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Nostra Signora del Laus e la Venerabile Benedetta Rencurel, parte 22

Nostra Signora del Laus e la Venerabile Benedetta Rencurel

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di sabato 19 febbraio 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione

Nostra Signora del Laus e la Venerabile Benedetta Rencurel, parte 22

Eccoci giunti a sabato 19 febbraio 2022. 

Abbiamo ascoltato la prima lettura della Santa Messa di oggi tratta dalla lettera di San Giacomo Apostolo capitolo III, versetti 1-10. 

Non so quanti di noi conoscano questo testo, quanti di noi lo abbiano meditato almeno una volta nella loro vita. Credo che, mentre lo leggevo, in diversi siete rimasti come stupiti, come impressionati, sono parole fortissime quelle che usa San Giacomo Apostolo, sono le parole più giuste che qualcuno nella storia dell’umanità poteva dire. La lingua. Sì, forse quando andiamo a fare la Comunione — che sia Sacramentale o Spirituale — o meglio, quando pensiamo di entrare in chiesa forse, prima, dovremmo rileggere questi dieci versetti. Quando diciamo: “Ma io non ho niente da confessare, che peccati ho fatto?”. Ecco rileggiamo questi deici versetti. 

Quante parole diciamo in un giorno, quanto tempo dedichiamo a parlare! Andiamo alla Santa Messa: quanto abbiamo custodito il silenzio prima? Si va alla Santa Messa e si sono già dette centinaia di parole per le cose più inutili, ho guardato il telefono, ho risposto ai messaggi, ho ascoltato la radio, devo vedere il telegiornale, devo sapere le ultime notizie, rispondere ai messaggi che mi sono arrivati, guardare Whatsapp, guardare le e-mail, e così noi creiamo il terreno perché la lingua non sia domata, perché la lingua non sia tenuta a freno. 

Che cosa tiene a freno la lingua? Il silenzio. Il silenzio tiene a freno la lingua. Ma noi siamo capaci di fare silenzio? Noi desideriamo il silenzio? Noi ci rifugiamo nel silenzio? 

Quante parole che diciamo, quanto amiamo chiacchierare! Arriviamo a Messa e anche lì un po’ di chiacchiere prima di entrare, magari dentro la chiesa, le chiacchiere per dare i libretti. Ma per dare i libretti bisogna parlare? Questo è veramente incredibile! Per iniziare a dire il Rosario, che è sempre la solita preghiera, che si dice sempre alla solita ora, bisogna parlare? “Tocca me, tocca te, la dici tu la dico io… chi comincia, chi la fa…” Ma dì sto Rosario! Oh santa pazienza! Prendi questa corona e dì questo benedetto Rosario! Ma c’è bisogno di dire 120 parole per dire un Rosario? E sono lì con questi libretti e i foglietti e “lo fai tu, lo faccio io, siediti qui, siediti là, no io prima, tu dopo, io la prima, dopo tu, io la seconda, tu la terza e io la quarta e la quinta e le litanie chi li dice?” Ma santa pazienza, non si può decidere una volta per sempre? Ma dillo tu sto Rosario, dillo tutto tu, dillo tutto tu, io sto qui e me lo godo. Mamma mia! Parole su parole, su parole… parole a distribuire i libretti, parole a raccogliere i libretti, parole a cercare chi fa la lettura, parole per chi dopo ha fatto la lettura, parole per chi deve andare a raccogliere le offerte, parole per andare a rimettere le offerte in sacrestia, parole per la scelta dei canti, parole per dirigere il coro… è tutto un parlare! 

Ma quando, se neanche in chiesa c’è lo spazio per il silenzio, ma quando mai io posso pensare di fare un po’ di silenzio per ascoltare la voce di Dio? Mai! Quando sono in famiglia che ho tre figli e corri di qui, corri di là, ma quando? 

Uno quando va in chiesa dovrebbe avere la speranza certa che almeno li ci sia un po’ di silenzio. 

No, devi andare a chiedere ospitalità nelle tane delle nutrie perché forse almeno lì c’è un po’ di silenzio. 

“Guarda, cara nutria, mi puoi ospitare qui sul tuo sasso? Perché preferisco stare qui tutto bagnato, almeno c’è un po’ di pace!”

