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La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard. Parte 21

La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di mercoledì 22 giugno 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

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La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard. Parte 21

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a mercoledì 22 giugno 2022.

Oggi inizia la Novena al Preziosissimo Sangue di Gesù, e sapete che poi tutto il mese di luglio è dedicato al Preziosissimo Sangue di Gesù. Consiglio caldamente di fare questa novena.

Il Vangelo che abbiamo ascoltato, della Santa Messa di oggi, è tratto dal capitolo VII di San Matteo, versetti 15-20.

Questo è un passo del Vangelo che dovremmo tenere sempre sotto gli occhi: riconoscere i falsi profeti. È importantissimo!

Perché? Perché se no, invece di trovarci di fronte a delle pecore, ci troveremo di fronte a dei lupi rapaci, che ci sbranano.

E la domanda è sempre quella: «Ma io come faccio a riconoscerlo?»

Lo riconosci dai frutti, dai frutti della sua vita, dai frutti delle sue parole… non è proprio così difficile. Abbiamo una intelligenza, usiamola!

Cerchiamo di non rimanere incantati dalle apparenze, dai nostri gusti, e, come dice Gesù, guardiamo i frutti, perché altrimenti finiremo per essere sbranati e non ci potremo troppo lamentare, dicendo: «Eh ma io pensavo che fosse…»

Eh, certo, il lupo si traveste, ma tu dove hai guardato fino ad oggi? Cosa hai guardato?

Oppure si dice: «Ah ma chi sono io per esprimere giudizi su quella persona?»

Tu sei un essere umano, un Cristiano, dotato da Dio di uno spirito critico e di una intelligenza, usala!

Giudicare i frutti non vuol dire giudicare la persona; la persona la giudica il Signore ma i frutti li devo giudicare anche io, anche io devo valutare, ce lo ha detto Gesù. Quindi, se sono di fronte ad un albero cattivo, se sono di fronte ad un rovo, eh non posso stare lì pensando di essere davanti ad un fico…

Mi auguro che impariamo, perché se no si perde, si butta via la vita per niente, sapete? Si fanno esperienze dolorosissime e bruttissime, semplicemente perché si è imprudenti e superficiali, perché i lupi fanno il loro mestiere, il lupo fa il lupo. Uno non deve stupirsi e dire: «Ah ma perché il lupo non ha fatto l’agnello?» Perché il lupo non è un agnello, il lupo fa il lupo, ma noi abbiamo tutta una serie di criteri per giudicare, per valutare e per capire.

Il capitolo, l’istruzione, che affronterò oggi, di San Pietro Giuliano Eymard, ero molto nel dubbio se farlo o no; a dire la verità avevo deciso di saltare questa parte, perché mi sembrava, all’inizio, troppo specifica, troppo dedicata a coloro che avevano deciso di entrare nella Congregazione dei Sacramentini, ma poi San Pietro Giuliano Eymard, come sempre, mi ha sorpreso, e allora ho deciso di affrontarla, perché scrive delle cose bellissime.

Questa istruzione si intitola “La Famiglia del Santissimo Sacramento”.

La prima parte la salto, perché esprime un concetto di fondo: noi Sacramentini soprattutto, e poi noi che abbiamo questa vocazione eucaristica (ovviamente in modi diversi, perché un papà e una mamma sono diversi da un Sacramentino; anche io non sono un Sacramentino, quindi sarà in modo diverso dal loro), siamo la famiglia di Gesù, e quindi il nostro compito è di stare accanto a Gesù Eucarestia. Questo è il concetto che sta alla base.

Allora da qui partiamo a leggere questa parte.

“La Famiglia del Santissimo Sacramento.

[…] Questo servizio totale ed assoluto fu la condizione della vostra ammissione (quello che vi ho appena detto): deve essere la legge della vostra vita; la perfezione della vostra santità è nel servire; i vostri talenti e le vostre virtù, le vostre qualità, e il sacerdozio, tutto deve confondersi sotto questo nome di servizio e divenirne degli atti; ciascuno di voi non è più che un servo, un domestico, uno della famiglia di Gesù nel suo regale Sacramento”.

Questo è quello che vi ho appena detto e che adesso lui sintetizza; quindi, tutto deve essere al servizio di Gesù Sacramentato.

“Volentieri direi che il modo in cui Nostro Signore vuole che gli apparteniamo è simile a quello degli Apostoli; poiché essi pure, meglio che i settantadue discepoli, formavano la famiglia di Gesù su questa terra”.

Quindi, settantadue erano i discepoli, ed erano una cosa, e poi c’erano i Dodici, che formavano proprio la famiglia di Gesù.

