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La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard. Parte 11

La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 12 giugno 2022 – Solennità della Santissima Trinità

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard. Parte 11

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a domenica 12 giugno 2022.

Oggi abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa, tratto dal capitolo XVI di San Giovanni, versetti 12-15.

Oggi abbiamo anche la grazia di poter festeggiare la Santissima Trinità, che è sempre motivo di grande e profonda riflessione, abbiamo la possibilità di fermarci a riflettere su questo mistero della nostra fede.

Allora, continuiamo la meditazione del nostro testo di San Pietro Giuliano Eymard, di questi Esercizi Spirituali.

Abbiamo visto ieri le caratteristiche di coloro che corrispondono alla vocazione eucaristica e siamo arrivati qui, dove San Pietro Giuliano Eymard scrive: “È un fatto confermato dall’esperienza”.

Abbiamo visto che è proprio vero: l’esperienza conferma le cose che San Pietro Giuliano Eymard ci ha detto.

“Non parlo di quelli che se ne vanno, infedeli ai loro sacri impegni: Dio sa quel che diventano questi poveri infelici”.

Certo, perché, una volta che abbiamo detto “Sì” alla vocazione eucaristica e una volta che abbiamo iniziato a sperimentarla, a viverla, a percepire e a portare dentro di noi le caratteristiche che abbiamo letto ieri, è chiaro che lasciare tutto e andarsene è un’infedeltà, è un’infedeltà alla grazia, alla chiamata.

“Ma quelli stessi che erano semplicemente aspiranti e cominciavano a ricevere le influenze eucaristiche…”

È bella questa espressione: “le influenze eucaristiche”! Sì, gli influssi eucaristici… non ci sono solo le influenze del male, anzi, ci sono soprattutto gli influssi di Gesù Eucarestia.

“… e che se ne sono allontanati per trovar meglio, non sono felici in alcun altro luogo”.

E questo lo dice l’esperienza. Quando abbiamo iniziato a comprendere, a vivere questa vocazione eucaristica, non c’è un altro luogo dove possiamo essere felici, se non davanti a Gesù Eucarestia.

“Appiè del Santissimo Sacramento era il loro centro…”

Qui dice ancora le caratteristiche, ne dice delle altre.

“… là avrebbero dovuto vivere e morire”.

Chi dice “Sì” alla vocazione eucaristica, scopre sempre di più che il centro della sua vita è il tabernacolo, scopre sempre di più che la sua vita ha senso solo ai piedi del tabernacolo, e non desidera che vivere e morire ai piedi del tabernacolo.

Che lo possa fare fisicamente, perché il suo stato di vita glielo permette, che lo possa fare solo spiritualmente o solo con il desiderio, perché ha mille altre incombenze e il suo stato di vita non glielo consente, non ha importanza; ciò che conta, è che viva eucaristicamente centrato e che non veda altra vita e altra morte che lì, da Gesù Eucarestia.

“Voi stessi (altra caratteristica) se andate in viaggio, non sapete più pregare nelle chiese: Nostro Signore vi è tuttavia presente, ma non è più il vostro Gesù raggiante e glorioso, quale la Chiesa ve lo dà ad onorare col solenne culto dell’esposizione”.

Qui, cosa vuole dire?

Vuol dire che lì, dove era lui, dove è iniziato tutto, c’era l’adorazione eucaristica continua, c’era questa pratica bellissima di esporre l’Eucarestia. E lui allora dice: «Se andate in viaggio, in tutte le altre chiese non vi ritrovate più. Gesù c’è, ma non nel modo in cui c’è qui, e voi ne sentirete sicuramente la differenza, percepirete la diversità».

Ecco perché dice: “Non è più il vostro Gesù raggiante e glorioso”. C’è, ma non è esposto solennemente nell’ostensorio, “quale la Chiesa ve lo dà ad onorare col solenne culto dell’esposizione”. Nelle chiese (lui intende dire), voi non troverete l’esposizione eucaristica esattamente come la trovate qua, perché altrove non la fanno, altrove troverete solo il tabernacolo, dove Gesù è presente, ma non come qui. Quindi, si sente dentro la nostalgia… Lui dice: «La sentirete, perché, come è esposto qui e come è adorato qui, altrove non Lo troverete».

