare l’Adorazione Eucaristica.” Tutte cose che ho sentito con le mie orecchie. 

 “Gli amanti terreni poco si preoccupano dell’utilità dei loro doni.”

È vero, queste cose che scrive sono verissime. Se tu sai che a Padre Giorgio Maria piacciono le ciliegie, se tu sai che gli piacciono i duroni, quelli bianchi screziati di rosso, buonissimi, questi ciliegioni grossi di Vignola, se tu sai che gli piacciono le ciliegie, secondo te ha senso regalargli un casco di banane? Che poi detesto, tra l’altro. Ha senso? Ha senso andare a portargli un cesto di pere? Che a me ricordano l’ospizio, l’ospedale, quindi assolutamente no. Ma ha senso? No, non ha senso, non ha alcun senso! “Ma io ho fatto un dono”. Ma non è utile, perché per quella realtà, per quella persona, per quella situazione, quel dono non ha senso. Non conta che tu abbia fatto un dono. “Quel dono l’ho fatto col cuore”. Ma senza la testa. Prima di fare un dono devi pensare a colui che lo riceve e chiederti: “Ma questo dono sarà gradito? Che cos’è che più gradisce?”

Devo fare a Padre Giorgio un dono di frutta, ad esempio. Gli regalo un vagone di more? No! Le more no, che poi mi ricordano quella cosa là, assolutamente no, che sono buonissime, mi piacciono, ma no perché poi viene fuori un’altra omelia sulle more. Portagli le ciliegie.

Gli amanti terreni non si preoccupano di queste cose. È tipico quando, a Natale, riceviamo i regali più inutili, li apriamo e diciamo: “Oh che bello! Ma pensa, mi mancava proprio questo” — Io rido quando vedo queste scene — E dove finisce il regalo? Nel cesto del riciclo. L’anno prossimo lo useremo per qualcun altro, perché non è utile. È difficile fare regali, è difficilissimo, perché bisogna conoscere la persona. E noi conosciamo Dio? Noi sappiamo cosa gradisce Gesù? Non andiamo da Gesù con un vaso di more se sappiamo che non gli piacciono, o con un vaso di pesche se gradisce le albicocche. Non ha senso.

“I veri amanti del Cristo non misurano ciò che donano.”

“Di notte si dorme, perché venite in chiesa così presto?”

“Perché non misuriamo ciò che doniamo. Si dona e basta”

“Spezzano il vaso d’alabastro e danno tutto, ma per Giuda, il gelido spettatore, era uno spreco inutile.” 

Mi sono fermato perché quando ho letto “era uno spreco inutile” ho rivisto una scena. Queste cose ve le racconto per farvi sentire che non siete soli, che chi vi parla non vive nell’Olimpo, nell’iperuranio dove dall’alto vede la massa damnationis che si arrabatta come può nelle cose della vita, no, chi vi parla è come voi, dentro lo stesso mare assai agitato e tempestoso. Ero da poco diventato prete e mi chiamarono a fare una predicazione e a celebrare una Santa Messa. Dopo la Comunione ho sempre avuto l’abitudine, quando lasciavo la pisside sull’altare se c’era un altro Sacerdote che la portava via, nel momento in cui lui la prendeva, siccome io passavo a fianco al Signore, facevo la genuflessione, ho sempre fatto così e sempre farò così. Questo Sacerdote prende la pisside, io faccio la genuflessione a lui, non se l’aspettava, perché aveva in mano la pisside, e lui dice, l’abbiamo sentito tutti, c’era lì il microfono, poi c’è il silenzio della Comunione: “Oh mamma mia! Adesso anche questa!” Uno spreco inutile. Sì anche questa, sprechiamo, facciamolo anche per chi non lo fa, spezziamo tutti i vasi di alabastro che abbiamo, spezziamo la stima, il consenso, il riconoscimento degli uomini verso di noi, spezziamolo ai piedi di Gesù, spezziamolo per Gesù.

“Che vita sprecata, poteva essere…, diventare… e invece guardalo tra i tuareg, Charles del Foucault”, “Madre Teresa di Calcutta, che vita sprecata!” 