“[…] Gli Apostoli seguivano Nostro Signore per essere da lui ammaestrati: erano scolari della sua dottrina e de’ suoi esempi, di cui dovevano penetrarsi per ripeterli alla Chiesa e predicarli dappertutto.

Noi invece non veniamo per essere istruiti, ma per servire Nostro Signore; non veniamo che per dargli quanto abbiamo e quanto siamo; veniamo per lui, non per noi. Senza dubbio, dovrà istruirci, insegnarci la maniera di servirlo: imperocché chi mai sa cosa senz’averlo appreso dalla grazia di Gesù Cristo? Ma io voglio dire che il fine primo e dominante della nostra vocazione, non è di venire per acquistare qualche cosa, ma per consacrarci al suo servizio”.

È chiara la prospettiva: chi ha la vocazione eucaristica ha come primo fine di tutto il servire, cioè ciò che gli sta a cuore profondamente è il servire Gesù Eucarestia, non c’è un’altra cosa.

“Per lo più gli Apostoli seguivano Nostro Signore nelle sue predicazioni in Gerusalemme, come nelle borgate di Giudea e di Galilea. Talvolta però Gesù si separava da essi, e li mandava lontani da sé a fare missioni anch’essi.

Noi invece non possiamo separarci da lui neppure un momento: ossia la Congregazione deve sempre essere presso di lui, rappresentata da qualche membro, se pur non vuole mancare al suo fine, non potendo Nostro Signore essere esposto senza adoratori, e adoratori d’obbligo siamo noi”.

Quindi, lui dice: «Gli Apostoli venivano anche mandati a predicare, noi no. Cioè, noi garantiamo che davanti a Gesù Eucarestia, solennemente esposto, ci sia sempre qualcuno ad adorare».

“Come in cielo vi sono angeli che non vengono mai inviati alla terra, ma sempre circondano il trono di Dio, così noi dobbiamo sempre circondarne il trono eucaristico: noi non esistiamo che per questo: se mai ci venisse a mancare l’Eucaristia, o non potesse più farsi l’esposizione, la congregazione non avrebbe più ragione d’essere, più non esistendo il suo fine essenziale”.

Quindi, se non ci fosse più l’Eucarestia, o non si potesse più fare l’adorazione Eucaristica, basta, cessa il fine di questa Congregazione.

“Gli Apostoli erano nutriti e mantenuti da Nostro Signore, ma essi non lo nutrivano; questo buon Padrone loro forniva il necessario e sovente anche li serviva.

Noi invece manteniamo Nostro Signore; è nostro bel privilegio dargli e adornargli un trono; siam noi che gli diamo quei lumi e fiori che sempre debbono decorare il suo trono e che sono come il ricco addobbo che Gesù volle nel Cenacolo”.

Sì, forse, questo è il tempo di San Pietro Giuliano Eymard.

A parte che adesso si fa fatica a trovare in chiesa dov’è il tabernacolo… Uno, quando entra in chiesa, deve entrare con la logica della caccia al tesoro, perché, trovare Gesù, in chiesa, oggi, non è proprio così facile. Più di una volta mi è capitato, entrando in chiesa, di dire: «Dov’è? Non Lo vedo…»

Poi, fiori, lumi, addobbi… mah… sarà… non lo so se è proprio così frequente vedere tutti questi lumi, tutti questi fiori, tutti questi addobbi ricchi, che adornano il Suo trono o il Suo tabernacolo… mah… Io ho in mente posti e luoghi dove regnava e regna una freddezza, un buio, un senso di abbandono… terribile!

Ecco perché è bella quella pratica che si faceva da bambini, di portare un fiore a Gesù, perché, alle volte, anzi spesso, non c’è neppure un fiore finto, neanche quello, niente! C’è il buio, il marmo, lo scuro, basta… due panche, se va bene.

“[…] Egli vuole essere nutrito dei nostri atti di fede, di amore, di riparazione; tutte le nostre virtù sono per lui, e non per noi; e dobbiamo offrirgliene tutti gli atti e tutti i meriti, poiché Egli è il padrone e il proprietario delle nostre anime, e tutte le azioni di un servo sono pel padrone. Se non diamo a Nostro Signore questo cibo spirituale, noi lo priviamo di ciò che più gli sta a cuore, giacché Egli sopra ogni cosa vuole le nostre anime”.

Gesù cerca la nostra anima.

“Egli attende pure da noi la sua gloria: e noi dobbiamo procurarla con quanto potremo fare, soprattutto — ecco in che modo —  con la fedeltà ed il raccoglimento nel suo servizio, essendo il buon contegno dei servi la gloria del padrone”.

Capite? Il buon contegno dei servi è la gloria del padrone; il buon contegno di un Sacerdote, di un laico, di un giovane, è la gloria del suo Signore.

