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Noè e la sua arca: in vista della pioggia

Arca di Noè

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di martedì 26 ottobre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Noè e la sua arca: in vista della pioggia

Eccoci giunti a martedì 26 ottobre 2021.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo XIII di San Luca, versetti 18-21. 

Il Regno di Dio è simile ad un granello di senapa, piccolissimo, non so se l’avete mai visto, è un’opera di ingegneria, e poi diventa un albero; il lievito, è pochissima cosa, però che miracolo sa fare, sa lievitare una bella forma di pane. Così siamo chiamati ad essere noi, a portare il Regno di Dio così, non servono grandi strumenti, non servono grandi cose, serve esserci, e questo esserci porta dentro tutto, esserci come presenza, come fedeltà, come coerenza, come verità, esserci come sostegno. 

Andiamo avanti con la nostra meditazione della Lectio Divina del Santo Padre Benedetto XVI, tenuta il 10 marzo 2011, nell’incontro con i parroci della diocesi di Roma.

Scrive il Papa:

“Certamente dobbiamo essere attenti alla nostra salute”

Da sempre la Chiesa, da sempre l’agiografia cristiana ci hanno richiamati sull’importanza del dono della salute, anche quando qualcuno dice, magari: “Se prendiamo San Pietro d’Alcantara  — che abbiamo da poco festeggiato — se prendiamo San Francesco d’Assisi, San Giovanni Maria Vianney, non mi sembra che abbiano avuto grande cura della loro salute”. A dire la verità non è vero che non l’hanno curata. Forse non l’hanno curata come fanno alcuni di noi, non l’hanno fatta diventare Dio, forse non l’hanno trasformata in un idolo, forse non si sono resi disposti a calpestare tutti quei principi che fino a ieri sembravano — e ripeto sembravano — essere inviolabili, importantissimi, intoccabili, indiscutibili, e che poi ad un certo punto diventano polvere, non contano più, perché conto io, e allora va bene tutto. Forse i Santi non hanno fatto così, hanno detto: “Sì, certo, la salute è importantissima, dobbiamo stare attenti alla nostra salute ma…” il Papa dice:

 “A lavorare con ragionevolezza, ma anche sapere che il valore ultimo è stare in comunione con Cristo”

Questo hanno fatto i Santi.

 “Vivere il nostro servizio e perfezionarlo conduce a termine la corsa.”

Il valore ultimo è la comunione con Cristo, quindi attenti alla salute, bisogna lavorare con ragionevolezza, ma è importante sapere che niente è il valore ultimo se non Gesù, e allora ognuno faccia i conti con la sua coscienza perché poi dovrà farli con Dio, ovviamente. E con Dio non potremo dire: “No ma io credevo, ma io pensavo…  speravo… ma mi hanno detto e mi sono fidato di…”Ma tu hai un cervello, hai una testa, un’intelligenza, una capacità di discernere. Cosa vuol dire: “Mi sono fidato di…”? Le nostre mamme, senza essere Dio, ci risponderebbero: “Tesoro, mi spiace, ti sei fidato delle persone sbagliate, peggio per te”.

Questo non toglie nulla alla tua responsabilità, se tu hai fatto il male perché ti sei fidato delle persone sbagliate, peggio per te, vuol dire che non sei proprio in grado neanche di discernere l’oro dalla paglia, e questo è grave. Se lo possiamo ammettere in un bambino di 7 anni, non lo possiamo ammettere in una persona di 50/60/40/30 anni, non si può. Finiamola di dare la colpa, o meglio, la responsabilità agli altri: “Dicono di fare così…”. Cosa vuol dire: “Dicono di fare così”? Usa la tua testa. Trovi conferma nel Vangelo? Trovi conferma nella vita dei Santi? Trovi conferma nella vita di Gesù Cristo, sì o no? Semplice. Gesù al tuo posto cosa farebbe adesso?

Sono queste le domande alle quali dobbiamo rispondere.

Ho sempre in mente la scena dell’Arca di Noè, andate a rileggerla, mentre Noè costruiva l’Arca, tutti lo prendevano in giro, tutti che lo schernivano: “C’è un sole a picco, e questo in mezzo alla steppa si mette a costruire un’Arca di quelle dimensioni, ma questo è impazzito! Ma cosa sta facendo?”