È una chiacchiera unica, una chiacchiera in continuazione, e poi il peggio del peggio — perché il peggio del peggio arriva sempre — finisce la Messa e… li ho visti con i miei occhi, ma non una volta, sempre! Estate, inverno, primavera, autunno, -5C°, – 10, + 40, non ha importanza! Il caldo e il freddo li sentiamo solamente quando abbiamo voglia noi, se no va benissimo! A qualunque temperatura cosa succede? Finisce la Messa, ringraziamento velocissimo, comunque quei cinque, dieci minuti canonici, poi escono e si fanno le mezz’ore a parlare. Ma cos’è che avete da dire ogni santo giorno? Ma cosa ti è successo nella vita in queste ultime 24 ore se ci siamo visti ieri? Cosa ti è successo di così incredibile che dobbiamo stare qui a parlare per mezz’ora, 45 minuti, un’ora, in piedi, al freddo e al gelo? Ma quando questa lingua dentro mi morde che deve parlare, sto anche sotto il sole a 50° pur di fare la chiacchiera!

 Mi ricordo, perché li vedevo dalla finestra, un freddo, un freddo, un freddo che non vi dico, avevo freddo io stando dentro. Io li guardavo e dicevo: “Per me questi qui sono dei lagunari in tenuta mimetica, per me sono degli infiltrati, non lo so, avranno fatto i Navy Seals, da dove arrivano? Saranno i Parà, non lo so. 

Se fanno il digiuno mezza giornata a pane e acqua: “Mi viene lo stress” (con otto “s”), però un’ora in piedi a -4 fermi, immobili a parlare, questo va bene, con il naso viola, perché ormai lì la circolazione non arriva più, col naso viola, ma la lingua non si ferma mai. 

Ma chiudi sta benedetta bocca! Ma stai un po’ in silenzio! Ma fai un po’ di silenzio! Ma vai a casa in pace. Ma conserva quel silenzio che dovrebbe essere iniziato quando sei entrato in chiesa, prolunga la tua adorazione, prolunga la tua meditazione, vai a casa, stai un po’ riservato, stai un po’ raccolto, goditi la presenza di Gesù in te.

Se noi non impariamo a dominare la lingua noi non diventeremo mai perfetti, dice San Giacomo, perché la Scrittura dice che “nel molto parlare non manca il peccato”. 

Sapete, la chiacchiera parte magari con “cosa hai mangiato ieri sera”, che, voglio dire, è un argomento di un’importanza incredibile! 

“Come stai?” Ma come vuoi che stia? Mi hai visto 24 ore fa! Se stavo male ormai me ne ero andato, in 24 ore non è che mi viene un attacco di meningite fulminante, sì può anche essere, però se sono qui evidentemente sto bene.

“Come stai? Cosa hai fatto?” Cosa vuoi che abbia fatto! Non è che sono il Presidente d’America che ogni giorno ho il mondo da dover guardare! Ma cosa vuoi che abbia fatto? Ho fatto quattro spaghetti, ho pulito la casa, cosa vuoi che abbia fatto, quello che hai fatto tu, la stessa medesima cosa. 

Parole, parole, parole.

Esce per andare al mercato, otto di mattina. Mezzogiorno e un quarto: “Sono tornata”. 

“Dove sei andata a New York al mercato?”

“No, sai ho dovuto comprare delle cose…”. Un sacchetto con dentro quattro pulci.

“Ma hai impiegato cinque ore per andare a prendere quattro cose e un po’ di pane?”

 Il mercato è una scusa, in realtà è il luogo della chiacchiera. Anche se certamente non rientra in questo dominio del parlare. 

“La lingua è un fuoco”

Non dimentichiamoci queste espressioni San Giacomo 3,1-10:

“La lingua è un fuoco, il mondo del male!”

Ma ci rendiamo conto di cosa abbiamo tra i denti? 

“La lingua è inserita nelle nostre membra, contagia tutto il corpo e incendia tutta la nostra vita, traendo la sua fiamma dalla Geènna.”

Uno prima di aprire bocca dovrebbe pensarci 25 milioni di volte, e dire: “Ma questa cosa che voglio dire è veramente doveroso dirla?” 

Tanto poco la usiamo che questa lingua dovrebbe anestetizzarsi.

“La lingua nessuno la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale.”

 Pensate a quanto male noi facciamo con la lingua, quante parole sbagliate, malvagie, impure, vuote, vane noi diciamo con la lingua.

“Il vostro parlare sia sì, sì, no, no il di più viene dal maligno” disse Gesù. E a noi? Non interessa, a noi non interessa. È sempre un parlare, un continuo interrotto parlare. Al telefono per dire tre cose ci mettiamo 50 minuti, arriva al dunque!