“Io vi dico che quando voi foste creati, il Padre ha detto al divin Figlio (sentite che bello quello che dice adesso): «Ecco un adoratore per te; io gli darò tutte le attitudini, le grazie e le qualità occorrenti, e ti piacerà»”.

È commuovente questo passo, no? “Quando voi foste creati, il Padre ha detto al divin Figlio: «Ecco un adoratore per te…»”. Questi “vocati eucaristici” da sempre sono stati pensati dal Padre, come dono prezioso per il Suo divin Figlio: «Ecco un adoratore per te».

“Esaminiamo le qualità di questa vocazione. Non parlo di quel che noi siamo, ahimè! ma di quel che la vocazione stessa è innanzi a Dio: io voglio dirvi quanto è grande e sublime questa grazia in se stessa (quella della vocazione eucaristica). Non la confronto né con quel che noi siamo, né con la vocazione degli altri…”

È importante eh… guardate che questo passaggio è fondamentale!

È importantissimo! Adesso ve lo spiego, ma prima ascoltiamolo…

 “… ma giudico le cose in se stesse, giusta i principii ammessi per classificare le virtù ed i vari stati della vita cristiana”.

Noi abbiamo un bruttissimo vizio che è questo, di non giudicare mai le cose per quello che sono in se stesse, ma noi giudichiamo le cose, gli eventi, gli avvenimenti, tutto, o per quello che noi siamo o non siamo, o in confronto agli altri.

È sbagliatissimo, perché il metro di paragone per giudicare le cose, le situazioni, gli eventi, gli avvenimenti, non siamo noi, ma non sono neanche gli altri, non è neanche il modo di fare, di vivere, di posizionarsi degli altri; non siamo né noi, né gli altri, ma la cosa stessa.

Quanto è difficile! Quanto è difficile esprimere un giudizio sulla cosa stessa, perché vuol dire mettere da parte tutti i nostri pregiudizi, tutte le nostre ideologie, tutti nostri capricci, il nostro orgoglio/amor proprio ferito, tutti i nostri gusti, tutto. È difficilissimo! È difficilissimo e rarissimo incontrare qualcuno che giudica le cose in se stesse e non in confronto con ciò che lui è o con ciò che sono gli altri.

Noi, quando giudichiamo qualcosa o qualcuno, lo facciamo sempre attraverso un confronto, sempre. È sempre attraverso il confronto che noi arriviamo a un giudizio, ma è sbagliato… ma è sbagliato… Io, invece, devo giudicare le cose per quello che sono, perché la realtà di quella cosa potrebbe, nel confronto con me o con gli altri, apparire negativa, ma non è detto che in se stessa sia negativa, oppure apparire positiva, ma non è detto che in se stessa è positiva. Ciò che conta, invece, è ciò che questa cosa è in se stessa, non in rapporto a me o agli altri.

La verità di quella cosa non nasce dal confronto, con me o con gli altri, ma dal suo status, dalla sua natura, dalla sua essenza, da quello che lei è. Se una cosa è male, non potrà mai diventare bene in rapporto a me o agli altri… e qui, chi può capire, capisca… Se una cosa è positiva, è buona, non può diventare negativa o malvagia nel confronto con me o con gli altri, no, perché è buona.

Ecco perché noi arriviamo a dire persino che Dio è ingiusto: perché in rapporto a me o agli altri, alla mia situazione o alla situazione degli altri, noi arriviamo a dire che Dio è ingiusto.

Un esempio?

Qualcuno si chiede: «Dopo Auschwitz, come si può ancora credere in Dio, come si può ancora pensare che Dio è buono?»

Vedete?

Ecco il confronto… ma Dio è buono, Dio è bontà.

Auschwitz, e tutto il male del mondo, non dicono una sola parola sulla bontà di Dio, ma dicono mille e mille parole sulla cattiveria dell’uomo.

