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“Comunione spirituale e comunione psichica” da “Vita comune” di D. Bonhoeffer. Parte 50

Comunione spirituale e comunione psichica

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: “Comunione spirituale e comunione psichica” tratta dal testo “Vita comune” di Dietrich Bonhoeffer.
Domenica 5 marzo 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mt 17, 1-9)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a domenica 5 marzo 2023.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo 17, versetti 1- 9, di San Matteo.

Continuiamo la nostra lettura del libro Vita comune di Bonhoeffer e prima leggiamo il breve pensiero della beata Edvige Carboni.

Pasqua 1941: dopo la Santa Comunione mi è apparso Don Bosco e mi disse: “Figliola, vedi questo giardino come è bello”- io vidi tanti gigli bianchi e lui mi ripeté – “Figlia, queste sono le anime dei giovani che io coltivai e che tuttora continuo a coltivare, i miei figli. Ogni giovane aveva davanti un giglio. Chi lavora per le anime avrà ricompensa che ebbi io della gloria.

Bene, allora con questo desiderio bello di lavorare per le anime, per la loro gioia eterna, continuiamo la nostra meditazione, la nostra riflessione. Eh, abbiamo visto il primo servizio che si deve agli altri nella comunione che consiste nell’ascolto; oggi vediamo il secondo servizio che è:

Il secondo servizio – scrive Bonhoeffer – è la disponibilità all’aiuto concreto. – Cosa vuol dire? Lui scrive: “ In primo luogo si intende l’aiuto più semplice nelle piccole cose esteriori. Ce ne è una quantità nella vita di ogni comunità. Nel più modesto servizio nessuno è sprecato.

Quindi la disponibilità, il secondo il servizio che noi prestiamo alla comunione, è quello della disponibilità all’aiuto, essere disponibile ad aiutare, ad aiutare partendo proprio dalle cose più semplici, delle cose più piccole: rammendare un paio di calze, andare a fare la spesa, portar su le borse dalle scale, offrire una cena, un pezzo di torta, cose semplici; andare in farmacia a comprare le medicine quando uno è ammalato, cose semplici, le più piccole. In questo servizio niente è sprecato.

La preoccupazione per la perdita di tempo che comporta ogni modesta e ridotta prestazione di aiuto sta ad indicare per lo più un’eccessiva importanza attribuita al proprio lavoro. Dobbiamo abituarci ad essere pronti, se Dio sopraggiunge a interromperci. Dio intralcerà sempre i nostri progetti e il nostro cammino, e lo farà quotidianamente, indirizzando a noi persone che hanno qualcosa da chiedere o da ottenere. A quel punto possiamo andare avanti per la nostra strada, continuando ad occuparci di ciò che riteniamo importante nella nostra giornata, così come il sacerdote della parabola, che non si cura della vittima dei predoni, forse perché è immerso nella lettura della Bibbia! In questo caso passiamo oltre senza vedere il segno della croce visibilmente innalzato nella nostra vita, ad indicarci che non è il nostro cammino, ma quello di Dio ad essere importante. È un fatto strano che spesso proprio i cristiani e i teologi ritengano il loro lavoro così importante e urgente, da non permettere che li si interrompa per nessuna ragione.

Parole tanto semplici quanto vere! È vero che abbiamo un po’ tutti questa preoccupazione del perdere il tempo, e lui dice che dietro ci sta un’importanza eccessiva che diamo al nostro lavoro, che non vuol dire che il nostro lavoro non è importante, ma vuol dire che dobbiamo abituarci a essere pronti a interromperci se arriva il Signore, attraverso la richiesta di aiuto da parte di un fratello.

E lui dice: “Dio intralcerà sempre i nostri progetti, il nostro cammino”, ogni giorno, in che modo? Mandandoci persone che ci chiedono qualcosa e, a questo punto, abbiamo davanti una scelta.