Quando io andavo a scuola la mia professoressa mi diceva: “Giorgio, arriva al dunque, su, arriva al dunque”.

Mi capita tante volte di dire alle persone quando mi chiamano: “Qual è la domanda? Qual è la domanda?” E mettono giù la rava e la fava e i piatti, i bicchieri, ma dì qual è il punto! 

“No, ma io devo spiegare.” 

Ma perché devi pensare che hai davanti un rimbambito? Magari è una persona intelligente, magari gli bastano tre coordinate e ha già capito il sistema. Fai sta benedetta domanda.

Forse la cosa più intelligente sarebbe: fai subito la domanda.

“Ma come fa a capire?”

Non ti preoccupare, tu fai la domanda subito, poi se c’è bisogno sarà l’altro che pone le domande per contestualizzare, forse, magari non c’è bisogno di nessuna domanda da parte dell’altra persona, perché quando ascolta la tua domanda che a te sembra così enigmatica, in realtà è chiarissima. Padre Pio non aveva neanche bisogno che tu facessi la domanda, ti dava la risposta ancora prima che tu parlassi.

Fai la domanda, prima la domanda. No, invece prima devo iniziare a fare tutte le introduzioni, le prefazioni, e la prefazione della prefazione, della prefazione. Arriva al dunque, impara il dono della sintesi, quello che puoi dire con cento parole dillo con venti, stringi, stringi, stringi. 

Dobbiamo stare attenti perché veramente la lingua è piena di veleno mortale, le mormorazione, le calunnie, le diffamazioni, il parlar male, l’impurità, l’ira, l’invidia, la gelosia, tutto passa attraverso la lingua. Provate a vedere se arrivando sera non dovete mordervela, provate a pensare. 

Poi non sappiamo neanche parlare, perché a me capita qualche volta, molte volte, di dover dire: “Scusami, ma dov’è il soggetto?” L’ho perso per strada. Una frase è fatta di soggetto, verbo e predicato: “Io mangio la mela”, è semplice: soggetto, verbo, complemento oggetto. Ci sono di quegli anacoluti mentre parliamo, di quei brachilogismi che uno dice: “Ma dove sono? Non capisco più niente! Chi è il soggetto? Il verbo è non so dove…” 

Anche quando mandate i messaggi, ma rileggeteli prima di mandarli, guardate che non sta esplodendo la bomba atomica! Sembra che uno abbia il fuoco addosso che scrive e invia, ma rileggilo prima di inviarlo! Così vedi gli strafalcioni che hai scritto. Certo, perché siamo talmente travolti da questa fiamma che è la lingua da non riuscire neanche a fermarci un secondo a riflettere prima di parlare, prima di esprimerci. 

Ricordate quando ci dicevano: “Conta fino a 10”?

E poi San Giacomo fa un’osservazione fantastica:

“Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini… Dalla stessa bocca escono benedizione e maledizione.”

Ma come è possibile? 

Arriva la Quaresima tra poco: “Padre, che digiuno faccio?”

“Chiudi la bocca. Per 40 giorni questo sia il tuo digiuno, il silenzio, il digiuno della parola. Zitto, parla soltanto quanto sei interpellato.” 

Guardate, è una penitenza fantastica! 

“Non dire una parola se nessuno ti chiede una parola.” 

Perché le persone, è una cosa interessante, quando mi vengono a parlare, la maggior parte delle volte, non vogliono una risposta, semplicemente vogliono parlare. 

“Io parlerò se mi verrà richiesto.”

Voi potreste incontrare cento persone, e di queste cento persone nessuno vi dice: “Tu cosa mi consigli? Tu cosa cosa pensi?”. Si sfogano, dicono quello che devono dire e basta.

Mi sono soffermato un po’ quest’oggi su questo testo della Scrittura, perché guardate è importantissimo, veramente credetemi, scriviamocelo, mettiamocelo nel nostro quaderno spirituale, quando andiamo a confessarci rileggiamo e vediamo quanto veleno mortale… sì, certo, mortale la calunnia, la mormorazione. La calunnia è sempre un peccato mortale se c’è piena avvertenza e deliberato consenso, ma è difficile calunniare qualcuno senza volerlo e senza essere coscienti che lo stiamo facendo, la diffamazione può essere un peccato mortale, la mormorazione può essere un peccato mortale, e c’è differenza tra calunnia, diffamazione, e mormorazione. 