Quella realtà di male, in se stessa è male, ha procurato morte, non potrà mai essere un bene; quella realtà di male non parla di Dio, ma parla di quello che l’uomo è capace di fare; noi, invece, facciamo i confronti e chiamiamo in causa Dio, ma Dio cosa c’entra?

Noi vogliamo, in modo assoluto, la nostra libertà intoccabile, nessuno deve toccare la nostra libertà, neanche Dio.

Benissimo, giusto. Allora tu ti assumi le tue responsabilità, fino in fondo.

Quindi, quando fa comodo a te, la tua libertà è intoccabile; quando tu, la tua libertà, la gestisci male, è colpa di Dio.

Ah… non fa una grinza questo ragionamento, è perfetto!

Vedete quanto siamo disonesti intellettualmente?

Infatti, noi non giudichiamo le cose in se stesse, ma sempre in rapporto a…, a me o agli altri.

Invece, San Pietro Giuliano Eymard dice: «No, questa vocazione va giudicata in se stessa».

Ma noi andiamo oltre: tutto va giudicato in se stesso!

Non facciamo confronti, soprattutto all’interno del mondo educativo, perché non portano da nessuna parte.

Possiamo fare degli esempi, certo, questo sì, esempi di persone come Salvatore d’Acquisto o il giudice Livatino, che sono un esempio di giustizia, di rettitudine, di coraggio, di sacrificio, sono un esempio, giusto. Io potrò fare uno studio, un’analisi, di quella realtà in se stessa, ma non serve a niente porla a confronto per sminuirla o per sminuirmi, non serve a niente, capite?

È per questo che dopo noi reagiamo sempre con le polemiche, le guerre, le discussioni infinite, perché infatti non si porta a casa nulla a fare così.

San Francesco d’Assisi ha fatto quello che ha fatto, in se stesso è stato grandioso.

Io devo fare quello che ha fatto San Francesco d’Assisi?

No, Dio non me lo chiede; l’ha chiesto a lui.

A me, Dio, sull’esempio di San Francesco d’Assisi, di Santa Teresa d’Avila, di San Giovanni della Croce, di Santa Teresa di Gesù Bambino, chiede, ad esempio, di diventare il Fratino delle rose?

No. A me, Dio chiede, sull’esempio di tutti i Santi messi insieme, di essere docile, umile, disponibile e obbediente per il progetto che Lui ha su di me, che è unico ed è irripetibile. Questo mi chiede!

Sull’esempio dei Santi, come hanno fatto loro, per il loro progetto, Dio chiede a me di essere, come loro, docile, obbediente… ma per il mio progetto, non per attuare il loro progetto.

Io non devo rifare le stesse cose che ha fatto Santa Teresa di Gesù, non devo rifare le stesse cose che ha fatto San Giovanni della Croce, ma devo prendere il loro spirito, il modo con il quale hanno risposto a Dio per attuare il progetto che Lui aveva su di loro, cioè io devo imparare il metodo, ma il risultato sarà diverso.

Spero di essermi spiegato.

E così quando devo fare una valutazione, per esempio, in un ruolo educativo: un papà, una mamma, un professore, un giudice, devono valutare le cose in se stesse, non in relazione o in confronto a…

Facciamo un esempio.

Non posso dire: «Siccome ormai tutti rubano, allora, va bene, adesso ti giudico in un modo diverso».

Eh no! Rubare è un bene o un male?

Io non posso esprimere un giudizio e quindi, nel caso, un castigo, in relazione al fatto che tanto adesso lo fanno tutti. Eh no!

Se è un male, è un male in se stesso, quindi il giudizio deve essere sulla cosa in sé, non sul rapporto, il confronto con quello che fanno gli altri.

«Sì, ho bestemmiato, ma tanto bestemmiano tutti, quindi, allora…»

No! Quindi, allora, niente!

È un bene o un male in se stesso?

È un male, punto! Non c’entra niente se lo fanno, o non lo fanno, gli altri; non c’entra niente come gli altri si comportano, non c’entra niente come gli altri operano, non c’entra niente!

In sé, quella cosa è bene o è male?

