Scroll Top

Il Salterio di Gesù e di Maria del Beato Alano della Rupe, parte 25

Il Salterio di Gesù e di Maria del Beato Alano della Rupe

Meditazione

Pubblichiamo l’audio del ciclo di meditazioni dal titolo: “Il Salterio di Gesù e di Maria del Beato Alano della Rupe” di martedì 25 ottobre 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

VANGELO (Lc 13, 18-21)

In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

Audio della meditazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a martedì 25 ottobre 2022.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo tredicesimo del Vangelo di san Luca, versetti 18-21.

Proseguiamo la nostra meditazione sul libro del beato Alano: stiamo leggendo il sermone di san a Domenico e siamo arrivati alla terza Bestia dell’Abisso, il maiale dell’accidia. Chissà se dopo un nostro esame di coscienza abbiamo mai confessato il peccato dell’accidia, se sappiamo che cosa sia il peccato dell’accidia. Sentiamo che cosa scrive il beato Alano:

Questa Bestia è la tristezza nelle cose Divine…

Sembra impossibile: ci sono persone — oppure può accadere anche a noi — che hanno tristezza quando hanno a che fare con le cose che vengono da Dio anziché provare gioia, calore, felicità, pace. Quando devono fare qualcosa per il Signore Dio diventano tristi, non hanno voglia: andare a Messa? No; pregare? No; fare opere di carità? No. “Non me la sento, non ce la faccio…”. Poi, quando fanno qualcosa per il mondo, fioriscono! Se devono stare mezz’ora davanti al tabernacolo sembra che siano in coma; invece, se devono stare una notte al ristorante, al bar o in discoteca rifioriscono.

Questa è la tristezza delle cose di Dio, è il maiale dell’accidia.

Questa Bestia è la tristezza nelle cose Divine a causa della quale il mondo è indolente verso i Comandamenti di Dio…

certo perché, insieme all’indolenza, c’è anche la tristezza, il tergiversare, il trascinarsi… 

… mesto nel pregare…

non ‘mesto’ nella sagra della salamella; non è mesto nel ballare… è mesto nel pregare… Se si portasse quella mestizia in un consesso umano, subito ti guarderebbero male, si preoccuperebbero: “Perché questo muso, questa faccia?”. 

Tra poco arriva Natale e sapete che io sono sempre perplesso su quanto l’accidia ci possa prendere proprio in quel giorno: si sta a tavola tutta una giornata a fare che cosa non si sa, perché mangiare in continuazione è impossibile e grazie al Cielo c’è un limite per cui anche quello che sono devastati dalla gola a un certo punto non ce la fanno più… e allora? A chiacchierare, chiacchierare, chiacchierare… e uno arriva alla fine del giorno di Natale senza sapere più che cosa sia il giorno di Natale, e poi viene via alla fine della serata come svuotato, stanchissimo e vuoto, svuotato dall’interno. 

Questo non significa non fare festa, ma c’è modo e modo…

mesto nel pregare, maledice se stesso, cercando di evitare i misteri della salvezza. 

“Sono allergico al fumo delle candele!” E quindi in chiesa non ci vanno… oppure ci vanno e alla notte di Natale si mettono in chiesa per il tempo della Messa di Natale esattamente come io potrei stare al centro dello stadio: completamente perso, senza sapere che cosa vuol dire, come si fa.

Contro di essa la Fonte della grazia è la terza parola, “Grazia”. La Grazia infatti, come attesta San Fulgenzio, rende lieti e pronti gli uomini nelle cose Divine. 

Lieti e pronti’, cioè gioiosi, svelti, non trascinati! Però l’accidia è così.

Poiché servire Dio è regnare, dice San Gregorio. Infatti quali servizi dei Re di qualunque grandezza, noi potremmo mettere innanzi ad un solo ossequio a Dio? Né potrebbe qualcuno restare in vita nel mondo, se pure una parte minima di tristezza e di pesantezza accidiosa, si riversasse nella natura corporea; in nessuna parte del mondo si potrebbe vivere. Non c’è da meravigliarsi, poiché l’eterna ed infinita tristezza è dovuta alla pena dell’Accidia. Pertanto la Belva di questo Abisso è stata vista come un immane maiale, che è posto nel fango dell’Inferno. Portava gli orecchi irti, estesi di enorme larghezza, per captare qualsiasi cosa vana. 

Attenti a come si manifesta questa accidia, a come si nutre: ‘Portava gli orecchi irti, estesi di enorme larghezza, per captare qualsiasi cosa vana.’ Forse noi abbiamo orecchi irti perché ci piace ascoltare tutto, ci piace essere immersi nell’ ascoltare le cose vane…Non basta non ascoltare le cose impure, bisogna non ascoltare le cose vane, i discorsi futili e vuoti.