Quando io strappo da una persona la fama, quando getto discredito su quella persona, quando getto il dubbio su quella persona… c’è un bellissimo film che si chiama “Il dubbio”, abbastanza pesante come film, ma è molto bello, è un filmo che  riguarda proprio i nostri ambienti. Se potete e volete guardatelo, è veramente molto bello, molto denso, bisogna seguirlo bene ma è bellissimo, perché il dubbio innanzitutto corrode, consuma chi lo vive, non chi ne è vittima, ma chi lo vive, perché dal dubbio non uscirai mai, da quel tipo di dubbio lì. 

“Abbiamo tra i denti il mondo del male, tienilo fermo, tienilo buono, stai in silenzio.”

Ho notato qualcuno nei commenti che scrive: “Padre ma ci sono queste pause che lei fa mentre parla… insomma parli un po’ più veloce, non stia a fare tutte queste pause, perché noi nella vita abbiamo tante cose da fare, viviamo nel mondo, non siamo come lei che chi vive appollaiato sui lumi del lampadario…” Sì, sul lampadario che ho qui, io vivo lì, vivo lì appollaiato, non faccio niente tutto il giorno, penso alle stelle, guardo le galassie, scrivo le poesie. Poverini… Rispondo che prima di parlare bisogna pensare, è importante sapete? E io alle volte ho bisogno di pensare un po’ di più prima di dire certe cose, ecco perché faccio le pausa. Siccome non leggo un foglio ma parlo a braccio, come penso abbiate capito, non ho mai letto una predica, un’omelia, una meditazione, perché non sono capace, e allora devo pensare, non ho il dono della scienza infusa, quindi devo fare le pause perché ho bisogno di riflettere, perché vorrei evitare di dire stupidaggini, ecco perché faccio le pause. 

Qualcuno un tempo mi diceva: “Padre, ma lei è sempre di corsa, non riusciamo mai a fermarla un attimo per per parlare due minuti.” Tanta grazia! È esattamente questo il mio scopo, proprio così! Non c’è tempo da perdere, abbiamo troppe cose da fare e soprattutto da evitare, la chiacchiera, quel parlare per il gusto di parlare. Dobbiamo parlare? Parliamo, ma diciamo cose saporite,  cose vere.

Gli Angeli di Laus oggi arrivano un po’ in coda a questa omelia sulla lingua, ma credo che gli Angeli approvino che ci siamo soffermati un un po’ su questo tema. Siamo alla nostra apparizione a Laus, capitolo 18º. Gli Angeli, di sicuro, non peccano nel parlare.

Gli Angeli di Làus

“Se Benedetta passò quasi tutta la sua vita nella comunicazione intima col mondo soprannaturale…”

Ecco, vogliamo parlare? Parliamo con Dio. Vogliamo parlare? Parliamo con gli Angeli, con la Vergine Maria.

“Si può dire che la famigliarità cogli Angeli era continua. Custodi prima della sua capanna, vegliarono in seguito sulla sua infanzia, perché il demonio, che già vedeva quale parte avrebbe avuto in quella bambina, tentò a più riprese di ucciderla mentre era ancora in fasce. Ma gli spiriti celesti erano già là per proteggerla. Quando poi la Regina del cielo si degnò di sceglierla per sua ministra nell’opera che voleva fondare a Làus, li fa come suoi ambasciatori presso di lei. I manoscritti sono pieni di fatti, dove quei celesti Messaggeri le dettavano, in nome della Celeste Regina, le risposte che doveva dare alle domande imbarazzanti: le tracciavano la linea di condotta, che doveva tenere nelle circostanze più difficili; le suggerivano gli ammonimenti che doveva dare ai peccatori di tutte le classi della società venuti alla valle santa.”

Vedete come gli Angeli sono importanti.

