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Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!

il cieco di Gerico

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 24 ottobre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione

Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!

Eccoci giunti a domenica 24 ottobre 2021.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo X di San Marco, versetti 46-52.

Anche noi, oggi, siamo qui lungo la strada a mendicare e a gridare a Gesù di avere pietà di noi, anche noi abbiamo bisogno della grazia grande di rivedere o di vedere. 

Cosa vuol dire vedere se non convertirsi, come abbiamo visto in questi giorni? E allora continuiamo la nostra meditazione della Lectio Divina del Santo Padre Benedetto XVI, tenuta il 10 marzo 2011, nell’incontro con i parroci della diocesi di Roma:

 “E così anche la parola latina “poenitentia”, che ci appare un po’ troppo esteriore e forse attivistica, diventa reale: esercitare questo vuole dire esercitare il dominio di me stesso”

Che è la cosa più difficile che ci sia, avere il dominio di me, dei miei pensieri, delle mie emozioni, dei miei desideri, delle mie istintività. Ecco che allora anche il non mangiare i dolci, per esempio, il venerdì, fare il digiuno, se è vissuto in questa logica di dominio di me, è molto bello, perché capite che non si esaurisce il venerdì, non si esaurisce con la Quaresima, perché se mi sono allenato al dominio di me stesso poi vado avanti, che non vuol dire allora non mangerò più dolci in eterno, ma vuol dire che quando ricomincerò a mangiarli, li mangerò in un modo diverso, e questo lo potete applicare su tutte le cose nelle quali vogliamo vivere la penitenza. Il dominio di me è proprio esattamente questo, che si estende ad ogni ambito della nostra vita.

“Lasciarmi trasformare, con tutta la mia vita, dalla Parola di Dio, dal pensiero nuovo che viene dal Signore e mi mostra la vera realtà.”

La conversione vuol dire avere un nuovo pensiero, un nuovo modo di pensare, che non viene dal mondo, non viene dal serpente antico, ma viene da Dio.

 “Così non si tratta solo di pensiero, di intelletto, ma si tratta della totalità del mio essere, della mia visione della realtà.”

Qui c’è tutto, dal modo con il quale io vedo la realtà dipende poi tutta la mia vita, pensiero, intelletto, affetti, azioni, tutto, tutta la mia persona. Dobbiamo quindi cambiare la visione della realtà.

Ecco perché non ha senso andare a fare polemiche e discussioni su chi non è convertito, perché vive un’altra realtà. Semplice! È inutile che uno mi venga a dire: “È bellissimo questo film che guardo in 3D” se io non ho gli occhialini, perché io lo guardo solamente in due dimensioni, abbiamo una visione della realtà diversa e quindi non riusciamo ad incontrarci. Per cui è inutile insistere come facciamo noi. Non si tratta di capire una cosa che non si capisce, si tratta proprio di una visione diversa.

 “Questo cambiamento del pensiero, che è conversione, tocca il mio cuore e unisce intelletto e cuore, e mette fine a questa separazione tra intelletto e cuore, integra la mia personalità nel cuore che è aperto da Dio e che si apre a Dio.”

La conversione unisce il pensiero con i sentimenti, cioè toglie questa schizofrenia, non è che il pensiero va da una parte e i sentimenti dall’altra, no, insieme, cioè integra la persona in questa apertura a Dio.

 “E così trovo la strada, il pensiero diventa fede, cioè un aver fiducia nel Signore, un affidarmi al Signore, vivere con Lui e intraprendere la sua strada in una vera sequela di Cristo.”

È bellissima questa frase:

“Il pensiero diventa fede, cioè un aver fiducia nel Signore, un affidarmi al Signore”

Abbiamo proprio bisogno, come il cieco che abbiamo sentito poc’anzi, abbiamo bisogno veramente di questo pensiero nuovo.