Le setole sembravano lance ardenti, con le quali i pigri oltraggiano Dio e i Santi, il grugno molto lungo e che si spalanca in una triplice serie di denti di ferro, perché San Crisostomo insegna che i triplici beni della Grazia, della Natura e della Buona Sorte distruggono l’Accidia. Del resto quel maiale era ricoperto di peli, che più neri di tutti gli etiopi messi insieme, lo rendevano orribilmente mostruoso, certamente perché, come attesta San Basilio, l’ozio è il letto del diavolo, e il pigro è il luogo e il rifugio sicuro dei demoni.

Tutte le volte che siamo oziosi e pigri, noi diventiamo ricettacolo di diavoli.

 I peli infine dell’oscena coda somigliavano a tizzoni ardenti, e tra essi vedevate che dalle parti posteriori fuoriusciva una fiamma fetidissima: l’accidia è infatti la madre della lussuria. Perciò per vivere immuni da questa Belva, lodate Dio nel Salterio.

L’accidioso è anche spesso un lussurioso e un lussurioso è anche sempre un accidioso, perché la madre sta con il figlio e il figlio sta con la madre. Attenti, dunque a queste pigrizie, a questo fastidio per le cose di Dio, perché poi cadiamo nella lussuria.

E adesso vediamo: 

La quarta Bestia, il Drago dell’Ira.

Per questa Bestia molti hanno in sé collere, si affaticano in risse, bestemmie e vendette. Contraria ad essa, come fonte della Pazienza è la quarta parola nell’Angelica Salutazione, “Piena”. 

Vedete contro quante bestie andiamo a combattere quando diciamo un’Ave Maria.

Infatti, come dice giustamente San Gregorio, la pienezza delle virtù è la pienezza della pazienza, che fa un’opera perfetta: né per dignità è di molto inferiore al martirio. 

Avere pazienza in certe occasioni e soprattutto con certe persone è un martirio, questo è sicuro!

Maria SS. l’ha mantenuta nel nascondimento durante tutta la vita, e poi anche grandissimamente durante la Passione del Figlio. Veramente il fuoco di questo abisso brucia così tanto, che chi vedesse una qualche minima parte della fiamma dell’ira che dà la morte, e tuttavia sopravvivesse dopo averlo visto, sarebbe un miracolo maggiore, che se nel mondo che va in fiamme, ne fosse rimasto uno solo illeso e superstite.

Poiché, come attesta San Girolamo, l’incendio della colpa è senza paragone più grave di qualunque incendio materiale e naturale: è evidente quanto è più grave l’offesa di Dio di qualsiasi danno terreno… Quella visione non era solo naturale, ma, per la mia preghiera, ci fu l’aiuto della forza di Dio. Così infatti il basilisco è piccolo nel corpo, ma è energico per la robustezza del veleno e per la trafittura, e largamente sparge il veleno sia per avvelenare, sia per uccidere. Così questo Drago è piccolo nello spazio e nella mole, ma così volendo la Madre di Dio, si vedeva come una belva di un’immensa grandezza. Ed era pure color rosso fiamma perché, come attesta S. Basilio, l’ira è il vero fuoco dell’Inferno.

Quando ci viene un attacco d’ira, prendiamo le scarpe e andiamo a fare un giro.

 I suoi denti sono numerosissimi e molto aguzzi perché, come dice Agostino, ‘l’ira è una spada furiosa’. Dalla bocca, ah, con quante esalazioni pestilenziali di fetori, corrompeva da lontano ogni cosa. Così senza subbio, dice Sant’Ambrogio, porta con sé le ingiurie velenose contro il prossimo e le bestemmie contro Dio. Trascinava una coda lunghissima e veramente orrenda. Perciò, dice il Crisostomo, la brama di vendetta degli iracondi arde da molto tempo e terribile, desiderosa di trascinare con sé, tutte le cose nella medesima rovina… Dice Sant’Ambrogio, che dimorando negli occhi, l’ira manda un acuto odore, desiderando lo sterminio di tutti. Gli stessi piedi erano innumerevoli. L’ira prende tante strade, per eseguire la vendetta. 

Noi non dobbiamo vendicarci di nulla contro nessuno e dobbiamo affidare tutto a Dio.

Le unghie dei piedi sembravano simili a lance militari, assetate di sangue ed emananti pus. Ahimè, di che genere è l’uomo, invaso da tale belva? L’acqua, per essere immuni dalla sete, è: Lodate Dio nel Salterio.

La quinta Bestia dell’Abisso, il rospo dell’Avarizia.

Questa Bestia divora ogni cosa con furti, rapine, usure, simonìe e sacrilegi. La fonte della grazia contraria ad essa, nell’Angelica Salutazione è la parola: “Il Signore”. Infatti, come dice San Gerolamo, ‘l’avaro è servo della ricchezza, ma colui che è generosamente misericordioso, è come il Signore e Maria Regina della Misericordia’. Questo Abisso è davvero l’Inferno ed è privo di fondo, che sommerge ed immerge nel proprio baratro ogni cosa. Perché, come dice San Gregorio di Nizza, l’avaro non si riempie, né si sazia di denaro.