“Ma non solo facevano la parte di ambasciatori della Celeste Regina, bensì si trattenevano in dolci rapporti con lei, rapporti ispirati ad una tenerezza tutta celeste. La trattavano come sorella, e la chiamavano con quel nome, mentre essa a sua volta li chiamava i suoi fratelli. Il lettore sarà certo edificato alla conoscenza di qualche fatto, raccontato dai manoscritti, meglio di quanto sappiamo dire. Quando si costruiva a Làus l’ampia chiesa, che la S. Vergine aveva voluto, la Cappella del Buon Incontro, dove Maria era apparsa, sembrava un po’ negletta. La polvere era sparsa dappertutto, e lo stesso tabernacolo non ne andava esente, per avere le assicelle mal connesse. L’Angelo incarica Benedetta d’informare i Sacerdoti, perché tolgano quanto sarebbe incompatibile colla presenza del Divin Prigioniero. La pastorella trasmette la celeste raccomandazione: ma l’avviso è dimenticato per le preoccupazioni della costruzione. L’Angelo allora si fa un dovere di compiere lui stesso il pio ufficio coll’aiuto di sorella Benedetta. Una sera che Benedetta si era trattenuta nella Cappella per pregare a suo agio, lo spirito celeste le apparve presso l’altare dicendole: 

– Accendi due candele e mettile sulla mensa. – 

Benedetta ubbidisce. L’Angelo allora apre il tabernacolo, fa una profonda riverenza, estrae la Pisside e il corporale, li ripone sull’altare, un po’ da una parte e li copre con un velo. Poi sorreggendo il tabernacolo, aiutato da Benedetta, lo depone a terra.” 

Pensate che roba incredibile! L’angelo ovviamente non aveva bisogno di tutte queste cose perché non c’è bisogno, ma guardate come si fa aiutare.

“La facilità con cui il suo celeste compagno sorregge la sua parte di peso sorprende la pastorella da farla esclamare: 

– Bell’Angelo, sei così piccolo, e porti un sì gran peso…- 

Appunto, non c’era bisogno di Benedetta ma evidentemente voleva insegnare. Vi prego di notare come l’Angelo porta il Santissimo Sacramento sull’altare:

– Accendi due candele –

C’è la presenza di Nostro Signore: metti due candele!

“Fa una profonda riverenza, estrae la Pisside e il corporale..”

Perché non si pianta la pisside sull’altare come se fosse, non so, un vaso di fiori. Prima si mette il corporale e sopra si mette la pisside, poi li si copre con un velo. 

“Tutti e due poi si disposero alla pulizia.”

L’angelo fa un po’ di pulizie, perché in Cielo non piacciono il disordine e la sporcizia.

 “La polvere scompare, e i ragni s’involano; il mobile è rimesso al suo posto, e l’Angelo dopo aver fatto una nuova profonda riverenza alle Sacre Specie, le rimette a posto con sommo rispetto, chiude la porta del tabernacolo e dispare. La pia fanciulla rimane sola, rapita per quanto aveva visto e felice di aver potuto contribuire a rendere decente la dimora di Colui che è tutto per il suo cuore.” 

E domani vedremo la processione degli angeli nel santuario di Laus. 

Mi raccomando, oggi è sabato, teniamoci questo impegno in vista della domenica, silenzio, prepariamoci al giorno del Signore col silenzio. 

A parte che noi, tranne che la domenica… mercoledì è la memoria del tradimento di Giuda e quindi la riparazione di tutti i tradimenti delle anime consacrate, giovedì è l’istituzione dell’Eucarestia, venerdì la Passione di Gesù, sabato il giorno dedicato alla Vergine Maria, ecco, in quei giorni dovremmo fare un grande silenzio, e domenica il giorno del Signore, va bene, qualche parolina in più per la carità ci sta, e poi abbiamo lunedì e martedì per per dire quelle paroline.. la nostra settimana dovrebbe essere tutta avvolta da un sacro silenzio, da un sacro raccoglimento, tutta. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

PRIMA LETTURA (Gc 3, 1-10)

Fratelli miei, non siate in molti a fare da maestri, sapendo che riceveremo un giudizio più severo: tutti infatti pecchiamo in molte cose.
Se uno non pecca nel parlare, costui è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo. Se mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano, possiamo dirigere anche tutto il loro corpo. Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e spinte da venti gagliardi, con un piccolissimo timone vengono guidate là dove vuole il pilota.
Così anche la lingua: è un membro piccolo ma può vantarsi di grandi cose. Ecco: un piccolo fuoco può incendiare una grande foresta! Anche la lingua è un fuoco, il mondo del male! La lingua è inserita nelle nostre membra, contagia tutto il corpo e incendia tutta la nostra vita, traendo la sua fiamma dalla Geènna.
Infatti ogni sorta di bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini sono domati e sono stati domati dall’uomo, ma la lingua nessuno la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale. Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. Dalla stessa bocca escono benedizione e maledizione. Non dev’essere così, fratelli miei!

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