Potremmo comportarci come i sacerdoti della parabola del buon samaritano, sui quali Bonhoeffer fa una battuta sarcastica, tristemente vera, dice: possiamo andare oltre rispetto al bisogno che il fratello ci propone, magari immersi “nella lettura della Bibbia”. Che vuol dire: non ho capito niente della Bibbia. Se io trascuro il bisogno del fratello perché devo leggere la Bibbia, leggendo la Bibbia, vuol dire che della Bibbia non ho capito niente.

Ma io ritengo di dovermi occupare di ciò che nella mia giornata è importante e in questo modo trascuro, non vedo, non capisco che ciò che conta non è il mio cammino, ma quello di Dio.

Dovremmo entrare proprio in una prospettiva diversa, pensando che il Signore sa che noi abbiamo degli impegni della giornata — no? — eppure permette che veniamo disturbati. Questo ingresso alle volte un po’ invadente, bisogna riconoscerlo, delle altre persone, di qualcuno nella nostra vita, non deve farci fuggire o erigere un muro, dicendo: “No, ma quello che ho da fare è più importante”. Deve invece farci capire che possiamo essere interrotti.

Il Signore sa che ho da fare delle cose importanti, ma alle volte è più importante lasciarci raggiungere da ciò che il Signore vuole da noi. Alle volte il bisogno di quella persona è più importante di quello che stiamo facendo, anche se in quel momento non ce ne rendiamo conto.

È una grandissima penitenza, veramente una grandissima penitenza. Uno pensa: “In quaresima non mangio il dolce”, ma, sapete, non mangiare il dolce è anche facile, dici “non mangio”, e poi decidi tu! Essere lì che stai lavorando, studiando, scrivendo, facendo e in venti minuti essere interrotto tre volte è sfiancante, è veramente sfiancante, anche perché poi hai come la sensazione di non aver combinato nulla, perché ti sei visto disperdere in tante cose.

Sì, è vero, dice Bonhoeffer: “Concretamente magari non hai combinato granché, ma ti sei lasciato raggiungere da chi aveva bisogno”.

Attenzione, non vuol cedere alle chiacchiere inutili! Non vuol dire che la mia amica del cotton club ha bisogno di spettegolare un po’ e quindi sto lì al telefono due ore, no! Non è questo, non è assecondare i capricci delle persone, assolutamente no, non è lasciarsi andare al disordine, no! È che se qualcuno ha bisogno, noi siamo chiamati ad accogliere, a rispondere a questo bisogno. È diverso dal mettersi lì a mangiare un gelato insieme, per il quale posso dire: “No, perché devo studiare. No, perché ho un esame. No, perché devo preparare da mangiare.” e così via. Ma se uno sta male, se ha un bisogno, una necessità, un’urgenza, non posso dire “passa domani”.

Pensano – scrive – così di fare un servizio a Dio – cioè quello di andare per la loro strada e di non essere interrotti – mentre disprezzano quel “cammino tortuoso, eppure a suo modo rettilineo” di Dio

È una citazione di Gottfried Arnold. Certo, secondo le nostre prospettive, quel cammino può apparire tortuoso, perché noi volevamo andare dritti invece ci troviamo da un’altra parte. Ma quell’essere tortuoso per noi, è un essere diritto per Dio. Dobbiamo sempre pensare che le nostre prospettive spesse volte, se non sempre, non sono prospettive di Dio.

Non ne vogliono sapere del cammino umano che hanno incrociato. Ma rientra nella scuola dell’ umiltà il non risparmiarsi dove si può prestare un servizio, il non governare in modo individualistico il proprio tempo, ma il permettere a Dio di riempirlo.

Di fatto, se io non mi lascio interrompere, lui dice che c’è sotto un atto di superbia, perché ritengo quello che faccio io più importante di te e di Dio, che ha permesso che tu mi raggiungessi. Invece è un grande atto di umiltà darsi al massimo dove si può prestare servizio.