“Poi san Paolo continua: “Costretto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme, senza sapere ciò che là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo, di città in città, mi attesta che mi attendono catene e tribolazione. Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al Vangelo della grazia di Dio” (vv. 22-24). San Paolo sa che probabilmente questo viaggio a Gerusalemme gli costerà la vita: sarà un viaggio verso il martirio. Qui dobbiamo tenere presente il perché del suo viaggio. Va a Gerusalemme per consegnare a quella comunità, alla Chiesa di Gerusalemme, la somma per i poveri raccolta nel mondo dei Gentili. È quindi un viaggio di carità, ma di più: questa è un’espressione del riconoscimento dell’unità della Chiesa tra ebrei e gentili, è un riconoscimento formale del primato di Gerusalemme in quel tempo, del primato dei primi Apostoli, un riconoscimento dell’unità e dell’universalità della Chiesa. In questo senso, il viaggio ha un significato ecclesiologico e anche cristologico, perché ha così tanto valore per lui questo riconoscimento, questa espressione visibile dell’unicità e dell’universalità della Chiesa, che mette in conto anche il martirio.”

Ci avevamo mai pensato noi? Forse no.

Prosegue il Papa:

 “L’unità della Chiesa vale il martirio.”

Vi ricordate quando vi dissi, tempo fa: “Se il mio fratello resta fuori, anche io vado fuori”? L’unità della Chiesa la facciamo anche nelle piccole cose, anzi soprattutto nelle piccole cose. Condivido con mio fratello la sua situazione più drammatica, senza mettermi ad esprimere chissà quale giudizio. Se lui sta fuori, devo stare fuori anche io.

In questo momento mi viene in mente una scena del film “The Mission” — vi prego guardatelo questo film se non lo avete mai visto, anche se è un po’ datato ma è bellissimo — mi viene in mente la scena finale quando il visitatore apostolico va a fare visita alla missione dei Gesuiti, in mezzo agli Indios, per decidere ciò che di fatto era già stato deciso, cioè che se lui non avesse chiuso le missioni in Spagna, avrebbero soppresso l’ordine dei Gesuiti, quindi di fatto era già decisa la cosa. Vi ricordate che i Padri gli fanno vedere tutte le cose belle che avevano fatto, e poi c’è quel bellissimo canto dell’Ave Maria Guaranì, quando lui arriva, con queste voci meravigliose, con questi bambini e queste persone che lo accolgono con le palme. Lui entra in chiesa, e stanno tutti fuori a pregare con lui. È una decisione grande che dovevano prendere, però si poteva immaginare la fine, infatti poi sarà un massacro. Lui va la e deve arrivare a questa decisione ufficiale, c’è una scena — i nomi non me li ricordo più, ma li potete andare a rivedere nel film — dove il Padre responsabile della missione, il Gesuita con la barba, sta parlando con il visitatore apostolico. È notte, gli sta facendo certi discorsi per convincerlo a non prendere la decisione sbagliata, quella di sopprimere la missione e consegnare queste persone alla ferocia dei Conquistadores…

Apro una parentesi e la chiudo subito. Sapete che una delle accuse che vengono fatte alla Chiesa di quel tempo erano i battesimi di massa. I non credenti dicono: “Ecco, vedi la Chiesa cosa faceva? Per questo bisogna chiedere scusa, perché la Chiesa andava e battezzava in massa questi Indios, che non sapevano né leggere né scrivere e li facevano diventare cristiani senza nessuna loro cooperazione, e quindi faceva una violenza terribile”. Vedete l’ignoranza colpevole? Perché questa è storia e bisogna conoscerla tutta, non si può insegnare un pezzo, fa comodo ad una certa ideologia. La storia è storia. Le cose non sono andate così, ci sono stati i battesimi di massa, vero, ci sono stati i Padri Gesuiti che hanno condotto tutte queste persone, i bambini, e anche adulti a battesimi numerosissimi, appunto, di massa, in questo modo descritto da loro, ma perché lo facevano? Semplice! Perché queste persone senza battesimo erano considerate bestie dai Conquistadores, quindi potevano essere fatte schiave. Nel momento in cui venivano battezzati, diventando figli di Dio erano Cristiani, quindi non erano più bestie, e quindi non potevano più essere fatte schiave, portate via e schiavizzati. Capite? Dobbiamo chiedere scusa di questo? Questa è l’ignoranza colpevole, si usa l’ignoranza per gettare discredito e cattiveria su ciò che è stata una cosa bellissima e umanamente importantissima, e che sicuramente ha salvato la vita di tante persone. 