Vedere una persona fedele, raccolta, devota, è un’occasione bellissima per glorificare Dio. Poi c’è anche chi, vedendo, ha moti di disprezzo, ma questo è perché lì c’è il diavolo, allora vabbè… Chi inizia a digrignare i denti e a sbavare perché vede una persona devota, raccolta, davanti a Dio, beh… forse ha bisogno di una benedizione, e di altro magari, perché c’è qualche problema.

“[…] Nella vita di adorazione non ci rivela forse Nostro Signore i suoi secreti?”

Adesso attenti bene a cosa scrive, perché scrive delle cose incredibili…

“Se non li sentite, è colpa vostra, voi non l’ascoltate; ma voi vi avete un vero diritto che viene dalla vostra famigliarità con Gesù. I secreti che vuol rivelarci sono più dolci e più intimi ancora di quelli che confidò agli Apostoli, perché si fanno qui da cuore a cuore senza passare per i sensi. Molti secreti restarono incompresi per gli Apostoli sino alla Pentecoste; ma lo Spirito Santo è venuto, aleggia sull’Eucaristia, abita questo Cenacolo d’amore, nulla può ritardarci l’intelligenza di tutti i secreti di Nostro Signore; nulla fuorché la nostra infedeltà”.

Quindi, nell’adorazione che si fa davanti a Gesù esposto nell’ostensorio, ma anche con Gesù presente e chiuso nel tabernacolo, noi dovremmo imparare ad ascoltare i Suoi segreti, perché Lui ce li vuole comunicare, anzi, San Pietro Giuliano Eymard dice che è nostro diritto conoscerli, in nome della nostra familiarità con Gesù.

Certo, se noi possiamo definirci Suoi familiari, cioè se facciamo tutto il possibile per essere e stare in Sua compagnia.

Se non li capiamo, non li sentiamo, non li avvertiamo, è per colpa nostra. Lui dice che è per colpa della nostra infedeltà. Infatti, scrive:

“Ma se noi fossimo fedeli, riceveremmo comunicazioni più intime di quelle dei santi: quando si dimora con qualcuno, si finisce per sapere tutto quel che pensa; soltanto ci vuole una fedeltà continua e insistente. Bisogna perseverare nell’unione con Lui. Santa Maria Maddalena de’ Pazzi si era fatta una cella nella tribuna della chiesa per non mai lasciare Gesù: in siffatti modi i santi han finito per conoscere tutti i secreti del suo Cuore”.

Sì, bisogna vedere se noi almeno abbiamo questi desideri, o se per noi è già un peso fare cinque minuti di saluto davanti al tabernacolo quando entriamo in chiesa, se non abbiamo fretta.

Che segreti volete che ci dica il Signore, se noi abbiamo fretta di andare via? Arriviamo tardi, finiamo presto… che segreti ci deve dire? Non disponiamo neanche il nostro cuore all’incontro, figurarsi… figurarsi se abbiamo il pensiero di farci la celletta nella tribuna della chiesa per non mai lasciare il Signore, forse mai ci pensiamo a queste cose. Ecco, i Santi invece le pensavano.

“Siate interiori, assidui alla conversazione con Gesù, e ne possederete i secreti. La coabitazione finisce per vincere tutte le resistenze: così nel bene come nel male”.

Se noi coabitiamo con un santo, diventiamo santi; se coabitiamo con un demonio, diventiamo dei demoni, c’è poco da fare. È difficile resistere, vince chi è più forte, perché la coabitazione porta di necessità a adeguarci. Infatti:

“Sansone stette molto tempo senza rivelare il suo secreto; ma prese una donna tra i Filistei; l’abitudine della vita svela tutto, e poco a poco si lasciò sorprendere: fu la sua rovina”.

La coabitazione con Dalila fu la sua rovina.

Stiamo attenti, perché di “Dalile” e di “Dalilo” (cioè, che sia femmina, o che sia maschio, non conta), quindi di “Dalile”, al maschile o al femminile, ce ne sono molte, molte di più di quelle che noi pensiamo.

Stiamo attenti, perché l’abitudine della vita svela tutto, e alla fine ci lasciamo sorprendere.

Quindi, il grande, fortissimo, Sansone, fa una fine terribile… terribile… terribile… Andate a leggere nella Scrittura che cosa accadde, quando lui confidò il suo segreto alla bella Dalila, addormentandosi sulle sue ginocchia, mentre lei con tanto amore accarezzava le sue lunghe trecce. Andate, andate a leggere… e leggete ai vostri ragazzi, ai vostri bambini queste storie, che sono storie di vita, storie di vita che si ripetono, e si ripetono, e si ripetono…

Quanta sapienza e quanta saggezza c’è nei Santi: l’abitudine della vita svela tutto… a poco a poco si lasciò sorprendere… e lei lo tradì per i soldi… per i soldi. E così i Filistei ebbero la meglio.