“E mangia — direbbe qualcuno — e bevi, divertiti! Ma non lo fa nessuno, Noè! Ma cosa stai facendo? Ma non lo vedi che tutti fanno un’altra cosa? Ma non vedi che c’è il sole? Ma dove sei con la testa! Ma perché devi fare il diverso? Perché non devi fare come noi?”

E Noè intanto prende le assi, mette su la sua bella pece, attacca un asse dopo l’altra, e quelli mangiano e bevono, danzano, ballano, lavorano, si sposano, e Noè costruisce l’Arca, in mezzo alla sabbia. Che uno dice: “Poverino! Ma poi falla più piccola! Non puoi fare un modellino? Ti metti a fare un’Arca che occupa un paese!”

Sì, Noè va avanti a costruire la sua Arca. 

Quando poi l’Arca è finita e Noè ha fatto tutto quello che doveva fare e ha messo dentro tutti gli animali — immaginatevi le scene di questi qui cosa gli avranno detto — e la porta fu chiusa, un giorno, mentre tutti facevano tutto, cadde stranamente la prima goccia d’acqua, che fece dire: “Ma… piove? Ho sentito una goccia dal cielo.”

E, per la prima volta, questi sapientoni distolgono i loro occhi dalla terra e li alzano verso il cielo: “Te va! Inizia a piovere”. Esattamente, inizia a piovere. Iniziò a piovere, peccato che non terminò più. 

“Noè, Noè aprici!!”

No, non si apre più quella porta, avete avuto il vostro tempo, avete avuto la vostra occasione e l’avete usata per schernire, giudicare e usare ogni cattiveria possibile, adesso la porta è chiusa, adesso andate incontro con le vostre certezze, sicurezze e divertimenti, adesso andate incontro alle vostre responsabilità e alle vostre gocce di acqua, ne riparleremo tra due settimane.

Mi viene da dire, così, un pensiero fuori campo, se ce ne fosse bisogno: se ti senti nella condizione di Noè vai a leggere la sua storia, non perderti d’animo, continua a costruire la tua Arca, continua a raccogliere legname, continua a fare la pece, non ti preoccupare se c’è il sole in alto, non ti curare di loro, perché poi quando arriverà la prima goccia d’acqua — e arriverà, perché arriva sempre — lì poi ne riparleremo, lì vedremo: “Ma io credevo… ma io pensavo… ma io speravo… ma mi hanno detto… ma io mi sono fidato…”. Lì vedremo. 

Qualcuno diceva: “Ride bene, chi ride ultimo”, qui purtroppo non c’è niente da ridere, ci sarà solo da piangere. Però, se avremo fatto tutto il possibile per vivere in comunione con Cristo, sarà proprio una grande soddisfazione. La sofferenza sarà stata tanta, perché non è facile costruire un’Arca in mezzo alla derisione e alla totale diversità, ma non ha importanza, bisogna andare avanti e restare fedeli, senza paura, nella consapevolezza che questa vita è transitoria, oggi c’è e domani non c’è più, perché non siamo qui per sempre su questa terra.

Scrive il Papa:

“Forse possiamo rimanere ancora un attimo su questa espressione “purché conduca a termine la mia corsa”. Fino alla fine l’Apostolo vuol essere servitore di Gesù, ambasciatore di Gesù per il Vangelo di Dio. Questo è importante, che anche nella vecchiaia..”

Quante persone anziane oggi ci sono che, per certi versi, si sentono inutili, che vengono trattate come inutili, come un peso, perché sono anziane, perché non sono più capaci di produrre secondo la logica tecnicistica, in realtà producono di più adesso di quando erano giovani, forse.

“..anche se procedono gli anni, non perdiamo lo zelo, la gioia di essere chiamati dal Signore.”

Ci sono persone anziane che hanno un amore meraviglioso per il Signore, hanno uno zelo meraviglioso per le anime, pregano tanto, offrono tanti sacrifici, tanta penitenza, tante lacrime. Ci sono persone anziane che le vedi gioiose di essere di Gesù, unite a Gesù, fedeli a Gesù, che vivono con tanta semplicità la loro fede di sempre, che non è scaduta come scadono i dadi — la fede non scade — che non è sbagliata, non è superata, perché va benissimo, è la fede dei nostri Padri, la fede di sempre. È la fede a  portarci  in cielo, non le chiacchiere.