Nel film c’è anche una scena in cui loro vengono convocati davanti ai Conquistadores e al visitatore apostolico, un bambino indio inizia a cantare e dicono: “Come fa una persona che canta così a non avere l’anima?” Perché era ovvio che era un pretesto per dire che non sono battezzati e quindi sono bestie. Ma come fanno a essere bestie? Sono comunque esseri umani. 

L’ideologia, rinuncia al principio di realtà, ve l’ho già detto milioni di volte. Non è che loro erano più cattivi di noi adesso, perché noi adesso facciamo di peggio, forse, abbiamo più strumenti ma rinunciamo a vedere la realtà, perché ci fa comodo così.

Chiudo la parentesi e torno al film.

Dicevo che il Padre responsabile della missione si trova a parlare con questo Vescovo, arriva il bambino e gli dice qualcosa nella sua lingua. Il Vescovo gli chiede: “Cosa sta dicendo questo bambino?”

“Che nella foresta c’è il diavolo e lui ha paura”

Perché dalla foresta venivano i Conquistadores e portavano via le persone, quindi il bambino identifica il diavolo con costoro che portano via i suoi fratelli, la sua famiglia, i suoi amici e quant’altro, e gli mostra questa paura, questo suo disagio profondo. 

Il Vescovo dice: “Se verrà deciso che bisogna chiudere dovete venire via, altrimenti sarete scomunicati”.

Il Sacerdote risponde in lingua al bambino, il Vescovo non capisce e gli domanda cosa abbia risposto al bambino. “Io ho risposto che resterò qui con loro”, dice il Padre, e se ne va. 

Quindi disobbediscono, di fatto, perché le missioni vengono chiuse ma loro non vanno via, rimangono lì con gli ultimi. 

Vi consiglio di andare ad ascoltare il monologo finale, alla fine di tutto questo massacro. I Conquistadores avevano promesso al Vescovo una cosa, che ovviamente non hanno mantenuto, quindi li ammazzano completamente tutti. Il Vescovo aveva creduto alle loro promesse false, aveva scomunicato tutti i Padri della missione e alla fine poi viene fuori la verità. Il Vescovo viene a scoprire — lo dovete andare ad ascoltare assolutamente perché non riesco a riportarvelo a memoria — come sono andate le cose, scopre l’inganno in cui lui è caduto, al quale poi di fatto ha partecipato. Quando si acconsente a queste logiche di mondo poi finisce sempre così. Tra l’altro, poi, i Conquistadores lo accusano: “È stato lei che…”. È sempre così. E allora il Vescovo fa una sorta di monologo bellissimo, dove ammette che coloro che hanno veramente tradito la Chiesa sono le persone come lui e lui lo riconosce, e riconosce il valore del martirio, della santità, della fedeltà a questi Padri che, nonostante tutto, sono rimasti lì, senza neanche avere paura della scomunica. La scomunica ovviamente poi è stata ritirata, ma intanto loro hanno dovuto affrontare una scelta molto grossa: morire scomunicati non è proprio una cosa che uno fa a cuor leggero, devi essere proprio convinto che quella scelta viene da Dio e che in quel momento chi rappresenta la Chiesa non sta vedendo in modo giusto, poi si ricrederà, ma intanto tu muori con quell’atto, con quel presente lì, ci vuole veramente tanta fede e tanto coraggio, come dice Papa Benedetto XVI “L’unità della Chiesa vale il martirio”, certamente questo è stato un martirio, un martirio di sangue ma anche un martirio di cuore, di anima interiore profondo. 

Sono tutti suggerimenti che ci invitano ad una grande riflessione. 

Mi fermo qui, anche perché il ricordo di questo film commuove sempre, perché è un film veramente bellissimo sotto tantissimi punti di vista, riguardatelo anche in funzione dell’Avvento che tra un po’ inizierà, usiamolo come fonte di grande meditazione.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

VANGELO (Mc 10, 46-52)

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

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