Conosco un sacerdote anziano che anche d’inverno, nella sua chiesa che è la sua parrocchia — ghiacciata, con un freddo, ma un freddo, ma un freddo che non abbiamo un’idea — alle sei del mattino scende. Non ha trent’anni, ne ha molti di più. Lui alle sei del mattino scende e alle 6:10, 6:15 del mattino la chiesa è aperta e lui è lì, in ginocchio davanti al tabernacolo. E se tu entri e hai bisogno di confessarti e vai lì e lo interrompi nella sua preghiera e dici: “Padre, scusi, ho bisogno di confessarmi”, lui ti guarda con un sorriso, si alza e ti confessa, poi torna a pregare. Fuori è buio, ci sono i lupi, c’è la nebbia, non c’è niente nessuno, tanto che uno pensa: “Ma questo cosa va a fare alle sei in chiesa che non c’è nessuno?” Non si muove neanche un gatto, persino il gatto se ne sta nella sua tana a riscaldarsi e questo è lì in ginocchio, con la berretta, con la sua giacchetta. Un freddo, ma un freddo, ma un freddo che non vi dico. È lì a pregare e a lasciare una chiesa aperta, chissà mai che qualcuno passando abbia bisogno di confessarsi… E infatti poi le persone vanno a confessarsi alle sei del mattino, un orario comodissimo per coloro che devono andare a lavorare. È comodissimo sapere che c’è un sacerdote che alle sei del mattino è disponibile ad ascoltare le confessioni. Quindi, concludo dicendo che la sua preghiera dura molto poco. Perché poi la voce gira: “Lo sai che conosco un sacerdote che alle sei del mattino…” — “Eh, dai, ma dov’è, ma chi è, come si chiama, anch’io posso andare?”. Certo, perché chi deve andare a lavorare alle sette o alle otto e poi torna a casa la sera alle sei, quand’è che si va a confessare? E invece sapere che tutti i giorni della settimana, da lunedì alla domenica, tutti i giorni, sempre, lui alle sei apre la chiesa… Questi sono atti di santità, di eroismo meravigliosi. Pensate per un sacerdote quanto è utile sapere che c’è un sacerdote che confessa alle sei del mattino! Perché poi il sacerdote, come tutti i sacerdoti, ha tutta la vita che si apre, la vita della giornata con tutti gli impegni pastorali, la celebrazione delle messe, gli ammalati, la predicazione, lo studio, mille cose. Quindi, anche per lui diventa complesso andarsi a confessare e fare le code. Sapere che c’è uno che alle sei del mattino ti apre la chiesa ed è pronto a confessarti; eh beh, cambia tutto!

Il non governare in modo individualistico il proprio tempo” vuol dire che il tempo non è nostro, è questo che dobbiamo capire, il nostro tempo non è nostro, ma è in prestito. Il tempo che noi abbiamo ci è dato da Dio e sarà lui a dire “fine”; quindi, è inutile che ci comportiamo come se fosse un bene nostro, perché invece l’abbiamo ricevuto e non sarà mai nostro.

Il nostro compito è permettere a Dio di riempire il nostro tempo”. Qualcuno potrebbe pensare: “Allora vuol dire che devo star lì a rispondere a tutti quelli che mi mandano i messaggini?”. No! Non vuol dire questo. Ripeto, non vuol dire corrispondere ai capricci e agli egoismi degli altri o al disordine degli altri, assolutamente! Ma vuol dire che, come vi ho fatto l’esempio del sacerdote, sono lì a pregare, ma sono pronto per confessare; sto stirando, ma sono pronto a interrompermi se mio figlio, mia figlia o mio marito hanno bisogno di parlarmi o di un aiuto.

Arrivo a casa la sera dopo il lavoro stanco morto, dopo aver mangiato mi siedo e dico: “Adesso, prima di fare le ultime preghiere del giorno, mi bevo una bella tisana al finocchio, all’anice stellato o a un’altra buona erba… al sambuco. Mi metto qui e mi godo questa mia tisana buonissima”. Sto per sedermi, ho già messo il filtro, sto per berla, quando arriva mia moglie e mi dice: “Oh guarda, non va più la lavatrice!”. Uno dice no, la lavatrice no! Non è possibile, la lavatrice no, alle otto della sera, non posso farcela. Ecco, è Dio che riempie il tuo tempo. Non le dico domani! Sapete ci sono quei mariti che gli dici: “C’è da cambiare la lampadina”, glielo dice a Natale e a Pasqua è ancora lì. Eh no!