 “E’ facile direi, in un certo senso, all’inizio del cammino sacerdotale..”

E qui ci possiamo aggiungere: “all’inizio del cammino matrimoniale”, per esempio.

 “..essere pieni di zelo, di speranza, di coraggio, di attività, ma può seguire facilmente, se vediamo come le cose vanno, come il mondo rimane sempre lo stesso, come il servizio diventa pesante, perdere un po’ questo entusiasmo.”

All’inizio si parte a mille e poi uno guarda il mondo, guarda quello che fa, guarda la gente che ha attorno e dice: “Mah! Forse è meglio lasciare perdere!”. Ecco, questo non va bene, questo perdere l’entusiasmo non va bene.

Io qualche volta ricevo qualche bella mail di qualche Sacerdote, anche giovane, o di qualche seminarista, e-mail dense di tanta voglia di amare il Signore. Ci sono veramente tanti preti stupendi, sapete? Quando leggo queste e-mail dico: “Che belle queste persone! Che bei Sacerdoti! Che bei seminaristi! Che anime innamorate di Gesù! Che veri servitori della Vergine Maria! Quanti preti bravi ci sono, bravissimi, che consumano ogni giorno la loro vita per il servizio del Signore”.

Quando li leggo dico: “Forza, facciamo rete!”. È ovvio che più siamo insieme, più siamo uniti, più ci conosciamo e più ci facciamo forza. Certo. Non dobbiamo avere paura, timore, vergogna o non so che cosa, a farci presenti. 

Un Sacerdote giovane, proprio pochi giorni fa mi ha scritto una bellissima mail, dove mi diceva: “Non ho una richiesta in particolare, ma volevo solamente dirle grazie”, e poi diceva: “Perché credo che faccia bene anche a lei — faceva riferimento a me — sapere di non essere solo”. 

Certo che fa bene! Fa bene a tutti sapere che in un certo cammino non si è soli, sia perché ci sono tantissime persone meravigliose, laiche, che conservano la fede nel pozzo come i Maccabei, fuoco sacro, e perché ci sono confratelli nel Sacerdozio, o seminaristi, che condividono questa stessa speranza. E così l’entusiasmo si rinnova, ci rinnoviamo reciprocamente ad essere lì dove siamo lievito, granelli di senapa. È proprio vero, l’unione fa la forza. Ricordate il motto di Gesù: “Ut unum sint”, affinché siano una cosa sola, è la preghiera sacerdotale di Gesù, bellissima, questo chiede Gesù al Padre “Consacrali nella verità, affinché siano una cosa sola”, “Ut unum sint”.

Potrebbe essere, non lo farò, ma la lancio, per me sarebbe impossibile, quindi vi dico che non lo farò mai, ma potrebbe essere proprio il nome di un nuovo sito: “Ut unum sint”, dove raccoglierci, dove unirci, dove esprimere questo desiderio grande di essere uno, nelle nostre diversità, nelle nostre lontananze geografiche, e tutto quello che volete, ma questo essere uno perché si condivide la stessa fede, lo stesso amore, la stessa speranza, lo stesso zelo per il Signore, e anche il sentirsi. Una telefonata, una videochiamata, un messaggio, cambiano, possono salvare una vita,  possono salvare una giornata, possono salvare una vocazione. È giusto pregare, ma è giusto anche darci da fare, essere presenti, esserci, darci il coraggio a vicenda.

Il Papa lo dice:

“Ritorniamo sempre alla Parola di Dio, alla preghiera, alla comunione con Cristo nel Sacramento – questa intimità con Cristo – e lasciamoci rinnovare la nostra gioventù spirituale, rinnovare lo zelo, la gioia di poter andare con Cristo fino alla fine, di “condurre a termine la corsa”, sempre nell’entusiasmo di essere chiamati da Cristo per questo grande servizio, per il Vangelo della Grazia di Dio. E questo è importante.”

Come fa uno a ritrovare questo entusiasmo, questa forza, questo zelo? Ritornando a Gesù, ritornando alla preghiera, alla Parola di Dio, ritornando all’Eucarestia. Ricordate Fulton Sheen: un’ora di Adorazione al giorno dal giorno della sua ordinazione fino al giorno della sua morte. Così morirà davanti al Tabernacolo, bellissimo. E così avremo dei Sacerdoti di novant’anni che sembrano dei bambini: la gioventù spirituale. Ho conosciuto Sacerdoti anziani che sembrava di parlare con ragazzi, giovani dentro, bellissimi Sacerdoti. 