Secondo me, la cosa importante è andare a vedere bene che cosa succede a Sansone. Andate a leggere!

Non ve lo dico, perché così la curiosità vi spingerà a leggerlo.

Sentite che bello:

“Se fossimo abbastanza uomini di adorazione noi quasi toccheremmo col dito il Cuor di Gesù, leggeremmo nella sua anima”.

Ma ditemi… ma chi mai ci ha detto queste cose?

Ma chi mai ci ha detto queste cose?

Quando è stata l’ultima volta che le abbiamo sentite, queste cose?

Se fossimo abbastanza uomini di adorazione noi quasi toccheremmo col dito il Cuor di Gesù, leggeremmo nella sua anima”.

Ma vi rendete conto?

Guardate che non sono mica parole a caso eh… lui le scrive, perché è il primo che le vive, se no non potrebbe scriverle.

“Non ne esperimentate voi qualche cosa quando venite all’adorazione purificati e preparati da qualche buon sacrifizio? Come passa presto quell’ora!”

Ricordate quando vi dicevo che, al termine dell’adorazione, c’era chi esclamava: «Ah… ma è già finito?! Possibile?! Non ce ne siamo accorti…»?

I conti, alla fine, devono tornare. Se quello che dice un Sacerdote (o prima, o durante, o dopo) non è confermato dall’esperienza e dalla parola dei Santi, allora non va bene, allora non bisogna ascoltare, non bisogna seguire le idee stravaganti che vengono in testa. Quello che uno dice deve essere confermato, in modo chiaro, inequivocabile, indiscutibile, dall’esperienza e dalla dottrina dei Santi, altrimenti siamo fuori strada, siamo dei lupi, siamo dei mercenari.

Come passa presto quell’ora!

“E’ il Tabor su cui Gesù si rivela alla vostr’anima silenziosa e rapita di gioia e di felicità!”

Capite? L’adorazione eucaristica, l’ostensorio, il tabernacolo, sono “il Tabor su cui Gesù si rivela alla vostr’anima silenziosa e rapita di gioia e di felicità!”

— «Dove vai?»

— «Vado sul monte, vado a fare una passeggiata in montagna».

— «Ah sì?!… Ma dove?»

— «Sul Monte Tabor».

— «Sul Monte Tabor?!»

— «Cosa fai? Devi prendere l’aereo?»

— «No, no, vado in bicicletta».

— «Vai in bicicletta sul Monte Tabor?»

— «Eh, certo! Vieni anche tu! Se vuoi venire, ti faccio vedere».

— «Dov’è questo Monte Tabor?»

— «È lì, nel tabernacolo di questa chiesa».

 “Allora non avete bisogno di parole, Gesù vi parla abbastanza; voi non dite parola e fate una preghiera sublime”.

Questo lo dico io: tutte cose che accadono a coloro che hanno la santa abitudine di fare adorazione.

“E’ quella la vostra porzione di adoratore; perché non l’utilizzate maggiormente? Perciò io vi dico sovente: Pregate da voi stessi, con la vostra grazia e col vostro cuore di adoratore; lasciate un po’ tutti cotesti libri di devozione, eccettochè il sonno o la pigrizia v’impediscano di pregare. Sappiate il vostro compito; valetevi del vostro diritto di adoratori, e andate a Nostro Signore con la vostra condizione e col vostro titolo di famigliari della casa”.

Cioè lui dice: «Pregate un po’ anche con il vostro cuore! Non passate il tempo dell’adorazione come se foste in biblioteca, non passate il tempo dell’adorazione a leggere un libro, non è bello! Il libro può essere uno strumento, ma poi ci deve essere anche il silenzio, ci deve essere il guardare Gesù, lo stare davanti a Gesù, il lasciar parlare Gesù, l’ascolto, il dialogo cuore a cuore. Non può essere un’ora di lettura, un’ora di preghiera vocale, no, deve essere anche un tempo dove si chiude tutto e si prega da noi stessi, con la nostra grazia, con il nostro cuore».

Uno dice: «Ma io mi distraggo».

E va bene… quando sarai un Serafino, basta, sarai là, completamente attratto dalla gloria di Dio e non ti distrarrai più, ma finché siamo qui ci distraiamo. Vabbè, pazienza… vedrete che col tempo si impara anche a non distrarsi. Quindi, impariamo questo bel modo.

Bene. Mi fermo qua, e domani ascolteremo delle riflessioni, che, da una parte, ci incendieranno il cuore, e dall’altra, ci faranno battere il petto.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

VANGELO (Mt 7, 15-20)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete.
Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete».

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