È brutto quando abbiamo bisogno sentirci dire “dopo”, è brutto, perché un bisogno è un bisogno. Ripeto, quando non è un capriccio ma è reale, un bisogno è un bisogno ed è brutto vedersi rimandati, è brutto vedere che non c’è la disponibilità. Così come è brutto vedere qualcuno che lo fa sbuffando o qualcuno che ti fa pesare che ti sta facendo una cortesia. Non è bello. Dobbiamo permettere a Dio di riempire il nostro tempo. Dire “Signore io oggi mi sono fatto due progettini, ho due, tre progettini che vorrei fare, questo è quello che io desidererei fare ma … vedi tu, se tu vuoi riempire la mia giornata in un altro modo, va bene”.

Un sacerdote al mattino si sveglia e dice: “Oggi quante persone conoscerò, oggi quante persone incontrerò, oggi Dio quante persone mi manderà, quante persone mi scriveranno oggi?”. Vedete, è il Signore che ci riempie la giornata. Se al mattino ho in mente di fare una certa cosa e invece poi il Signore decide di mandarmi tre giovani a parlarmi, quando arriva sera dico: “Non ho fatto niente di quello che avrei dovuto fare”. Certo, ma di quello che avrei voluto fare io!

Nel monastero – scrive – il voto di obbedienza nei confronti dell’abate toglie al Monaco il diritto di disporre del proprio tempo.

Vedete lui è luterano, ma ci parla anche della nostra vita cattolica.

Nella vita di una comunità evangelica, – ecco adesso ci dice di lui – al posto del voto c’è il libero servizio al fratello.

Vedete, mette in parallelo le cose e quindi con i voti di obbedienza tu non hai più la possibilità di disporre del tuo tempo, col servizio al fratello la stessa cosa, non c’è il voto, ma comunque…

Solo se le mani non si ritengono troppo preziose per l’opera di amore e di misericordia in una disponibilità quotidiana al servizio, la bocca è in grado di predicare con gioia e credibilità la parola dell’amore e della misericordia di Dio.

Quindi capite, io posso mettermi a predicare con gioia e, soprattutto (mi vien da dire) con credibilità, il Vangelo, quindi il servizio, l’amore, la misericordia, solo se sono disponibile, solo se non ritengo la mia persona, le mie mani, la mia intelligenza, il mio tempo, le mie parole e il mio sguardo più importanti o talmente preziosi dal doversi sottrarre alla disponibilità del servizio.

Domani vedremo il terzo servizio, che consiste nel sostegno dell’altro, molto bello. Domani vedremo che cosa vuol dire “sostenere l’altro”.

Vi auguro di cuore una Santa domenica, vivetela bene e cercate di non lasciare nessuno da solo, di servirvi l’un l’altro e soprattutto di chiedere al mattino: “Signore, Signore, questi sono i miei progetti, però fai tu. Se vuoi diversamente, sia diversamente.”

Questa ve la devo raccontare perché è troppo bella, mi è venuta in mente adesso: ero al primo anno di teologia — lo ricordo come se fosse oggi — erano i primi esami, avevo un esame difficilissimo, un esame enorme, enorme, enorme, dovevo imparare a memoria la storia e il pensiero di non so quanti teologi, saranno stati un centinaio, centocinquanta, tantissimo, un librone enorme, più tutto il corso, una cosa enorme.

Mi ero fatto il mio programma di studio. Il sabato e la domenica non avevo tempo di studiare perché andavo a fare servizio in carcere e l’esame era di martedì. Io avevo studiato i giorni prima, certo, però, essendo un esame molto fondato su dati da imparare a memoria, era fondamentale continuare a ripetere.