Il Vescovo di cui vi ho parlato, Mons. Cazzaniga era uno di questi, è morto “giovane”: aveva un sorriso, due occhi che gli splendevano in un modo! E poi mi ricordo che lui, ogni tanto, alla sera — questa non ve l’ho mai detta — apriva la sua casa — a parte che era sempre aperta, potevi andare lì sempre e trovarlo là — e sapete cosa faceva? Voi direte: “L’incontro di preghiera, il Rosario…”. Sapete cosa faceva? Giocava a carte. Ed era bravo. A me non è mai successo di andare lì a giocare con lui, ma questi ragazzi che andavano lì da lui mi raccontavano che era bravissimo, giocavano a Scala Quaranta e lui era appassionato, gli piaceva giocare con questi ragazzi a carte, e facevano una bella serata insieme a giocare a carte con il Vescovo. 

Lui non era solo “giochiamo a carte”, perché poi tutti i sabati pomeriggio dalle 14.00 fono alle 19.00 di sera si metteva a confessare i ragazzi, tutte le sere alle 18.00 celebrava la Santa Messa, anche quando era anzianissimo e faceva una fatica incredibile, e il segretario lo doveva aiutare in tutto, lui era lì. Arrivava sempre prima, si preparava alla Santa Messa, poi si fermava al Ringraziamento, meraviglioso, quindi era questo, ed era anche “venite che giochiamo a carte”. 

Quando puoi giocare a carte con il tuo Vescovo, poi, non hai bisogno di andare a fare altre cose brutte, perché lì c’è tutto. Cos’è che manca? Giocavano a carte ma non è che parlavano di sciocchezze, perché poi il Vescovo, mentre giocavano a carte, tirava fuori qualche argomento interessante, oppure i ragazzi stessi gli chiedevano qualcosa, gli chiedevano consigli, perché poi erano ragazzi che lui aveva confessato per una vita, erano miei compagni. 

Troviamo il tempo per tante cose inutili, per tanta aria fritta, e poi forse le cose più importanti le lasciamo andare, le perdiamo. Questa immediatezza: “è il mio Pastore”. 

Certo, voi direte: “Se è una città grande come si fa? Non è che il Vescovo può giocare a carte con tutti”. Vero, però forse non serve neanche giocare a carte con tutti, forse serve fare questi gesti semplici di grande vita casalinga, ordinaria, farlo anche con qualcuno che poi, a sua volta, diventa un segno, un esempio. Io me lo ricordo ancora, anche se non ho mai giocato con lui. Mi ricordo ancora i racconti dei miei compagni, dei miei amici che giocavano con lui e mi ricordo la loro gioia, la loro soddisfazione, il loro appuntamento fisso, non so ogni quanto fosse, non lo ricordo più, questo: “Stasera devo andare dal Vescovo”

— “Devi andare dal Vescovo stasera?”

— “Sì, devo andare a giocare a carte”

Se vado a giocare a carte, certo, poi mi vado anche a confessare  e vado anche a Messa. Fu lui ad amministrarmi la Cresima. Quanti ricordi bellissimi! Quante grazie enormi!

“Ritorniamo alla nostra gioventù spirituale”, ci dice il Papa, “ritroviamo lo zelo, rinnoviamolo, nell’entusiasmo di essere stati chiamati da Gesù”. 

Questa è l’unica cosa importante: ritrova la bellezza del tuo Sacramento, del tuo Matrimonio, la bellezza dell’essere papà, dell’essere mamma, del tuo mandato, del tuo essere Sacerdote, del tuo prepararti ad essere Sacerdote.

Ci fermiamo qua, perché sono tante le cose, come dice Papa Benedetto:

“Questo è importante.”

Tutto il resto non conta niente, sono sciocchezze, tutto il resto passa. Costruiamo la nostra Arca, passo dopo passo, senza guardarci troppo intorno e senza rimanere confusi, dicendo: “Ma sono da solo, non vedo nessuno, mi sembra che tutto vada al contrario”, anche Noè, però…

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

VANGELO (Lc 13, 18-21)

In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

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