Capite che questo modo di ragionare, dentro a un tessuto dominato dalla dittatura del relativismo (come diceva Papa Benedetto XVI), è un abominio, è una follia, perché la dittatura del relativismo prevede esattamente il suo contrario: non le cose in sé ma relative a…; è tutta un’altra prospettiva, è esattamente il contrario.

Quindi, se quella cosa è male, è sbagliato dire che è sempre stata male, perché una cosa o è male, o è bene. Se è bene, sarà sempre bene; se è male, sarà sempre male. Un male non può diventare un bene e viceversa.

Quindi, se quella cosa è male, io non posso dire che diventa un semi-bene o un bene, perché oggi i tempi sono cambiati. No, se è male, è male, punto. I tempi possono essere anche cambiati, o meglio, i tempi cambiano, ma il male resta male.

Un omicidio è un male, punto! Era un male 500 anni fa, era un male 10 anni fa, è un male oggi. L’omicidio è un male!

Rubare è un male, punto! E via di seguito…

“Ora la vocazione eucaristica è fra tutte eccellente”.

Come vi dicevo, perché la vocazione eucaristica è “la vocazione” per eccellenza, nel senso che, se l’Eucarestia è il centro, il Cuore della Chiesa, la vocazione eucaristica è il centro.

Ecco, adesso lo dice…

“L’eccellenza di una cosa si argomenta dal suo fine: il fine della nostra vocazione è il servizio di Nostro Signore Gesù Cristo (che è la santità), nel più glorioso stato che possa avere quaggiù, ossia nella solenne e perpetua esposizione del Santissimo Sacramento”.

Qual è il fine della nostra vocazione (non dello stato di vita)?

Dio a cosa ci chiama?

Dio cosa si aspetta da me che sono un Prete, da te che sei un papà, da te che sei mamma, da te che sei figlio, da te che sei laico, da tutti noi messi insieme, ognuno col suo stato di vita? Qual è la comune vocazione?

La santità. Bene.

La santità in cosa consiste?

Nel servizio di nostro Signore Gesù Cristo, nel più glorioso stato che possa avere quaggiù”. Quale? “ Nella solenne e perpetua esposizione del Santissimo Sacramento”.

Non dimentichiamoci: solenne e perpetua, non sciatta, non buttata lì, non miserabile, ma solenne e perpetua.

Di che cosa? Dell’esposizione del Santissimo Sacramento.

Capite perché è eccellente?

“Non può esservi fine più eccellente, poiché il nostro servizio riguarda direttamente Nostro Signore”.

Eh… certo!

Direttamente, non in modo mediato.

Quando io servo un povero, io servo Gesù attraverso una mediazione, ma nell’Eucarestia io Lo servo in modo diretto, perché lì Gesù è presente veramente, realmente, sostanzialmente, capite?

Ecco, guardate, neanche a farlo apposta:

“Tra il nostro servizio e Gesù Cristo non v’è alcun intermediario: non il prossimo, non le opere di zelo, e, per mezzo del prossimo e le opere di zelo, Nostro Signore, no; ma Nostro Signore in persona, unicamente e immediatamente lui noi serviamo. Come gli angeli non lasciano mai il trono dell’Agnello, noi siamo per vocazione addetti alla persona adorabile di Gesù Cristo, non alle sue membra, né alle sue opere. Da Lui dunque, e da Lui direttamente, la nostra vocazione riceve la sua dignità ed eccellenza, giacché tutto quello che serve al re è regale”.

Capite? È fantastico, bellissimo! Nella vocazione eucaristica non c’è mediazione, non c’è intermediario, non c’è il prossimo, non ci sono le opere di zelo, ma c’è direttamente Gesù.

È un incontro unico e immediato, è un servizio unico e immediato, si è per vocazione addetti alla persona adorabile di Gesù: ecco perché tutti siamo chiamati alla vocazione eucaristica; nelle modalità diverse, ma tutti abbiamo questa chiamata, perché tutti siamo chiamati, o meglio, perché tutti siamo addetti alla persona adorabile di Gesù, tutti abbiamo questa chiamata verso la persona adorabile di Gesù.