Quindi avevo fatto conto che sabato e domenica non potevo studiare, anche perché non avrei potuto tornare a casa e studiare la sera perché dopo sette, otto ore di carcere ero talmente distrutto che sarebbe stato impossibile. Quindi mi son detto: va bene, facciamo così, sabato e domenica non studio, rimando tutto a lunedì e divido la giornata di lunedì in tre parti: mattino, pomeriggio e sera. Al mattino faccio la prima parte del corso, al pomeriggio faccio la seconda parte del corso e alla sera mi riprendo tutti questi 100, 150 teologi dei quali ho fatto le schedine riassuntive, così mi rileggo tutte le mie schedine in modo tale da memorizzare: quando è nato, cosa ha scritto, di che corrente era, le sue opere, il pensiero.

E così arriva lunedì. Lunedì mattina faccio la prima parte, lunedì pomeriggio faccio la seconda e dico “Oh, benissimo perfetto, adesso siamo proprio a cavallo! Stasera dopo cena concludo e domani vado a fare l’esame”. Vado a cena. Finita la cena, suona il campanello del convento. Non so perché, eravamo nove studenti e vado io, vabbè. Apro e c’era un ragazzo tossicodipendente che non stava neanche in piedi, che biascicava, che piangeva, che era disperato. E cosa vuoi dirgli? Chiudergli la porta in faccia? Impossibile!

Allora lo faccio entrare, avviso e dico “Guardate che c’è questo ragazzo che è così e cosà” — “Si, si, va bene, va bene”. Questo ragazzo aveva bisogno di parlare, stava male, allora l’ho fatto entrare in portineria e ci siamo seduti. Era la sessione di giugno degli esami, quindi ho aperto il piccolo frigorifero ad uso del portinaio e ho tirato fuori un po’ di acqua fresca perché questo ragazzo era tutto sudato, non stava bene, poi, sapete, quando sei in crisi di astinenza, si ha molta sete. Quindi ho pensato di fargli un po’ di acqua e zucchero, che in quei casi è molto gradita. Apro il frigorifero e che cosa mi trovo? Mi trovo le ciliegie! Non è possibile! Le ciliegie nel frigorifero di una portineria, incredibile! Vabbè, evidentemente il portinaio aveva portato le ciliegie. Quindi le tiro fuori. Immaginatevi questa ciotola grandissima, stracolma di ciliegie ghiacciate, buonissime. Poi immaginate a giugno, a Milano faceva un caldo! Quindi ho tirato fuori queste ciliegie, le ho messe sul tavolo e, sapete come dice il detto “una ciliegia tira l’altra”, abbiamo cominciato a mangiare ciliegie, lui a bere acqua e zucchero. E ad un certo punto guardo l’orologio e dico “Non è possibile, adesso cosa faccio?” perché il tempo passava. La cena era finita poco dopo le otto, guardo l’orologio: erano le nove e qualcosa. “Nooo, adesso come faccio? E domani mattina devo svegliarmi presto, poi ho l’esame… no, devo mandarlo via”. Ma come facevo a mandarlo via? Mi faceva una tale pena, poveretto, lì conciato in quel modo. Quindi mi sono detto: “Vabbè, pazienza!”. Sono stato lì, penso, fino alle dieci e mezza. Finiamo il tutto e gli dico: “Adesso andiamo perché dobbiamo andare a riposare” — “Sì, grazie, grazie”. Poverino, non sapeva più come dirmi grazie. Sfamato, dissetato, è andato. Io guardo l’ora, vado in camera ed erano quasi le undici. Mi dico: “Vabbè, ok, lo studio è finito” e vado a dormire, più o meno, perché immaginatevi… dal venerdì non ripassavo più quella parte, proprio la parte mnemonica l’avevo abbandonata per tre giorni, un disastro!