Mi colpisce che la quinta bestia sia il rospo dell’avarizia e la sesta sia il lupo della gola, perché l’avaro richiama l’immagine della gola spirituale… è terribile: l’avaro non è mai sazio e non si riempie mai!

Per questa voragine non sono abbastanza tutti i Regni, anzi se ci fossero più mondi, li inghiottirebbe, non dice mai: basta. Perciò questa bestia qui pareva un rospo, perché mai questo è saziato dalla terra. Benché sia col ventre ripieno, tuttavia esso è come vuoto per l’appetito, e teme per natura questa cosa soltanto, che qualche volta possa mancargli la terra.

Noi sperimentiamo queste cose: ci sono persone cui manca la terra, intesa come mondanità; persone che hanno bisogno del mondo… se non hanno la mondanità, si sentono morire… non sono spirituali; somigliano a questo rospo e sono sempre affamati di terra…

Esso portava la corona, appunto della maledetta ambizione. L’avaro, infatti, insegue sempre le corone dell’ambizione. La magnificenza della corona oltrepassava la cresta dei monti, tra le profonde valli dei quali, come in abitazioni, gli avari erano tenuti rinchiusi, e nello stesso luogo, condannati a giuste pene… Dal momento che il demonio porta con sé ovunque l’Inferno, e allo stesso modo porta con sé l’avaro e qualunque dannato, come attesta San Gregorio. A loro sembrava che i piedi dalle unghie di ferro, terribilmente uncinate, possedessero le cose desiderate, e tuttavia ne erano privi. E’ così, dice Sant’Ambrogio, poiché l’avaro non possiede ciò che ha, e sempre ne è privo. Possiede sempre la sola cupidigia, e questa è avida. 

L’avaro è l’uomo più povero del mondo perché non possiede nulla, non gli basta mai niente e c’è sempre qualcosa di cui ha bisogno

La bocca del rospo si spalancava in una così larga apertura della gola, che era capace di ingoiare fortezze, templi, terreni ed interi regni. Perciò più giustamente Sant’Agostino, paragona l’avarizia alla bocca dell’Inferno, perché mai dice: Basta! Le sue ali erano sottili, come quelle dei pipistrelli, a causa delle cautele e degli inganni molto sottili dei cupidi: per mezzo di esse si aggirano nella notte dell’avarizia, in un variegato volo. Così è ogni avaro.

Chi vive nell’avarizia si inganna con le cautele, per cui l’avaro è capace di stare a fare lo spilorcio sulle medicine, sul cibo, sul riscaldamento e sull’elettricità, poi, magari, va a spendere cifre assurde per il calcio, per il parrucchiere perché perde il senso delle cose ed è avaro su quello che vuole lui, mentre in altro è uno spendaccione. 

Epilogo della Prima Cinquantina. Ecco a voi allora i cinque mostri e gli altrettanti abissi, nei quali vi insudiciavate nella tristissima schiavitù al servizio delle belve. Ecco chi avete onorato, quali cose fatte entrare nelle vostre anime, senza saperlo, portavate qua e là. Ma fin da ora sappiate questo: immersi in questi cinque abissi, convivendo con queste cinque belve, ignominiosamente avete violato il Decalogo dei Comandamenti di Dio; avete mosso all’ira Dio, per la vostra rovina: sareste periti se l’insigne misericordia di Dio non fosse stata presente su tutte le cose.

Perciò avvicinatevi solleciti alle cinque Fonti della Grazia, aperte nella Salutazione Angelica a tutti i peccatori, così come ai giusti. Da qualunque delle dieci parole dell’Angelica Salutazione si può attingere, riparare i delitti commessi contro il Decalogo e guarire del tutto le ferite: dare ristoro agli affanni dell’anima verso un vigore di pietà e di santità. 

Preghiamo dunque il Salterio di Gesù e di Maria e saremo liberati da queste bestie!

E così avete offerto con la preghiera, nel modo dovuto e di seguito, la prima cinquantina del Salterio mariano, a Dio e alla Madre di Dio. Lodate tutti dunque Maria nel suo Salterio. Non dubitate, perché se la pratica del Salterio ha portato alla salvezza voi, adagiati in così grande malvagità, quanto più, dopo avervi ristabiliti nella grazia, anche vi conserverà in essa: e da questa vita vi condurrà alla gloria certa ed eterna! 

Qui interrompeva il seguito della preghiera, lo sfogo degli ascoltatori, il singulto dal profondo del cuore, il lamento misto al pianto e il grido sofferente degli uomini, sia di coloro che erano contriti dei peccati, sia di coloro che gioivano per la loro liberazione da così grandi pericoli e mali; questa liberazione era stata procurata, efficacemente e felicemente, per il beneficio offerto da Dio e dalla Madre di Dio e con l’aiuto del Salterio.

Domani vedremo la sesta Bestia dell’Abisso che è il lupo della gola.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

Post Correlati