Sì, esatto, forse sarà per questo che le chiese sono vuote… perché facciamo tutto, tranne che preoccuparci del fine per cui lo facciamo, tranne che preoccuparci della ragione per cui facciamo tutto, che è Gesù.

Fine: Gesù; ragione: Gesù; l’inizio per cui facciamo tutto, il centro per cui facciamo tutto: Gesù.

E dove trovo Gesù? Direttamente, solo nell’Eucarestia.

Forse, queste chiese vuote ci dicono che Gesù, forse, non ci interessa così tanto, e quello che facciamo, forse, non lo facciamo per Gesù, ma, per esempio, lo facciamo per noi stessi, per la nostra gratificazione, per il nostro egoismo.

Da Lui dunque, e da Lui direttamente, la nostra vocazione riceve la sua dignità ed eccellenza, giacché tutto quello che serve al re è regale”.

Che bello…

“Nulla su questa terra è più eccellente dell’Eucaristia: poiché Gesù Cristo non vi è più passibile come nella sua vita mortale, ma risuscitato, glorioso e regnante”.

Nell’Eucarestia… perché l’Eucarestia è l’eccellenza, perché nell’Eucarestia noi abbiamo Gesù, “resuscitato, glorioso e regnante”.

“Di più, noi lo serviamo con l’adorazione; ma l’adorazione, essendo l’espressione della virtù di religione, è per ciò stesso la virtù più eccellente”.

Non c’è servizio più grande dell’adorazione eucaristica.

Ecco perché Madre Teresa serviva i poveri, e poi… e insieme…

Vado a memoria, quindi può darsi che io sbagli; se sbaglio, pazienza.

Quando voi lo leggerete, andrete a vedere e, se è sbagliato, lo correggerete voi nella vostra mente, ma io già vi dico che potrei sbagliare.

Se non ricordo male, quando hanno fatto la radiografia ai resti mortali, praticamente incorrotti, di San Pier Damiani, le ginocchia non c’erano più… non c’erano più… tanto era il tempo passato in ginocchio davanti a Gesù Eucarestia, che non c’erano più le ginocchia…

Anche qui potrei sbagliare, poi voi verificherete, perché, purtroppo, andando a memoria, potrei sbagliarmi, non sono un computer: Santa Caterina da Genova passava sei ore in ginocchio, ogni giorno, davanti a Gesù Eucarestia.

Questo non ve lo dico per fare un confronto, no. Questo ve lo dico per dare un esempio a voi, e a me per primo.

Questo non vuol dire, quindi, che da domani devo fare sei ore in ginocchio davanti all’Eucarestia, no, ma vuol dire: «Impara il metodo, metti Gesù Eucarestia al centro!»

Che cosa poi questo vorrà dire nella tua vita, lo capirai. Sarà una cosa diversa dalla loro, ma da loro impariamo a mettere Gesù al centro.

Per loro, mettere Gesù al centro è stato il progetto che vi ho detto, se ho citato giustamente questi Santi.

Il mio progetto quale sarà? Eh… lo scoprirò facendolo, mettendo Gesù al centro, perché su ciascuno di noi Gesù ha un progetto diverso.

“Essa è pure l’esercizio delle virtù teologali, fede, speranza e carità: e queste virtù, avendo Dio per fine immediato, tengono il primo posto tra tutte le virtù e comunicano la loro eminente dignità alla virtù di adorazione”.

Abbiamo detto veramente tanto, oggi, eh?

Veramente tanto…

Vedete che corrispondendo alla vocazione eucaristica e facendo l’adorazione eucaristica, stando davanti a Gesù Eucarestia, noi facciamo tutto, facciamo il massimo, facciamo il “Meglio”.

Quindi, ognuno di noi svolga i suoi compiti, ognuno secondo il suo stato, ma non dimentichiamoci mai che Gesù Eucarestia è l’origine e il fine di tutto il nostro fare, vivere, essere, pensare e parlare, e, appena possibile, fisicamente o spiritualmente, ricorriamo a Gesù Eucarestia.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

VANGELO (Gv 16, 12-15)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

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