Vado all’esame, terrore puro! Vado lì, avevo tutte le mie schedine in mano e un libro in mano, ero lì che studiavo, continuavo a ripetere per ripassare tutte queste schede che mi sembrava mi coprissero la testa. Esce il penultimo che ha finito l’esame, non quello prima di me ma il precedente, mi alzo per andargli incontro a chiedere: “Cosa ti ha chiesto? Com’è andata?” e, nel fare questo, mi cade per terra una scheda. Tra tutte le centocinquanta che avevo in mano, me ne cade una. La tiro su e, grazie al cielo, non l’ho rimessa insieme alle altre, ma l’ho tenuta in mano. Quindi, chiedo a questo ragazzo le informazioni sull’esame e, nel ritornare al posto disperato, perché ormai dicevo “Sarà un disastro”, avevo nella mano destra questa scheda e dico: “Ma pensa un po’, mi è caduta per terra questa scheda”. La prendo in mano, era di un teologo che neanche più mi ricordavo chi fosse. Mi chiedo: “Ma chi è questo?”. L’avevo proprio completamente rimosso dalla testa. Mi dico: “Mamma che disastro!”. E allora, visto che non me lo ricordavo più del tutto, ho preso la scheda, l’ho aperta e ho cominciato a leggerla. Ho pensato: “Vabbè, tanto, leggere per leggere, leggiamo questo qui che non so neanche più chi sia, che faccia abbia, che cosa abbia fatto o scritto”. Leggo la scheda ed esce quello prima di me, quindi io mi alzo, metto via tutto, entro, mi siedo.

Ah sì, scusate, ma mi son dimenticato un particolare. La sera precedente, quella del ragazzo tossicodipendente, nel risalire, sono entrato in camera di un mio compagno — perché ero terrorizzato, disperato da questo esame — e gli ho detto: “Guarda, un disastro, non posso studiare. A te cosa aveva chiesto all’esame?” — perché lui era avanti di due anni — Lui risponde: “Mi ha fatto questa domanda su questo libro” —  “Ah, guarda, lo stesso libro che porto io” —  E lui prosegue: “Pensa, ha fatto queste domande su questo libro che io non sapevo minimamente perché voleva sapere questa particolare risposta”. Io chiedo: “Che risposta è?” — “Eh, guarda, appunto, non la sapeva nessuno, ma era quello che aveva in testa lui. A questa domanda bisognava rispondere con questa risposta.” — “Ah, va bene”.

Allora vado all’esame, mi siedo e il professore mi chiede: “Lei che libro ha portato, come libro a scelta?”. Dico: “Ho portato questo libro” — “Ah, bene bene” e mi fa esattamente la domanda che aveva fatto due anni prima al mio compagno. E io avevo la risposta sentita la sera prima! Quindi, tranquillo, gliela dico. “Ah, bene, bene, ecco esatto, proprio quello che volevo sapere” e prosegue: “Senta, adesso le faccio una domanda su un teologo tra tutti quelli che abbiamo portato” — io ho cominciato a sudare —  e mi dice: “Guardi, io avrei pensato a questo”. Voi non ci crederete: era esattamente il teologo che mi era caduto per terra, la schedina che mi era caduta per terra prima di entrare. Immaginatevi, io com’ero lì in quel momento, ho pensato: “Questo è un miracolo”. Mi ha chiesto esattamente lui, su tutti i 150 è andato a chiedermi esattamente quella scheda che mi era caduta per terra e io ovviamente, la sapevo benissimo. Il professore mi dice: “Va bene, basta, per me va bene così, può andare” quindi sul corso non mi ha chiesto niente. Io sono uscito e ho detto: “No, ma non ci credo”.

E ho imparato una grande lezione: Dio non si fa mai battere in generosità, mai!

Quando facciamo qualcosa per il Signore, stiamo tranquilli, che non perdiamo mai, il tempo non lo buttiamo mai via! E il Signore è capace di far fruttare tutte le nostre fatiche in un istante, con una scheda che cade per terra. Io pensavo che fosse caduta per sbaglio, in realtà era per la divina Provvidenza. Quindi, non facciamo conti, non facciamo calcoli, perché, come dice la Scrittura, chi decide della vittoria in guerra, non sono i cavalli, non sono le lance, non sono gli uomini. Ma è Dio.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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