Sì, bellissimo! E sia!

Padre Damiano de Veuster, di cui vi ho parlato l’altro giorno, che vita sprecata sull’isola di Molokai, tra i maledetti, tra tutti i reietti! Sì! Quando guardavo il film lo invidiavo, dicevo: “Che bello questo modo di portare la fede alle persone, di portarle a Cristo, questi battesimi che lui faceva dove dava i nomi Andrea degli Apostoli, Rosa, che bello questo zelo per le anime!”

 “Effettivamente, nel Sacerdote l’avarizia può essere uno dei peccati più gravi, forse anche il più insidioso. E un peccato «pulito», che si pavoneggia mascherato da prudenza, da «previdenza per la vecchiaia». Simon Mago, per esempio, non perse tempo a concepire l’idea che l’imposizione delle mani era un ottimo mezzo per far denaro (At 8, 19).”

Se io dovessi fare denaro con tutte le omelie che ho fatto, a quest’ora avrei uno yacht di 150 metri. Però l’idea noi ce l’abbiamo di teorizzare tutto, che tutto abbia un prezzo, un costo.

“Il buon Sacerdote vive per la vocazione; il Sacerdote avaro vive della vocazione.”

Il Sacerdote buono vive per la vocazione, il Sacerdote avaro vive della vocazione, si nutre di quello che arriva da lì.

“Quando partecipa a una riunione pastorale, egli ignora ogni e qualsiasi riferimento: alla santificazione del clero, alla disciplina morale e spirituale, alle visite da farsi agli ammalati, ma quando il Vescovo parla di congrue, d’indennità di stola, di promozioni, allora drizza le orecchie e ascolta. Si dà continuamente da fare per ottenere una parrocchia «migliore», ma per lui «migliore» significa unicamente più redditizia.”

Qui c’è poco da dire perché c’è solamente da fustigarsi, c’è solamente da cambiare vita. Noi dovremmo parlare solo di questo: della santificazione di noi Sacerdoti, della disciplina morale e spirituale, della visita da fare agli ammalati, della predicazione, di questo. Di cos’altro dobbiamo parlare?

“In netto contrasto con le parole del Signore, l’uomo avido crede di poter servire e Dio e mammona. Nostro Signore intese dire che l’uomo non può dividere il suo cuore tra Dio e il denaro. E qualora lo possa, Dio non sa che farsene di una fetta di cuore.

Accade sovente che chi ama ammassare ricchezze, sotto altri aspetti sia senza peccato. Mantiene il celibato, può anche dimostrarsi meticoloso nell’osservanza delle leggi esterne della Chiesa, fa né più né meno quello che facevano i Farisei, «I Farisei che erano amanti del denaro» (Le 16, 14). Fu appunto a essi che il Signore narrò la parabola del ricco epulone (Le 16, 19-31).”

Prossimo paragrafo che leggeremo domani:

“Quindi fu la cupidigia l’inizio della caduta di Giuda?” 

La risposta è no. E allora? 

“La prima testimonianza della caduta di Giuda risale nel momento in cui… ”

Domani lo saprete, domani vi dirò a quale momento preciso risale la caduta di Giuda. Si instaura proprio lì e Giuda decide di tradire Gesù definitivamente proprio di fronte a questo gesto di Maria dell’alabastro. Domani vedremo.

 

Tema di oggi: Cuore premuroso di esaudirci.

Fioretto: Uniformatevi alla volontà divina accettando le sofferenze della vita in unione a quelle di Gesù e Maria.

Che bello se imparassimo a fare questo, che bello se imparassimo questa conformazione, sarebbe proprio bello.

Ossequio: Partecipate alla S. Messa unendovi ai sentimenti del Salvatore, nostro mediatore presso il Padre Celeste.

I sentimenti di Gesù, però, bisogna conoscerli.

Giaculatoria: Cuore Eucaristico, – sempre a Te unita, sommessa e docile, – sia la mia vita.

E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

SECONDA LETTURA (2Cor 5, 6-10)
Sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere graditi al Signore.

Fratelli, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo – camminiamo infatti nella fede e non nella visione –, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore.
Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi.
Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.

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